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Autore: Stella Livingston    27/04/2010    6 recensioni
Pikachu riflette sul rapporto che c'è tra Ash e Misty, e tenta di spiegarselo.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ash, Misty, Pikachu | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Pokémon è di proprietà di Nintendo, Game Freak, Satoshi Tajiri e compagnia bella. Pertanto tutti i personaggi presenti in questa storia non mi appartengono. La storia però è mia, perciò è vietato copiarne anche una sola singola parola senza il mio esplicito consenso.

L’insostenibile stranezza dell’essere (umano)

Essere un Pokémon, soprattutto se siete un Pokémon come me che vive costantemente fuori dalla sua Sfera Poké, può avere i suoi bei vantaggi. Io, per esempio, sono tanto piccolo da poter sbucare in ogni posto senza dare troppo nell’occhio. Posso rannicchiarmi sotto i letti, addossarmi contro la porta, nascondermi fra le gambe della gente, e resterei comunque pressoché invisibile, o comunque un esserino dall’aspetto abbastanza gradevole da riuscir a strappare alla gente qualche urletto estatico del tipo Oooh, che carino! e basta. E questi sono vantaggi, capite?
Quando viaggiamo, poi – ogni tanto ci capita di farlo ancora –, posso tranquillamente salire sopra la spalla di Ash, il mio allenatore, e percorrere strade e strade e metri e metri e chilometri e chilometri senza muovere un muscolo, lui che si becca tutta la fatica e io che mi becco tutta la bellezza dei panorami che sfilano al nostro fianco. Penso che lui, Ash, segretamente un po’ mi invidi per questa cosa, dato che sulla mia spalla lui non potrebbe certo mai salirci, eh…! L’ho già detto che sono piccolo.
Ma quello che più mi piace fare, ragazzi, è sgattaiolare nel suo sacco a pelo quando voglio dormire in santa pace e allo stesso tempo godermi un po’ di calore, specialmente in inverno, visto che io sono talmente allergico alla Sfera Poké da preferire il corpo del mio allenatore in ogni caso, pure se quella santa pace a cui accennavo prima sia un concetto relativo o comunque teorico, se considerate che Ash quando dorme scalcia, smanaccia e non sta mai fermo, ecco, e a volte russa anche. Però il resto del mondo spesso la notte è più rumoroso e fa più grugniti dell’allenatore in questione, perciò alla fine mi accontenterei e non mi lamenterei troppo di avere un termosifone che è palesemente un ciclone demolitore dalle sembianze umane, se solo ultimamente potessi…
No, lasciamo stare. Di questo vi parlerò soltanto al termine della storia.
Un’altra cosa che mi diverte moltissimo è stare ad ascoltare i discorsi degli umani; posso farlo in tutta libertà, perché – e non riesco ancora a capire quale accidenti di meccanismo astruso ci sia dietro – loro sono abituati a pensare che noi Pokémon capiamo tutto, eh, gli piace pure pensarlo ed autoconvincersene, come succede con i bambini piccoli che provano le parole e dicono “Mamma” solo ed unicamente perché sono due sillabe facilissime da pronunciare e invece tutte le madri del mondo si esaltano a vicenda e dicono con orgoglio l’una all’altra “Mi ha chiamata, finalmente!” e altre cose così. Insomma, pensano sì che noi Pokémon capiamo qualsiasi argomento esca fuori dalle loro bocche, ma poi ci permettono di restare ad ascoltarli anche quando parlano di cose che chiamano problemi o che mettono sotto la voce top secret o, meglio ancora, sotto quella di Appartiamoci che devo dirti una cosa a quattr’occhi. Loro si appartano; io li seguo. E non ci trovano nulla di strano o di proibito. Non mi cacciano né niente del genere. Resto lì a guardarli dal basso, col naso per aria, e a sentire tutti i loro discorsi facendomi beatamente i fatti loro. Possibile che a loro non importi? Sono sicurissimi che noi Pokémon possiamo capirli, dialogare con loro e farci comprendere a nostra volta e via dicendo, e poi ci permettono di presenziare ai loro discorsi che non deve sentire nessuno sennò sono guai. Ma se io li sento! Non sono certo nessuno io, no? Mah, a volte sono proprio strani, gli umani, sono buffi. E il bello che spesso sono i primi a dirci questa cosa a noi. Fanno ridere, mi sono simpaticissimi, anche se non li ho mai capiti.
I loro sentimenti, poi. Quelli sono davvero assurdi, incomprensibili. Per farvi un esempio, io ho sempre osservato il rapporto che c’è tra Ash e Misty, una cara amica, come la cosa più complicata ed allo stesso tempo affascinantissima dell’intero universo; una specie di enigma della Sfinge, per intenderci.
