-BLACK
HOLE-
CAPITOLO
1
Black Hole
Aidamòs
se ne stava seduto all’ultimo banco proprio in fondo ad ascoltare rapito la
lezione del Professor Mark, come tutti i venerdì. Mark era un vecchiaccio
scorbutico, ormai in pensione da anni, che tuttavia tutti i venerdì preparava
come volontario delle interessantissime lezioni di Astronomia, e Aidamòs le
ascoltava sempre molto volentieri. L’ultimo banco in fondo all’aula, l’unico
che era singolo e non doppio come gli altri, era l’ideale per ascoltarlo: non aveva nessuno
accanto né dietro che lo disturbava. D’altronde odiava le beffe dei suoi
compagni di scuola per il suo nome e per
il semplice fatto che viveva in uno orfanotrofio gestito da suore, poiché i
suoi genitori erano morti quando lui era troppo piccolo per ricordarli, e anche
troppo incosciente per chiedergli di dargli un nome più serio e comune che
quello che aveva e che era, sin da quando ne aveva memoria, il suo incubo.
Aidamòs non era un nome adatto ad un ragazzino, per giunta già sfortunato di
suo. E così egli non aveva amici, neanche a casa sua. La scuola dove andava era
una delle più ambite del centro di Londra, e non era stata proprio la più bella
trovata che la sua tutrice, suor Clarice, avesse avuto: in quella scuola ci
andavano solo persone “per bene”. L’armadietto che gli era stato assegnato nel
corridoio dell’ingresso era ridotto ad un buco inutilizzabile, grazie alle
bellissime e graziose premure che i ragazzi fin dall’inizio gli avevano
mostrato, e da tempo il ragazzo ci aveva fatto l’abitudine, portandosi dietro
tutto l’occorrente in una grossa borsa a tracolla, scomoda, pesante, ma
necessaria per la sua sopravvivenza. Aidamòs era un perdente nato, e un
perdente cresciuto nella Londra del 21° secolo è segnato per sempre.
Aidamòs
Smith era il suo nominativo completo, e a lui consolava il fatto che almeno il
cognome fosse uno normale, come tutti gli altri, e solo di questo ringraziava i
suoi genitori, solo di questo; per il resto immaginava i suoi genitori come
delle persone qualsiasi, senza niente di speciale, che probabilmente non
avevano molta voglia di volere bene al proprio figlio, se lo avevano lasciato
da piccolo, solo con delle suore e con un nome schifoso. Lunghi capelli color
rame gli ricadevano sulla faccia, coprendo quasi interamente i grandi occhi
neri e parte del viso, dal colore roseo e dai tratti regolari. Era di statura
normale, né troppo magro ne troppo grasso, non troppo muscoloso. Mostrava
appieno i suoi diciassette anni grazie soprattutto alla sua espressione seria
ed intelligente, sempre composta ma con una leggera punta di amarezza, dovuta
alla lunga serie di insulti che, nonostante ne fosse in gran parte immune, gli
arrecavano un poco di rabbia, rabbia sempre repressa. Sembrava normale, uguale
a tutti i ragazzi normali di Londra, ma lui era Aidamòs Smith, lo sfigato delle
suore, e non poteva affatto essere normale.
***
Il
professor Mark, quel giorno, era particolarmente appassionato e anche più
gentile del solito. Appena teminò i suoi discorsi sull’energia delle esplosioni
di una nana bianca, chiese per la prima
volta da quando teneva lezioni lì di fare dei temi a casa, quando al massimo
chiedeva di studiare un paio di capitoli dal libro che lui aveva fatto prendere
facoltativamente agli alunni. Ciò era particolarmente insolito, ma questo lo
rese molto interessante, soprattutto per il giovane Smith, che adorava i temi e
a cui piaceva la parola “insolito”. Il
Professor Mark distribuì dei fogli a caso, con la consegna del tema da svogere
e preparare per il venerdì successivo. Aidamòs
guardò quello che ara capitato a lui: “Buchi Neri: cosa sono? E come si
comportano? Riportami le informazioni essenziali su queste particolari stelle”;
poi il ragazzo si alzò e, prima di fiondarsi in orfanotrofio, fece un salto in
bibilioteca di James Park. Quella bibilioteca era l’unico suo vero rifugio,
dopo la sua camera. Era un edificio vecchio stile, molto spazioso e con grandi
tavoli in legno vicino agli scaffali; no ci andava mai troppa gente, perché no
era una delle biblioteche più grandi e fornite della provincia londinese, ma
Aidamòs vi era molto affezionato, perciò si recava spesso all’edificio per
studiare. Lì nessuno lo trattava male, a partire dalla bibiliotecaria, una
signora sulla sessantina piuttosto in carne, che lo aveva notato subito, e si
era incuriosita subito della sua persona. Gli aveva domandato il suo nome e, da
anni ormai, cercava di ritrovare un personaggio storico che riportasse un nome
simile. Fino a quel momento non aveva ottenuto niente, quella povera donna.
