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Autore: Lhea    26/02/2010    16 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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AVVISO

AVVISO

 

Benvenuti nella mia nuova fic!!!

Allora, mi limiterò a un paio di avvertimenti generali, e lascerò il resto per la fine del capitolo, così non vi porto via tempo.

Prima di tutto, questa storia è un seguito, e ritengo che per poterci capire qualcosa e apprezzarla al meglio sia necessario aver letto la prima puntata (intitolata “Il gioco dello Scorpione”, che troverete sempre in “generali”): è abbastanza lunga, ma vi dico che avrete il tempo di leggerla tutta senza perdere molto di questa, perché aggiornerò con molta calma.

Secondo, per il momento il rating rimarrà arancione, e se deciderò di alzarlo provvederò a informarvi con congruo anticipo.

Bene, vi lascio alla lettura. Ci sentiamo alla fine del capitolo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Russian Roulette

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 13.10 – Aeroporto di Los Angeles

 

<< Trova l’auto esattamente dove l’ha lasciata, agente >>.

 

Alexander Went strinse il telefono cellulare che aveva in mano e sorrise alle parole di McDonall, il Vicepresidente dell’F.B.I. americana. Trascinò la grossa valigia dietro di lui, gli occhi azzurri che cercavano il box informazioni dell’aeroporto affollato e chiassoso, le grandi vetrate che lasciavano filtrare la luce del sole fino al centro della sala. Un grosso gruppo di turisti asiatici gli passò davanti, tutti eccitati e con le loro inseparabili macchine fotografiche al seguito, tagliandogli per un momento la strada e costringendolo a fermarsi.

 

<< Bene >> disse, gettando uno sguardo all’orologio dalle lancette metalliche della sala, la gente che camminava concitata intorno a lui, << Forse riesco ad arrivare in tempo… >>.

 

Dall’altra parte del telefono, McDonall ridacchiò. << Ha fatto un buon viaggio? >> chiese, << Ho dovuto prenderle il primo volo che ho trovato… Non credevo finisse così in fretta >>.

 

<< Mai stato meglio >> rispose Xander, aggirando un altro gruppo formato da una scolaresca, << Avrei potuto anche viaggiare nella stiva… Mi bastava sapere di essere sulla rotta di casa >>.

 

Individuò il box informazioni vicino all’entrata, e si avvicinò. Lasciò la valigia e si rivolse alla hostess di terra che stava dietro il bancone circolare tirato a lucido, la divisa blu e un sorriso a trentaquattro denti sulle labbra.

 

<< In cosa posso esserle utile? >> chiese tutta zucchero.

 

<< Dovrebbe esserci una busta a nome di Alexander Went >> disse lui, poi si rivolse a McDonall che era rimasto in linea, mentre l’hostess spariva per qualche istante, << Spero mi abbiate anche fatto il pieno… Ho fretta, oggi. Come al solito, d’altronde >>.

 

<< Certo >> ribatté il Vicepresidente, una nota divertita nella voce, << E lei si ricordi che anche se è un agente dell’F.B.I. non può correre sempre a trecento all’ora sull’autostrada… Sta diventando un pirata della strada come quelli che va ad arrestare >>.

 

L’hostess gli consegnò una busta, e Xander le rivolse un cenno di ringraziamento. Afferrò la valigia e si diresse verso i parcheggi dell’aeroporto, una voce di sottofondo che annunciava l’ultima chiamata per un volo diretto a Boston.

 

<< Mi limiterò ad andare a duecentocinquanta, oggi >> ribatté Xander, uscendo nell’aria fresca di novembre, le porte dell’ascensore che si aprirono su un grandissimo parcheggio rialzato, << Sono coperto lo stesso? >>. Stava sorridendo, e sapeva che il Vicepresidente stava facendo altrettanto: ormai era sua abitudine di godere del privilegio di passarla liscia a tutti gli autovelox dello Stato.

 

<< Come sempre agente >> rispose McDonall, << Le auguro buona giornata. E mi raccomando, al massimo a duecentocinquanta, altrimenti le faccio arrivare una multa a casa >>.

 

Xander sorrise, camminando tra le file di auto parcheggiate, un leggero venticello freddo che gli solleticava il collo. << D’accordo, signore. Buona giornata anche a lei. Domani mi prendo un giorno di vacanza >>.

 

Infilò il cellulare in tasca e continuò a camminare, come unico compagno il raspare delle rotelle della valigia sull’asfalto. Accelerò il passo, le auto anonime e scure che sfilavano alla sua destra, finché non la vide in fondo, ferma tra due utilitarie grigie.

 

Rossa come sempre, la sua Ferrari 548 Italia lo stava aspettando, e sembrava scalpitare per la lunga attesa. Bassa, filante, aggressiva, era l’auto che da due anni usava per le sue “scorribande” autostradali, oltre che per fare l’idiota a tutti i semafori che gli capitavano a tiro. I cerchi in lega brillavano nel sole del primo pomeriggio, le pinze dei freni a disco ben in vista, il tetto arcuato pronto a fendere l’aria.

 

Xander aprì la busta che gli aveva dato la hostess, e tirò fuori un paio di chiavi dall’inconfondibile cavallino rampante su fondo giallo. Se le rigirò tra le mani e sorrise tra sé.

 

Come ogni volta che lasciava Los Angeles per andare a portare a termine qualche missione, McDonall gli faceva trovare la sua auto sempre al solito posto, e come sempre lui correva a casa dalla persona che in qualche modo era anche legata a quell’auto, la persona che da due anni a quella parte rappresentava il suo mondo e la sua vita.

 

Irina.

 

Premette il tasto di apertura delle porte e caricò con impazienza la valigia, salendo al posto di guida, il sedile di pelle avvolgente e familiare. Infilò le chiavi nel nottolino e accese il motore.

 

Dopo un mese e mezzo dall’ultima volta, il ruggito della Ferrari tornò a farsi sentire, forte come la sua voglia di tornare a casa. Le raccomandazioni di McDonall erano assolutamente inutili, a quel punto: se c’era qualcosa che non poteva chiedergli era di essere paziente quando era ora di tornare a casa, soprattutto quando c’era Irina ad aspettarlo. Soprattutto quando poteva farle una sorpresa.