A dirvi la sincera verità, non ci ho mai capito niente. Quando da ragazzini viaggiavano insieme erano capaci di trascorrere tutto il tempo a gridarsi e a insultarsi e a scannarsi a vicenda finché non erano sufficientemente sazi entrambi, e anche se dopo tutto ciò seguiva qualche ora di tregua non era mica detto che avessero finito lì. Bastava un nonnulla e ricominciavano a gridarsi e a insultarsi e a scannarsi a vicenda, e poi daccapo. Un po’ monotoni, direte voi, ma io direi invece che erano spassosi. Chissà che facce avrebbero fatto se avessi detto quante risate sotto i baffi erano capaci di farmi fare, con i loro battibecchi…! Chissà se ha un senso ridere di cose che sembrano far arrabbiare tanto gli altri, d’altronde.
Comunque a volte non ridevo e basta, sapete? A volte ci restavo davvero male, che litigassero tanto. Anche perché ho sempre voluto bene a tutti e due, e il vederli fronteggiarsi in quel modo mi faceva sempre sentire come se avessi dovuto obbligatoriamente schierarmi dall’una o dall’altra parte, dare ragione ad uno o all’altra, prendere le difese di uno o dell’altra. Un po’ alla maniera dei figli di genitori divorziati, che quando gli adulti si separano sono costretti a fare una scelta e sono i primi a rimetterci, e a soffrirne.
Proprio come un figlio, guardandoli urlarsi addosso, io sognavo segretamente di far riappacificare Ash e Misty una volta per sempre.
Una cosa stranissima, e che notavo puntualmente ne capitava l’occasione, avveniva quando si presentava una qualche situazione particolarmente rischiosa, in cui uno dei due poteva davvero rimetterci la pelle. A quel punto Ash/Misty si preoccupava tantissimo per Ash/Misty. Addirittura mi capitò persino di vedere lei piangere per la paura che il mio allenatore alla fine, a furia di fare l’eroe sprezzante del pericolo, fosse morto sul serio. Giuro che mi sembrava assurdo. Ma come, pensavo, passate tutto il tempo ad odiarvi manco foste nemici giurati, e poi state così in pena per la sorte dell’altro? Un po’ illogico, lo ammetterete anche voi.
Ogni volta che Ash si buttava a capofitto per cercare di salvarmi, da qualche astuta trappola del Team Rocket ad esempio, – chissà perché come lui anch’io spesso mi ficco volentieri nei guai; boh, forse il Professor Oak spiegherebbe il tutto con una delle sue celebri frasi, “I Pokémon riflettono i sentimenti e le abilità dei loro allenatori” –, Misty poi stava in pensiero molto di più per lui che per me. Il che lo trovavo non solo assurdo, ma addirittura ridicolo: io con lei ci andavo d’accordissimo, non ci litigavo mai, e nonostante questo dovevo sorbirmi da parte sua l’indifferenza più totale. Era tutta un concentrato di “Attento, Ash!” oppure “Non farlo, Ash!”, o ancora, tanto per cambiare, “No, Ash!”. Ash, Ash, Ash; sempre Ash. Per me neanche un minimo di considerazione. Ci restavo un po’ male, lo confesso, anche se per il mio allenatore effettivamente stavo in pena anch’io. È sempre stato di gran lunga più imbranato di me, una specie di calamità naturale.
Comunque non era di questo che volevo parlarvi. Mi premeva sottolineare, piuttosto, come quest’amicizia dai toni, come possiamo definirli, accesi?, fosse capace di generare in me quesiti ed interrogativi che non sapevo come risolvere, e con i quali mi arrovellavo il cervello fino a che quasi non vedevo fumo uscire dalle mie orecchie. Il loro era davvero un rapporto curioso, e per quanto mi apparisse problematico ed incoerente sono sempre stato il primo a sostenere che i due, in realtà, andassero perfettamente d’accordo.
Il perché lo pensassi, sfugge ad ogni mia comprensione. Forse lo deducevo da alcuni sguardi, da alcuni sorrisi, da alcune premure; e perché no, anche da alcuni rimproveri e da alcune liti, talmente comiche ed esagerate da sembrarmi ispirate di peso dai tipici schiamazzi da ballatoio.
Continuavo comunque a non capirci niente.
Un giorno decisi di parlarne con Togepi. Togepi era la spalla di Misty esattamente come io lo sono di Ash, stava sempre fuori dalla sua Sfera Poké e viveva perlopiù tra le braccia della sua allenatrice. Tutti lo consideravano una specie di neonato, e credo fossero convinti che andasse solo ed esclusivamente coccolato, accudito e vezzeggiato; io però sapevo che, dietro la facciata di dolce ed ingenua palla di pelo con il perenne sorrisetto gioioso in faccia, si celava un Pokémon più arguto di molti altri, capace di lampi di genio eccezionali quanto improvvisi e sbalorditivi: un Pokémon saggio in una maniera tutta sua. Parlare con lui era come bere ad una fonte di acqua fresca e nutritiva, ecco. Era il migliore compagno di giochi che potessi desiderare, ed era anche il mio migliore amico.
