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Autore: Spaceman    03/05/2010    3 recensioni
Una storia di molto tempo fa. Un giovane imprenditore si reca all'ospedale per ricevere il testamento dal padre morente. Un'eredità che, insieme alla sua ambiziosa astuzia, lo renderà il terribile Signore del Pianeta...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1955

 

Il giovane imprenditore è immobile sotto il flusso dell’acqua, dentro la cabina di una doccia che non conosce, con gli occhi fermi su delle mattonelle che non conosce. Si passa le mani sul viso, e ha difficoltà a respirare. L’aria condensata lo fa tossire.

Apre gli occhi, occhi intelligenti e lucidi, e versa il balsamo su una mano. Sorride, inspira, e non tossisce.

Dalla stanza accanto, la voce disturbata di un notiziario riempie il silenzio dei suoi racconti, e lui, il giovane imprenditore, può sentirli.

 

… è stato ricoverato due giorni fa all’ospedale di Felicia del Sol. La prognosi è del tutto riservata, e da quanto si evince dal fatto che solo oggi sia stato reso noto il ricovero, i cari preferiscono mantenere una certa discrezione su quanto stia accadendo. Vogliamo ricordare la parabola di questo importante personaggio: la storia di una vita per certi versi c…

 

Esce dalla doccia, il giovane imprenditore, e si guarda allo specchio. Uno specchio che non era suo, in una suite che non era sua. Un viso sottile, chiaro, tagliente. Il viso del futuro. Prende una tovaglia, la porta ai capelli.

 

… nato nella Repubblica Feliciana del Sol, figlio di un meccanico e una lavandaia, comincia a lavorare come manovale per un’azienda di…

 

Chiude, dal basso verso l’alto, tutti i bottoni della camicia nera. Cerca qualcosa – un barattolo. Chissà dove l’aveva lasciato.

 

… che finanzia la fondazione dell’allora piccola Compagnia. Le armi da lui prodotte furono vendute a buon prezzo al piccolo esercito di Dogarmah e i suoi seguaci secessionisti. E’ unilateralmente ammesso che sia stata proprio questa manovra a far vincere…

 

Passa la brillantina sui capelli dorati. Li porta indietro. Sorride a sé stesso. Poi, indossa una giacca, nera anch’essa.

 

… del mondo, considerando le guerriglie che negli anni ’30 hanno insanguinato il continente occidentale. Vista la buona posizione della Compagnia, la sua importanza di certo rilevante nel susseguirsi degli eventi del periodo, in molti l’hanno additato come…

 

Spegne il televisore, il giovane imprenditore. La storia, quella, la conosce a memoria. Indossa un paio d’occhiali da sole scuri, e lascia la suite.

 

Quando la limousine, che sfoggia il simbolo della Compagnia in cima al suo lungo becco, si ferma di fronte al piccolo ospedale, un folto gruppo di giornalisti e fotografi assale la vettura. Prontamente due guardie del corpo si premurano di aprire il portello e tener lontana la gente, e le loro domande. Il giovane imprenditore è scuro in viso, e non risponde a nessuno. Un cenno del capo a un gorilla nerboruto, entra da solo.

L’atrio dell’ospedale è piccolo e spoglio: un solo infermiere, alla reception, mastica rovinosamente un pasticcino, troppo distratto a guardare il tg per accorgersi dell’ingresso del giovane imprenditore. Questi giunge innanzi all’infermiere senza proferire parola alcuna, cosa che fa trasalire l’infermiere “Sì? Sì, desiderate?”

Sul monitor in bianco e nero, un uomo con la barba bianca è circondato da bambini dalle vesti lerce, che si stringono attorno a lui in un sorriso pietoso e affamato.

“La stanza di mio padre. Voglio assicurarmi di essere solo. Manda via tutti gli altri.”

“Oh, ho già mandato via tutti in seguito alla vostra telefonata, signore…” l’infermiere si alza dalla sua logora sedia, e si appresta a guidare il giovane imprenditore alla stanza numero 7.

“Ecco…” comincia l’infermiere.

“Tornatene alla reception.” è la lapidaria risposta.

 

Nella piccola stanza in penombra, un uomo rinsecchito, dal viso incartapecorito, costellato di macchie e incorniciato da una folta barba bianca, giace immobile su un letto. Il braccio destro fuori dalle coperte, la flebo che lo nutre con sterile parsimonia. Alla sua bocca, un rumoroso respiratore permette al suo petto di alzarsi e abbassarsi. Apre gli occhi all’ingresso del figlio, e ciò che emette è solo un mormorio sommesso, a labbra serrate.

“Come stai?” chiede il giovane imprenditore, togliendosi la giacca, ma rimanendo rigorosamente in piedi accanto al letto.

“Come vuoi che stia?” risponde l’uomo con voce roca, stanca. Allunga il braccio sinistro fino a prendere un plico di fogli e una penna sul comodino. Li sfoglia, li osserva. Quasi come se non li avesse già letti e riletti un centinaio di volte. Un solo spazio vuoto, nell’ultima e risolutiva pagina. Un’ultima firma.

“Quanto vorrei non farlo...” dice, con voce ancora più bassa, firmando il testamento con una smorfia.

“Non avresti potuto.” Risponde seccato il giovane, strappandogli i fogli di mano. “Perché in questa topaia?”

“Perché è casa mia. E perché volevo tranquillità… Sarai soddisfatto, immagino…” una tosse improvvisa scuote il vecchio e malato uomo, che si contorce tra le coperte.

