Per il compleanno dell'uomo che mi ha salvato la vita. =)
Apro
gli occhi. Lo faccio come dopo un
tempo infinitamente lungo. Non ricordo cosa ho fatto prima. So solo
che ora sono lì. Mi abituo alla luce accecante, e poi, volgo
lo sguardo attorno a me.
C'è un tavolino basso, di legno.
È davanti a me, e sopra, ha una torta. È piccola,
rotonda, marrone, con sopra una candelina. Mi avvicino.
La candela è azzurra, e riporta
un numero. 74. Una fiamma fioca è accesa
sull'estremità
del filo che semiesce dalla cera.
Per qualche istante la fisso,
perplessa. Poi sento una presenza. Sorrido ancora prima di alzare gli
occhi. E quando sollevo lo sguardo, la certezza di cosa aveva
avvertito si fa solida davanti a me.
Un uomo piccolo, minuscolo, fragile.
Sorride anche lui. Un sorriso stanco. I capelli bianchi, ancora
incredibilmente folti per la sua età gli scendono candidi e
immacolati, due labbra leggermente raggrizite sono piegate in un
sorriso, le gote arrossate che traspirano calore.
Le rughe sono poche, ma profonde. Due
sulla fronte, qualcuna che parte dall'occhio e altre due sulle
guancie. Il corpo è esile, basso. È vestito bene,
come
se fosse una cerimonia importante. Una camicia nera, e dei
pantaloni
del medesimo colore.
Ma non è questo che mi attira di
lui. Non il volto, di sicuro una una volta bellissimo, non i vestiti
giovanali, non l'aria così energica. No.
Sono quelle due pupille. 74 anni di
passioni, dolori, esperienze, sacrifici e conquiste. Tutto si legge
fissandolo, come se fosse un libro aperto, tanto è sincero
il
suo sguardo.
Ed è guardandolo in quei
smeraldi
ancora terribilmente vivi, che parlo.
“Auguri, papà”
“Non ti è ancora passato di
chiamarmi papà?”. La sua voce è dolce,
tranquillizzante, leggermente roca.
“No” sorrido sulle parole. Poi mi
avvicino alla torta, improvvisamente tagliata e gliene offro un
pezzo.
“Ai tuoi settantaquattro anni papà”
“Non farmi sentire così
vecchio”. Ora sorride bonario lui.
“Non lo sei. Auguri
Billie”.
Un
ticchettio lontano, che man mano
diventa più insistente. Apro gli occhi.
È la sveglia. Sbatto le palpebre
e cerco a tastoni il cellulare sul comodino. Lo trovo dopo poco, e
spengo il trillo. Socchiudo gli occhi e cerco di mettere a fuoco lo
schermo.
7.56.
Sono confusa. Perchè la sveglia
è così presto? Oggi non vado
all'università. Per
qualche secondo cerco di ragionare. Poi, quasi istintivamente guardo
la data. 17/02/10.
Ah, certo. Sorrido. Come ho fatto a
dimenticarmene? Tra quattro minuti in California è mezza
notte.
Mi adagio di nuovo sulle coperte.
Ripenso al sogno. Me lo ricordo solo a tratti. Una stanza bianca, una
torta, la parola papà. E alla fine, io che dicevo Billie
La candelina aveva un numero. 74. Il
doppio dell'età che aveva, adesso. Perchè a
dispetto di
quei quattro minuti, Billie aveva ancora 37 anni.
Mi alzo di scatto. Infilo la vestaglia
al fondo del letto e calzo le ciabatte. Esco dalla stanza e esco sul
balcone. Il freddo paralizza, ma sento il bisogno di guardare il
cielo. Accendo una sigaretta e guardo l'ora. 7.58.
E, come una bambina, mi viene da
piangere. Fisso la volta celeste sopra di me con gli occhi
già
umidi.
Papà...
A distanza di anni lo chiamerò
ancora così?
“Papà...”, sussurro. Mio
padre fa gli anni e io sono qui in Italia a guardare il cielo. E
pensare che quando dico a qualcuno “Billie è mio
padre”,
la gente mi ride in faccia.
“Non è tuo padre!” dicono.
