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Autore: Ainely    27/02/2010    2 recensioni
Aalim è un giovane di 18 anni proveniente dalle fredde steppe russe, nei pressi dell'antica Kiev; alto e con un fisico prestante, dalla lunghissima chioma fluente color mogano, occhi grandi e scrutatori, mai sazi di conoscere. Figlio di uno dei più famosi cacciatori di Danaprstadr, "L'Orso" così soprannominato, cercherà in tutti i modi di essere sempre il migliore agl'occhi del padre, ma è sempre alla ricerca di nuove emozioni che gli renderanno la vita una continua sorpresa formata di sogni, ambizioni e spirito d'iniziativa, che lo porteranno presto lontano dalle sue radici. Lungo il suo cammino incontrerà molte volte il Destino... chissà che progetti avrà per lui?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non riuscivo a capire a che punto fossi. La mia vita e la mia strada mi avevano portato fin là. Ma il bello stava per cominciare.


Era una bella ma fredda giornata di fine inverno quella che mi aspettava oltre le mura di casa.
Mia madre e i miei fratelli erano già indaffarati nelle loro faccende, mentre io restavo immerso nei miei pensieri nel mezzo della grande stanza, che era il nostro rifugio.
Già, non era per niente facile vivere in un piccolo borgo nella Russia medioevale, ma avevo sempre saputo che quello non sarebbe stato a lungo il mio posto...


Mi guardai attorno e fu come se non fossi mai stato prima tra quelle mura. Mi mancava qualcosa, ma non riuscivo a darle un nome. Avevo 18 anni, ero un uomo ormai, ma non sapevo ancora chi fossi e che cosa avrei mai fatto il giorno dopo, e quello dopo ancora.
Forse non tutto era un'incognita nella mia vita, anzi ero più che certo di dover fare qualcosa che rendesse fiero mio padre, "l'Orso", un uomo severo, orgoglioso ed esigente, ma sapevo che amava tutti noi.
Sarei diventato a mia volta un cacciatore, era così che doveva essere.

Era ciò che desideravo? Quali meraviglie avrei perso per restare legato alle mie tradizioni? E' inutile, non cambierò mai.
Dovevo cercare me stesso oltre Danaprstadr, avevo bisogno di ampliare i miei confini e di fare il mondo la mia casa.

Sarei partito pur dando un dispiacere.


"Aalim!", era stata mia madre a chiamarmi, "E' tardi, va', raggiungi tuo padre e aiutalo. Mi raccomando, fai attenzione e rendimi orgogliosa di te...". Mentre parlava mi passava il mio mantello di pelliccia e mi legò alla cintura una borraccia con qualcosa di forte.
Non potevo fare a meno di commuovermi per quel gesto così semplice ma così dolce. Le baciai una candida guancia e mi avviai verso l'uscio, per sempre...


Montai velocemente in sella alla mia cavalla e veloce mi diressi verso il fitto bosco.

Cavalcai senza una meta e mentre procedevo sentivo rompersi sotto gli zoccoli gli anelli della catena che mi teneva prigioniero della mia vecchia vita.
Non mi voltai mai indietro, ma nonostante sentissi l'aria gelida sferzare il mio volto, avvertii scendere copiose le lacrime.
Era successo tutto così in fretta... "Proshchaj"...


Il sole stava già per tramontare quando decisi di fermarmi.
Mi guardai attorno: mi ero allontanato parecchio, stavo procedendo verso la lontana Romania e poi, chissà, una volta raggiunta, avrei continuato a cavalcare senza una meta.

Inspirai l'aria gelida della sera continuando a guardarmi attorno ogni secondo sempre più eccitato.
Per la prima volta in vita mia mi resi conto di essere vivo!


Restai per lungo tempo in silenzio, contemplando quel meravoglioso paesaggio notturno che mi circondava e mi compiacqui per la mia decisione.
Non riuscivo a provare qualcosa di preciso, nella mia mente continuavano a vorticare le immagini dei boschi che avevo attraversato così in poco tempo e il volto severo di mio padre.

Cosa avrà detto? Mi crederanno morto? Non so, e non lo saprò mai.

Ero padrone di me stesso, ora.


