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Autore: Bellis    10/04/2010    4 recensioni
6 Gennaio 1889: misteriose presenze si nascondono al 221b di Baker Street, per la preoccupazione e l'estrema curiosità del nostro celeberrimo detective.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saluti. Oggi è un giorno importantissimo per questo fandom, per questa sezione di EFP, e, più in particolare, per la sottoscritta. Ecco perchè ho deciso di pubblicare questa oneshot, dedicandola ad una persona alla quale nessuno ha mai osato organizzare una festa a sorpresa... per il semplice motivo che sono davvero pochi gli esseri viventi sulla Terra capaci di sorprenderla.
Orbene, vi lascio alla lettura.
Bellis



Basta il pensiero

Estratto dal taccuino personale del signor Sherlock Holmes
7 Gennaio 1889


In circostanze normali, avrei trascurato di annotare una simile serie di eventi la cui banalità li avrebbe resi di scarso interesse per la mia agile mente. Tuttavia, debbo soffermarmi a considerare che la presente situazione non ha nulla di ordinario.

Rientravo ieri sera da una lunga ed infruttuosa spedizione presso il porto di Londra, luogo dal quale speravo di poter ricavare qualche indizio che mi avrebbe portato alla conclusione delle indagini sul caso Godalming; anche se, in verità, avevo dovuto vincere una forte riluttanza ad occuparmi di quella faccenda. Il ghiaccio che ha invaso la City nei mesi passati - e che ancor oggi sfortunatamente permane - sembra aver reso amorfo il fulcro della civiltà Britannica, a un tal punto che persino la piaga delle moderne metropoli - la malavita - pare aver sospeso ogni losca attività.

Il caso di ricatto propostomi dall'ispettore Jones, all'apparenza promettente, si era rivelato in definitiva più pericoloso del previsto. La ricerca del nascondiglio in cui Benedict Godalming aveva celato i documenti sottratti con l'inganno ha assorbito ogni mia facoltà intellettiva nella passata settimana: e posso affermare che tanto lavoro non è stato vano.

L'inizio dell'anno ha portato nuova linfa ai miei ragionamenti; già il quinto giorno del corrente mese avevo avuto sottomano quelle carte, che avevo affidato alla sicurezza del 221B.

Ma ieri, mentre mi incamminavo lungo Baker Street, scrollandomi dalle spalle l'umidità del porto e sbirciando la finestra del ben noto salotto, temetti che quella escapade nei quartieri bui avesse compromesso i risultati raggiunti sino a quel momento.

Una sagoma scura spiccava al di là delle tende, nel locale illuminato dalle lanterne a gas. Riconobbi subito quella forma ben nota: quella di un uomo di statura normale, dalle larghe spalle e dal collo robusto. Zoppicava leggermente dalla gamba sinistra, come notai mentre l'ombra si spostava verso la vetrata. Era senza dubbio il mio amico Watson.

Mi sorse spontaneo un interrogativo. Per quale motivo egli aveva lasciato la quiete coniugale di Kensington Road per recarsi nell'appartamento che pochi mesi prima condivideva con me?

Ah. Una seconda figura.
Più bassa, più esile. Gesticolava furiosamente, e il dottore sembrava rispondere con frettolosi cenni del capo.

Più volte il mio camerata mi ha fatto notare la mia - comprensibile - tendenza ad interpretare i fatti nel modo meno fiducioso nei confronti del prossimo. L'intrigo del quale mi stavo occupando mi aveva colmato la mente di pensieri ben poco piacevoli. Era prevedibile che Godalming facesse almeno un tentativo di recuperare il suo prezioso fascicolo prima che io potessi consegnarlo allo Yard. Così, mentre salivo le scale, mi preparai al peggio.

Entrai nel salottino e trovai Watson in piedi, approssimativamente nello stesso punto in cui lo avevo visto qualche minuto prima. Saettai uno sguardo esaustivo attraverso la stanza e mi soffermai ad osservare colui che da qualche tempo era divenuto il mio biografo.

Mi salutò con un nervoso, "Salve, Holmes." ed abbozzò un sorriso, giocherellando con il bottone del polsino destro.