 

Sorrise e uscì dal parcheggio, la Ferrari che si muoveva fluida e scattante ai suoi comandi. Guardò l’orologio mentre imboccava il casello autostradale, la radio che diffondeva il cd di Irina e contribuiva a fargliela sentire ancora più vicina.

 

Erano le 13.20…

 

Anche per questa volta, McDonall avrebbe dovuto chiudere un occhio.

 

Sorrise e schiacciò a fondo l’acceleratore, facendo scattare avanti la Ferrari.

 

Arrivo anche questa volta, amore mio”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

13.30 – Università di Los Angeles

 

Jenny si produsse nel miglior sbadiglio della giornata, la mano davanti alla bocca che cercava invano di coprire tutta la sua dentatura. Qualcuno seduto due file davanti a loro fece altrettanto.

 

<< Mamma mia, ma questo non la finisce più… >> sussurrò.

 

Irina guardò il professore, seduto come una statua di pietra alla cattedra, gli occhiali che brillavano sotto i neon, mentre declamava con tono funereo i vari argomenti della giornata. Un paio di ragazzi stavano persino giocando a carte e lui sembrava non essersi accorto di nulla.

 

Come ogni giorno di lezione alla South University of California, verso l’ora di pranzo l’attenzione di quelli che si definivano “studenti” calava in modo vertiginoso, e nemmeno le forti luci al neon che illuminavano l’aula riuscivano a evitare che qualcuno si addormentasse seriamente. Era una sorta di sfida tra il professore e i suoi allievi: chi riusciva a non cedere per primo, vinceva.

 

Gettando un ultimo sguardo ai suoi appunti, Irina rivolse un’occhiata a quelli di Angie, come al solito il doppio di tutti gli altri, e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Si mosse appena per stiracchiare le gambe e guardò il display: nessuna chiamata né alcun messaggio.

 

<< Hai sentito Xander? >> chiese Jenny, completamente disinteressata al resto della lezione. Aveva appena sbirciato dalla sua parte.

 

Irina annuì tristemente. << L’altro ieri >> rispose, << Ha detto che ritardava un’altra settimana… Le cose sembrano più difficili del previsto >>.

 

Xander era tornato a New York, per dare una mano ai servizi segreti per sgominare una banda di narcotrafficanti che spacciava droga proveniente dal Messico. Jess non era andato con lui, perché non necessitava di “supporto informatico”, e la cosa la rendeva ancora più inquieta: quando Xander era da solo era in grado di fare una marea di sciocchezze. Jess avrebbe contribuito a farla stare più tranquilla, perché qualsiasi cosa fosse successa non sarebbe stato completamente da solo.

 

Sospirò. Era passato un mese e mezzo da quando era partito, ma le sembrava un’eternità. Era abituata a condividere ogni cosa con lui, e le mancava persino il modo in cui lasciava in disordine casa sua quando rimaneva da solo e senza Nichole per un pomeriggio.

 

Non era la prima volta che Xander si assentava per così tanto tempo. Da quando stavano insieme, e si erano goduti le vacanze, più volte aveva lasciato Los Angeles per andare in missione per conto dell’F.B.I., senza naturalmente poterla portare con sé.

 

Quella di non vederlo per settimane era una cosa che Irina non aveva considerato all’inizio, e a cui non aveva nemmeno pensato. Le era sembrato tutto così fantastico che non si era soffermata a ragionare su quello che sarebbe successo di lì a qualche mese. Ma Xander doveva pur continuare a lavorare, e lei aveva accettato la cosa senza fare storie: non poteva certo pretendere che fosse sempre e solo a sua disposizione.

 

La prima volta era stata dura non vederlo per settimane, sapendolo in missione e potenzialmente in pericolo lontano da lei, ma aveva creduto di poterci fare l’abitudine. In fondo Xander era in gamba, se l’era cavata quando si era trovato faccia a faccia con William Challagher, e non era uno sprovveduto: sapeva fare il suo lavoro. A distanza di mesi, però, nonostante si fidasse ciecamente di lui, ancora non riusciva a stare tranquilla. Tutte le volte che se ne andava era una mezza coltellata al cuore, e non riusciva nemmeno a dormire tutta la notte di fila.

 

<< Irina? >> qualcuno la chiamò, << Possiamo andare, il professore ha finito >>.

 

La ragazza si riscosse: Jenny l’aveva appena toccata sulla spalla. Si guardò intorno per vedere gli studenti raccogliere borse e quaderni e infilarsi i giacconi, diretti all’uscita dell’aula parlando allegramente tra di loro. Si alzò di scatto e seguì le amiche, la borsa che le pesava sulla spalla.

 

<< Ci è andata bene, questa volta >> stava dicendo Katy, sfogliando un grosso libro dalla copertina blu, la nuova montatura degli occhiali rosso fuoco che scintillava, << Il proff ci ha tolto un sacco di cose… >>.

 

Irina chiuse la cerniera della giacca e ignorò il tema esami. Non era molto di buon’umore, e parlare di esami non la rendeva molto più felice. Al momento desiderava solo che Xander tornasse a casa il più presto possibile.

 

<< Sabato sera andiamo a fare un giro in qualche locale >> disse Jenny raggiungendola, decisa a lasciar perdere le altre due, << Ti va di venire? >>.

 

<< Non lo so >> rispose Irina, << Ci penso… >>.

 

In realtà, non ne aveva molta voglia. Andarci da sola non le piaceva, e oltretutto Xander non sembrava gradire il fatto che ci andasse senza di lui. Visti i suoi precedenti da pilota clandestina, diceva che sarebbe stata in grado di cacciarsi nei guai anche in quel contesto; Irina in realtà aveva capito benissimo che era solo geloso, e ci aveva riso su.

 

Guardò per un momento la fedina d’oro bianco con i tre zaffiri che brillava ancora al suo dito, chiedendosi dove fosse lui in quel momento, e soprattutto se per caso stesse correndo a trecento all’ora su un’autostrada… Era un vizio che non si era mai tolto. E tra i due la pilota clandestina era lei.

 

<< Avanti, non glielo dico mica che sei venuta… >> la incalzò Jenny, ridacchiando, << Ti controlliamo noi, se ha paura che lo fai diventare un cervo >>.

 

Irina sorrise. << Non c’è questo pericolo >> disse, << Dai, ci penso e poi ti faccio sapere, ok? >>.