-Buon
pomeriggio, mio giovanotto dal nome misterioso…come andiamo oggi?hai una faccia
più allegra -
-Come
al solito, signora Nott, come al solito. Niente di così eccitante se non la
lezione del porfessor Mark. Trovato niente nelle sue ricerche oggi, signora?-
-No,
ancora niente. Ma non mi arrendo sai!?! Il tuo nome dovrà pur essere spuntato
da qualche parte! Se solo sapessi dove.-
-
È inutile, signora Nott. I miei genitori dovevano essere porprio due persone
così strane da riuscire ad inventarsi un nome così assurdo! Le consiglio, per
la millesima volta, di smetterla con le sue ricerche. Si affatica e non
riportano risultati; tanto non ho modo di cambiarlo. Invece io di risultati ne vorrei
proprio avere a bizzeffe: quanti libri hai sui buchi neri?-
-Ne
ho quante ne vuoi di libri sui buchi n eri. E comunque dovresti avere più
ficducia in te stesso: insommma, hai diciassette anni, sei carino,
intellignete, che cosa puoi volere di più?-
-Un
nome meno ridicolo, dei genitori normali e una casa che non sia infestata di
suore!-
-sei
troppo disfattista, mio caro Aidamòs: a me il tuo nome piace; e poi le suore
non sono poi così male-
-Non
ne sarei così sicuro. Sulle suore, intendo. Per quanto riguarda il nome, a lei
piace, perché è una bibiliotecaria ed è vecchia, senza offesa. Ma a nessuno dei
ragazzi di oggi piace il nome “Aidamòs”. Non piace neppure a me, figuriamoci
agli altri-
-E
sei anche troppo realista e intelligente, oltre che disfattista. Se non la
smetti finirai assassinato nl tuo letto fra un paio di mesi-
-La
ringrazio del buon auspicio, signora Nott-
-Prego,
giovanotto. Mi piace spaventare la gente con le mie chiacchere-
-La
ringrazio. Almeno lei è simpatica ed è più carina di tutta la mia scuola messa insieme-
-beh,
grazie a te!non si trovano ragazzi come te che frequenstano la bibilioteca
tutti i giorni e non si comportano come se portassero i peggio germi del mondo-
-Ha
ragione!!-
Mezz’ora
dopo Aidamòs se ne tornava a casa con una pila di tomi voluminosi con tutto il
possibile su quei maledetti buchi.
***
Il
tema si trasformò in un vero e proprio trattato, lungo esattamente centodiciotto
pagine, venti righe e tre parole. Aveva consultato praticamente tutti i libri a
sua disposizione, in quella lunga settimana, tutti tranne uno. Il libro in
questione aveva il semplice titolo di “Black Hole”, buco nero, e non aveva
autore. Il ragazzo aveva intenzione di
leggerselo a parte, perché gli pareva che quello fosse un tomo diverso da tutti
quelli che aveva consultato, e perciò riteneva opportuno dargli un’occhiata con
calma. Riportò dunque tutti gli altri volumi alla signora Nott, e prolungò il
prestito di “Black Hole” di un’altra settimana. Fu l’unico studente della
classe a prendere una A ad Astronomia e in effetti nesuno aveva preso più di
una misera D; il suo trattato finì dunque per essere rilegato e messo in bella
mostra nella bibilioteca della scuola, insieme ad un altro paio di libriccini
striminziti che formavano tutto il sapere sull’argomento. Adesso, oltre allo
sfigato delle suore, era anche il secchione dei buchi, ma Aidamòs decise di non
farci proprio caso, e di continuare a fare finta di niente come al solito, ache
se aveva più soprannomi irritanti che amici. Tuttavia il libro restò sulla
scrivania del giovane Smith quattro giorni interi, prima che questo avesse il
tempo di leggerselo: Aidamòs era stato infatti letteralmente incastrato dalla
preside della scuola a partecipare ad un concorso su “non-sapeva-più-che-cosa”
grazie a quel maledetto tema (che si era subito pentito di aver fatto), ed ora
se la doveva vedere con le autorizzazioni e la preparazione del materiale,
poché sarebbe partito nell’arco di cinque giorni, non più tardi. Nei quattro
giorni precedenti alla fatidica partenza il ragazzo fu più volte tentato di
scappare dalla finestra e prendere il primo treno per l’aeroporto, ma la sua
stanza si trovava all’ultimo piano, il settimo, non aveva idea di come trovare
i soldi per l’aereo, e non sapeva neanche dove andare. Rimase all’ultima sera
che ancora non aveva aperto il suo libro e non poteva più sottrarsi al suo
destino. Fu così che prese il volume, si distese sul letto, e iniziò a leggere.
“Black
Hole” non era un libro di Astronomia, ma una storia, un romanzo senza autore.
Era assolutamente strano, o insolito, come gli piaceva dire, poiché non narrava
la storia di, che ne so, un’astronauta che studia i buchi neri nello spazio e
gli succede qualcosa di strano per cui un buco lo inghiottisce e questo muore.
