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Autore: Smolly    07/04/2010    2 recensioni
Aidamòs ha 17 anni, nessun amico e un nome che odia. Vorrebbe vivere un'altra vita, avere qualcuno che gli vuole bene e cambiare città, ma non si aspetta che la svolta della sua vita partirà da una semplice ricerca....
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Black Hole

-BLACK HOLE-

 

CAPITOLO 1

Black Hole

 

Aidamòs se ne stava seduto all’ultimo banco proprio in fondo ad ascoltare rapito la lezione del Professor Mark, come tutti i venerdì. Mark era un vecchiaccio scorbutico, ormai in pensione da anni, che tuttavia tutti i venerdì preparava come volontario delle interessantissime lezioni di Astronomia, e Aidamòs le ascoltava sempre molto volentieri. L’ultimo banco in fondo all’aula, l’unico che era singolo e non doppio come gli altri,  era l’ideale per ascoltarlo: non aveva nessuno accanto né dietro che lo disturbava. D’altronde odiava le beffe dei suoi compagni di scuola  per il suo nome e per il semplice fatto che viveva in uno orfanotrofio gestito da suore, poiché i suoi genitori erano morti quando lui era troppo piccolo per ricordarli, e anche troppo incosciente per chiedergli di dargli un nome più serio e comune che quello che aveva e che era, sin da quando ne aveva memoria, il suo incubo. Aidamòs non era un nome adatto ad un ragazzino, per giunta già sfortunato di suo. E così egli non aveva amici, neanche a casa sua. La scuola dove andava era una delle più ambite del centro di Londra, e non era stata proprio la più bella trovata che la sua tutrice, suor Clarice, avesse avuto: in quella scuola ci andavano solo persone “per bene”. L’armadietto che gli era stato assegnato nel corridoio dell’ingresso era ridotto ad un buco inutilizzabile, grazie alle bellissime e graziose premure che i ragazzi fin dall’inizio gli avevano mostrato, e da tempo il ragazzo ci aveva fatto l’abitudine, portandosi dietro tutto l’occorrente in una grossa borsa a tracolla, scomoda, pesante, ma necessaria per la sua sopravvivenza. Aidamòs era un perdente nato, e un perdente cresciuto nella Londra del 21° secolo è segnato per sempre.

Aidamòs Smith era il suo nominativo completo, e a lui consolava il fatto che almeno il cognome fosse uno normale, come tutti gli altri, e solo di questo ringraziava i suoi genitori, solo di questo; per il resto immaginava i suoi genitori come delle persone qualsiasi, senza niente di speciale, che probabilmente non avevano molta voglia di volere bene al proprio figlio, se lo avevano lasciato da piccolo, solo con delle suore e con un nome schifoso. Lunghi capelli color rame gli ricadevano sulla faccia, coprendo quasi interamente i grandi occhi neri e parte del viso, dal colore roseo e dai tratti regolari. Era di statura normale, né troppo magro ne troppo grasso, non troppo muscoloso. Mostrava appieno i suoi diciassette anni grazie soprattutto alla sua espressione seria ed intelligente, sempre composta ma con una leggera punta di amarezza, dovuta alla lunga serie di insulti che, nonostante ne fosse in gran parte immune, gli arrecavano un poco di rabbia, rabbia sempre repressa. Sembrava normale, uguale a tutti i ragazzi normali di Londra, ma lui era Aidamòs Smith, lo sfigato delle suore, e non poteva affatto essere normale.

***

Il professor Mark, quel giorno, era particolarmente appassionato e anche più gentile del solito. Appena teminò i suoi discorsi sull’energia delle esplosioni di una nana  bianca, chiese per la prima volta da quando teneva lezioni lì di fare dei temi a casa, quando al massimo chiedeva di studiare un paio di capitoli dal libro che lui aveva fatto prendere facoltativamente agli alunni. Ciò era particolarmente insolito, ma questo lo rese molto interessante, soprattutto per il giovane Smith, che adorava i temi e a cui piaceva la parola “insolito”.  Il Professor Mark distribuì dei fogli a caso, con la consegna del tema da svogere e preparare  per il venerdì successivo. Aidamòs guardò quello che ara capitato a lui: “Buchi Neri: cosa sono? E come si comportano? Riportami le informazioni essenziali su queste particolari stelle”; poi il ragazzo si alzò e, prima di fiondarsi in orfanotrofio, fece un salto in bibilioteca di James Park. Quella bibilioteca era l’unico suo vero rifugio, dopo la sua camera. Era un edificio vecchio stile, molto spazioso e con grandi tavoli in legno vicino agli scaffali; no ci andava mai troppa gente, perché no era una delle biblioteche più grandi e fornite della provincia londinese, ma Aidamòs vi era molto affezionato, perciò si recava spesso all’edificio per studiare. Lì nessuno lo trattava male, a partire dalla bibiliotecaria, una signora sulla sessantina piuttosto in carne, che lo aveva notato subito, e si era incuriosita subito della sua persona. Gli aveva domandato il suo nome e, da anni ormai, cercava di ritrovare un personaggio storico che riportasse un nome simile. Fino a quel momento non aveva ottenuto niente, quella povera donna.

