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Autore: cartacciabianca    15/03/2010    5 recensioni
[Dante's Inferno - quella cruda versione poco ispirata alla vera Commedia]
Breve one-shot che racconta i tormenti, le domande e qualche vago pensiero di Francesco, dopo la sua morte e durante la discesa nell'Inferno.
[Personaggi: Francesco Portinari, Bea's brother]
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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About: Dante's Inferno (the game)
Characters: Francesco Portinari, the Beatrice's brother
Warnings: giallo - drammatico, sovrannaturale, introspettivo // Spoiler! - Non per stomaci delicati - One-shot - Missing Moments


Sin_Peccato

Non aveva idea di che posto fosse o di quanto allungo vi sarebbe restato. Quel che dava certo, però, erano le grida di dolore e terrore mescolate ai cori di guerra e ai tamburi in lontananza. Questi scandivano il passo dei prigionieri che seguivano la mala via l’uno dietro l’altro, come legati da una catena tanto robusta quanto invisibile come quella della resa alla disperazione.
Di tutta la gente che lo circondava, Francesco non vide nessuno tentare la fuga: in momenti del genere la natura umana comanda di star come pecore coi suoi simili, senza ribellioni, senza litigi. Ma neppure loro, gli umani davanti e dietro di lui, potevano dirsi tali: nudi, privi di altro che non fosse l’unico corpo, l’oggetto col solo scopo di contenere l’anima.
La salita finiva là dove, abbandonata la nave che li aveva traghettati sull’Acheronte, Francesco vide comparire un grande anfiteatro colonnato dall’aspetto greco antico. Nel mezzo tra due pilastri sedeva, o meglio, s’aggrappava agli stessi un mostro di misure colossali, peggio di tutti quelli che il Portinari aveva incontrato nel suo lungo cammino da punibile reietto.
Si era milioni, (ma che!) miliardi di milioni a dover attendere il proprio turno. Uno ad uno, quel mostro orripilante pigliava chi voleva come prodotti da scaffale e se li portava vicino al naso, perché occhi non aveva. Poi gridava: “Avarizia!”, “Gola!”, “Lussuria!”, “Ira!” con tanto furore a seconda dei peccati di cui si erano macchiati quelle donne o quegli uomini.
Alcuni tornavano indietro, nuotavano contro la corrente di gente che saliva, saliva fino a non sentirsi più le gambe (era una pena anche quella) stringendosi le tempie e gridando. Francesco ne vide più di uno, scendevano, tornavano verso la nave sull’Acheronte correndo o trottando, ma sempre in una falsa fuga. Follia. Era ciò a cui aspirava quel luogo di tortura? No, non la follia… bensì il dolore che scaturisce da essa, la consapevolezza di essere matti nuoce ancor più dell’esserlo e basta. Ecco cos’è il Limbo, si disse Francesco giungendo alle colonne del teatro e inginocchiandosi al viscido suolo, sporco di sangue.
Attorno a sé vedeva uomini e donne nella sua stessa condizione, a mangiarsi le carni o giungere le mani in preghiera. Ma il tempo del perdono era scaduto, comprese, perché dinnanzi allo smistatore d’anime e corpi non sarebbe sfuggita neppure la briciola di pane gettata in terra da un goloso.
Fu così che Minosse lo afferrò per la caviglia stringendo a tal punto da rompergliela, ma Francesco ben sapeva che nell’arco di pochi minuti gli sarebbe guarita, per poi tornare a dolere nei momenti in cui altre bestie dell’Inferno avessero voluto far di lui un dilettante giocattolo.
Francesco tentò in ogni modo, anche con un morso, di strapparsi via il tentacolo da quel che restava della sua carne umana. Picchiò colpi, pugni, si dimenò come la bestia che aveva saputo essere in battaglia al fianco di Dante, il cui volto al momento della morte ricordava per filo e per segno.
Era colpa sua se periva tra le fiamme dell’Inferno, altroché! Francesco ruggì di collera, ira, e non gli importò di farlo anche in faccia a Minosse che, tenendolo sottosopra sospeso nell’aria, se lo annusò per bene.
-Ira!- sibilò sprezzante, ma prima di gettarlo alla ruota, indugiò un istante, se lo avvicinò di nuovo e annusò una seconda volta. Storcendo il naso, Minosse così disse:  –Credevi di poter nascondere i tuoi ben peggiori peccati dietro una maschera da iracondo?! Stupido ingenuo! Violenza!- si corresse.
Scaraventò il Francesco senza esitare un attimo in più. L’uomo finì trafitto e in un mare di sangue sull’uncino della ruota. Tenne per sé il dolore quando con un colpo netto all’ingranaggio Minosse lo gettò nell’oscurità degli Inferi volgendosi al condannato del turno successivo.
Francesco cadde come cadeva un morto, precipitò nell’abisso scuro che era l’eterno dolore, tra grida, fiamme e ancora grida. I suoi occhi verdi e sgranati videro le anime girare nel vortice della lussuria, consumarsi nelle bocche di Cerbero, crogiolarsi nell’oro dell’avidità. Più giù ancora, gli iracondi annaspare nelle paludi o gli eretici ardere nelle tombe infuocate.
Francesco cadde avvolto dalle impetuose correnti del Fiume di Sangue Ribollente, che lo trascinò lungo tutte le coste frastagliate del VII Cerchio dell’Inferno: i Violenti.
Dove la disperazione e l’eterno calore del sangue li corrodono, muoiono e rinascono, muoiono e rinascono i violenti verso gli altri.
Una nera foresta di alberi umani accoglieva i suicidi, il cui corpo tramutava in radici e arbusti per quel non rispetto ad esso dato in vita.
Il Fiume di Sangue Ribollente schiaffò Francesco sulla riva ospitante i violenti verso Dio. Nei torridi deserti dove piovevano cenere e fiamme, il Portinari si trascinò in ginocchio scottandosi quel che restava della sua pelle. Strinse l’ardente sabbia tra le dita e sfogò il dolore gridando, mentre il sangue del Fiume scorreva via dal suo corpo.
Ecco compiersi la meta del suo viaggio. Francesco alzò gli occhi e vide le anime dei suoi compagni crociati inginocchiati a terra e rivolti verso il Dio che in guerra o in pace hanno offeso o rinnegato con la carne.
L’eternità gli si apriva dinnanzi come i battenti di un grande e vasto portone. Il Portinari assaporò il dolore e ne prese gusto, sotto il sole cocente e il cielo in tempesta. Sgombrò la mente, concentrato solo a guardar il Misericordioso Dio che da lassù l’aveva condannato quaggiù.





Dedicata a goku94,
e al nostro zietto Dante :3
   
 
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