Inoltre sapeva sempre un sacco di cose. Fu per quello che una sera, mentre Ash, Misty e Brock finivano di cenare, andai da lui deciso ad esporgli i dubbi che mi tormentavano riguardo il rapporto che legava i nostri allenatori. Ci appartammo dietro la tenda. Non volevo che qualcuno ci ascoltasse, io.
Iniziai a parlare a macchinetta, fermandomi solo quando dovevo riprendere fiato, agitato e nervoso come se l’intera faccenda mi riguardasse personalmente e come se il suo esito avesse un’importanza vitale. Togepi mi stette ad ascoltare in silenzio, placido e beato come sempre; parlò solo quando fu certo che io avessi finito, e quello che disse in compenso mi lasciò a bocca aperta come un perfetto idiota.
“Lei è innamorata di lui.”
Non fu soltanto quella notizia a spiazzarmi, badate bene. Fu soprattutto il modo con cui il mio amico me la comunicò: con una semplicità e un candore tali che mi schiaffeggiarono in faccia quella frase come se costituisse una verità così ovvia che soltanto un cieco avrebbe potuto non rendersene conto. Rimasi a boccheggiare per non so quanto tempo, più confuso e cretino che mai; quelle parole in apparenza erano totalmente slegate a tutti gli interrogativi che mi ero posto e che avevo posto quella sera a Togepi, e contemporaneamente sembrava avessero in loro la pretesa di cancellarli tutti, come una gigantesca onda che in un colpo solo si porta via ogni minuscolo e fastidioso frammento di vetro sparso sulla riva di una spiaggia. Mi fecero sentire un povero demente che va torturandosi per anni ed anni su una questione che in realtà poteva essere risolta molto prima in due parole; anche se ancora non capivo dove stesse la connessione fra quella supposizione di Togepi – perché era solo una supposizione, vero? –  e il problema che gli avevo esposto.
“Ma se Misty si arrabbia sempre, con Ash!” obiettai infatti al colmo dello stupore, sgranando gli occhi e muovendo le zampe come un forsennato; e giuro che vidi Togepi sorridere divertito sotto il chiarore della luna.
“È proprio per questo che lo ama” commentò con aria filosofica, meravigliandomi e lasciandomi a corto di parole non so per quanto, “Lo ama perché si arrabbia sempre con lui. O si arrabbia sempre con lui perché lo ama. Fa lo stesso.”
Che facesse lo stesso o no, a me non importava; ma quella conversazione avuta con Togepi mi rimase impressa al punto che nei giorni successivi non feci che ripetermi nella mente quanto uscito da quella bocca tanto piccola eppure tanto capace di sconvolgere. Non riuscivo a crederci; non potevo crederci. Io allora non sapevo ancora cosa fosse l’amore – mi sembrava una questione ancora più complessa di quello che c’era fra Ash e Misty, non so se mi capite –, e ne ero già profondamente turbato in generale; non c’era bisogno che mi scombussolasse ulteriormente.
Quella sera chiesi poi al mio amico se fosse proprio sicuro di ciò che mi aveva detto, e Togepi mi rispose di sì, che addirittura Misty tante volte si era confidata con lui, la notte, stringendoselo al petto e versando lacrime sulla sua testolina canuta, sfogandosi e lamentandosi di quanto Ash la facesse soffrire. Mi disse anche che, se davvero m’interessava una sua opinione, secondo lui il mio allenatore ricambiava i sentimenti della sua, ma era troppo stupido e ottuso per accorgersene; e che comunque tutti e due erano troppo orgogliosi e impegnati a bisticciare per starsene fermi e anche soltanto tentare di cambiare le cose.
Togepi e le sue perle di saggezza: se le mie zampe fossero in grado di scrivere ne farei un libro. Immagino che trascorrere il tempo a non fare niente che non fosse sorridere tra le braccia di Misty gli consentisse di osservare la vita meglio di quanto facessimo gli altri Pokémon ed io –  noi combattevamo di continuo, o comunque eravamo sempre all’azione; Togepi, tranne qualche rara eccezione, non partecipò mai a degli incontri veri e propri.
Quella sera fu come se il mio amico mi avesse spalancato una finestra sul mondo. Solo che nel mio, di mondo, doveva esserci evidentemente una nebbia fitta e assurda, perché non riuscivo lo stesso a vedere un cavolo di niente.