Non raccontava neanche di un ragazzo appassionato dello Spazio, che diventava
un grande scenziato e trovava la soluzione contro il loro avanzamento. Niente
di tutto ciò. Era una storia che non aveva simili, per quanto ne sapeva il
giovane. Non aveva mai letto un libro che avesse come protagonista principale
questo personaggio; certo, era citato spesso nella Bibbia, ma il ragazzo non
gli aveva mai visto prendere davvero forma, e non sapeva niente, se non che da
questo personaggio ci si doveva guardare e si doveva pregare contro di lui.Quel
libro narrava la storia di un angelo, un angelo caduto in rovina, un angelo che
era divenuto cattivo, viveva all’inferno, nelle profondità della terra e il suo
nome era Lucifero.
***
“…Lucifero all’inizio
della sua vita era il più bello e buono degli angeli, si chiamava Gabriele e aveva molto credito presso Dio. Ma
un giorno si invaghì dell’anima angelica di una certa Jhoanna, e la volle
conquistare a tutti i costi, commettendo un’atto impuro per il Paradiso. Dio si
arrabbiò molto con lui, ma l’angelo non volle sentire ragioni e si ribellò a
Lui, organizzando una sommossa. Fu così che Dio lo bandì per sempre dal Paradiso,
e lo costrinse a cadere sempre più in giù, sempre più in giù, fino alle radici
della Terra. Qui Gabriele prese il nome di Lucifero, e si creò un regno tutto
suo, dove vi erano solo anime dannate e tutto il suo volere era legge. La sua
anima, che un tempo era stata la più pura e bella di tutti divenne la più turpe
e malvagia. Fu così che nacque l’Inferno…”
Aidamòs
finì l’introduzione alla vera storia con molto stupore, ma la curiosità lo
assalì, e fu determinato a leggerlo tutto prima della mattina seguente. Voltò
pagina, e iniziò il primo capitolo.
“questa storia si svolge
molti secoli dopo questi avvenimenti. Il Mondo era diviso in due grandi regni:
il regno di Phòs e il regno di Phlogòs. Erano due regni che andavano piuttosto
da’ccordo fra loro, ma non così tanto da potersi unire a formare un unico
grande stato. Un giorno, un’ombra si impadronì improvvisamente del cielo del
regno di Phlogòs, e non sembrava decisa ad andarsene. Alla città di Enèdra, la
capitale, scenziati e saggi cercavano di scoprirne la causa, ma non vi
trovarono niente di scentifico. Il popolo era preoccupato per questa nube nera,
e il Re era preoccupato per il suo popolo. Questo finché una notte Lucifero
prese il suo posto. Fu un gesto preciso, coinciso e ben fatto: il Re morì
insieme con tutta la sua stirpe e il Diavolo supremo si ritrovò a capo di una intera nazione, che
da quel momento si chiamò ufficialmente Regno del Buio, anche se mantenne Phlogòs
come secondo nome, perché letteralmente Phlogòs vuol dire Fuoco, uno dei
simboli dell’Inferno. Lucifero tenne in vita solo la giovane figlia del vecchio
re, e con questa ebbe un figlio, Dràmon, che aveva l’aspetto umano di natura,
ma l’animo da demone. Passarono gli anni, e il Diavolo si costruì un’ esercito
sempre più vasto, potente, e invasivo. Voleva conquistare il Regno di Phòs, che
ora aveva preso anche il nome di Regno della Luce, in contrapposizione con il
buio, in modo molto umano, anche se con un tocco demoniaco: aveva il progetto
di conquistare il Regno della Luce distruggendo i territori circostanti alla
capitale, Aletheimora, e poi sferrando l‘attacco finale alla città stessa. Il
suo esercito però non doveva essere normale, am forte di spirito demoniaco,
alimentato dalla sua stessa persona. Quando gli parvero maturati abbastanza i
tempi e gli anni, pose al comando di una
parte il proprio figlio, che oramai era diventato forte e intelligente; chiamò
poi il suo esercito “Buco Nero”.
Aidamòs
non riuscì ad andare avanti. Poggiò il libro sul comodino e si infilò sotto le
coperte, recitò le sue solite preghiere e si preparò a dormire. Prima di
addormentarsi ripensò per un momento al libro, e sorrise all’idea che la povera
signora Nott doveva non conoscere quel libro, per averglielo rifilato insieme
agli altri. E lui era stato scioco a volerlo leggere: quel libro non aveva
niente di così interessante. E poi lui odiava sentir nominare il nome del
Diavolo. Da piccolo aveva una paura matta del Diavolo, aveva avuto tanti di
quegli incubi che adesso ne aveva le scatole piene di lui e del suo maledetto
Inferno. Dopo di che smise di far funzionare il cervello, chiuse gli occhi, si
mise a pancia in su e si addrormentò con un sorrisetto malinconico stampato in
faccia. Forse non avrebbe tenuto quel sorriso da addomentato, se avesse anche
solo sospettato che la mattina dopo non si sarebbe trovato affatto nel suo
letto.