 

Jenny annuì. << D’accordo… Ricordati che tra poco inizia la sessione esami, e non avremo tempo per divertirci… >>.

 

Irina alzò gli occhi al cielo. << Era l’unica cosa che non volevo mi ricordassi… >> borbottò.

 

Uscirono sul piazzale davanti all’Università insieme a un gruppone di ragazzi. Ne salutarono un paio che conoscevano di vista, poi Irina si guardò intorno, passando in rassegna le auto ferme nel parcheggio, tutte assolutamente anonime e poco vistose. Lo sapeva che Xander non c’era, ma ormai era un gesto che le veniva automatico: era come se si aspettasse si vederlo appoggiato alla sua Ferrari rossa, fermo a bordo strada, lo sguardo azzurro puntato su di lei, in attesa. Ma naturalmente non c’era.

 

<< Ci vediamo domani, ragazze >> disse, salutando le tre amiche. Rivolse un cenno a un ragazzo dai capelli chiari che era appoggiato a una Focus nera e che la stava guardando, come se volesse dirle qualcosa, e attraversò la strada, diretta a casa sua.

 

Sentì la Focus accendere il motore e per qualche istante sperò che Dorian, così si chiamava il ragazzo dai capelli chiari, non le si affiancasse per offrirle un passaggio: lo aveva fatto spesso, quando Xander non si faceva vedere per settimane. Jenny le aveva detto che tutte le volte qualcuno aveva creduto che si fossero lasciati, e molto probabilmente qualche ragazza lo aveva sperato davvero…

 

Con la coda dell’occhio, vide la Focus avvicinarsi lentamente, quasi indecisa se fermarsi o no. Irina continuò dritta per la sua strada, cercando di ignorarlo. Forse avrebbe tirato dritto, e per quel giorno l’avrebbe lasciata in pace.

 

“Quand’è che ti convincerai che non voglio passaggi da nessuno? Casa mia è vicinissima… So arrivarci anche a piedi” pensò infastidita.

 

<< Irina? >>.

 

“Ti pareva… Eccolo di nuovo”.

 

<< Ciao >> lo salutò lei, cercando di non apparire troppo scocciata: non le piaceva ferire la gente. Guardò la Focus ferma vicino al marciapiede, le quattro frecce lampeggianti accese.

 

Dorian le rivolse un sorriso a trentaquattro denti, i riccioli color caramello che svolazzarono quando mosse il capo per indicare la sua auto. << Ciao… Posso offrirti un passaggio, oggi? Oppure aspetti qualcuno? >>.

 

Chiaramente era una domanda provocatoria: non aspettava proprio nessuno, se se ne stava andando. Gli rivolse un mezzo sorriso e pensò: “Casa mia è qua dietro, scemo… E di sicuro l’ultima persona che aspetto sei tu”.

 

All’improvviso, dall’incrocio alle sue spalle, sentì provenire il sibilare acuto di pneumatici che strisciavano sull’asfalto, subito soffocati dal rumore potente di un motore dal ruggito inconfondibile. Si voltò di scatto, e con lei Dorian e metà della gente che ancora sostava davanti all’Università.

 

Una Ferrari 458 Italia rossa inchiodò proprio dietro la Focus, facendo un colpo di abbaglianti alla Ford nera, quasi a volerle intimare di spostarsi dalla strada e lasciarle il campo libero. Il vetro oscurato nascondeva il pilota, ma tutti sapevano di chi si trattava, perché l’intera Università conosceva quell’auto, ormai di casa.  

 

Irina rimase inchiodata dov’era per un momento, gli occhi incollati alla Ferrari ferma al bordo della strada. Il finestrino dell’auto si abbassò silenziosamente, e il volto di Xander comparve con il suo inconfondibile ghigno lupesco, gli occhi nascosti dagli occhiali da sole Ray-Ban.

 

<< Posso offrirle un passaggio, signorina? >> chiese, sporgendosi e ammiccando verso di lei.

 

Solo allora Irina si riscosse. Sul volto le si aprì un sorriso luminoso e si diede della sciocca: doveva aspettarselo, da Xander. Stupirla faceva parte del suo mestiere, e lui era il migliore in quel campo.

 

Guardò Dorian, che fissava la Ferrari dallo specchietto retrovisore con l’espressione scocciata, e sorrise.

 

“Scusami, ma non è per la macchina” pensò divertita, prima di abbassarsi leggermente verso di lui.

 

<< Ti ringrazio, ma penso di non aver bisogno di alcun passaggio >> disse, << Ci vediamo… Forse >>.

 

Raggiunse la Ferrari e montò sopra, lasciandosi avvolgere dal sedile di pelle, una delle sue canzoni preferite diffusa dallo stereo acceso. Guardò Xander sorridendo senza riuscire a smettere, il cuore che batteva a mille dalla felicità, e lui si tolse gli occhiali da sole, scoprendo i suoi incredibili occhi azzurri.

 

<< Avevi detto che saresti tornato tra una settimana! >> disse lei, cercando di resistere ancora un istante prima di saltargli addosso.

 

Xander sorrise, e non rispose. Appoggiò gli occhiali da sole sul cruscotto, si sporse verso di lei e le prese il mento con la mano, per poi baciarla sulle labbra, esattamente come sapeva fare solo lui. Irina si abbandonò a quel sapore che la lasciava stordita, che ogni volta che sentiva sulla lingua era come una droga a cui non poteva resistere.

 

<< Non avevo voglia di aspettare, così ho velocizzato le cose… >> le sussurrò Xander sorridendo, le dita che le solleticavano il collo dandole i brividi. << Come stai? >>.

 

Irina ghignò. << Adesso benissimo >> rispose, poi con la coda dell’occhio vide ancora la Ford Focus nera ferma davanti a loro: Dorian li stava guardando dallo specchietto retrovisore. Xander se ne accorse e suonò il clacson della Ferrari, facendo sussultare il ragazzo che si affrettò a partire, lasciando la strada completamente sgombra.

 

<< Penso non gli siano chiare un paio di cose… >> borbottò Xander, una smorfia infastidita sul volto.

 

Eccolo il suo Xander, il solito istintivo e passionale, sfrontato e a tratti esibizionista, il ragazzo che le aveva rubato il cuore con un solo sguardo. Sempre così diretto, eppure così dolce… Certe volte si chiedeva come avesse fatto a essere così fortunata, per essere riuscita a incrociare la sua esistenza proprio con lui.