Fu però allora che cominciai a stare più attento a ciò che mi accadeva intorno. Ogni gesto di Ash, ogni reazione di Misty: tutto veniva scrupolosamente annotato nel mio cervello e poi studiato con scrupoloso rigore. Non che questo mi servisse a molto, nel caso ve lo stesse chiedendo; come già detto, l’amore per me non era nulla più che un mistero irrisolto e temibile, dal quale preferivo stare alla larga il più possibile. E poi ancora oggi non riesco a capire perché agli umani piaccia tanto complicare le cose più elementari che esistono: nel nostro mondo – il mondo di noi Pokémon –  non funziona così. Se sei un Pokémon e ti piace un altro Pokémon glielo fai capire subito, non ci perdi tempo a litigare o a fargli credere il contrario. Boh, ci sono tanti atteggiamenti che mi sembrano così controproducenti, negli uomini. Se potessi ridisegnare il mondo daccapo lo farei con gli occhi di noi Pokémon, darei agli umani la semplicità di vivere e la capacità di affrontare ed accettare le cose per quelle che sono.
A poco a poco, incredibilmente anche per me, i comportamenti dei miei amici iniziarono tuttavia ad apparirmi più chiari. Parlare con Togepi, nonostante un’iniziale confusione, si rivelò alla fine una mossa azzeccata. Soprattutto gli stati d’animo di Misty divennero di colpo comprensibili; e capii finalmente perché si preoccupasse tanto per Ash, perché a volte gli sorridesse radiosa, o ancora perché fosse capace di tenergli il muso per ore salvo poi fare di tutto pur di ristabilire la pace. Non c’erano dubbi, ragazzi, Togepi aveva ragione: era innamorata persa.
Allo stesso tempo, però, mi resi anche conto di quanto il mio allenatore fosse tonto. Del tipo che dava proprio segno di non capire mai un tubo. Misty ci teneva tanto a fare la dura, la ragazza stizzosa e violenta; ma perfino io mi ero accorto che la sua era solo una maschera. In lei riuscii da subito a scorgere una grande dolcezza, e del resto con me la sfoderava tutta: era gentile e premurosa e sapeva come dimostrarmi di volermi bene sinceramente. Forse non ci voleva poi molto, per accorgersene; eppure Ash sembrava non farlo. E sarebbe bastato così poco! Lui era il primo a lamentarsi di come Misty lo trattasse, ma spesso era anche il primo a provocarla e ciò, detto tra noi, lo ritenevo un comportamento molto sciocco: se fosse stato meno cieco avrebbe notato di sicuro il modo in cui Misty lo fissava quando lui le faceva una battuta infelice, e forse a quel punto qualcosa nel suo cervello avrebbe iniziato ad azionarsi. Ma Ash è sempre stato un gran tonto, appunto. Ve ne sarete accorti anche voi, credo.
E non solo era incapace di comprendere i sentimenti degli altri; era soprattutto incapace di guardare ai propri.
In tutta la mia vita vi assicuro che le volte che ho visto Ash piangere si contano sulle dita di una mano umana. Detesta mostrarsi debole; perciò per lui avrebbe dovuto pur significare qualcosa il fatto che una di quelle volte fu proprio quando Misty ci lasciò per tornare a casa sua, no? Sì, d’accordo, con lei partì anche Brock, ma suvvia, non vorrete veramente convincermi che Ash pianse per lui…! Il dolore del mio allenatore era per Misty. Lo so perché quando mi specchiai nei suoi occhi pieni di lacrime incontrai lo stesso guardo che aveva lei quel giorno.
Nonostante questo fosse evidente, Ash non volle ammetterlo. Non volle ammettere mai niente, perlomeno non davanti a me. Certo, c’erano alcune cose che non poteva davvero evitare di nascondere, tipo che Misty restava la sua preferita e che Vera e Lucinda, le ragazze che viaggiarono con noi successivamente, sarebbero venute sempre dopo di lei. Misty rimaneva la sua migliore amica, la sua confidente, la sua vera compagna di avventure: la differenza nel rapportarsi alle due coordinatrici era abissale e palese non solo per me, ma credo anche per Ash stesso. Non c’era nulla, nell’amicizia che lo legava a Vera e a Lucinda, che mi ricordasse il sentimento unico e complesso che provava verso Misty.
Ma comunque non ammise mai niente, dicevo. Il più delle volte ero io a tentare di suggerirgli qualcosa. Durante i viaggi per Hoenn e per Sinnoh, specialmente di sera tardi, mi capitava spesso di sorprenderlo sotto la luna con la testa per aria e un paio di occhi grondanti malinconia. Quand’era così, non mi ci voleva nulla per capire a cosa e a chi stesse pensando. A quel punto in quanto a perspicacia ero molto migliorato, potete fidarvi.