-Buon pomeriggio, mio giovanotto dal nome misterioso…come andiamo oggi?hai una faccia più allegra -

-Come al solito, signora Nott, come al solito. Niente di così eccitante se non la lezione del porfessor Mark. Trovato niente nelle sue ricerche oggi, signora?-

-No, ancora niente. Ma non mi arrendo sai!?! Il tuo nome dovrà pur essere spuntato da qualche parte! Se solo sapessi dove.-

- È inutile, signora Nott. I miei genitori dovevano essere porprio due persone così strane da riuscire ad inventarsi un nome così assurdo! Le consiglio, per la millesima volta, di smetterla con le sue ricerche. Si affatica e non riportano risultati; tanto non ho modo di cambiarlo. Invece io di risultati ne vorrei proprio avere a bizzeffe: quanti libri hai sui buchi neri?-

-Ne ho quante ne vuoi di libri sui buchi n eri. E comunque dovresti avere più ficducia in te stesso: insommma, hai diciassette anni, sei carino, intellignete, che cosa puoi volere di più?-

-Un nome meno ridicolo, dei genitori normali e una casa che non sia infestata di suore!-

-sei troppo disfattista, mio caro Aidamòs: a me il tuo nome piace; e poi le suore non sono poi così male-

-Non ne sarei così sicuro. Sulle suore, intendo. Per quanto riguarda il nome, a lei piace, perché è una bibiliotecaria ed è vecchia, senza offesa. Ma a nessuno dei ragazzi di oggi piace il nome “Aidamòs”. Non piace neppure a me, figuriamoci agli altri-

-E sei anche troppo realista e intelligente, oltre che disfattista. Se non la smetti finirai assassinato nl tuo letto fra un paio di mesi-

-La ringrazio del buon auspicio, signora Nott-

-Prego, giovanotto. Mi piace spaventare la gente con le mie chiacchere-

-La ringrazio. Almeno lei è simpatica ed è più carina  di tutta la mia scuola messa insieme-

-beh, grazie a te!non si trovano ragazzi come te che frequenstano la bibilioteca tutti i giorni e non si comportano come se portassero i peggio germi del mondo-

-Ha ragione!!-

Mezz’ora dopo Aidamòs se ne tornava a casa con una pila di tomi voluminosi con tutto il possibile su quei maledetti buchi.

***

Il tema si trasformò in un vero e proprio trattato, lungo esattamente centodiciotto pagine, venti righe e tre parole. Aveva consultato praticamente tutti i libri a sua disposizione, in quella lunga settimana, tutti tranne uno. Il libro in questione aveva il semplice titolo di “Black Hole”, buco nero, e non aveva autore.  Il ragazzo aveva intenzione di leggerselo a parte, perché gli pareva che quello fosse un tomo diverso da tutti quelli che aveva consultato, e perciò riteneva opportuno dargli un’occhiata con calma. Riportò dunque tutti gli altri volumi alla signora Nott, e prolungò il prestito di “Black Hole” di un’altra settimana. Fu l’unico studente della classe a prendere una A ad Astronomia e in effetti nesuno aveva preso più di una misera D; il suo trattato finì dunque per essere rilegato e messo in bella mostra nella bibilioteca della scuola, insieme ad un altro paio di libriccini striminziti che formavano tutto il sapere sull’argomento. Adesso, oltre allo sfigato delle suore, era anche il secchione dei buchi, ma Aidamòs decise di non farci proprio caso, e di continuare a fare finta di niente come al solito, ache se aveva più soprannomi irritanti che amici. Tuttavia il libro restò sulla scrivania del giovane Smith quattro giorni interi, prima che questo avesse il tempo di leggerselo: Aidamòs era stato infatti letteralmente incastrato dalla preside della scuola a partecipare ad un concorso su “non-sapeva-più-che-cosa” grazie a quel maledetto tema (che si era subito pentito di aver fatto), ed ora se la doveva vedere con le autorizzazioni e la preparazione del materiale, poché sarebbe partito nell’arco di cinque giorni, non più tardi. Nei quattro giorni precedenti alla fatidica partenza il ragazzo fu più volte tentato di scappare dalla finestra e prendere il primo treno per l’aeroporto, ma la sua stanza si trovava all’ultimo piano, il settimo, non aveva idea di come trovare i soldi per l’aereo, e non sapeva neanche dove andare. Rimase all’ultima sera che ancora non aveva aperto il suo libro e non poteva più sottrarsi al suo destino. Fu così che prese il volume, si distese sul letto, e iniziò a leggere.