 

Irina sorrise di fronte alla sua dimostrazione di gelosia. << Dai, è solo… gentile. Non trattarlo male >> disse, infilandosi gli occhiali da sole di Xander e guardandolo con un’espressione buffa per fargli dimenticare l’episodio, ma lui rimase impassibile.

 

<< Certo… Sbaglia solo persona con cui essere gentile >> disse sarcastico, e infilò la prima.

 

La Ferrari partì lentamente, con Irina che sorrideva troppo contenta che fosse tornato prima del previsto, e anche disposta a sopportare il suo leggero malumore per la faccenda di Dorian… In fondo, le faceva piacere che Xander fosse un pochino geloso di lei. Si mise comoda sul sedile dell’auto e chiese: << Com’è andata, questa volta? >>.

 

Xander svoltò a sinistra. << Tutto bene, come al solito >> rispose, << Pensavo ci fossero ulteriori problemi con un gruppo di trafficanti che stava quasi per scappare, ma sono riuscito a seguirli lungo l’autostrada… >>.

 

Irina alzò le mani. << Ok, ok, ho capito >> disse, allarmata, << Non dire altro. Non voglio sapere che… Che ne so… Sei andato di nuovo contromano o hai attraversato un ponte mentre stava che alzarsi… Mi viene l’angoscia solo a pensarci. E poi sono cose che succedono solo nei film, quindi non ti crederei comunque >>.

 

Riuscì a strappargli un sorriso e a distoglierlo per un attimo dai suoi pensieri omicidi verso Dorian. Le sfiorò una gamba con la mano che teneva sul cambio e la guardò con la coda dell’occhio.

 

<< Si va a casa mia, vero? >> chiese, mentre Irina cambiava la traccia del cd.

 

<< D’accordo… >> mormorò lei, con un mezzo sorriso. Sapeva dove voleva arrivare, il furbone. << Avverto mio padre, allora >>.

 

Mentre frugava nella borsa alla ricerca del cellulare, sentì Xander borbottare: << Eccolo lì… >>.

 

Irina alzò lo sguardo e vide, ferma al semaforo a pochi metri da loro, la Focus nera di Dorian. Alzò gli occhi al cielo, continuando a cercare il telefono.

 

<< Lascialo stare >> disse, << Non fare il bambino dicendogli che deve starmi alla larga o cose del genere… Lo sai che non mi piace >>.

 

Xander fermò la Ferrari proprio di fianco alla Focus, i finestrini alla stessa altezza. << Non gli faccio niente >> disse ridacchiando, << Di solito me la prendo con quelli della mia stazza, non con dei ragazzini… >>.

 

Irina fece una smorfia fintamente divertita. << Spiritoso… Allora sarei una ragazzina anche io? >>.

 

Xander la ignorò. Lo guardò voltarsi verso la Focus e rivolgere un cenno di saluto a Dorian, che era chiaro non sapeva che pesci prendere. Fece un sorrisetto imbarazzato e alzò le dita dal volante per rispondere al segno, indeciso se osare di più o no. Molto probabilmente si stava pentendo per averle offerto un passaggio…

 

Il finestrino della Ferrari si abbassò silenziosamente, e quello della Focus fece altrettanto. Irina si bloccò di colpo, tesa, sperando che nessuno dei due dicesse nulla di stupido. Ci mancava solo che scoppiasse una lite per una scemenza del genere.

 

<< Bella macchina >> disse Xander alla fine, chiaramente sarcastico.

 

Irina gli diede una botta sulla spalla, poi rivolse un sorriso di scuse a Dorian, e appena il finestrino fu tornato completamente chiuso fulminò Xander con gli occhi.

 

<< Sei un bambino, quando fai così >> disse, arrabbiata. << Te la potevi risparmiare, questa… Non è colpa sua se i suoi datori di lavoro non gli danno una Ferrari >>.

 

<< D’accordo, non lo faccio più >> disse lui, l’espressione da cucciolo bastonato a cui lei non riusciva a resistere, << Però lo so che certe volte ti piace che faccia il geloso… >>.

 

Irina alzò gli occhi al cielo e sorrise: se c’era una cosa che Xander aveva imparato a fare alla perfezione, era farsi perdonare. Certe volte forse lo faceva pure apposta a farla arrabbiare, solo per il gusto di vederla capitolare di fronte alle sue scuse.

 

Si sporse e approfittò degli ultimi secondi di semaforo rosso per schioccargli un bacio sulle labbra, poi tornò a cercare il cellulare. Era finito in mezzo a un libro.

 

<< Papà? Sono io >> disse Irina, mentre il lungomare sfilava alla sua destra, l’oceano calmo e freddo sotto il cielo autunnale, << E’ tornato Xander, vado da lui, ok? Ci vediamo stasera >>.

 

<< E’ già tornato? >> disse Todd, il tono di voce sorpreso, << Ma non doveva arrivare tra una settimana? >>.

 

<< Sì, ma ci ha messo meno del previsto >> rispose Irina, << Ti ho lasciato del pollo nel forno, è solo da scaldare… Ma cosa te lo dico a fare che ormai sei un cuoco provetto. Mi riporta Xander stasera, stai tranquillo, ok? >>.

 

<< D’accordo, tesoro >> disse Todd, << Salutamelo, allora >>.

 

Irina chiuse la telefonata e si accorse che Xander la stava guardando di sbieco. << Mio papà ti saluta >> disse lei. Lui borbottò qualcosa, ma non aggiunse niente.

 

Il rapporto tra lei e suo padre era una delle tante cose che in quei due anni erano profondamente cambiate: se per tutta la vita si erano ignorati, disprezzati, quasi odiati, da quel giorno in cui si erano finalmente riappacificati erano tornati a essere padre e figlia. Con i mesi avevano ricominciato a parlare, a fidarsi l’uno dell’altro, a condividere tante cose come non avevano mai fatto. E avevano ricominciato a volersi bene, per davvero. L’unico che non sembrava particolarmente entusiasta della cosa era Xander: continuava a provare un certo risentimento per Todd, e preferiva non vederlo quando era possibile. Il fatto che suo padre avesse ignorato per tanto tempo quello che era successo era per lui imperdonabile.

