(*__* e chi ci credeva?) Naturalmente sui miei due fedelissimi ^^ Vi lascio alla lettura, per il resto vi rimando a fine pagina :) :)
Autrice:
Deidaradanna93
Titolo
della fan fiction:
La tua storia
Tipologia
della fan fiction: one
shot
Personaggi
principali: Akasuna
no Sasori, Iwa
no Deidara
Genere:
triste,
malinconico, sentimentale, mistero, nonsense
Avvertimenti:
yaoi,
shonen-ai, alternative universe, one shot
Rating:
Arancione
Introduzione:
Deidara e
Sasori erano talmente simili da amarsi.
Erano
talmente innamorati da non credere che potesse durare per sempre.
Uno
si era rassegnato, l'altro cercava disperatamente di scolpire il loro
sentimento nell'Eternità.
Ma
scoprì che era l'Immortalità quello che voleva
raggiungere,
l'artista.
Da
solo, lontano dalle entità effimere di questa vita.
Così
l'altro si perse per strada.
La
tua storia
"Non
voglio raggiungere l'immortalità con le mie opere.
Voglio
raggiungerla non morendo"
“Che
posto è
mai questo?”
Osservò ogni
volto, ogni frangia di pizzo bianco dei vestiti
incredibilmente
curati, ogni scaffale su cui poggiavano silenziose le bambole, sotto
ognuna un curioso cartellino inchiodato al pianale di ebano scuro,
impresso in ogni foglietto di carta un
numero.
Sfiorò con una
mano le labbra screpolate di una bellezza sbiadita e di una luce
diventata opaca, oscurata inevitabilmente dal Tempo.
Tempo
che come fulmine era passato ed aveva colpito, senza pietà,
lasciando solo impressi nella memoria i brandelli di qualche giorno
particolarmente splendido.
“Deidara,
ti
senti orgoglioso per aver violato i miei spazi?”
Disse con vago
orgoglio l'artista, spalmando un'altra leggera pennellata di colore
sulle guance pallide del suo ennesimo capolavoro.
Questo sembrava
vantare di una posizione di privilegio rispetto alle altre creazioni.
Fiero
e
grande era posto al centro della stanza, sotto la finestra,
circondato a destra e sinistra da principessine di porcellana vestite
da sera, pareva, per riverirlo.
Una tetra festa, tutta quanta in suo onore.
Evidentemente Sasori dava molta importanza a quella
creazione.
“Ti ricordi
di quando ci siamo conosciuti?”
Chiese il
ragazzo al maestro di fantocci.
“Io non
dimentico Deidara”.
A sentire lui,
sembrava un essere baciato dal dono della perfezione.
Lui aveva
ragione, sempre.
Lui non
sbagliava.
Lui non
dimenticava mai, niente, neppure un minimo dettaglio.
~
Fredda,
ecco come si poteva descrivere quella notte in una sola parola.
Pioggia
gelata, bagnata e fastidiosa.
Ed il suo
ombrello rosso.
Come i suoi
capelli.
“
Guardati,
fai pena”
sentenziò
lo strano ragazzo sotto l'ombrello, scrutando dall'alto in basso
quella povera creatura, sporca, malvestita e col viso appena
visibile, nascosto dai ciuffi di capelli bagnati.
Nonostante
tutto, gli occhi e la bocca lasciavano intendere la straordinaria
bellezza che nascondeva, la luce di un angelo oscurata da grigie
vesti.
“
Mi...mi
concede un angolo asciutto?”
Chiese,
timoroso.
Rispettoso.
Non seppe
neanche come diavolo gli potesse saltare in mente di implorare a quel
modo uno sconosciuto.
Non era
nella sua natura mettersi in una posizione d'inferiorità,
né
tantomeno lo era comportarsi umilmente, ma era arrivato a un tale
punto in cui non sapeva davvero più cosa fare per
dichiararsi
presente all'appello di ogni giorno.
D'altronde,
come si può chiedere a una persona di camminare a testa alta
dopo
che è stata spogliata di ogni sua dignità?
L'artista
lo guardò curioso, divertito dal suo comportamento.
Decise
allora di accomodare la sua richiesta.
Lo cinse
con un braccio, assicurandosi di porre i suoi luminosi capelli al
riparo da quella Pioggia corrosiva.
Nel momento
in cui i loro occhi s'incontrarono, la tacita promessa era
già stata
firmata.
Ognuno
doveva qualcosa in cambio all'altro, uno l'affetto e l'altro...
già
lo sapeva.
L'artista
seppe che quell'attimo sconvolgente si sarebbe presto tramutato in
qualcosa di perpetuo.
Seppe che
la Pioggia non avrebbe scalfito quel momento.
Giurò che
il Tempo non avrebbe scalfito quel momento.
Quel
momento sarebbe vissuto scolpito nell'eternità.
Lo baciò.
“Pff...”
soffiò l'artista divertito, deliziato di nuovo da quel
ricordo,
ancora vivido nella sua mente.
Plasmò
i lineamenti della creatura che aveva di fronte e che stava nascendo
sotto le sue mani esperte.