“Pikachu-pi…” mormoravo allora ogni volta, in un lamento triste. Anche in questa cosa noi Pokémon ci differenziamo dagli umani: contrariamente a quanto fanno loro, che si arrampicano sugli specchi e si arrabattono con le parole sprecandone in quantità industriali, noi preferiamo puntare al nocciolo delle questioni. Basta una parola per dire tutto; non serve girare intorno ai discorsi. In quei casi la mia parola era Pikachu-pi – il nome di Misty nella mia lingua; e pronunciando solamente quella sapevo di cogliere nel segno con maggior efficacia di quanto avrei fatto con una o più frasi intere, e inoltre non correvo il rischio di venire frainteso.
Misty era davvero tutto quello che c’era da dire; non occorreva altro. Penso proprio che gli umani un giorno debbano decidersi e cominciare a prendere esempio da noi Pokémon.
Ash, a conferma di quanto fosse perdutamente idiota, non faceva che fissarmi sconsolato ogni volta che sentiva quel nome.
“Ti manca Misty, eh Pikachu?” mi sussurrava alla fine con tenerezza, accarezzandomi piano la testa; e poi sospirava: “Lo so.”
Sempre così. Sempre uguale. Santo Cielo, il mio allenatore stava cominciando sul serio ad essere prevedibile.
Certo che mi manca, avrei voluto rispondergli io, ma abbi il coraggio di ammetterlo, per una volta! È soprattutto a te che manca!
Sapevo che sarebbe stato inutile, però. Ash non l’avrebbe mai confessata, una cosa del genere. A volte avevo come l’impressione che in me lui volesse vedere sua seconda coscienza, un riflesso più o meno inconscio di pensieri e sentimenti che non osava attribuire a se stesso, e che perciò sceglieva di dare a me. Così mi buttava addosso quelle parole – Ti manca Misty; e immagino che fosse il modo più coraggioso e originale che aveva di ammettere e allo stesso tempo non dire che lei gli mancava.
Credo che rappresentassi qualcosa del genere anche per Misty stessa. Una parte di Ash, intendo, la parte di Ash più trasparente e sincera. Ricordavo la maniera in cui lei mi abbracciava, a volte, quasi a cercare nei miei contorni quelli di lui, i suoi respiri, il suo profumo. Mi sembrava persino che ricercasse sul mio corpo le carezze che Ash vi aveva impresso poco prima, e che dandomi le sue volesse illudersi che era in realtà Ash ad accarezzarla, o che era lei ad accarezzare lui. Mi ricordavo delle notti in cui Misty mi faceva dormire nel sacco a pelo con lei, e mi ricordavo del modo in cui permetteva che mi rannicchiassi contro il suo petto, dividendo quel posto a metà con Togepi.
Tutto questo perché mi amava in quanto Pikachu, certo; ma sono sicuro che Misty in me spesso cercasse disperatamente Ash, l’Ash che non la respingeva, l’Ash che non la faceva star male e che non si vergognava di volerle bene. Così come sono sicuro che lei, con me, dimostrasse tutta la dolcezza e l’amore che avrebbe voluto dare a lui, e che era invece costretta a reprimere.
Per ognuna di queste cose mi sentivo quindi la coscienza del mio allenatore; e chi altri, se non me, avrebbe dovuto aprirgli gli occhi? Eppure la sua ottusità mi demoralizzava in partenza; così a quei suoi patetici tentativi di dissimulare i suoi stati d’animo mi limitavo a rispondere un “Pika-pi…” spento ed incredulo, sperando che almeno in questo Ash fosse abbastanza sveglio da cogliere tutto il biasimo e il compatimento che provavo per lui.
Perché mi faceva pena, sì. Era troppo demente. Voi mi capite bene.
Di conversazioni così ne avemmo a bizzeffe. Tutte a senso unico. Tutte morte. Iniziai a pensare che c’era davvero poco da fare, il cervello di Ash proprio non andava e basta.
Ogni volta che Misty riusciva a liberarsi dagli impegni con la palestra a Cerulean City, coglieva sempre l’occasione per venirci a trovare. Io ero contentissimo e le facevo tutte le feste che si meritava; Ash restava impalato a girarsi i pollici, un’espressione ebete negli occhi e il solito sorriso amichevole sulle labbra.
Il loro rapporto era rimasto fondamentalmente lo stesso, sebbene fosse ormai evidentissimo che nessuno dei due aveva più tanta voglia di litigare come una volta. Si punzecchiavano e si stuzzicavano a vicenda ogni volta che ve n’era l’occasione, sì, ma nelle prese in giro e nei rimproveri era facile scorgere una dolcezza, un’arrendevolezza, un affetto dettati dalla maturità finalmente raggiunta – più da parte di Misty che da parte di Ash, ad essere sinceri –, e che contribuivano a farmeli apparire uniti come non mai.
Fu a quel punto che decisi di entrare in azione.