 

<< Ti daranno una vacanza, spero >> disse Irina, << Sei stato via un mese e mezzo… Stavolta non ti faccio scappare di nuovo, sai? >>.

 

Xander parcheggiò l’auto nel vialetto della sua villetta, la stessa che ormai era diventata la sua vera e propria casa da quando aveva deciso di vivere a Los Angeles. Grande, bianca, bellissima e con tanto di piscina.

 

<< Sì, credo che mi prenderò un periodo di riposo… Tra l’altro, quand’è che Dominic si sposa? >> disse sorridendo.

 

<< Fra due settimane… >> rispose paziente Irina, scendendo dall’auto. Glielo aveva detto un sacco di volte, ma lui sembrava non volerlo ricordare.

 

<< Già, devo andare a prendermi il vestito… >> disse Xander, tirando fuori le chiavi di casa e invitandola a entrare per prima.

 

Irina mise piede in casa, il corridoio illuminato e ordinato, le porte che davano sulle diverse stanze e le scale che portavano al piano di sopra in fondo. La villetta era sempre la stessa, luminosa e accogliente, tranne che per un piccolo particolare: Jess non c’era, e con lui la sua parte di disordine.  

 

Con stupore di tutti, e forse leggermente meno per Irina, Jess e Jenny erano andati a vivere insieme in un bell’appartamento vicino alla spiaggia, per poter godersi la loro tanto sospirata intimità. Come Xander, aveva trovato una ragione in più per rimanere, dopo la storia dello Scorpione.

 

Se per loro due era stato un passo quasi naturale, avventati e frettolosi com’erano, per Irina era tutta un’altra storia: quando Xander si era ritrovato da solo, le aveva subito chiesto di andare a vivere da lui, dicendo che la cosa lo avrebbe reso felicissimo. Lei però aveva rifiutato: non se la sentiva ancora, nonostante fosse già da un po’ che stavano insieme, e non voleva già lasciare suo padre quando lo aveva appena ritrovato.

 

Xander era stato molto dispiaciuto per la sua titubanza, ma non se l’era presa: aveva capito che nella sua ritrovata normalità aveva bisogno di tempo per quel genere di scelte. Per il momento si accontentava del fatto che tre volte a settimana Irina si fermasse a dormire a casa sua.

 

<< Hai fame? >> domandò Irina, mentre Xander posava la valigia nel soggiorno arredato in stile moderno e si sedeva sul divano, lasciandosi andare a un sospiro soddisfatto. << Ti preparo qualcosa… >>.

 

Si avviò verso la cucina ma Xander la acchiappò e la trascinò sul divano, facendola sedere sulle sue gambe. << Non ho fame… >> sussurrò ghignando, << O forse sì… >>.

 

Le sfiorò le labbra e Irina sorrise. << Cosa ti devo, ehm… Preparare? >> mormorò lei, sentendo le sue mani percorrerle i fianchi.

 

Gli occhi azzurri di Xander scintillarono maliziosi, e le sue dita percorsero la sua coscia con malizia. << Qual è il piatto del giorno? >> ribatté, ridacchiando.

 

<< Quello che il cliente desidera… >> disse Irina, stando al gioco esattamente come tutte le altre volte.

 

Un attimo dopo era sdraiata sul divano, Xander sopra di lei con il ghigno lupesco che gli solcava il bel volto. Le scostò una ciocca di capelli dalla spalla e sorrise.

 

<< Mi sei mancata un sacco, piccola >> disse, abbassandosi all’altezza del suo volto, le dita che si insinuavano sotto la sua maglietta.

 

<< Anche tu… >> rispose Irina, mettendogli un braccio dietro il collo e baciandolo delicatamente sulle labbra, per poi lasciarsi andare a un sospiro di impazienza. Ora che se lo sentiva addosso, si rendeva conto di quanto le era mancato davvero.

 

E lui pensava la stessa identica cosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Irina fissava il display della sveglia che segnava le 4.38, i numeri rossi che brillavano nella penombra. Sentiva la mano di Xander accarezzarle la schiena nuda, il suo cuore battere regolare sotto il suo orecchio. Si strinse il lenzuolo addosso perché aveva un po’ di freddo e continuò a guardare la sveglia.

 

Aveva una strana sensazione, come se si fosse dimenticata di fare qualcosa. Se non se lo ricordava sicuramente non era qualcosa di importante. Si strinse nelle spalle e guardò Xander, la cicatrice bianca sulla spalla in bella vista, il segno che portava anche per colpa sua. La percorse con le dita e poi giochicchiò con la catenella d’argento che portava al collo, a cui erano appesi un quadrifoglio e una fedina d’oro bianco.

 

<< Adesso ho veramente fame… >> disse lui, solleticandole la schiena e attirandola ancora di più verso di sé, << Spero che Nichole mi abbia lasciato qualcosa in frigo >>.

 

Irina sorrise e si mise a sedere. << Ti preparo qualcosa io… Torta al cocco, che ne dici? >>.

 

<< Sai che non so dire di no a quella… >> ribatté Xander, poi la coprì con il lenzuolo per evitare che prendesse freddo.

 

Irina gettò un’ultima occhiata all’orologio, poi fece per scendere dal letto, ma rimase inchiodata dov’era. All’improvviso si ricordò tutto.

 

Sally e l’abito da sposa!

 

<< Oh, cavolo! >> sbottò Irina, saltando in piedi.

 

<< Che c’è? >> domandò Xander allarmato, mettendosi a sedere.

 

Irina raccattò in fretta i suoi vestiti e li ammucchiò sul letto, cercando le calze che erano finite vicino all’armadio.

 

<< Mi sono dimenticata che avevo appuntamento alle quattro e mezza con Sally! >> gridò, infilandosi i jeans, i capelli che svolazzavano di qua e di là. Xander le rivolse un’occhiata interrogativa.

 

<< Le avevo promesso che l’avrei accompagnata a prendere l’abito da sposa! >> spiegò Irina, << Cavolo, sono in ritardassimo! >>.

 

Xander ridacchiò, e le porse la maglietta. << Pensavo fosse qualcosa di veramente importante… >> disse.