Il giovane imprenditore non risponde. Alla finestra apre le tendine per spiare la gente che si accalca all’ingresso dell’ospedale. Giornalisti, fanatici, collaboratori. Chiude di nuovo.

“Il mondo ha bisogno di eroi, papà. Io sono solo la persona giusta nel posto giusto, al momento giusto.” Si accende un sigaro, e si volta verso il vecchio.

Questi lo osserva, lo studia nella sua interezza.“Nella mia vita sono stato un diavolo. Un guerrafondaio, uno che pranzava e cenava con le ossa dei morti per le strade. Ma tu… tu… mi fai paura”

“Darò al mondo ciò che vuole. E cioè: energia. La crisi sta assumendo proporzioni abnormi. Le borse crollano e i governi sono in bilico. La gente ha paura. L’oliovoltaico non basta alle esigenze del progresso. Un progresso che tu stesso hai iniziato. Pensa te, dalle pistole alle automobili. Ai televisori, ai telefoni…”

“Io però non pretendevo di avere un esercito privato. Non corrompevo nazioni. Ero solo un mercante: un mercante di morte, che ogni notte marciva nei suoi stessi sensi di colpa. Però…” esita, il vecchio uomo “però poi ho fatto qualcosa… qualcosa di buono…”

Il giovane imprenditore sorride “Ah, sì, la beneficienza. Sai, è questa la prima carta che giocherò” una pausa “la fiducia della gente”.

“Idiota… ti permetteranno di…”

“Zitto. La gente non crede più nei propri capi. Non crede più in niente. L’epoca delle nazioni finisce oggi con te, papà. E’ giunto il momento di un solo capo assoluto del Pianeta. Detentore dell’esistenza stessa.” Una pausa carica di odio, prima di concludere “Io”.

“Dove… come… come credi di fare? Dove credi di trovare gli agganci?”

“Presto l’Area di Corel sarà sconvolta da un movimento rivoluzionario, che ho finanziato personalmente. Il comandante della fazione estremista, un giovane di nome Heidegger, mi ha promesso l’appoggio dei suoi uomini in caso di vittoria. E la vittoria ci sarà. Lo stesso accadrà nell’Area di Nibel. Anche lì vi sarà il mio favore, e anche questa volta sarà ripagato. Poi offrirò a loro maggior potere, e loro abbandoneranno i propri ideali, per ritagliarsi una fetta di arbitrio nel nuovo mondo che sto creando. A tutto questo si aggiungerà la mia immagine di perfetto filantropo, sulla quale i miei giornalisti stanno già lavorando… un giovane imprenditore mosso da un sogno: salvare il Pianeta, proseguendo la strada presa dal proprio padre prima di morire… quella del bene. Io, papà, sarò la tua redenzione.”

“Tu? No…” ride nervosamente il vecchio “Tu li ucciderai tutti. Non avrei mai dovuto dividere la Compagnia con te… Ho causato tante morti, io, ma mai mi sarei sognato di uccidere il Pianeta.”

“Chi se ne importa del Pianeta, stupido vecchio?” il giovane imprenditore colpisce delicatamente il proprio sigaro, così da far cadere la cenere sulle candide coperte del padre. “Se le teorie del dott. Giger sono corrette, e sotto la crosta è davvero presente questo meraviglioso Mako… riesci a immaginarlo? Una fonte di energia nuova, e mia… Progresso, denaro e potere nelle mie mani.”

“Non devi sconvolgere l’ordine delle cose… non puoi farlo… nessuno dovrebbe… non puoi succhiare il sangue al Pianeta” il vecchio uomo ansima, in un misto di preoccupazione e stanchezza. Ma il giovane imprenditore pare non sentirlo.

“Ho già in mente di cambiare il nome della compagnia. Da ‘Manufacturing Works” ad “Electric Power Company”. Suona bene, vero?” si volta a guardare il padre con un sorriso sghembo. Tira dal sigaro, ed estrae da una tasca un foglio piegato in quattro. Lo getta addosso al padre.

“Ricordi quando mi raccontavi della leggendaria città del nord? La capitale del mondo, sede degli antichi eroi, mi dicevi… ero piccolo, e mi piacevano così tanto le leggende nordiche…”

Il vecchio spiegò il foglio. Al suo interno vi era lo schizzo di una città circolare, estremamente tecnologica, divisa in otto parti. “Midgar…”

“Ritornerà, dalle leggende, dai miei sogni. Nel continente orientale, sorgerà al posto di otto paesi. E lì siederà al trono il Signore del Pianeta. Nella capitale del mondo. Pensavo ti avrebbe fatto piacere sapere che avrei dedicato il nome della città, in un certo senso, a te.”

Il vecchio uomo chiude gli occhi. Sospira, aiutato dal respiratore.

Respiratore che smette improvvisamente di funzionare.

Spasmi, grida soffocate in gola, mani che protendono verso l’alto. Poi, il silenzio.

 

… è morto. La notizia ci arriva proprio in questo momento dagli inviati che…” click “ecco, possiamo vedere uscire il figlio dall’ospedale, ereditario della fortuna del padre…” click “unirsi alla giornalista Earel Bartlett, sulla quale i gossip degli ultimi mesi hanno avuto tanto da dire… sarà lei la fortunata compagna del più celebre scapolo d’oro del mondo? Sembra proprio che…” click.

 

Il giovane imprenditore sale sulla limousine, accompagnato da una giovane avvenente donna dai capelli scuri.

“Portaci fuori di qui” dice all’autista.

I fotografi stringono in una morsa la limousine, soffocandola.

“Come volete, Presidente Shinra.”

  
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