L'altro
continuava ad osservare curioso le bambole, tristi sul loro ripiano,
ignorate dal proprio creatore.
Una
in particolare sembrava essere più malinconica delle altre.
Dal
suo visetto indispettito la signorina pareva lagnarsi delle crepe
formatesi sullo smalto che le ricopriva le guance, mettendo in
evidenza il materiale bianco con cui era costruita.
A
due ciocche dei suoi riccioli ramati erano legati due nastrini blu,
ricamati con perizia.
Il
suo vestito color dell'oro, minuzioso in tutti i suoi particolari,
era coperto da uno strato grigio di polvere che offuscava come nebbia
la solarità e la spensieratezza che emanava.
Era
tanto sporco che a fatica si distinguevano i motivi che ne
caratterizzavano il tessuto.
Deidara
pulì meglio che poté la stoffa, passandoci sopra
un dito.
Raffigurate
appena sopra il pizzo c'erano diversi tipi di erbe di prato
intrecciate, unite a formare una decorazione semplice quanto
aristocratica.
A
catalogare l'opera un numero: 21.
~
“Sasori!”
Gli corse
incontro, facendosi strada a fatica tra l'erba alta.
Era una
stupenda giornata di Sole.
Deidara era
felice, con Sasori.
Il Tempo
pareva essersi fermato dal giorno in cui si erano conosciuti.
“
Dimmi,
Deidara”
stoico
come sempre, ma con le labbra incrinate in un lieve sorriso, stava
l'artista, seduto per terra sui suoi stessi vestiti, nascosto tra le
alte graminacee.
“
Ho perso
il mio nastro!”
Occhi
insaziabili balenarono prontamente a divorare le squisite fattezze
del biondo, la personificazione di qualche cosa di vergognoso e
proibito.
Contemplò
cupido per qualche secondo la visione del suo corpo statuario, il
chiarore che emanava la sua pelle, i muscoli degnamente
proporzionati, l'armonia delle sue forme.
La sua
figura era essenzialmente l'immagine superba di un'entità
ultraterrena.
“
Sarebbe?”
“Il
mio nastro per
capelli! Mi aiuti a cercarlo?”
Sospiro.
Quando
sarebbe giunta anche per lui l'ora di abbandonare l'infanzia?
“
Va bene,
ti aiuto”
cercarono
fino al tramonto.
I loro
corpi, nudi, rendevano con i fusti dorati di grano un raffinato
contrasto, giocavano con i riflessi dell'ultima luce vermiglia del
sole, rincorrevano un incanto intramontabile da un lato, momentaneo
dall'altro.
“
Non c'è
niente da fare”
si arrese
Deidara poco dopo, sedendosi sconsolato per terra.
L'artista
dai capelli cremisi lo seguì a sua volta, accovacciandosi al
suo
fianco.
Lo osservò
per parecchi minuti, stupendosi ancora della dolcezza dei suoi
lineamenti.
“
Su, non
essere triste per un nastro”
disse,
mettendogli in mano quella stessa striscia di stoffa turchese che
prima il biondo aveva tanto cercato.
“
Ma...”
Deidara lo
guardò sorpreso.
“
Ma
allora l'avevi tu! Non potevi dirmelo prima?!”
Sorrise, il
rosso.
Si stupì
ancora una volta della sua scarsa capacità di osservazione.
“
Te
l'avevo tolto quando abbiamo cominciato a fare l'amore”
~ ~ ~
Deidara era
al mondo da soli quindici, miseri anni.
Il loro
sentimento sembrava fin troppo sincero per essere provato da un
ragazzino di quell'età.
Infatti
egli già sapeva che nulla sarebbe perdurato.
Così,
all'epilogo di ogni giorno passato felicemente insieme, scriveva.
Scriveva
pagine e pagine del suo quaderno personale, sotto gli occhi
dell'altro.
Rivolgeva
poi un sorriso alquanto insolito all'artista che l'osservava curioso,
strappava il foglio appena riempito di belle parole e
l'accartocciava, nei peggiori dei casi lo strappava, destinandolo al
cestino alla sua destra, ormai colmo di cartacce di quel genere.
Colmo di
frammenti della loro vita, imprigionati in un ritaglio.
“
È così
che tutte le belle cose finiscono”
diceva poi
rivolto a Sasori, ogni volta che compiva quel gesto.
C'era da
ammetterlo, entrambi probabilmente avevano qualche rotella fuori
posto, ma forse era proprio perchè non si capivano che si
attraevano.
Quella
notte Deidara si avvinghiò al suo braccio in cerca di una
carezza.
Si
consumarono sull'alveo di Eros attimi di violenta libidine, istanti
di pura sublimazione.
Unirono più
e più volte i loro corpi, desiderosi di trovare quella
complicità
che mai avevano trovato nella realtà circostante.
Deidara,
ripudiato dal suo stesso sangue ancora prima di superare la turbinosa
età adolescenziale e Sasori, privato della gioia degli
affetti
familiari e aggrappato unicamente alle proprie forze.