 

Irina gli lanciò un’occhiataccia. << E’ colpa tua… Mi fai dimenticare sempre tutto >> ribatté lei, calzando gli stivali. Quando lo rivedeva dopo settimane, non capiva più niente… Non che lui la aiutasse, visto che cinque minuti dopo che si erano ritrovati le saltava addosso!

 

<< Già… Però non è tanto difficile farti dimenticare le cose >> ribatté lui divertito, << Prendi la Ferrari, se vuoi >>.

 

Irina raccattò la borsa dalla sedia e aprì il cassetto del comodino, frugando in mezzo ai caricabatterie dei cellulari e ai vari mazzi di chiavi. << No, prendo la BMW… Vado a farti la spesa, dopo >> disse, leggermente piccata per la sua allusione al fatto che fosse facilmente “condizionabile”, << Ci vediamo >>.

 

Si sporse e lo baciò sulle labbra, poi corse di sotto rischiando di inciampare per le scale. Ma come aveva fatto a dimenticarsi di una cosa così importante? Aveva garantito a Sally che l’avrebbe accompagnata per darle un parere e qualche consiglio, e lei si scordava tutto!

 

Colpa di Xander, lo sapeva. Però le venne da sorridere mentre spalancava la porta del garage: era troppo felice che fosse tornato per potersi arrabbiare veramente con lui… O forse semplicemente non era capace di sgridarlo.

 

La BMW M3 bianca di Xander aspettava nel lato destro del garage, tirata a lucido e con un nuovo motore che aveva sostituito quello che Irina gli aveva rubato, e che era finito sotto il cofano della sua macchina… Una vecchia storia per la quale Xander le aveva dato della pazza, ma che ormai era acqua passata.

 

Di fianco alla BMW, nascosta sotto il suo telo nero, c’era la Fiat Grande Punto bianca che era stata l’auto che l’aveva rappresentata quando era stata Fenice, la numero tre della Black List, e che in qualche modo aveva salvato la vita a lei e alla sua famiglia.

 

Per un istante fu tentata di scoprirla e di prendere quella, per raggiungere Sally, ma si fermò quando la sua mano toccò il cofano coperto dalla stoffa. Non poteva andare in giro con quell’auto: erano due anni che stava chiusa lì dentro, ultimo ricordo di quella che era stata Los Angeles prima dell’arrivo di Xander. Di quella che era stata lei, prima dell’arrivo di Xander.

 

Aveva chiuso con le corse clandestine, con il mondo criminale di cui aveva fatto parte, ma non riusciva a separarsi da quell’auto: era come voler strappare un pezzo della propria anima. L’aveva lasciata a casa di Xander solo perché lui aveva un garage più grande, altrimenti sarebbe rimasta da lei… Eterna tentazione, eterno ricordo di quello che continuava ad amare.

 

L’aveva usata altre volte, su un circuito privato che Xander aveva affittato per una giornata, solo per togliersi quella assurda voglia di correre che aveva. Anche se non era più una pilota clandestina, continuava ad amare le auto e le gare; forse le piacevano ancora di più, ora che era libera di scegliere se correre o no.

 

“Hai chiuso, Irina. Smettila di complicarti sempre le cose. Un giorno la venderai, e metterai la testa a posto”.

 

Aprì la portiera della BMW e saltò in auto. Accese il motore e si diede una rapida pettinata guardandosi nello specchietto di cortesia del parasole, poi partì diretta verso casa di Sally.

 

Un quarto d’ora dopo, fermava la M3 davanti a una piccola villetta nella periferia di Los Angeles: una ragazza piccolina e dai capelli castani aspettava sul vialetto di casa, l’espressione preoccupata sul volto. Appena la vide corse verso di lei e saltò in macchina.

 

<< Iniziavo a preoccuparmi >> disse Sally, accomodandosi con qualche difficoltà nel sedile avvolgente, << Credevo avessi avuto un incidente! >>.

 

<< Scusami >> disse Irina, << Ho avuto un contrattempo… Arriviamo in un minuto >>.

 

Schiacciò l’acceleratore e la BMW schizzò in avanti, mentre Sally piantava un grido spaventato. << Ehi ehi! Piano! Voglio arrivare viva! >>.

 

Irina sorrise tra sé: difficile che una che era stata la numero tre della Black List potesse avere problemi al volante…

 

<< Ok, scusa >> disse, rallentando l’andatura, << Hai ragione… Tommy? >>.

 

Sally si lasciò andare a un sospiro di sollievo. << Sta bene, l’ho lasciato con la baby-sitter… Non era il caso di portarlo, oggi >>.

 

Irina svoltò a sinistra, diretta verso il centro di Los Angeles. Data l’ora, la strada era piena di gente che usciva dall’ufficio e si dirigeva verso casa, insieme con una miriade di bambini che tornavano da scuola.

 

<< Cosa è successo? >> chiese Sally, riferendosi al suo ritardo.

 

<< Oh, è tornato Xander >> rispose Irina, << Doveva arrivare tra una settimana, ma mi ha fatto una sorpresa >>.

 

Sally sorrise. << Ah, ho capito… >> disse, il tono complice, << Ma devi correre proprio così? >>. Si era appena aggrappata alla maniglia della portiera, chiaramente spaventata dalla sua curva a velocità decisamente elevata che aveva appena fatto.

 

<< Così arriviamo prima. Dobbiamo recuperare il tempo perso per colpa mia >> ribatté Irina, guardandosi intorno per cercare un parcheggio. << Nervosa? >>.

 

Sally si strinse nelle spalle. << Un pochino… Spero che questa volta sia quella giusta. Mancano due settimane e io non ho ancora un abito da sposa… >> disse, leggermente in apprensione, << Tra le taglie e i modelli, sono un po’ sfortunata… >>.

 

Irina infilò la BMW in uno spazio angusto tra due furgoncini e controllò che fosse la zona giusta.

 

<< Dai, sento che questa volta troveremo qualcosa >> disse, poi scese dall’auto.

 

Il negozio di abiti da sposa, l’ultimo che non avevano ancora visitato, le aspettava all’angolo della strada. Le vetrine mostravano abiti bianchi e tutti pizzo e trine, e un paio di vestiti di una tonalità di lilla chiaro. Non era certo il più conosciuto della città o il più esclusivo, ma era l’ultima alternativa che avevano. Suonarono il campanello e attesero.