“Black Hole” non era un libro di Astronomia, ma una storia, un romanzo senza autore. Era assolutamente strano, o insolito, come gli piaceva dire, poiché non narrava la storia di, che ne so, un’astronauta che studia i buchi neri nello spazio e gli succede qualcosa di strano per cui un buco lo inghiottisce e questo muore. Non raccontava neanche di un ragazzo appassionato dello Spazio, che diventava un grande scenziato e trovava la soluzione contro il loro avanzamento. Niente di tutto ciò. Era una storia che non aveva simili, per quanto ne sapeva il giovane. Non aveva mai letto un libro che avesse come protagonista principale questo personaggio; certo, era citato spesso nella Bibbia, ma il ragazzo non gli aveva mai visto prendere davvero forma, e non sapeva niente, se non che da questo personaggio ci si doveva guardare e si doveva pregare contro di lui.Quel libro narrava la storia di un angelo, un angelo caduto in rovina, un angelo che era divenuto cattivo, viveva all’inferno, nelle profondità della terra e il suo nome era Lucifero.

***

“…Lucifero all’inizio della sua vita era il più bello e buono degli angeli, si chiamava  Gabriele e aveva molto credito presso Dio. Ma un giorno si invaghì dell’anima angelica di una certa Jhoanna, e la volle conquistare a tutti i costi, commettendo un’atto impuro per il Paradiso. Dio si arrabbiò molto con lui, ma l’angelo non volle sentire ragioni e si ribellò a Lui, organizzando una sommossa. Fu così che Dio lo bandì per sempre dal Paradiso, e lo costrinse a cadere sempre più in giù, sempre più in giù, fino alle radici della Terra. Qui Gabriele prese il nome di Lucifero, e si creò un regno tutto suo, dove vi erano solo anime dannate e tutto il suo volere era legge. La sua anima, che un tempo era stata la più pura e bella di tutti divenne la più turpe e malvagia. Fu così che nacque l’Inferno…”

Aidamòs finì l’introduzione alla vera storia con molto stupore, ma la curiosità lo assalì, e fu determinato a leggerlo tutto prima della mattina seguente. Voltò pagina, e iniziò il primo capitolo.

“questa storia si svolge molti secoli dopo questi avvenimenti. Il Mondo era diviso in due grandi regni: il regno di Phòs e il regno di Phlogòs. Erano due regni che andavano piuttosto da’ccordo fra loro, ma non così tanto da potersi unire a formare un unico grande stato. Un giorno, un’ombra si impadronì improvvisamente del cielo del regno di Phlogòs, e non sembrava decisa ad andarsene. Alla città di Enèdra, la capitale, scenziati e saggi cercavano di scoprirne la causa, ma non vi trovarono niente di scentifico. Il popolo era preoccupato per questa nube nera, e il Re era preoccupato per il suo popolo. Questo finché una notte Lucifero prese il suo posto. Fu un gesto preciso, coinciso e ben fatto: il Re morì insieme con tutta la sua stirpe e il Diavolo supremo  si ritrovò a capo di una intera nazione, che da quel momento si chiamò ufficialmente Regno del Buio, anche se mantenne Phlogòs come secondo nome, perché letteralmente Phlogòs vuol dire Fuoco, uno dei simboli dell’Inferno. Lucifero tenne in vita solo la giovane figlia del vecchio re, e con questa ebbe un figlio, Dràmon, che aveva l’aspetto umano di natura, ma l’animo da demone. Passarono gli anni, e il Diavolo si costruì un’ esercito sempre più vasto, potente, e invasivo. Voleva conquistare il Regno di Phòs, che ora aveva preso anche il nome di Regno della Luce, in contrapposizione con il buio, in modo molto umano, anche se con un tocco demoniaco: aveva il progetto di conquistare il Regno della Luce distruggendo i territori circostanti alla capitale, Aletheimora, e poi sferrando l‘attacco finale alla città stessa. Il suo esercito però non doveva essere normale, am forte di spirito demoniaco, alimentato dalla sua stessa persona. Quando gli parvero maturati abbastanza i tempi e gli anni,  pose al comando di una parte il proprio figlio, che oramai era diventato forte e intelligente; chiamò poi  il suo esercito “Buco Nero”.

Aidamòs non riuscì ad andare avanti. Poggiò il libro sul comodino e si infilò sotto le coperte, recitò le sue solite preghiere e si preparò a dormire. Prima di addormentarsi ripensò per un momento al libro, e sorrise all’idea che la povera signora Nott doveva non conoscere quel libro, per averglielo rifilato insieme agli altri. E lui era stato scioco a volerlo leggere: quel libro non aveva niente di così interessante. E poi lui odiava sentir nominare il nome del Diavolo. Da piccolo aveva una paura matta del Diavolo, aveva avuto tanti di quegli incubi che adesso ne aveva le scatole piene di lui e del suo maledetto Inferno. Dopo di che smise di far funzionare il cervello, chiuse gli occhi, si mise a pancia in su e si addrormentò con un sorrisetto malinconico stampato in faccia. Forse non avrebbe tenuto quel sorriso da addomentato, se avesse anche solo sospettato che la mattina dopo non si sarebbe trovato affatto nel suo letto.

   
 
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