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Autore: Black_Eyeliner    12/03/2010    14 recensioni
Oh, e quanta innocenza… Quanta pura luce, ancora da divorare!
SebastianxCiel
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My Sweet Shadow

 

 

E’ infinitamente semplice essere la sua ombra. Porsi tra Ciel e la luna e impedire che le stelle gli bacino le labbra, illuminandole d’argento.

Non vuole che luce alcuna sfregi le tenebre dell’anima che tanto lo alletta, che tanto è perfetta; ed è per questo che a Sebastian piace esserne ombra indissolubile e regalarle ancora un po’ di quel nero che, deve ammetterlo, le dona parecchio.

 

Ciel non sa il come, né il quando, né il perché si ritrova ancora una volta disteso supino tra ciuffi d’erba alta e garofani rossi simili a campane di rame, con Sebastian e la sua ombra addosso, come fosse acqua scura e limacciosa, tra i cui flutti gli pare d’annegare lentamente.

Forse un passo falso coi suoi stivaletti in pelle lucida nella fanghiglia, un capogiro o forse è stato Sebastian che, invidioso del riverbero delle stelle, ha rubato alle sue labbra la luce e il primo bacio, sporcandole d’ombra.

-Sei impazzito, Sebastian!

Hanno sempre qualcosa di estremamente dolce le piccole mani che, tese in uno spasimo di rabbia, lo colpiscono sul viso con infantile crudeltà, con l’incomprensibile tenerezza di un bambino troppo in fretta divenuto adulto; Sebastian assapora, esterrefatto e divertito al contempo, ciascuno dei due schiaffi su ogni guancia, prima che le sue dita, elegantemente inguantate, sfiorino in una carezza di beffarda replica l’incarnato d’alabastro lungo il mento del giovane conte.

-E mi permetta di farle notare che, invece, lei è ubriaco, bocchan.

La notte di luglio, malgrado il piovasco inatteso, è ancora intrisa di un dolciastro tepore e l’odore della liquirizia è frizzante nell’aria umida; Sebastian si lecca appena le labbra e la sua è una sorta di lussuriosa adorazione per i capelli del signorino incollati alla fronte sudata e un’insolita sfumatura rosacea a tingergli il dorso aristocratico del naso e gli zigomi alti: lo scruta maligno, talmente lo appaga la reticente riluttanza di Ciel al loro essere così pericolosamente vicini l’un l’altro.

-Non è vero! Mi gira solo un po’ la testa. Tutto qui.

-Eppure gliel’avevo detto che bere champagne insieme a quei gentiluomini al banchetto, anziché acqua, non avrebbe fatto di lei un adulto, mio signore.

E’ corto il respiro del signorino e avvampa il suo viso ancora acerbo; Sebastian lo farebbe suo seduta stante, mute testimoni la luna e le stelle eclissate da quell’ombra che, sinuosa, si snoda sul corpo steso e sul prato in fiore: ma s’accontenta di sentirlo preda di un ineffabile desiderio, scuotersi e lottare pur di sfuggirgli.

-Lasciami andare, Sebastian… E’ ... E’un ordine!

-Non mi dirà che vuole dormire all’aperto? Lo sa che prenderebbe freddo e in più non sta bene, per un giovane nobile come lei, dormire in giardino.

Il sorriso di Sebastian ora è più ampio; gli stira le labbra piene che ancora bramano di potersi posare sulla pelle di Ciel, bianca come lo zucchero che tenta la gola: vorrebbe assaggiarla ancora ma, da perfetto maggiordomo qual è, non osa cedervi.

Semplicemente attende l’invito del suo signorino che, è sicuro, non tarderà ad arrivare.

-E invece dormirò qui. E adesso vattene. Va’via, Sebastian!

-Perfetto, allora.

Fa per alzarsi, liberando Ciel dall’abbraccio asfissiante in cui l’ha costretto qualche momento prima, per attutire la sua caduta.

-Oh, e gradirebbe forse una ninnananna, prima d’addormentarsi?

-Come se mi avessi mai cantato qualcosa prima!!

Le gambe del signorino un po’ tremano, così come le sue dita che s’intricano spasmodicamente ai fili d’erba, strappandone alcuni; l’occhio scoperto è arrossato e sembra lacrimare, al punto che Ciel non vede più nulla e la testa gli gira perché l’alcol continua a stordirgli i sensi e Sebastian, lo sente, va via da lui.