 

Una signora dai vaporosi capelli bianchi e vestita in un bel tailleur beige le accolse con un sorriso cortese. Le fece entrare nel piccolo negozio ordinatissimo e le guardò una a una, poi soffermò il suo sguardo su Irina.

 

<< Posso aiutarvi? >> domandò dolcemente.

 

<< Cercavamo un abito… >> rispose Irina, incerta, << Classico, niente di troppo inusuale… >>.

 

La signora sorrise. << Oh, certo… Che taglia porta, cara? >>.

 

Irina gettò un’occhiata a Sally, che si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere. << Oh, no, non è per me >> si affrettò a dire, << E’ per lei >>.

 

Il sorriso della signora non si spense nemmeno un po’. << Ops, chiedo scusa >> disse divertita.

 

Si rivolse a Sally e la accompagnò nel retro per prendere rapidamente le sue misure. Irina si sedette sulla poltroncina lasciata appositamente nell’angolo, guardandosi intorno incuriosita.

 

Non era la prima volta che entrava in un negozio di abiti da sposa, ma questo le sembrava molto più… carino. Forse piccolo rispetto a quelli in cui erano andate, ma stranamente più accogliente. Un bello specchio era appeso al lato, vicino alla vetrina dov’era esposto uno degli abiti lilla, e su uno scaffale erano poggiate varie scarpe bianche con il tacco.

 

<< Guarda questo >> disse Sally, sbucando dal retro con un bell’abito dalla gonna svasata e con il corpetto senza spalline. Era di un bianco perla molto particolare.

 

<< Bellissimo, davvero >> disse Irina, guardandola sfilare al centro del negozio.

 

<< Uhm, le sta bene, ma credo non sia il più adatto… >> si intromise la signora, sempre con un sorriso cortese, << Se posso permettermi, le farei provare qualcos’altro… >>.

 

In effetti, l’abito a Sally stava bene, ma forse era troppo avvolgente per la sua figura non più magrissima. La guardò sparire nel retro un’altra volta, e aspettò pazientemente la prova seguente.

 

Fu davvero strano, ma ogni volta che Sally provava un abito, c’era sempre un particolare che non stava al suo posto: prima la gonna, poi il corpetto, poi la vita. L’anziana signora però non si spazientiva, e cercava sempre qualcosa di nuovo. Alla fine sembrò colta da un’idea improvvisa, e invitò Sally a tornare sul retro per proporle un vestito che era sicura fosse perfetto.

 

Mentre aspettava, Irina si alzò e guardò gli abiti esposti nelle vetrine. Ne trovò uno davvero stupendo, di un bianco perlato e dal corpetto liscio e aderente, senza troppi fronzoli, dallo scollo a V e le spalline sottili sottili. Sulla vita erano cuciti decine di cristalli, che brillavano di mille sfaccettature. Era davvero bellissimo, ma nemmeno per un istante le passò per la testa di immaginarsi con quel vestito addosso: non era lei a doversi sposare.

 

<< E’ davvero un abito bellissimo >>.

 

La proprietaria si avvicinò, con l’espressione divertita. << L’ho messo in vetrina perché so che nessuno la acquisterà, anche se credo sia il più bello che abbia mai visto >> continuò. << Mi dispiaceva lasciarlo nel retro senza che nessuno potesse vederlo >>.

 

<< Come mai crede che nessuno lo compri? >> chiese Irina.

 

<< Oh, è davvero molto costoso >> rispose la signora, passando un dito sulla stoffa liscissima, << Quelli sulla vita sono cristalli preziosissimi. E poi, bisogna avere molta personalità e un volto dai tratti adatti per indossarlo… >>.

 

Irina soffermò lo sguardo sull’abito, notando che i piccoli cristalli erano azzurri e brillavano sotto la luce che filtrava dalla vetrina. Non aveva capito bene la storia dei “tratti adatti”, ma di sicuro per metterlo bisognava avere un certo portamento.

 

<< Vuole provarlo? >>.

 

Si voltò di scatto, lo sguardo sorpreso puntato sulla proprietaria.

 

<< No, no! >> si affrettò a dire, << Non mi devo sposare, io! >>.

 

La signora rise. << E’ questo cosa vuol dire? >> ribatté, << Non la obbligo mica a comprarlo… Ma sono sicura che le starà benissimo >>.

 

Irina rimase interdetta: aveva appena detto che ci voleva una certa personalità per indossarlo, e lei di sicuro non ce l’aveva. Sbirciò per un momento l’abito, quasi timorosa di ritrovarselo davvero addosso.

 

Ci volle un attimo però per farle immaginare lei nella stessa situazione di Sally. Un attimo in cui le venne il panico.

 

Lei, sposata.

 

Con l’unica persona che amava.

 

Xander.

 

Si affrettò a togliersi il pensiero dalla testa: non era il caso. Non voleva mettere troppo avanti le mani, anche se il pensiero la rendeva quasi euforica. Sarebbe stato qualcosa di assolutamente meraviglioso, legare per sempre la sua esistenza a quella di Xander

 

“No. No, Irina, non ci pensare… Non è il momento. A parte che lui non è il tipo da matrimonio, almeno non per adesso… E tu sei ancora troppo giovane per pensarci”.

 

Sorrise all’indirizzo della signora. << La ringrazio infinitamente, ma non me la sento >> disse, << Credo sia… Non so, ho l’impressione che non sia appropriata, come cosa >>.

 

La proprietaria sorrise. << D’accordo, allora >>. Sembrava essersi aspettata una risposta del genere, << Tanto penso che se un giorno le servirà, sarà ancora qui >>.

 

<< Irina, è perfetto! >>.

 

Sally le interruppe, ed entrambe si voltarono verso di lei.

 

Sì, decisamente l’anziana signora ci aveva visto giusto. L’abito dalla lunga gonna dalla tesa piuttosto ampia, ricamata di perline e pizzo fiorito le cadeva a pennello; il corpetto dalle maniche a palloncino le fasciava il busto senza costringerla né facendo pieghe bizzarre. Le stava davvero benissimo.

 

Sorrise di fronte all’espressione estasiata di Sally, e disse: << Sì, questo è il tuo >>. Guardò la signora, in attesa del suo giudizio.

 

<< Sì, questo è perfetto davvero >> convenne.