Evitai di parlare, certo che, prima o poi, il suo sguardo avrebbe tradito il motivo della sua esitazione. Ed infatti fu così: i suoi occhi si posarono per un attimo sulla poltrona posizionata nelle vicinanze dello scrittoio. Un lembo di stoffa verdastra e sporca sporgeva da dietro lo schienale.

Sentii le mie sopracciglia che si aggrottavano, ed i lineamenti del mio volto indurirsi. Disprezzavo - e questo sentimento non è mutato nel tempo - lo spietato e subdolo ricattatore intorno al quale Scotland Yard non era ancora riuscita a chiudere le sue reti; il pensiero che in qualche modo Watson fosse rimasto coinvolto in quella potenzialmente letale partita a scacchi me lo rese ancor più inviso.

Con due lunghi passi attraversai la saletta; allungai la sinistra ed afferrai quel pezzo di tela infangata, sollevando il bastone la cui impugnatura tenevo ancora stretta nella destra. La mia sorpresa fu grande, quando, comprendendo le mie intenzioni, il mio amico si precipitò verso di me, afferrandomi il polso e letteralmente trattenendomi con tutta la forza che aveva nelle braccia, al fine di prevenire la mia seppur logica reazione.

"No, no, Holmes!"

Rimasi immobile, quasi pietrificato, quando una voce squillante, infantile e ben nota mi trapassò i timpani col suo marcato accento Cockney.

"Heey! Capo, non ho fatto nulla, proprio nulla, sa!"

Wiggins aveva le mani premute sulla nuca come se stesse per grandinare carbone.

"E' stato lui, sì, il dottore, a dirmi di venire qui, io non c'entro!"

Una testa bionda e ricciuta fece capolino da dietro il divano.

"Beh, Wig, veramente sei stato tu a dire a lui di venire qui." puntualizzò il giovane Bert, di appena otto anni.

"E poi hai chiamato noi, e senza dire nulla al 'gnor 'Olm's!" fece Ted, che con il suo stretto slang e la sua scarsa conoscenza della grammatica inglese masticò il mio nome in modo orribile da sopra la mia scrivania.

"A fare cosa, eh?" sbuffò imbronciato Art, spuntando da dietro il fornitissimo archivio criminale dai cassetti semiaperti.

"Al doc quasi veniva un colpo quando ha letto il tuo biglietto!" strillò un ennesimo Irregolare, tirando un filo pendente dalla pantofola persiana. "Forse più che altro perchè non hai azzeccato una parola scritta giusta. Nonna Thea dice che sei un asino."

"Zitto, Her." abbaiò Wiggins, il suo sibilo quasi coperto da una bassa risata che Watson non era riuscito a trattenere.

A quel punto avevo lasciato andare il ragazzo e avevo riposto il bastone, con gran sollievo del medico e del fedele luogotenente dell'esercito privato. I clandestini continuarono a vociare per alcuni momenti, con gran disappunto della signora Hudson che, accostatasi alla porta, scoccò un fiero sguardo di disapprovazione verso la sudicia combriccola.

"Wiggins." intervenni, piuttosto seccato per quell'intrusione. Avevo decisamente affari più gravi ed urgenti ai quali pensare. "Sto aspettando una spiegazione della vostra presenza qui."

"Il fatto è che... dovevamo darle... sì, questo." estrasse dalla tasca una specie di involto infiocchettato con un nastro sfilacciato di lana. Me lo porse con aria d'importanza - per la quale sinceramente non riuscii a trovare una logica motivazione.

"Cosa significa tutto ciò?"
Spostai dall'involto al viso giovanile che mi stava di fronte un'occhiata interrogativa, e con un brusco cenno lo invitai a spiegarsi, desiderando di accantonare in fretta quella futile distrazione.

Lui sorrise, ed il brillìo di divertimento che attraversò i suoi occhi spensierati e sbarazzini rispecchiò per un momento quello presente nel viso di Watson.
"Buon compleanno, 'gnor Holmes."

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Dal diario di John Hamish Watson, MD
6 Gennaio 1889


[...] mi ero quasi immediatamente accorto che il contegno del mio amico non era tranquillo nè rilassato. Per quanto il suo autocontrollo sia impeccabile, lo conosco ormai da alcuni anni, e, anche se la mia abilità di osservatore non è molto sviluppata, confido di poter avanzare qualche affidabile inferenza personale a partire dal suo aspetto.

