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Autore: Danny Fan    06/08/2005    9 recensioni
Ciao ^^ Questa è la prima FF Dan/Emma che scrivo, quindi siate clementi :P Ho provato a rendere tutto il più verosimile possibile. Daniel ed Emma dovranno scoprire i propri veri sentimenti e poi cercare di nasconderli alla stampa. Tutto questo mentre cercano di concilare il lavoro, lo studio e la loro vita di adolescenti quasi-comuni. Ci riusciranno?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Daniel Radcliffe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corpo testo Fine primavera 2003

Marcia fece una smorfia quando squillò il telefono.

L'aveva sentito per miracolo con tutto il baccano che stava facendo Daniel al piano di sopra.

- Dan! Vuoi abbassare quel cavolo di amplificatore o no?! - , gli urlò dalle scale, - Accidenti a me e a quando ho accettato di fargli comprare quella cavolo di chitarra... - , si rimproverò Marcia, dirigendosi al telefono e sentendo il volume dell'amplificatore abbassarsi al massimo di una levetta.

Si tappò un orecchio prima di rispondere, - Pronto? - .

Daniel si sporse un attimo sul libro pentagrammato e sbirciò il prossimo accordo. Sospirò. Non credeva fosse così difficile imparare a suonare il basso da un libro. Quel diavolo di manuale dava per scontate un sacco di cose importanti e lui cominciava a non capirci niente.

Sua madre irruppe nella sua stanza proprio in quel momento di tregua. Era furiosa, - Insomma, quando ti dico di abbassare il volume, abbassalo! - .

Daniel si tolse la chitarra da tracolla, - L'ho abbassato! - , protestò, in tono non troppo convinto.

- Non abbastanza! Stava suonando il telefono! - , Marcia si guardò un momento intorno, - E guarda che disordine incredibile! Questa camera sembra un bazar! Quante volte ti ho detto di riordinare questa settimana?! Hai spolverato quella pila di libri? - .

Daniel ammetteva che la camera era abbastanza incasinata. I libri di scuola erano sul pavimento, si, ma c'era un motivo! Aveva ripassato un po' e poi li aveva lanciati.... E la polvere regnava sovrana, era vero, perchè quando lui "spolverava" lo faceva quando doveva venire qualche suo amico a studiare. La finivano sempre ad ascoltare musica, ed era per quel motivo che tutti i cd e le rispettive custodie erano sparpagliate sulla scrivania, assieme a un blocco di carta dattiloscritta che Daniel aveva riempito di appunti nei margini. Ma sua madre non voleva sentire tutte quelle ragioni, lei vedeva solo che c'era disordine, non le importava perchè.

- Dai, ora lo faccio... - , mormorò, infastidito.

- Ora vuol dire adesso! - , puntualizzò sarcastica Marcia.

Daniel ebbe un moto di stizza, - Dai, mamma! Che palle! - .

Ahi, forse era andato troppo oltre. Il viso di solito dolce di sua madre si irrigidì e i suoi occhi blu mandarono fiamme. Daniel cercò di rimediare, tenendosi però a debita distanza. Il mese scorso le aveva detto di andare a stressare suo padre invece che lui, e si era beccato uno schiaffo memorabile. Non voleva ripetere l'esperienza.

- Ti prometto che lo faccio subito. Basta che mentre riordino mi fai tenere acceso lo stereo al volume che voglio - .

Patteggiare era sempre la cosa migliore.

Marcia parve calmare l'istinto di inseguirlo per la stanza e dargli uno sculaccione, cosa che da un paio d'anni era diventata una cosa un po' difficile, visto che Dan era cresciuto di dodici centimetri solo negli ultimi 6 mesi. In compenso scappellotti, schiaffi e calci erano ancora utilizzabili come metodo d'educazione su un ragazzo di quattordici anni.

- Basta che sia un volume accettabile! - , gli rispose, ma mentre stava per uscire si voltò di nuovo, - Ah! E non ti azzardare mai più a dire "che palle" a tua madre! - .

Daniel abbassò la testa, - Si, hai ragione, scusami. Mi è preso il nervoso - .

