Titolo:
Briscola
Autrice:
emogirl
in pink
Beta:
di
nuovo emogirl
in pink
Pairing:
Bella/Edward
Raiting:
Arancione
(R)
Trama:
Mi
sono sempre chiesto perché non riuscissi a sentirmi appagato
della mia giovane vita, e finalmente ho trovato la risposta. Mi c'è
voluto relativamente poco per capirlo, solo un viaggio oltreoceano, e
non ne sono rimato sorpreso. Mi sono sempre reputato un tipo
intelligente, non dico un genio, ma un ragazzo particolarmente
brillante.
Briscola
Mi
sono sempre chiesto perché non riuscissi a sentirmi appagato
della mia giovane vita, e finalmente ho trovato la risposta. Mi c'è
voluto relativamente poco per capirlo, solo un viaggio oltreoceano, e
non ne sono rimato sorpreso. Mi sono sempre reputato un tipo
intelligente, non dico un genio, ma un ragazzo particolarmente
brillante.
E
questo, dovevo capirlo.
Sono nato e cresciuto negli Stati
Uniti da una famiglia amorevole. Mia madre era una giornalista, mio
padre un allenatore di football ed io mi sono diplomato e laureato
col massimo dei voti a Juneau. Non volevo pesare ai miei genitori e
volevo renderli fieri di me. Mi sembrava un giusto compenso per tutto
quello che hanno fatto per me, in passato. Povero, povero illuso.
Troppo preso dalla mia carriera artistica post-universitaria, non
avevo prestato attenzione ai movimenti di mio padre in quelli che
vengono definiti i piani alti della società, mentre cercava di
sistemarmi
da qualche parte.
Mi aspettavo di vivere con la mia musica, col mio pianoforte, eppure
mi è stato strappato tutto dalle mani con una lettera
dall'Italia.
Mio
cugino, Stefano, chiedeva la mia presenza al suo matrimonio. Solo io,
niente genitori al seguito. Ovviamente, avevo accettato, felice per
lui. La sera dell'addio al celibato gli avevo proposto perfino di
suonargli la marcia nuziale, proposta molto gradita e accettata con
entusiasmo.
Poi era arrivata lei: credevo di non aver mai
visto ragazza più bella di Rosalie, la moglie di mio fratello
maggiore, ma non v'era confronto. Lei
era una bellezza
semplice e delicata, che dava nell'occhio ma senza eclissare chi le
stava intorno. Mentre uscivamo da casa loro, Stefano, aveva
annunciato che quella era Isabella, la ragazza che sarebbe diventata
sua moglie. I nostri sguardi s'incrociarono ed in quel momento mi
sono sentito completo.
Non starò a spiegarvi tutto nel
dettaglio, sarebbe una storia lunga e noiosa, ma vi posso dire che
poche ore dopo, io ed Isabella ci stavamo rotolando tra le lenzuola
della mia camera d'albergo, lontani dalla festa. Era stato bello,
intenso, passionale, sbagliato.
Non sarebbe dovuto succedere, non quando lei stava per diventare mia
cugina.
Il giorno dopo, si sposarono e alla sera, ripresi il
mio aereo per Chicago. Non la rividi più.
Ed eccomi
qui, oggi, dopo più di un anno, nella splendida Firenze, nel
bel mezzo di un Torneo di Carte “con penitenza”.
Sinceramente, non mi aspettavo niente di meno dagli italiani, popolo
passionale e avventuriero. Era un remake di un classico gioco:
Briscola. Invece che contare i punti finali, qui si contavano i
vestiti rimasti addosso ai partecipanti. Ogni volta che qualcuno
schiacciava
con un asso o un tre,
il proprietario dell'altra carta, doveva togliersi un indumento.
Veramente fantasioso.
Davanti a me, un ragazzo dai capelli
scuri e un cappellino con la visiera a tappargli il viso, aveva fatto
la sua mossa. Aveva lanciato un Re di Cuori. Picche era Briscola, e
rimanevano fuori solo l'asso di fiori e il tre di Denari. Il secondo,
era in mano mia, tra un due di scarso valore e una briscola bassa ma
potenzialmente utile. Scarto il due, sperando di vincere perché
sono rimasto solo con i boxer indosso.
Fa una smorfia, ma
mette le due carte tra quelle da lui conquistate. Peschiamo dal mazzo
al centro del tavolo e vorrei tanto imprecare. Ha il tre di briscola,
indumento al sicuro per lui e uno in meno per me. Mi lascio andare
allo sconforto. Non finisco neanche la partita: mi alzo e gliela do
vinta. In questo caso, tocca a lui scegliere la penitenza.
Sorride
e mi indica il piano di sopra. Oh, cielo, di sopra ci sono le camere.
Non ho niente contro gli omosessuali, ma..beh, io non lo sono e la
situazione si sta facendo piuttosto imbarazzante. Lui, però,
non parla, continua a sorridere da sotto il berretto.
Titubante,
inizio a salire le scale. Pochi testimoni, per fortuna.
Sento
chiudersi la porta alle mie spalle, ma non mi arriva una voce
maschile, bensì una conosciuta, calda e dolce.
- Sei
piuttosto bravo, a giocare. Peccato tu ti sia arreso. - dice, la
voce.
- Volevo evitare di rimanere completamente nudo in un
bar. - rispondo.
- Ora, però, puoi rimanervi. Io, non
sono un bar, sono solo... -
- ...sei solo Bella. - la
interrompo.
Poi, non c'è altro, solo due corpi che
riprendono da dove, mesi prima, si erano interrotti. Baci esigenti;
carezze che superano la soglia della delicatezza; movimenti rapidi,
decisi, veloci; spinte energiche; sospiri umidi e pieni di
lussuria.
Ecco
come mi sono ridotto, Isabella, vorrei
dirti. Guarda
come mi sono consumato di desiderio per te, in questo tempo. Dove hai
lasciato Stefano? Cosa gli hai raccontato? Di certo, non pensa che tu
sia tra le mie gambe, vero?
Ed
è squallido, ma anche questo è amore. Un amore unico,
un amore che purtroppo non ha scampo, non ha vie d'uscite, non può
essere alimentato, ma neanche spento.
Un amore che però,
continua.
Sei calda, sudata, piccola Isabella. Hai ancora
voglia di me, lo sento, e non ti nascondo il mio desiderio di
riaverti tra le braccia, ma non sei mia. Sei di Stefano, e tra poco
ti alzerai da questo letto, mi darai un ultimo bacio e sparirai per
tornare da tuo marito.
- Non è stata una coincidenza,
questa. - dici.
- Lo so. -
Mi sono sempre chiesto
perché non riuscissi a sentirmi appagato della mia giovane
vita, e finalmente ho trovato la risposta. Mancavi tu, Isabella, ed
ora che ti ho trovata sono costretto a vivere una vita a metà,
tra il ripianto di non averti vista prima, e quello di non averti mai
incontrata.
Fine
Non
oso pensare a come vi possa apparire questa fic, perdonatemi. Il
problema è, che non riesco a ricordare neanche una parola di
quello che ho scritto. Facevo i cavoli miei, prima che le dita
cliccassero su “Nuovo Documento Open Office”. Quindi,
capitemi, io non c'entro nulla. La colpa è delle mie dita (non
per questo, siete autorizzati a tagliarmele). Se vi è
piaciuta, però, non posso esserne che felice. E' una storia
strana, senza tanti fronzoli, e molto breve, ma spero che vi abbia
lasciato qualcosa.
Un saluto a chi ha letto e un grazie a chi
commenterà.
Avrìl.