La vita
stessa parve rifiutarli, ma loro continuarono a camminare.
Intrapresero
il loro viaggio fianco a fianco, ma dato che erano diretti verso mete
differenti, si incontrarono a metà percorso.
Decisero
allora di fare assieme un pezzo di strada.
“
Solo un
pezzo, però”
si assicurò
il biondo.
“
E
invece
mi seguirai ovunque”
ribatté il
rosso.
Si dovette
ben presto ricredere.
~ ~ ~
Sasori ci
credeva davvero, all'inizio; dopotutto, anche i migliori artisti
sbagliano.
Credeva
davvero che avrebbe sempre avuto Deidara come compagno di viaggio.
Credeva
davvero di portare lui e il loro amore alle porte
dell'eternità, e
aveva vissuto i loro anni più splendenti con questa
convinzione.
~ ~ ~
L'artista
si svegliò di soprassalto, assillato da strani sogni e da
strani
pensieri.
Si accorse
ben presto che, in quella confortevole camera semibuia, nulla c'era
da temere.
Deidara
giaceva al suo fianco: l'immagine del più bello degli angeli
coccolato dall'abbraccio del sonno, spogliato di ogni indumento.
Stupendo,
ma quanto era triste osservarlo...
Era
l'emblema dell'amore più puro.
L'emblema
dell'amore più effimero.
'È così
che tutte le belle cose finiscono'
Non
riusciva a non pensare a quella frase, a quelle poche parole.
Si alzò
dal letto e attraversò silenzioso la camera.
Si piegò
davanti al cestino, posto di fianco alla scrivania.
Fece una
cosa insolita.
Recuperò
tutto ciò che rimaneva delle pagine scritte da Deidara,
raccogliendo
fino all'ultimo frammento di carta.
Parole gli
danzarono sotto l'occhio, delineando un insieme di ricordi vissuti e
passati, e da quel momento in poi scolpiti in eterno.
Frasi dette
e frasi pensate.
I colori
sgargianti dei boschi autunnali, il bianco luminoso della neve sui
prati.
Le coperte
variopinte del loro letto dove adoravano perdersi, cercarsi,
ritrovarsi.
Ritrovarsi
ancora una volta.
La sua mano
calda e l'odore della sua pelle.
Il profumo
dei suoi capelli.
Li avrebbe
fatti rivivere per sempre.
Li avrebbe
fatti risplendere della luce dell'Immortalità.
Per sempre.
Sistemò
nell'ultima cornice che gli era rimasta l'ultima pagina di diario
ricomposta.
Narrava di
quella giornata meravigliosa.
Narrava dei
prati irradiati dalla luce bionda del sole, medesimo colore dei suoi
capelli straordinariamente luminosi.
Infine
tracciò con il pennello da lavoro un numero.
Numero 21.
Solo ora lo capì. Simboleggiava
quel giorno.
“Sasori,
hai costruito una bambola per ogni quadretto?”
L'artista, forse assorto, forse troppo preso dal suo
ultimo lavoro, non rispose.
Deidara ricambiò lo sguardo dell'opera malinconica,
dimenticata come tutte le sorelle.
Erano le paladine delle pagine di diario, appese
nell'angusto studio del loro creatore.
“Uhm...
Sasori?”
“Sì,
dimmi Deidara”
“perchè
hai recuperato queste vecchie cartacce?”
Chiese
incuriosito il ragazzo, ormai uomo, notando le cornici inchiodate
alle bianche pareti.
Non
capiva.
“E
perchè le hai appese?”
Non
avrebbe mai capito.
“Ho
soltanto voluto scolpire il nostro amore nell'eternità. Il
nostro
amore non morirà mai”
“e
c'era bisogno di fare una cosa simile?”
Decisamente
non capiva.
“Sei
proprio stupido, Deidara”.
“Ogni
attimo della nostra vita... ogni bel ricordo di momenti trascorsi
insieme... sono imprigionati nel triste viso di ognuna di queste
bambole”
disse Deidara fra sé e sé, dimenticandosi della
presenza dell'operoso artista, tant'egli era silenzioso.
Sasori sistemò alla meglio un groviglio di filamenti
scarlatti su quella che pareva essere la testa della sua creazione
suprema.
Si disinteressò delle chiacchiere di Deidara; il suono
della sua voce era ormai da tempo divenuto troppo distante per le sue
orecchie.
Il ragazzo dagli occhi azzurri a sua volta ignorò il
comportamento dell'altro, spostando la sua attenzione su un'altra
creatura di porcellana poco distante.
Questa era l'unica non caratterizzata da colori
sgargianti e vivaci.
Il suo vestito, stranamente meno curato di quelli che
possedevano le altre, era dipinto con un'insolita tonalità
di grigio
misto all'azzurro cenere.
La pelle, le scarpette che teneva ai piedi e perfino gli
occhi non erano colorati con nient'altro che una lieve pennellata di
argento.
Tutto in lei era spento, ad eccezione di due cose.
I biondi capelli, lisci e pettinati con cura e
l'ombrello, di un rosso vivo, che la bambola teneva con eleganza
sottobraccio.
