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Autore: daffodils82    12/04/2010    3 recensioni
Il titolo di questa storia prende spunto da una bellissima canzone di Sara Bareilles che ho ascoltato mentre scrivevo questa fic. Dopo HEA siamo tutte su una nuvoletta e così stranamente anche una canzone che parla di un amore non corrisposto può ispirare una storia sul VERO AMORE! Un grazie enorme alle mie lettrici speciali, Ilaria, Any, Giuly e Stefy e a a quelle di Efp.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sawyer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Miles, dannazione!” Fermo in doppia fila in una delle strade più trafficate di LA mi domandavo da diversi minuti se esistesse persona più lenta al mondo a prendere due tazze di caffè da portare via.
Era il mio amico e collega ma aveva la capacità di farmi perdere la pazienza nei giorni in cui avevamo più lavoro. Scesi dalla macchina, attraversai la strada e mi diressi verso la caffetteria.
Fu una frazione di secondo. Sentì qualcuno venirmi addosso e del caffè che si rovesciava sulla mia camicia .
“Ma che diavolo!?! Ehi per la miseria, guarda dove vai!”
“ Mi scusi, davvero io sono mortificata. Parlavo al telefono e non ti ho visto.”
Alzai gli occhi per guardare chi mi fosse venuto addosso. Era una donna. Aveva enormi occhi azzurri e lunghi capelli biondi raccolti. Sulle labbra aveva un ghigno tra il divertito e il dispiaciuto. Si mise a cercare qualcosa nella borsa.
“ Ho dei fazzoletti e un po’ d’acqua, lo so che non è molto ma premettimi di aiutarti a pulirti un po’!”
Mi diedi un’occhiata, ero un disastro.
“No, non fa niente. Per fortuna ho un cambio in uffico.”
La guardai di nuovo, adesso stava davvero ridendo di me.
“ Ti faccio ridere?”
Annuì sorridendo in silenzio.
“Perfetto!”
La guardai meglio, la bionda aveva un sorriso irresistibile.
“Senti, permettimi almeno di pagarti la tintoria, odio sentirmi in colpa, soprattutto se si tratta della camicia di un agente di polizia.”
“ No non fa niente.”
“Insisto. Ti lascio il mio numero. Davvero voglio riparare al mio danno. E’ il minimo che posso fare.”
“D’accordo.”
“Hai un foglio?Io ho solo una penna.”
Tastai le mie tasche, niente. “Temo di no.”
Si avvicinò e mi prese una mano. Sentivo la penna solleticarmi la mano mentre lei sorrideva scrivendo il suo numero.
Chiuse la penna e la rimise in borsa, guardò l’ora. “Devo proprio andare, sono veramente in ritardo.”
La guardai allontanarsi e poi diedi un’occhiata alla mia mano. “ 555- 54231 Juliet.”
All’improvviso sentì una sensazione così strana e così profonda, quel nome mi sembrava così famigliare, come se in un’altra vita l’avessi pronunciato molte volte con molto amore.

“Ehi capo, che guardi?”
Miles mi era al fianco con il caffè in mano. Lo guardai furioso. “Sali in macchina.”
“Ma che ti è successo?” mi chiese vedendo la mia camicia.
“Zitto, sali e non parlare.”
Per tutta la giornata pensai a quella bionda e al nostro scontro. Cavoli, ero stato per lo più sgarbato con lei e mi sentivo in dovere di farmi perdonare. Sollevai la cornetta del telefono dell’ufficio un paio di volte ma riabbassai sempre, mi sentivo un’adolescente alle prime armi, il cuore all’impazzata e la voglia di vederla.

Uscì dall’ufficio dopo un paio di tentativi, inoltre volevo togliermi di dosso lo sguardo indagatore e incuriosito di Miles.
Presi il mio cellulare e composi il suo numero, tre squilli che mi sembrarono lunghi una vita, poi finalmente quella voce.
“Pronto?”
“ Ehm … Juliet?”
“Sì, sono io, chi parla?”
“Ci siamo incontrati stamattina, sono quello del caffè. Agente Ford … James … Ford. Oh, chiamami come vuoi.”
“Mi ricordo agente, mi dispiace ancora per la camicia. L’hai già portata a ripulire?”
“No veramente no. Sono un disastro con quelle macchine infernali … le lavatrici voglio dire.”
“Non mi sorprende affatto, tipico degli uomini.” Mi disse con tono ironico.
Ci fu un attimo di imbarazzo di entrambi e calciando un sassolino verso la strada le chiesi di uscire.
“Già … Mi chiedevo … che ne dici di incontrarci in quella lavanderia a gettoni sulla 108 ? Come hai capito, sono il tipico uomo che ha bisogno di aiuto.”
“ Che ne dici di un caffè prima? Possiamo pagare alla romana.”
“E tu che ne dici di oggi alle 18.00 al Black Rock Caffetteria?”
Lei non rispose subito. Pensai di essere stato troppo frettoloso, non volevo che pensasse che fossi un maniaco. “ Se non hai altri impegni.” Aggiunsi.
“ Sarò lì.” fu la sua risposta.

Finì il lavoro più importante il prima possibile, il resto delle scartoffie senza molte spiegazioni le girai a Miles. Passai a casa a cambiarmi. Di solito non badavo molto a cosa mi mettevo addosso ma per quell’appuntamento scelsi con cura camicia, jeans, scarpe e giubbotto. Alle 18.00 ero davanti al Caffè.
Era già arrivata. Riuscì a vederla perché sedeva in un tavolo vicino ad una delle finestre, un libro in mano e il sole del tramonto che la illuminava.
Entrai e le andai incontro, lei alzò gli occhi dal libro a guardarmi e sorrise.
Parlammo molto e ridemmo altrettanto. E in uno dei pochi istanti di silenzio mentre sorseggiavamo il nostro caffè vidi chiaramente il nostro primo bacio, la sua risata, il nostro vivere insieme davanti ai miei occhi, come un dejà vù, o meglio ancora, come due anime gemelle che si ritrovano oltre il tempo e lo spazio.

  
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