Marcia posò le mani sui fianchi. Era sempre molto sensibile al cambiamento di stato d'animo di suo figlio. Lo studio e tutte le cose normali della vita di un adolescente erano aggravate dal peso di portare avanti una carriera cinematografica che Marcia temeva potesse nuocere non solo al carattere di suo figlio, ma anche alla sua salute. Indagava sempre, quando lo vedeva giù di morale, troppo serio, troppo stanco.... A volte ammetteva di essere eccessivamente paranoica.

- Come mai? - , gli chiese, addolcendo il tono di voce.

Daniel scrollò le spalle, - Così - .

- Come sarebbe? - .

Daniel sospirò, sollevando gli occhi al cielo, - Niente mamma, così, non lo so nemmeno io. Non ci capisco un tubo di questo libro di accordi, mi è sparito un fumetto che mi aveva prestato Rupert, sono indietro con la sceneggiatura di Azkaban, altro?! Ah, si! Domani ho un'interrogazione di matematica e non ho ancora studiato nulla! - .

Marcia abbassò lo sguardo, pensierosa, - Senti, prenditi sto libro di matematica e vai di sotto a studiare, qui riordino io... - .

- Nemmeno per sogno! - , disse Daniel, scandalizzato. Poi, con sollievo di Marcia sembrò che l'ombra di un sorriso gli passasse sul viso, - L'ultima volta che ci hai messo mano ho dovuto cercare il cd dei Pixies con un annuncio sul giornale! - .

Marcia sorrise. Entrambi risero.

Daniel posò una mano sulla spalla della madre, di qualche centimetro più bassa, - Dai, riordino dopo, prima di andare a letto. Ora studio... - , si voltò e cercò di non pensare alla sceneggiatura che giaceva sulla scrivania, imparata solo per metà a un mese dall'inizio delle riprese, - Matematica, eh? - .

Marcia annuì, poi si ricordò il perchè era salita, - E accendi il cellulare, ti stava telefonando Emma. Era lei di sotto - .

Daniel aprì lo zaino e ne estrasse il telefonino, - Ma era acceso... - , constatò che aveva ben cinque chiamate senza risposta. Tutte di Emma.

- Beh, col casino di quella chitarra non l'avrai sentito suonare - .

- E' un basso, mamma - , corresse Daniel, facendole cenno di uscire mentre si accostava il telefono all'orecchio.

Marcia gli lanciò uno sguardo che voleva dire "taglia corto che devi studiare" prima di uscire dalla camera.

- Em? - .

Daniel sentì la voce squillante di Emma Watson dall'altra parte del ricevitore, - Dan! Finalmente! Guarda che ho chiamato a casa tua! Mi sono preoccupata! Dove sei? - .

Daniel si sedette all'indiana sul letto. Un sorriso divertito sulle labbra mentre rispondeva, con tono lugubre, - Si, scusa, è che... Mi è successa una cosa strana e avevo bisogno di rifletterci... - .

- Nulla di grave? - , chiese Emma.

Daniel soffocò un risata con la mano, - Eh... Ieri un mio amico è venuto a casa mia, e ho capito che.... Mi piacciono i ragazzi - .

Rimase in silenzio per sorbirsi la reazione di Emma a quello scherzo.

Emma era in assoluto silenzio, così come lo era lui. Daniel sentiva il suo respiro impaurito... - Dan.... - .

Daniel scoppiò a ridere, - Ma dai! Sto scherzando! Cosa vuoi che mi sia successo?! Non succede mai un cazzo qui! - .

Sentì Emma sospirare, - Stronzo! Appena ci rivediamo ti strozzo! - .

Daniel riuscì finalmente a smettere di ridere, - Oh! A proposito! Quando ci rivediamo? Hai fatto il saggio di Alfonso? - , le due domande si accavallarono. Daniel si rese conto di non riuscire a tenere il lavoro fuori da una qualunque conversazione quando era così sovraccarico e un po' preoccupato.

- Era per questo che ti stavo chiamando - , disse Emma, parlando in fretta.

- Per il saggio? - .

- No! Per vederci... Domani sono a Londra! La mia amica Sally e il suo ragazzo fanno due anni assieme, e allora hanno organizzato una festa al Celebrity. Ci vieni? - .

Daniel allungò le gambe e si lasciò cadere sul cuscino, - Non lo so, non la conosco bene Sally, cioè, ci ho parlato tre volte... - .