Quel riparo di stoffa non era servito ad altro che a
proteggerla dalla polvere che cadeva dal soffitto, conservando almeno
in parte l'antica luminosità che era
appartenuta a quelle ciocche
dorate.
Deidara
notò con sorpresa che lei
era la numero 1.
“Sei
la prima e nessuno ti riserva neanche una spolverata?”
Disse ingenuamente il ragazzo biondo, prendendola in
mano.
La bambola inavvertitamente gli scivolò dalle dita e in
una frazione di secondo era già in terra, in frantumi.
Le scaglie di porcellana schizzarono ovunque, andando a
intrappolarsi nei luoghi più improbabili.
“Oh...”
fece Deidara, colto alla sprovvista. “Sasori... Mi
dispiace...”
Balbettò imbarazzato, cercando di giustificare la sua
disattenzione.
Ma
in realtà era per lei
che era dispiaciuto, lei
triste, lei
distrutta, lei...
“Oh,
fa niente...”
Rispose il ragazzo, infastidito dal rumore che l'aveva
distratto dal suo nobile lavoro.
“Come
fa
niente?
Perchè non curi queste belle bambole? Perchè non
le spolveri, non
le ricolori, non aggiusti le frange malconce dei vestiti?
Perchè le
abbandoni al Tempo?”
L'artista finì di tagliare i ciuffi di capelli della
sua creatura e cominciò a dedicarsi alla forma delle mani:
modellò
con precisione i profili grezzi e i contorni grossolani fino a
delineare lunghe dita, esili e fini.
“Quelle
opere
non
mi consentiranno di raggiungere l'eterno. Mi sono illuso, l'ammetto,
che rappresentassero la perfezione. Che tenessero
l'immortalità
incastonata dentro i loro occhi. Sbagliavo.”
Sasori diventava loquace solo quando si trattava di
parlare della sua arte...
Osservò disgustato Deidara.
“Io
invece non ero in errore.”
L'altro non si impegnò nemmeno per cercare di capire il
senso profondo quanto palesemente superficiale di quelle parole; in
verità era consapevole di cosa stesse perdendo, ma era ancor
più
consapevole di cosa avrebbe conquistato.
Deidara si apprestò ad uscire dalla stanza con passo
tenuto volutamente lento, in modo che Sasori, se avesse voluto,
avrebbe potuto fermarlo.
Non si curò nemmeno di raccattare i frammenti di quella
povera creatura, così trascurata.
Ormai era irreversibile, quello che era successo tra
loro.
Lasciato morire, abbandonato a se stesso.
Lo avevano chiamato amore.
Una volta.
Una
volta mi avresti tenuto fermo per un braccio e avresti cercato di
spiegarmi che avevi fatto un errore...
L'artista passò una leggera pennellata di smalto nero
sulle estremità delle dita.
“
È
così che tutte le belle cose finiscono”.
Modellò l'indice sinistro in modo che fosse leggermente
proteso in avanti, quasi volesse afferrare con la mano
l'inconsistenza dell'aria.
“Tu
menti”.
La porta si chiuse.
~
Tre anni dopo...
~
“Sono
tre anni che ci lavori... Non l'hai ancora finita?”
Chiese Deidara a Sasori, nel mentre che gli accarezzava
i fulvi capelli.
L'artista aveva abbandonato il capo sul petto nudo del
ragazzo biondo, forse in cerca di un momento di tenerezza.
Loro due non vivevano più sotto lo stesso tetto
già da
tempo.
“Pronto?
Mi scusi ma sono molto impegnato...”
“
Sasori,
non riconosci la mia voce?”
Impiegò
qualche secondo.
“
Tu
sei... Deidara?”
Passò
qualche attimo di silenzio.
Era
da due anni che non si vedevano, da quel giorno in cui casualmente si
erano incontrati all'uscita di una pizzeria.
Al
fianco di Deidara quella volta c'era una splendida donna sulla
ventina, davvero degna di lui.
Si
erano salutati imbarazzati, con un semplice cenno del capo.
Sasori
non seppe perchè, ma al suo ritorno a casa aveva sentito un
bisogno
incontrastabile di terminare la sua opera il prima possibile.
“
Ho
trovato una tua chiamata persa sul mio cellulare”
“
Già...”
Calò
di nuovo il silenzio.
“Già...
Veramente volevo chiederti se venivi a dormire da me stanotte”
Deidara
non rispose subito a quest ultima affermazione un po' troppo
azzardata, ma il suo silenzio lasciò intendere che
acconsentiva.
“Bene
allora... Allora se vuoi venire io ti aspetto” concluse
l'artista,
ponendo fine a quell'imbarazzante quanto insensata conversazione,
premendo il pulsante rosso.
Deidara,
dall'altro capo del telefono, fece lo stesso.
'Sasori...
come pensi di risvegliare qualcosa che non c'è
più? O forse...
Forse vuoi solamente dirmi che sei arrivato a destinazione?'
Dei
passi leggeri gli si avvicinarono, mentre era assorto in queste
riflessioni.