E fa un po’ più freddo senza la sua ombra e il bagliore della luna e delle stelle gli fende l’iride blu; fa male come una lama che gli trapassa il cuore, come una luce che trapassa l’oscurità della sua anima.

-Se non c’è altro che gradisce, allora, con permesso… Bocchan.

Lo provoca e conta i secondi che separano una replica, che non riuscirà a spiazzare le sue aspettative e non lui, non Sebastian.

-A dire il vero… Qualcosa che gradirei adesso, c’è.

Si sente tirare per la cravatta scura e di nuovo Sebastian torna a togliergli la luce, ad essere la sua ombra: profili che si sfiorano e respiro falsato dalle labbra sporte in una mutua, tacita richiesta.

-Temo di non sapere di cosa si tratti, signorino.

-Bugiardo… Tanto lo so che lo sai che ne voglio ancora, Sebastian.

 

E’ buona la bocca del signorino; sa del miele dei mille sorrisi perduti e del sale di tutte le lacrime trattenute: Sebastian la bacia con crescente trasporto e gli ansimi sono smorzati dalla piccola lingua inesperta, alla ricerca della compagna con cui intrecciarsi e danzare.

Come le dita che si lasciano, solo  per ritrovarsi ancora e stringersi; mentre la bocca scende sul collo e ivi rimane, ingorda di quella pelle di zucchero che sembra sciogliersi con ogni gemito e con ogni schiocco di nuovi, ingannevoli baci.

-Ne vuole ancora, bocchan?

Sussurra nell’incavo tra il collo e la spalla del suo signorino; le dita, prive di guanti, scostano un po’ l’orlo d’organza della camicia bianca e attende, Sebastian, di poter divorare ancora un po’ di quella luminosa purezza, senza spezzarne l’incantevole, costante lusinga.

-Finquando non verrà l’alba, Sebastian…

E’ ancora ubriaco, Ciel; di champagne o forse di aberrante passione, non lo sa più: se anche non lo fosse stato, avrebbe comunque perso il conto di tutti quei baci e dei posti, più o meno proibiti, che le mani del suo fedele maggiordomo per la prima volta hanno esplorato.

Sarà l’ebbrezza, ma anche le stelle sembrano rifulgere con più forza: Ciel si sente baciare ancora con insistenza in quel maledettissimo punto sotto il lobo destro e fissa le costellazioni esplodere come fuochi d’artificio; ride, pensando che ora sono le stelle che, invidiose, brillano di più, fallendo nel tentativo di sfregiare di luce la sua diabolica ombra.

 

 

 

*  *  *

 

 

 

-Mi ha chiamato, bocchan?

Qualcosa nella voce del suo signorino gli suggerisce che è indignato per qualche motivo; Sebastian non osa neppure alzare lo sguardo carminio dalla moquette di feltro scuro, tanto l’ambiguo scherno, onnipresente nelle sue iridi, potrebbe, sa bene, peggiorare l’umore di Ciel.

-Sebastian! Si può sapere perché diavolo hai lasciato le finestre aperte, stanotte?

Starnutisce stizzito, allontana le lenzuola da sé, scalciandole con veemenza e s’avvia alla toilette, non senza rivolgere all’uomo chino ai piedi del letto a baldacchino uno sguardo bieco, di tralice; gli passa oltre, senza tante cerimonie, e si sfrega le labbra che, non sa perché, gli fanno male, con la manica penzolante della camicia di seta.

-Mi perdoni, signorino, ma cosa glielo fa pensare?

Uno.

Due.

Tre…

Conta, Sebastian e un nuovo sorriso gli increspa la bocca, che ancora sa di lui.

Cinque.

-Guarda le zanzare cosa mi hanno fatto sul collo, maledizione!

 

Sospira, Sebastian, pensando soddisfatto e curiosamente intenerito al suo signorino davanti allo specchio d’avorio nella sala da bagno.

Dopotutto, oltre che semplice, è anche infinitamente dolce essere la sua ombra.

Oh, e quanta innocenza…

Quanta pura luce, ancora da divorare!

 

 

 

 

 

 

Nda: piccolina e un po’ scema, ispirata alla fic inglese Bumblebees. Mi piacciono un sacco, però. (L)

 

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