 

Sally fece un giro su se stessa e si guardò nello specchio nell’angolo, gli occhi che brillavano. Lisciò la gonna e si tirò su i capelli per vedere l’effetto. Irina la guardava con un misto di divertimento e sollievo. La sua entrata l’aveva distolta dai pensieri di matrimonio…

 

<< Però… >> iniziò Sally, guardando il cartellino appeso all’abito, << E’… , è un po’ caro… >>.

 

Guardò la signora come a volersi scusare per il commento, e Irina la raggiunse. Lesse il prezzo e poi rimise il cartellino al suo posto.

 

Sì, in effetti era un po’ caro. Però non era una scusa per non prenderlo: in fondo, avevano girato tutta Los Angeles per trovare l’abito giusto, e non potevano certo mollare proprio ora, anche perché non avevano più molto tempo. Oltretutto, se le piaceva, non poteva rinunciare.

 

<< L’importante è che ti piaccia >> le disse, e la signora attese in cortese silenzio che parlassero della questione.

 

<< Sì, mi piace. E’ stupendo, se devo essere sincera, ma… >>. Sally sembrava a disagio, << Mi sembra un po’ eccessivo… Già tra la cerimonia e il ristorante… >>.

 

Irina la guardò: Sally era sempre stata una brava ragazza, e in qualche modo si riconosceva in lei. Entrambe si erano ritrovate a dover fare qualcosa che non volevano, avevano vissuto per anni nell’illegalità cercando disperatamente di liberarsi… Forse per quel motivo aveva deciso di accompagnarla a cercare l’abito da sposa, a darle una mano per il matrimonio: entrambe erano uscite dal tunnel e stavano vivendo la loro fiaba personale. Perché rovinare tutto proprio nel giorno più bello?

 

<< Se non ti offendi, te lo regalo io >> disse semplicemente.

 

Sally rimase di sasso.

 

<< In fondo, è il migliore regalo che possa farti, no? >> continuò Irina, con un sorriso, << O preferisci che ti regali uno di quegli inutili servizi da te che usavano nell’ottocento? >>.

 

La signora del negozio sorrise a sua volta, e Sally continuò a rimanere senza parole per qualche istante.

 

<< Bé, mi sembra esagerato… Non è un po’ troppo anche per te? >> chiese titubante.

 

Se c’era una cosa di cui in quei due anni non si era dovuta preoccupare, erano stati i soldi: suo padre ormai lavorava regolarmente, esattamente come i suoi due fratelli, e Xander era sempre stato piuttosto generoso con lei… La carta di credito dal budget forse illimitato che le aveva regalato al suo compleanno, e che lei non aveva mai praticamente utilizzato, ne era la conferma. Questa era l’occasione giusta per sfruttarla.

 

<< Consideralo un regalo mio e di Xander >> disse, poi si voltò verso la proprietaria, << Lo prendiamo >>.

 

Sally fece per protestare, ma lei la zittì. << Avanti, mi fa piacere >> disse, << Non ti devi preoccupare. Tu in cambio lasci Tommy da me, quando andrete in viaggio di nozze, ok? >>.

 

<< Oh, va bene, ma… >> fece Sally, imbarazzatissima.

 

<< Non ve lo volete mica portare dietro? >> sorrise Irina, << Potete concedervi una vacanza, ogni tanto. Lo sai che mi fai un grande regalo se lo lasci da me >>.

 

Era la verità. Suo nipote era forse una delle cose più belle che le era capitata nella vita, e averlo di nuovo qualche giorno con lei era davvero una cosa fantastica. Per due anni, quando se ne era presa cura lei, aveva rappresentato la sua luce personale.

 

<< Per quando lo devo preparare? >> domandò la signora.

 

Irina gli porse la fatidica carta di credito, e poi lasciò Sally a sistemare il resto. Mentre aspettava, in piedi di fianco all’abito dai cristalli azzurri, si sentì particolarmente felice. Aveva appena contribuito a rendere il giorno più bello della vita di Sally sempre più simile a una fiaba, e non poteva che pensare che se lo meritava. Anche lei aveva sofferto tanto, e non le interessava cosa fosse successo in passato. L’importante era che tutto stava andando bene, e che sarebbe continuato ad andare così.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Io sono più contenta di voi, ragazzi… Anche se il mio senso del dovere mi sta gridando che non avrei dovuto pubblicare un’altra storia… Ma cosa vi devo dire, la mia vita senza Irina e Xander è vuota.

Quindi, prima di tutto sappiate che per il momento non so quanto sarà lunga Russian Roulette, e non sono nemmeno tanto sicura di come finirà… Ho un po’ di idee, e devo decidere. Poi, questa volta (e stavolta lo faccio davvero, perché di solito dico sempre così ma poi finisce in tutt’altro modo…) aggiornerò con moltissima calma, perché ho fatto un patto con me stessa: se voglio pubblicare una fic, non devo trascurare lo studio (anche perché sono praticamente chiusa tutta la settimana dentro la facoltà… Ditemi voi dove lo trovo il tempo…). Perciò, il massimo che posso garantirvi è un capitolo a settimana, perdonatemi. Sarà così almeno fino all’estate, poi una volta finiti gli esami potrò scatenarmi.

Per il resto… Bé, sono troppo contenta. Passiamo al commento capitolo, che forse è meglio.

Allora… Come vedete siamo tornati nel mondo di Irina, notevolmente diverso da quello in cui l’abbiamo incontrata per la prima volta: sono passati due anni, e finalmente sembra aver ritrovato la pace e la felicità. Oltretutto, matrimonio in vista per il fratello. Tutto scorre tranquillamente, anche se in fondo sia lei che Xander sono rimasti gli stessi…

Ci vorrà qualche capitolo per vedere un po’ di movimento, ma quando le cose inizieranno a farsi serie mi rifarò…

Russian Roulette… Sul titolo non posso dire niente, ma dal prossimo cap credo che inizierete a capire qualcosa. E penso che nessuno di voi si aspetta quello che succederà, perché stavolta stravolgerò davvero tutto…

Adesso, chi ha promesso di commentare se avessi pubblicato un seguito, onori la sua promessa! Naturalmente scherzo, siete liberi di fare quello che volete, ma una recensione sarà graditissima.

Alla prossima settimana (venerdì, presumibilmente )… E sarà la volta di William, eh.

 

La vostra Lhea

 

 

  
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