“
Chi
era, Dei?”
L'interpellato
mosse faticosamente il viso verso la sua recente compagna, notando
solo ora quanto fosse noiosa.
“
Stasera
non ci sono. Faccio un salto al pub, e non mi chiedere di venire
perchè è una riunione tra uomini”
“Perchè
stasera hai voluto rivedermi?”
Chiese all'artista.
Non che fosse preoccupato, ma gli sembrava che facesse
una fatica immane soltanto a incorporare l'aria che gli serviva per
compiere un normale respiro.
“E
tu perchè hai accettato?”
Deidara alzò le spalle.
“Ero
solamente curioso. Avanti dimmi, che cosa c'è?”
Il giovane uomo dai capelli cremisi guardò l'altro con
eloquenza.
Un attimo dopo abbassò lo sguardo, quasi come fosse
stato colpito dalla timidezza, e inspirò il profumo che
emanava la
delicata cute di Deidara.
“Hai
fatto sesso con altri uomini...”
“Può
darsi”
“Sulla
tua pelle non c'è più il mio odore”
disse vago Sasori.
Più che mettere insieme frasi di senso compiuto
sembrava stesse farneticando.
“Sasori,
ora basta” esclamò Deidara, alzandosi dal letto e
cominciando così
a rivestirsi.
“Qual'è
il vero motivo per cui hai voluto vedermi stasera?”
A quella richiesta così decisa qualsiasi traccia di
dolcezza, naturale conseguenza del loro recente rapporto,
svanì
dagli occhi dell'artista, lasciando posto a una serietà
inaudita,
diventata più dura nel corso degli anni passati in
solitudine.
“È
da troppo tempo che ci provo... Ancora non riesco a trovare il pezzo
mancante, l'ultimo tassello, ciò che renderà la
mia creatura
sublime, unica, immortale”
la sua voce aveva acquistato un cipiglio fanatico ed esaltato,
esprimeva quell'euforia repressa che mai aveva avuto occasione di
mostrare a nessun altro che non fosse la propria immagine riflessa
nello specchio.
“Tu...
Puoi mostrarmela?” Chiese Deidara senza scomporsi.
Sì. Poteva mostrargliela. D'altronde, non l'aveva
chiamato apposta per questo?
Ma era difficile, molto difficile. Era come chiedere
alla faccia nascosta della luna di voltarsi verso gli occhi del mondo
umano.
“Deidara...
Non c'è più?” Lacrime... Erano lacrime
quelle?
“Dov'è?”
Non
chiedermelo, non lo so...
Idiota,
l'hai mandato via tu...
“I-io?
Non è possibile...”
In
realtà la sua presenza era necessaria.
Quando
c'erano sia lui che il tuo genio Deidara ti era d'impiccio, ma ora
che egli non c'è più, hai scoperto che non puoi
farcela affidandoti
solamente al freddo cuore delle tue creazioni, non è
così?
“No
che non è così... Ti sbagli! Devo solo
abituarmici, tutto qua...”
Devo
solo abituarmici...
Ed
era proprio così.
Ma
la solitudine nuoceva anche al più bravo degli artisti.
La
solitudine ti poneva come obbligo degli obiettivi che prima non avevi
mai neanche pensato di prendere in considerazione.
E
Lui nacque proprio sotto la perizia delle mani di un uomo che soffre,
in silenzio, in solitudine.
La
solitudine fa impazzire.
Dopo qualche attimo di riflessione, Sasori
rivolse a
Deidara lo stesso sguardo che amavano scambiarsi quando erano
all'apogeo della loro storia: denso di sensazioni e carico di
complicità; era da tanto, da tantissimo tempo che il giovane
biondo
non provava nei confronti dell'altro un'intimità
così sfrontata,
una voglia incontenibile di trasgredire, di andare oltre i canoni
ordinari che ogni giorno gli venivano imposti.
Era come se fosse bastato un battito di ciglia a
raccontare il loro sentimento passato, i perchè della loro
separazione, come ognuno l'aveva vissuta e le cause che ora avevano
portato Sasori a godere un'ultima volta della presenza dell'altro.
“D'accordo
la vedrai, ma solo quando l'avrò perfezionata fino in
fondo”
“Hai
intenzione di completarla adesso? Davanti a me?”
Il rosso sorrise, beffardo.
“Già,
perchè no?”
'Tutti
quegli anni, trascorsi a tentare di rendere immune dal tempo il
sentimento che ci univa, sprecati a cercare di far mio un essere
volubile.
Da
questo punto di vista, io ho commesso uno sbaglio colossale, mentre
tu hai sempre visto le cose come realmente erano.
L'amore
finisce, Deidara.
Prima
o poi, in un modo che mai prima ti saresti aspettato.
Sono
stato stupido e ingenuo a non rendermene conto prima, a non rendermi
conto che quelle modeste bambole, nutrite con i momenti più
belli
della nostra storia, trasportavano un significato effimero, destinato
presto a scomparire.
Ho
capito che la conquista dell'eternità devo raggiungerla da
solo, ma
tu, Deidara, mi seguirai nel cammino?