Indossava un pastrano logoro, probabilmente unica traccia di uno dei brillanti travestimenti che utilizzava nel corso delle sue investigazioni. Era più pallido del solito - cosa che mi spaventò - ed i suoi occhi avevano quella sfumatura lucida di intensità che nella mia mente viene associata col culmine della sua attività deduttiva: un picco febbricitante di pura realizzazione.

Condividevo in parte le sensazioni di Holmes; essere trascinato fuori di casa da un sibillino biglietto consegnato dal piccolo Herbert e scritto da mano infantile con le inquietanti parole di emergenza e 221B e faccenda urgente che riguarda il signor Holmes mi aveva infuso un notevole quantitativo di ansia e preoccupazione; tanto che, dopo il colloquio affrettato con Wiggins, il sollievo mi aveva reso quasi insensibile: ma avevo sorriso all'interessamento degli Irregolari a quel peculiare giorno.

Una rapida trattativa aveva seguito quel dibattito; un mucchio di spiccioli - racimolati chissà dove e chissà come - erano stati gettati sulla povera tovaglia di cotone della signora Hudson. Le fatiche matematiche per il conteggio della ingente somma di due penny e trenta pence erano state immani, ma Wiggins le aveva affrontate con ardore e coraggio dall'alto della sua esperienza di undicenne e di occasionale strillone per lo Strand Magazine.

Il mio borsellino aveva colmato le lacune - per qualche ignoto motivo, la somma era diminuita di almeno undici pence nell'arco di tempo adibito alla computazione - ed Arthur era stato scelto per una delicata missione, mentre, sporgendosi dalla finestra di quella che era stata la mia stanza, Joseph controllava la strada per evitare l'improvvisa comparsa del detective di ritorno.

Art era appena rientrato col suo fagotto sottobraccio, quando Holmes aveva fatto irruzione, costringendoci ad una ritirata strategica. Ma l'acume dell'investigatore era troppo anche per i nostri congiunti e cospiratori intelletti, ed il diabolico piano fu sventato senza indugio. Così il pacco, passato dalle mani di Arthur a quelle di Wiggins, era finalmente giunto, insieme ad un chiarimento improvviso, in possesso del legittimo destinatario.

Il suo semplice - nonchè teatrale - augurio ebbe il potere di dissipare una parte della cupa oscurità che adombrava il viso del mio amico, che considerò con maggiore interesse l'oggetto racchiuso nella informe confezione.

"Non lo apre mica, 'gnor 'Olm's?" inteloquì il piccolo Ted, facendo sobbalzare sia me che Holmes. Ci accorgemmo di essere accerchiati da molti curiosissimi Irregolari con l'animo sospeso nell'attesa.

Il detective sedette in poltrona, un'espressione indecifrabile impressa nei lineamenti ascetici ed aquilini. Eliminò con cautela il filo, riuscendo miracolosamente a venire a capo del groviglio di nodi fatti dai suoi leali militi, e separò la carta, estraendone una molto economica pipa di gesso della quale sicuramente sarebbe stato in grado di stimare prezzo e provenienza ad un primo sguardo.

Soppesò l'oggetto, studiandone i contorni ed esaminando approfonditamente fornello e bocchino.

Wiggins mi scoccò un'occhiata dubbiosa, alla quale risposi con un invito alla pazienza. Riportò lo sguardo sull'investigatore appena in tempo per incontrare il suo.

"Non dovevate." mormorò questi, dopo un momento d'esitazione, "Grazie."
Il raro e genuino sorriso che rivolse agli ometti raccolti intorno a lui - prontamente ricambiato con la spontaneità tipica dei bambini - ebbe il potere di rischiarare l'ambiente più di quanto qualsiasi fiamma avrebbe potuto fare.

Mi sovvenne la piena certezza che nessuna presenza maligna avrebbe osato insinuare la sua gelida ombra nel quieto tepore che avviluppava in una comfortevole aura l'appartamento di Baker Street; almeno, per quella sera.


****************

Sì, oggi è il compleanno di Bebbe5. Lascio la parola - o meglio la tastiera - al giovane Wiggins, per gli auguri.

'APPEE BIRTHDAE MA'AM!

... forse non è stata una buona idea. AUGURI, COLLEGA! :D



   
 
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