“Non vi assomigliate!”.
Ma per essere padre bisognava per forza
che Billie l'avesse fatto con sua madre? Padre non è la
persona che ti cresce, ti insegna, di spinge a migliorarti?
Sì.
Si dice così. E allora Billie è mio padre.
Controllo l'ora. 7.59.
Mio papà fa gli anni tra un
minuto. 38.
38 anni che è al mondo. Rido, quasi
incredula.
Come ha fatto a nascere un essere del
genere? Non era umano. Non poteva esserlo.
Mi scappa una lacrima, e dio solo sa
cosa sto provando. Vorrei tanto essere lì con lui ora.
Guardarlo e sussurragli gli auguri. Perchè deve essere
così
lontano?
Vorrei tanto fargli un regalo. Non
posso, non potrò. Non ho nemmeno la certezza che mai gli
parlerò assieme. Ma non mi importa.
A me basta sapere che lui esiste.
Perchè vivo anche grazie a questi suoi 37, quasi 38, anni.
Al dolore represso nei suoi occhi, alle
risate divertite, alla pazzie che fa, alla sua voce che canta assieme
al mio cuore, al sudore che gli cola durante un concerto, all'energia
che tira fuori, alla voglia di vivere anche quando il mondo si sta
spegnendo.
Lui che ha fatto così tanto per
tutti noi. E io che non ho mai potuto fare niente. Io che gli sono
infinita debitrice, io che vorrei solo dirgli grazie guardandolo
negli occhi
Perchè la sua voce è il
balsamo della mia anima, e la sua voce è casa. È
ciò
che mi accoglie sempre e mai mi rifiuta, che non mi giudica.
Trattengo un singhiozzo. Ma come fa?
Come fa una sola persona a essere così?
Come può? Non è normale.
Billie è l'energia più stravolgente che abbia mai
visto. Billie così pazzo, così istintivo,
così
fuori di testa, così comico. Billie che non ci pensa un
secondo prima di fare una cazzata, Billie che vive e basta, e vive al
massimo. E poi c'è l'altro Billie. Quello profondo, quello
che
nei suoi discorso dice frasi che paralizzano, quello che si emoziona,
quello che diventa l'altra parte della tua metà, tanto ti
capisce.
Il cielo è sempre dello stesso
tono, ma parlare all'alto e quasi come se lui sentisse.
Io non ho paura che cresca, che
invecchi. Perchè Billie non ha età. Le rughe non
gli
stempreranno mai lo spirito. Billie sarà un eterno
adolescente.
Abbasso lo sguardo. 8.00.
Sorrido, e chiudo gli occhi.
E davanti a me c'è lui. Mi
guarda. È senza trucco, con i capelli lasciati al naturale. È
bellissimo. Lo abbraccio, e nella mia immaginazione sento
le sue
braccia scaldarmi.
“Auguri Billie” sussurro.
E quando riapro gli occhi, sono certa
che Billie, in quel momento, a leghe di distanza e totalmente
occupato a fare altro sia consapevole, come se una forza istintiva
glielo dicesse, che sul mio balcone, e in tante altre parti del
mondo, è pieno di qualcuno che sta ringraziando una qualche
fottuta divinità per averlo fatto nascere.
Perchè Billie sa di noi, sa di
cosa proviamo. Sa di essere il padre, l'amico, il confessore e il
fidanzato immaginario di una generazione.
E, personalmente, il respiro di Billie
è il mio ripago. Finchè respirerà,
finchè
il sangue nelle sue vene scorrerà, finchè il suo
battito non si sarà spento, io avrò sempre un
motivo
per vivere.
Sorrido ancora. Il cielo sembra più
azzurro. Mi alzo in piedi, e appoggio i gomiti alla ringhiera.
Il freddo si attenua sempre più
lentamente. E io continuo a sorridere.
Poi sento il telefono squillare e entro
in casa.
“Pronto?”
“Sono Chiara. Oggi ci vediamo?”
“Scusa non posso proprio...”
“Che devi fare?”
“Sai com'è... C'è il
compleanno di mio padre” e mentre lo dico, giuro che sto
pensando a
che torta prepare.