Ero ormai stanco di assistere a teatrini degni di due bambini dell’asilo, così come ero stanco – Togepi docet – di scorgere riflessi tristi negli occhi di Misty quando, credendo di non essere vista, al tramonto andava a sedersi a terra con il viso tra le mani e le ginocchia al petto. Sapevo che in quei momenti pensava ad Ash, alla sua irrecuperabile stupidità; e ne soffrivo. Se davvero si volevano così bene come dimostravano al mondo intero, era arrivata veramente l’ora che cominciassero a dimostrarselo anche a loro stessi.
Così, quando Misty raggiungeva il nostro gruppo o, viceversa, eravamo Ash ed io a raggiungere lei a Cerulean, cercavo in ogni maniera di preparare il terreno per un’eventuale svolta. Se ci trovavamo in tre in una stanza, per esempio, facevo sempre in modo di sgattaiolare via per lasciarli soli. Per un Pokémon del resto è facile abbandonare il campo senza preavviso: non ha bisogno di fornire scuse.
Lo stesso se capitavano momenti che mi parevano particolarmente romantici; me ne andavo correndo, fingendomi smanioso di giocare con una palla o con Azurill – Togepi nel frattempo si era evoluto in un bellissimo Togetic, e ci aveva lasciati per rimanere nel Regno Miraggio –, il Pokémon che aveva preso il posto che era stato del mio caro amico tra le braccia materne di Misty. E lei ed Ash erano così costretti a fissarsi negli occhi per un tempo che sarà parso loro infinito.
Piano piano iniziai a notare dei sensibili cambiamenti. Il modo in cui il mio allenatore guardava Misty mutò; ora indugiava con lo sguardo nel suo appena per qualche istante di troppo, e le sorrideva felice e complice ogni volta che sorprendeva lei a fissarlo con dolcezza. E Misty, dal canto suo, non cercava più di schernirsi o di fingere che stesse ammirando il cielo o una qualsiasi pianta del sentiero che stavamo percorrendo; continuava anzi a guardare Ash coraggiosamente, e gli sorrideva di rimando.
Come potete immaginare, dunque, per mia stessa volontà non fui presente al momento della svolta. Eppure seppi che quel momento c’era stato davvero la sera stessa in cui avvenne.
Un giorno di primavera Misty ci raggiunse a Sinnoh per assistere al primo incontro di Ash nella Lega Pokémon, che si sarebbe tenuto da lì ad un paio di settimane. Ci fu da subito un’atmosfera strana, tesa ed indefinibile, tale che per tutta la mattinata lei ed il mio allenatore a stento riuscirono a dirsi qualcosa di sensato senza iniziare a balbettare come due idioti. Che resti fra noi, ma a me sembravano anche un po’ matti.
Il pomeriggio li lasciai soli. E la sera, quando finalmente tornai dai miei inutili vagabondaggi con un Azurill trotterellante al seguito, Ash già dormiva rumorosamente nel suo sacco a pelo, ma Misty era sveglia e non appena le fui abbastanza vicino mi prese tra le braccia e mi strinse forte a sé, ridendo e sorridendo raggiante.
Non mi disse niente; bastò il modo in cui mi cullò, così come a me bastò sentire il suo cuore battere in maniera insolita, concitata e assordante. Mi baciò ripetutamente la testa e mi accarezzò, e avvertii con chiarezza che in me stavolta non stava cercando Ash: non ne aveva più bisogno. Alcune piccole lacrime bagnarono il mio pelo, e poco prima che i suoi occhi si chiusero Misty mi sussurrò “Grazie, Pikachu.” Azurill si era già addormentato di schianto a pochi metri da noi.
Quella notte dormii con loro, felice di aver fatto qualcosa di bello e felice di dormire abbracciato ad un’umana, un’umana che amavo per di più, perché come vi dicevo all’inizio io adoro accoccolarmi contro le persone, acciambellarmi fino a sentirmi protetto quando intorno è tutto buio.
Quella svolta, ebbi modo di constatare poi, portò effetti benefici ad entrambi. Misty non sedette più al tramonto con lo sguardo pensoso e triste. Ash, addirittura, vinse con me alla Lega di Sinnoh. E io non potei fare a meno di pensare che i due umani a cui volevo più bene sulla faccia della Terra erano diventati grandi, e di commuovermi come una femminuccia al ricordo di quanto fossero divertenti da piccoli.
Quell’estate di trionfo fu infinita e meravigliosa. Il mio allenatore ed io tornammo a Pallet, e trascorremmo intere giornate ad oziare e a sognare davanti a un cielo che ci appariva limpido ed immenso come mai prima. Era in quei momenti che avevo la certezza di provare le stesse sensazioni di Ash, sapete? Il suo cuore in festa era il mio.
Misty ci raggiunse a metà luglio, e rimase con noi praticamente fino a settembre. Stava tutto il tempo appiccicata ad Ash, e questo senza comportare nessuna stupida lite. Poteva sembrare buffo, se pensate al tipo di rapporto che c’era una volta fra loro due; ma io sapevo che non era buffo per niente.
