CENERE

Tremi. Fa freddo.
Anche io sto tremando. Forse dovremmo andare a casa, non credi, Ash?
Annuisci.
Sì, hai ragione, è ora di tornare.
Ti prendo per mano. Sento l’aria fredda chiudersi dentro la mia mano.
Passo dopo passo, piano, a testa bassa, ma insieme, per mano, gi dirigiamo verso la nostra baracca, uno stupido monolocale che cade a pezzi. Buffo. Da piccoli immaginiamo sempre la nostra futura casa come un’enorme villa.
Preparo il caffè e mi accendo una sigaretta. Sì, hai ragione, Ash, devo smettere.
Fallo, allora, mi dici con gli occhi.
No, non posso, Ash, capisci…
Non te lo dico, ma la sigaretta non è altro che il tuo sapore. Il tuo sapore è in questa sigaretta, una Winston Blue da quattro soldi. Non mi piacevano. Ma ora hanno il tuo sapore, è diverso.
Ash, vuoi un po’ di caffè?
Annuisci in silenzio, e ti siedi accanto a me.
Prendo due tazzine giallognole. Ti verso il caffè che sa più di acqua che di un caffè.
Ti verso il caffè, eccolo, Ash, bevi pure.
Con un cenno del capo, mi ringrazi.
Mi siedo e comincio a sorseggiare il mio, osservando di sottecchi la tua tazzina.
Come sempre, resta intatta.
Prendo la tua mano, ma la mia mano prende solo aria. Come sempre.
Osservo i tuoi occhi, ma riesco a vedere solo la sedia vuota.
La tua sedia, Ash.

Mi manchi.

Nota: Ash vuol dire cenere. Eh. Capitan Ovvio.