- Vabbè , ma non importa no? Mi ha chiesto lei di invitarti - .

- Ci sono altri ragazzi? - , continuò a indagare Dan, indeciso.

- Altri ragazzi! Ma che te ne frega? Non è che prima dicevi la verità? - , rise Emma.

Daniel sorrise, - Non credo proprio! È solo che mi da fastidio essere l'unico ragazzo, escluso il fidanzato di Sally che se ne starà con lei quindi non conta, tra decine di tue amiche che parlano con te di cosa è figo indossare o di scarpe col tacco firmate! - .

- Dai, non faremo come l'ultima volta, promesso! - , scongiurò Emma.

Daniel parve valutare ad alta voce la possibilità di unirsi alla festa, - Al Celebrity fanno bella musica.... - .

- Dai dai dai dai!!! - , miagolò Emma.

- Uff! Va bene! Sempre se i miei mi lasciano uscire! Devo studiare matematica per un'interrogazione e non ne ho la minima voglia. Però se mi va male a due settimane dagli esami mi tagliano il collo - .

- Vabbè, allora vai a studiare, ora. Così risparmi tempo e ti andrà alla grande e potremmo uscire! Ciao!! - .

- Oh, Emma! - , Daniel si sollevò di scatto, come per trattenerla, - Dov'è che ci dobbiamo trovare? A che ora? - .

- Ah, si! - , Emma gli diede istruzioni, e per sicurezza Daniel se le appuntò su un notes. In quei periodi si dimenticava tutto due secondi dopo che glielo avevano detto.

Salutare Emma era sempre triste, specie quando lo aspettavano le equazioni di secondo grado. Lei era la sua migliore amica in assoluto, una specie di sorella che non aveva mai avuto. Con lei si sentiva estremamente a suo agio, più che con chiunque altro, anche più che con Rupert. Era lo stesso identico rapporto che c'era tra lui e il suo migliore amico e compagno di scuola, che comunque vedeva molto meno di Emma durante l'anno. Certo, con lei non parlava di cose come "guarda che sventola quella lì" e via dicendo, ma come affetto era più o meno la stessa cosa. Emma non era una ragazza. Emma era... Emma, ecco. Un'entità a sè stante.

Daniel si caricò i libri sotto braccio, scese le scale e si buttò sul divano, di fianco a suo padre che, in pantofole leggeva un manoscritto di un suo cliente. Era uno stimato agente letterario da più di vent'anni.

- Compiti? - , bofonchiò il signor Alan Radcliffe.

- Uhm... - , rispose Dan, aprendo il libro pieno di cifre senza alcun entusiasmo, ma distraendosi subito, - Pa', domani mi dai uno strappo a Londra? - .

Suo padre lo guardò da sopra gli occhiali, - Per cosa? - .

- Una festa... Emma mi ha chiesto se... - .

Alan ridacchiò.

A Daniel faceva sempre un po' arrabbiare e un po' sorridere, - E allora? - .

- Niente, niente... - , continuò a ridacchiare suo padre.

- Guarda che non hai capito.... - , disse Daniel, sentendosi in imbarazzo, - Dai, mi accompagni? Alle undici - .

- Alle undici? - , tornò serio suo padre, - Non ti sembra un po' tardi? No no, niente da fare! - .

- Senti - , Daniel mollò il libro, - Emma ha un anno meno di me, eppure i suoi la lasciano tornare tranquillamente dopo la mezzanotte se è coi suoi amici! - .

- Tu non hai capito - , disse suo padre, l'indice sul petto di suo figlio, - Emma ti invita così dice ai suoi genitori che è con te, che sei più grande e sei un ragazzo del quale si fidano e che conoscono, così lei può uscire e divertirsi con le amiche dopo la mezzanotte - .

Daniel fissò il tavolino del salotto senza vederlo. Completamente ammutolito. Era davvero così? Cioè, Emma lo sfruttava, in poche parole? Non voleva davvero la sua compagnia? Beh, questo spiegava il suo comportamento con le amiche, e anche perchè insistesse tanto nel volerlo con sè. Senza sapere perchè Daniel sentì la rabbia ribollirgli dentro assieme ad un cocente senso di delusione.

  
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