Devi
farlo, è quello il tuo compito.
Poco
a poco, dalle mie mani sta nascendo un'opera diversa dalle altre,
degna di abitare in uno spazio senza tempo.
Ne
ho quasi paura.
Non
ne conosco ancora il volto e il nome, ma so che sarà lei
stessa a
riscoprirsi di una sembianza piuttosto che di un'altra, e io
delineerò le sue forme secondo il criterio di una perfezione
immortale.
Tu
non mi servi, Deidara.
Eppure,
da quando non ci sei più, ho bisogno di te.
Ho
bisogno di te per spingermi più avanti, per non guardarmi
più alle
spalle ricercando nel passato la chiave dell'eterno.
La
mia arte necessita di te per arrivare alla meta prestabilita.
La
tua mortalità per il mio sempre vivere, mi sembra un ottimo
affare.'
“Ti
invito ancora una volta a violare i miei spazi”
Con una mano, fece ruotare la porta su un fianco per
permettere a Deidara di entrare.
Quest ultimo mise così piede per la seconda volta nello
strano mondo della sua falsa anima gemella, popolato da cantastorie
di porcellana.
Sasori l'aveva preceduto, camminando davanti a lui in
corrispondenza del capolavoro in modo da coprirlo alla sua vista; il
giovane biondo infatti, dalla distanza in cui si era fermato, vedeva
a malapena il piedistallo che lo sorreggeva.
Sembrava quasi che l'artista non avesse messo piede in
quella stanza da un'eternità: l'atmosfera era impregnata di
polvere
oltre l'immaginabile, le vernici e le tempere contenute nelle
rispettive boccette si erano completamente solidificate e la carta da
parati che ricopriva i muri era scrostata da perenni infiltrazioni
d'acqua.
Infine, innumerevoli frammenti di porcellana
costellavano il pavimento, tramutato in un curioso cimitero: arti di
diverso tipo con le terminazioni tondeggianti in modo da legarsi fra
di loro, pezzi colorati e non, scheggiati e divenuti appuntiti come
le punte acuminate di una bottiglia rotta.
Le bambole, una ad una, erano cadute in pezzi e lasciate
lì dov'erano, da chissà quanto tempo.
Così come il loro sentimento si era inevitabilmente
distrutto, le tristi paladine erano scese dal palcoscenico del loro
scaffale, terminando così di raccontare una storia
già conclusa.
Entrambi i giovani restarono immobili per parecchi
secondi.
Sasori si era arrestato di fronte alla sua opera ancora
imperfetta, cercando disperatamente di capire come completarla.
Aspettava, attendeva il momento propizio, il momento in
cui gli sarebbe stato concesso di fare la prima mossa.
Inspirò ad occhi chiusi l'odore di legno e colori ad
olio che impregnava l'aria e, inaspettatamente, una nuova sensazione
lo pervase.
Qualcosa che non sentiva da troppo tempo.
Il lieve profumo della pelle e dei capelli di Deidara si
mescolava agli altri avvertibili nell'atmosfera, tanto da unirsi in
una perfetta composizione.
“La
tua presenza... Mi dona sempre la più sublime delle
ispirazioni”
Come mosso da un'improvvisa illuminazione, l'artista
cominciò a tracciare la sottile linea degli occhi, contorno
dell'unica parte di cui necessitava l'opera.
Deidara osservava impaziente; la sua curiosità era
giunta al limite, troppo curioso di ammirare ciò che non
poteva
vedere, perchè un inviolabile accordo gli imponeva di non
gettare
gli occhi su quella creatura fino a quando Sasori non sarebbe
riuscito a finirla.
Una semplice, ultima pennellata.
Veloce, precisa.
Le sottili setole dello strumento avevano lasciato la
traccia del loro passaggio esattamente al confine con le guide
già
segnate in precedenza, senza commettere la minima sbavatura.
Una perfezione impossibile da replicare, qualunque fosse
stato l'arnese di cui un eventuale sfidante avrebbe potuto disporre.
Era perfetta, in ogni suo minimo dettaglio.
Profondi
occhi scuri, ciuffi fluenti di capelli rossi che, disordinati,
incorniciavano il viso dai lineamenti puerili: inconsciamente, aveva
creato l'immagine
di se stesso.
Ora, era come se si trovasse di fronte ad uno specchio.
Deidara, silente spettatore, si limitò ad osservare
Sasori e il suo estraniarsi per sempre da tutto ciò che su
questo
mondo moriva e finiva per logorarsi.
Tentò di avvicinarsi all'artista, appena divenuto
manovratore dell'eterno; completamente immedesimato in esso, in
ciò
in cui esso si era materializzato.
Gli toccò la spalla, come se cercasse di risvegliarlo
da un incubo.
“Ti
ricordi di me, Sasori?”
Aveva lo sguardo fisso e gli occhi tuffati nei suoi
gemelli.
“Il
mio essere immortale”
Non aggiunse nient'altro, e Deidara capì che, in questa
storia, aveva finito di recitare la sua parte.