Riflettei che a loro era successo esattamente l’inverso di quello che accade in molti matrimoni: prima avevano divorziato, e poi si erano sposati. E io, come figlio, potevo ritenermi più che soddisfatto.
C’era soltanto un’ultima cosa che non capivo, amici – e che non capisco tuttora, lo confesso. Una cosa che mi ha sempre dato molti più tormenti di quanti me ne avessero procurati loro due in passato.
Ora Ash e Misty, quando andavano a dormire, si chiudevano la porta della camera a chiave. E a me non mi facevano più entrare.
Non riuscivo proprio a capire perché; d’altronde le stanze le avevamo sempre condivise, fino ad allora, e non c’erano mai stati problemi né da parte di Ash né da parte di Misty nel farmi accomodare spesso direttamente sui loro letti. Cos’era cambiato, adesso?
Mi turbava soprattutto il fatto che non bastasse loro chiudere la porta, ma che arrivassero a chiuderla addirittura a chiave: entrambi sapevano perfettamente che, se l’avessi voluto, con la mia agilità e qualche rapido balzo avrei potuto raggiungere tranquillamente qualsiasi maniglia del globo per farla scattare con una spallata. Perciò il fatto che si blindassero all’interno della camera mi dava da pensare che fosse una precauzione adottata non per solo pudore – cosa che di per sé mi sarebbe apparsa comunque ridicola perché, come vi ho già detto, noi tre avevamo sempre spartito tutto –, bensì per effettiva paura che io o qualcun altro entrasse di colpo. E, sentendomi quasi tradito, mi chiedevo se una cosa del genere avesse una spiegazione.
So che mi capite, ragazzi. Per anni ed anni avevo dormito con loro, beneficiato del loro calore umano, incurante fosse autunno o primavera, estate od inverno; e all’improvviso mi vedevo privato di tutto questo, e senza un apparente motivo valido! Come dicevo anche a voi all’inizio, è tuttora una delle cose che più adoro fare, uno dei vantaggi che più mi piace sfruttare del mio essere Pokémon: e sia Ash che Misty lo sapevano benissimo. Mi sembrava di essere stato abbandonato, escluso, e questo non lo mandavo giù.
Dopo settimane ancora non ero arrivato a risolvere l’arcano, né tantomeno i miei due amici umani in quell’arco di tempo si degnarono mai di spiegarmi qualcosa o di darmi una qualsiasi stupida scusa. Arrivato al limite della sopportazione decisi, una sera di fine agosto, di acquattarmi davanti alla porta della stanza di Ash – dove avevo appena visto entrare lui e Misty – per stabilire se da lì avrei potuto finalmente scoprire cosa mi stavano nascondendo quei due ingrati.
Passarono alcuni minuti di assoluto silenzio. Oltre la porta non proveniva un suono: il legno massiccio impediva ad ogni parola di arrivare distintamente alle mie orecchie.
Poi di colpo mi raggelai. Trattenni il fiato.
Sentii un gran botto contro la parete della camera del mio allenatore. Subito dopo un altro ancora. Infine distinsi con chiarezza un rumore sinistro, quello che fanno le doghe del letto quando questo viene ripetutamente sbatacchiato.
E all’improvviso capii tutto.
Eravamo alle solite: Ash e Misty stavano litigando! E con quale inaudita violenza!
Capii anche perché si chiudessero a chiave: si vergognavano di farsi vedere da me, che avevo fatto i salti mortali per unirli. Era ovvio, palese. Mi facevano quasi tenerezza, ora che lo sapevo.
In quel momento desiderai come non mai di poter parlare di nuovo con Togepi, il mio vecchio e buon amico Togepi. Mi mancavano le nostre chiacchierate fatte di nascosto, quando nessuno poteva udirci ed eravamo liberi di sparlare di tutti. Mi mancavano le sue teorie, quelle sue acute teorie con le quali cercava di spiegarmi come funzionasse il mondo degli umani. Se fosse stato lì con me, gli avrei chiesto senz’altro per quale oscura ragione una volta credeva tanto che fra Ash e Misty ci fosse amore, quando era invece ora chiarissimo che i nostri amici la notte sostenessero incontri degni dei ring internazionali.
Vedi, avrei detto a Togepi, ti sbagliavi, quella sera!
Per una buffa coincidenza del destino, mentre me stavo ancora con le orecchie ritte e gli occhi sbarrati davanti alla porta della camera del mio allenatore, d’un tratto alla mia destra vidi Azurill camminare verso di me malfermo sulle sue zampine. Con una stranissima espressione, che sul momento non riuscii a decifrare, raggiuntomi mi chiese cosa diavolo ci facessi lì. Io scrollai le spalle e gli raccontai l’intera faccenda, senza poter evitare che una buona dose di stupore misto a sgomento infarcisse ogni mia parola.