Ero abbastanza distante da qualsiasi villaggio, poichè in lontanaza non scorgevo alcuna scia di fumo, ma capii che qualcuno mi stava osservando. Mi avvicinai al mio ospite e mi accorsi che tra i cespugli s'era nascosta una giovane donna.

Mi piaceva.

In un attimo mi trovai di fronte a lei terrorizzata e non mi resi conto di averle cinto la vita con le mie forti braccia. Non mi era mai capitato prima, che avrei fatto?


Decisi che non l'avrei presa con la forza e lasciai cadere le braccia lungo i miei fianchi in completo silenzio.
"Perchè non lo hai fatto?" restai interdetto. "Io..." balbettai allontanandomi di qualche passo.
Mi osservò pensierosa. Avevo le guance che ardevano per via della giovinezza o per il fatto di sentirmi in soggezione per una donna?!
"Io...non posso. Non ne ho il coraggio. Ora vattene." le ordinai duramente.


Si allontanò e tornai dalla mia puledra. Avevo una gran fame ma avevo finito tutto l'alcool nella borraccia ed era troppo buio per cacciare.

Era la prima volta che dormivo da solo e sentivo girare la testa per tutte le responsabilità che mi piombarono addosso. Dovevo essermi assopito per non accorgermi, quando aprii gl'occhi, che accanto al fuoco c'era di nuovo quella giovane con una lepre stretta tra le mani.


Stavo per chiederle che cosa stesse facendo lì, quando piombarono su di noi un gruppo di Mongoli. Per un attimo non seppi cosa fare, ma una volta riacquistato il controllo sulla mia mente sguainai il mio pugnale.
Erano nove, serei riuscito a batterli?


Uno scese dal suo cavallo, brandendo una sciabola e intravidi una rada fila di denti marcescenti dalla sua bocca aperta in una risata.

"Cosa credi di fare, bambino? La donna e il cavallo sono già miei".

Credo di essere stato talmente irato da non aver udito completamente le sue parole.

"Ti ucciderò" dissi "In modo che mio padre possa essere fiero di me".
L'uomo non capì, ma quella era una scommessa con l'Orso.


Non avevo altra scelta: dovevo togliergli la vita, sia per salvare la donna, sia per il mio orgoglio. Il mongolo si lanciò contro di me levando in alto l'arma e facendola roteare proprio sopra la mia testa.
Persi l'equilibrio per mancare quel colpo micidiale e mi ritrovai a terra, l'uomo e i suoi seguaci cominciarono a ridere.

Ora il mio nemico era proprio sopra di me con le gambe divaricate. Non avevo altra scelta...


Mi alzai cercando di ferirlo col mio pugnale: lo evitò facilmente. Nonostante ciò non mi persi d'animo, se riuscivo a cacciare gli orsi potevo benissimo eliminarlo.
Quindi indietreggiai continuando ad osservare ogni movimento suo movimento. Sicuramente non aveva capito cosa cercavo: il mio arco e le frecce. Avevo appena posato la mano sulla feretra quando mi aggredì, poi cadde a terra: una freccia era nel suo cranio.


Aprii all'improvviso gli occhi e mi guardai spasmodicamente le mani senza però vedere alcuna traccia di sangue, il respiro affannato e il sudore su tutto il mio corpo mi avevano distratto e mi resi conto solo dopo qualche attimo di essere seduto nel mio letto di lana, accanto ai miei fratelli.

Come avevo fatto a tornare nella mia casa?
Che cosa era davvero successo?

Ero davvero confuso.

Mi alzai passandomi ripetutamente le mani tra i miei lugnhi capelli arruffati dal sonno. Intorno a me regnava ancora la penombra, accompagnata dai rumori e dell'odore del sonno notturno...

Sospirai, dopodiché mi voltai per fissare i volti addormentati dell'Orso e della mia dolce madre -precocemente invecchia a causa delle numerose gravidanze e dal duro lavoro- e non potei non sorridere ripensando a tutto: la mia vita, la nostra vita, il nostro piccolo rifugio, il nostro paese devastato dalle continue invasioni, i miei pensieri e i miei sentimenti... forse pensai anche a Dio... chi lo sa...

Sempre restando in silenzio mi diressi verso l'uscio e lo aprii cercando di non far alcun rumore.

Era quasi l'alba: tutto ricorperto da candita neve ghiacciata, l'aria gelida e la certezza che tutto era stato un sogno.


   
 
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