~ † ~
Quel campo di grano
lo conosceva a memoria anche se, ora, con i fusti spezzati dalla
mietitura, gli si presentava sotto un aspetto ben diverso.
“Papà,
vuoi fare una corsa?”
Gli venne quasi da
ridere: che ironia, quel posto sembrava esistere solo per le corse.
Fece scendere il
bimbo di appena quattro anni che teneva in braccio, scompigliandogli
i corti capelli biondi.
“Comincia
tu, Natan”
Il piccolo mise
subito il broncio.
“Mi
vuoi dire quand'è che torna la mamma? Almeno lei le fa
sempre le
gare con me”
Quando
torna la mamma?
Quanto faceva schifo
a mentire.
“Presto...
Ora vai, su” rispose, forzando un sorriso.
Spinse delicatamente
il bimbo sulla schiena, incitandolo a correre.
“Ti
voglio bene”
L'osservò mentre
compiva il suo gioco, osservò il sole mentre completava il
suo
corso, e si ritrovò a pensare che aveva avuto ragione.
Tutto intorno a lui
si era pian piano sgretolato, nulla era perdurato abbastanza, tutto
gli era scivolato via dalle mani ancora prima che avesse potuto
afferrarlo saldamente.
Ma,
dopotutto, quella era sempre stata la sua filosofia.
~
Note
dell'autrice:
Finalmente XD è stata dura ma ce l'ho fatta.
Prima di tutto, i flash back sono in corsivo, allineati
a destra.
Ora, ci tenevo a fare luce sul significato della trama
in generale:
Sasori, quando ancora nei primi tempi era innamorato di
Deidara, aveva l'obiettivo di rendere immortale l'amore che li univa,
quindi dapprima comincia a conservare in quadretti le pagine di
diario che Deidara strappa (anche qui vengono evidenziati i diversi
modi di pensare dei due) e li numera.
Costruisce poi una bambola (rifacendomi anche alla
citazione, le bambole sono le sue opere) riferita ad ogni quadretto,
cioè ad ogni episodio di cui narra la pagina di diario nel
quadretto. Numera ogni bambola con lo stesso numero del quadretto a
cui è riferita.
Con questo Sasori era sicuro di aver reso immortale il
loro sentimento in quegli splendidi capolavori, ognuno simbolo della
loro storia vissuta ma, ben presto, le sue convinzioni vengono meno,
infatti
quello che prima provava nei confronti di Deidara così
intensamente,
ora si è affievolito, fino a scomparire: Sasori quindi si
convince che l'amore è effimero,
destinato a scomparire. Di conseguenza, quindi, anche quelle belle
bambole di
porcellana non possono essere delle creazioni perfette ed immortali.
Quindi si rende conto che deve raggiungere
l'immortalità da solo.
Comincia a costruire un'ultima opera, senza precedenti, e senza
accorgersene la crea seguendo l'immagine di se
stesso.
Le bambole si rovinano progressivamente man mano che il
loro sentimento si affievolisce, infatti, quando Deidara torna da
Sasori tre anni dopo,
sono tutte distrutte.
Le diverse mentalità dei due si
rispecchiano in diverse
scene, oltre a quella delle pagine di diario (Deidara le distrugge,
Sasori le conserva). Ad esempio, Deidara è molto liberale,
cambia
spesso ragazza, ha esperienze occasionali con altri uomini e mostra
sempre una certa incertezza. Sasori, invece, rimane inquadrato su un
obiettivo ben preciso fino alla fine.
La fine è un po' emblematica:
Sasori costruisce
un'opera immortale che lo ritrae, per questo si immedesima talmente
tanto in essa che si convince di aver raggiunto l'eterno. I campi di
grano dell'ultimo paragrafo sono i medesimi
in cui amavano andare Deidara e Sasori.
In
questa cosiddetta “postfine”, ho scelto di
inquadrare Deidara
proiettato nel futuro: ha un bambino, testimone dello scorrere e del
cambiare delle cose attorno a lui, ma il campo è secco e non
ha più
le spighe, la madre del bimbo, evidentemente amata da Deidara,
è
morta. Ho deciso di fare questa scelta prima di tutto per marcare il
tono malinconico presente in tutta la storia, ma anche per dare a
Deidara la consapevolezza della brutale veridicità della
filosofia
che sosteneva: è
così che tutte le belle cose finiscono.
Il tempo che scorre è legato alla pioggia, infatti all'inizio Sasori ripara Deidara dalla pioggia sotto il suo ombrello e un'immagine felice di loro due è inquadrata apposta nei campi di grano assolati.