“E così ho scoperto che stanno litigando furiosamente!” terminai, a corto di fiato, per poi invitare il mio amico ad avvicinarsi ancora di più alla porta, “Ascolta tu stesso!”
Lui lo fece. Si prese giusto alcuni secondi di tempo. Poi tornò a fissarmi. I suoi occhietti vispi ed acuti mi ricordavano tanto quelli che sfoggiava Togepi quando era in procinto di uscirsene con una deduzione geniale.
“Secondo me non stanno litigando affatto” mi disse Azurill con un piccolo sorriso malizioso, e arrossendo appena. Io sbuffai.
Infatti, stavo per gridargli io, si stanno letteralmente picchiando!
Stavo per gridargli, appunto, perché Azurill non mi diede il tempo di replicare un bel niente. In un attimo stava già trotterellando di fretta lungo il corridoio, quasi si fosse vergognato di stare di fronte a quella porta con me, e lasciandomi lì come un povero idiota.
Mi ritrovai allora pensare a quanto agli umani piacesse essere contradditori, ad Ash e a Misty soprattutto. Una volta mi permettevano tranquillamente di dormire con loro, ed ora non invece non era più possibile. Nemmeno il fatto che volessero nascondersi ai miei occhi aveva un senso, alla fine, visto che una volta mi era consentito anche di partecipare a tutte le loro litigate. Ma come, blateravate di tutto davanti a me, facevate pure quei famosi discorsi top secret in mia presenza, e adesso invece…?
Adesso invece venivo estromesso senza nessun motivo valido. Adesso dormire con loro mi era proibito.
Diamine, sono comportamenti che non capisco tuttora.
… così come non capisco tuttora che accidenti voglia dire quello che va dicendo il Professor Oak, “I Pokémon riflettono i sentimenti e le abilità dei loro allenatori”. Sono giunto alla conclusione che sia falso. Se fosse vero, infatti, io sarei dovuto nascere stupido come Ash, e non comprendere quindi di quanta dolcezza Misty sia capace. Avrete avuto modo di vedere anche voi che io adoro Misty. Non ci ho mai litigato in tutta la mia vita, né tantomeno mi sono mai sognato di farci a botte, come invece fa Ash quando dorme nella stessa stanza con lei; quindi il Professor Oak si sbaglia. In questa storia vi ho dimostrato tantissime volte di essere molto più perspicace del mio allenatore, dopotutto.
Ma comunque alla fine cosa pretendo, da quelli? C’è ben poco da sperare. Del resto, come dicevo all’inizio, io gli umani non li ho mai capiti.

Note: ... no, cioè, non chiedetemi cos’è questa cosa ò__ò Perché non lo so, non so tuttora neanche come un’idea simile mi sia venuta in mente. Sì, è praticamente un concentrato - mica tanto concentrato, visto che è lungo dieci pagine - di riflessioni da parte di Pikachu sul rapporto fra Ash e Misty, e sul mondo in generale. Ed è una cosa scandalosamente idiota è__è, e scandalosamente lunga, almeno per quello che racconta.
Il titolo è un rifacimento - molto libero - di quello del famoso romanzo di Milan Kundera, Linsostenibile leggerezza dellessere. Chiedo umilmente perdono a Kundera per aver usato un titolo così meraviglioso per una storia così cretina.
Del resto, l’idiozia di questa storia si commenta da sola, e da quella scena “appassionata” che ho dovuto inserire per forza o non sarei riuscita a scrivere il finale ù_ù Mi dispiace, perché fino a lì poteva effettivamente sembrare una favoletta per bambini xD
Comunque il risultato mi soddisfa ù__ù Ho giocato molto sul fatto che Pikachu, nonostante si creda tanto più intelligente di Ash, alla fine risulti invece identico a lui. Sappiamo che la perspicacia non è di casa, ahimé.
Immagino che tutto questo sia nato come sorta di ricompensa da parte mia nei confronti del topo elettrico, visto che quando scrivo fic mi dimentico allegramente della sua esistenza é__è Non che qui faccia una gran figura, eh. Almeno Togepi ed Azurill si salvano - riflettono il carattere di Misty, quindi.
Se c’è una cosa che ho amato, di questa storia, è stato proprio scrivere dal punto di vista di un “animale”. È un qualcosa che mi ha sempre affascinato, ed in effetti due dei romanzi che adoro di più - Il gabbiano Jonathan Livingston e Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare - sono narrati dal punto di vista rispettivamente di un gabbiano e di un gatto.
Spero che leggere questa storia vi abbia divertito almeno quanto abbia divertito me scriverla.
Torno a dedicarmi a fanfiction un po’ più serie, va’ xD































  
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