~ ~ ~
Seconda
Classificata a pari merito: “La tua Storia” di
Deidaradanna93
-
da 0 a 5 per la correttezza grammaticale, lessicale e stilistica:
3,5/5
La tua base grammaticale è piuttosto buona e solida:
tuttavia, nonostante non abbia rilevato gravi errori di sintassi, ho
notato che le tue frasi, a volte, tendono ad essere un po’
confuse
e scollegate fra di loro. Questo difetto è accentuato dal
tuo stile:
è molto poetico, evanescente, profondo e originale, e questi
sono
tutti ottimi pregi, ma purtroppo queste sue caratteristiche, abbinate
alla sintassi un po’ confusa, tendono a rendere la storia di
difficile interpretazione. Se non avessi letto le note
d’autore
sarei ancora molto perplessa su molti dettagli della storia. Inoltre
ti segnalo alcuni errori: hai scritto diversi
“quest’ultimo”
senza l’apostrofo, tutti i
“perché” con l’accento grave,
mentre va scritto con l’accento acuto e un “qual
è” con
l’apostrofo. Nonostante questi errori, la storia ha una trama
molto
interessante, uno stile intenso e piacevole e un lessico ben scelto,
e mi è dispiaciuto molto non poterti dare un punteggio
migliore per
via degli errori sopracitati.
- da 0 a 5 per l'attinenza a
citazioni/canzoni/pairing: 5/5
L’attinenza alla citazione è
ottima e ben strutturata: ho apprezzato moltissimo
l’intreccio
della trama e la successione degli avvenimenti, disposti in un ordine
quasi simbolico, originale e poetico. La frase che ti ho scelto era
piuttosto semplice ed elementare, e invece sei riuscita a creare una
storia piena di elementi intriganti e profondi. Mi ha molto stupito
la tua interpretazione sul fatto che Sasori non volesse raggiungere
la propria immortalità, ma quella del suo amore, e che
quindi fosse
decisamente più tenero della storia originale. Inoltre ho
apprezzato
lo stravolgimento della relazione tra i due protagonisti che modifica
a sua volta la frase: questo cambiamento mi ha molto colpita,
evidenzia la differenza che c’è tra le due frasi
di cui è formata
la citazione, e la degenerazione della storia e della coppia stessa.
Inoltre ho apprezzato moltissimo la tensione crescente nella fic.
-
da 0 a 5 per la caratterizzazione personaggi: 5/5
La
caratterizzazione dei personaggi è la parte della storia che
più mi
ha appassionata: non sono affatto statici, anzi, sono profondi e
pieni di enigmi e curiosi dettagli. Partiamo da Sasori: questo
personaggio sembra subire una lenta involuzione, a differenza del suo
compagno. Come ho scritto nella voce precedente, mi ha colpito molto
l’interpretazione con il desiderio abbinato alla prima frase
della
citazione, ovvero quello di rendere immortale non sé stesso,
ma il
suo amore: rende questo personaggio profondo e molto originale.
Inoltre l’involuzione sopracitata mi ricorda molto il Sasori
della
storia originale: da bambino, dopo la morte dei genitori, tenta di
ricostruirli e soprattutto di ricostruire il loro amore perduto.
Nella seconda parte della sua vita, invece, nella storia originale
sia nella tua, si rende conto dell’impossibilità
del suo gesto e
si concentra solo su sé stesso, dimenticandosi del mondo
circostante. Hai riportato benissimo i punti salienti della vita di
Sasori, modificandoli in una storia emblematica e molto poetica. Il
suo amore per la bambole segue pari pari l’amore verso
Deidara: più
esso sfuma, più le bambole vengono abbandonate e degradate,
in
favore di un progetto più grande. Inoltre la sua
testardaggine e la
sua ostinazione a realizzare i suoi desideri sono perfettamente IC,
come l’apatia e la sua “morte”: un anima
intrappolata in un
guscio vuoto. Anche Deidara è particolarmente IC:
è un artista
originale e variabile. Sono elementi presenti anche nella storia
originale, ma mi è piaciuto molto il fatto che tu sia
riuscita a
renderli emblemi di speranza e forza interiore invece che di pazzia o
malvagità. Anche il finale, intenso e malinconico, ma allo
stesso
tempo lieto, evidenzia la sua forza e la vita che vuole continuare a
vivere, nonostante tutto. Inoltre ho apprezzato moltissimo il fatto
che non fosse un artista vero e proprio come Sasori, ma uno
scrittore, e i dettagli delle pagine strappate, legate al titolo,
sono veramente intensi e originali, commoventi.
- da 0 a 5 per
l'originalità 4/5
L’originalità della storia è buona: a
impreziosirla ci pensano le pagine strappate, le bambole abbandonate
e la trama intrecciata di avvenimenti sempre nuovi. Anche i
flashback, in relazione con gli eventi presenti, sono decisamente
interessanti. Tuttavia, nonostante io abbia davvero apprezzato
l’interpretazione dei personaggi, su certi versanti non sono
particolarmente originali, come la contrapposizione di
personalità,
l’hobby di Sasori di costruire bambole, che richiamano
all’idea
delle marionette e la personalità liberale di Deidara.
~ ~ ~
Per finire,
ringrazio la giudicia Lalani per la sua efficienza e per il suo
giudizio più che approfondito ^___^ e chiunque
avrà avuto voglia
di leggere e recensire questa storia. Faccio inoltre tanti
complimenti alle mie compagne di podio e a tutte le altre
partecipanti :)
Alla prossima (se
l'ispirazione non mi abbandona del tutto), Sara
♠