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Autore: Fuuma    03/05/2010    3 recensioni
Dopo anni di lavoro ad un progetto chiamato Angelic Layer, Oujirou stringe tra le braccia il primo uovo.
Un uovo da cui nascono gli angeli. Un uovo che darà vita a...
«Scegli un nome.»
«Wizard.»
-scritta per lo Sfiga!Fest@FW.it-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Choose a name...

Serie: Angelic Layer

Rating: PG

Genre: General

Character: Oujirou Mihara, Ichirou Mihara, Wizard (in minima parte)

Pairing: //

Prompt: Angelic Layer, Oujirou Mihara, "Scegli il nome" "Wizard"

Conteggio Parole: 1.517

Note: Premetto che non ho ancora avuto occasione di guardare le puntate dell'anime se non per le prime due e che quindi ignoro bellamente come e quando precisamente Oujirou e Ichirou siano diventati fratelli, ho letto sulla magica wikipedia (che Dio la benedica *_*) che è stato l'Angelic Layer ad unirli o cose del genere e quindi ho usato quello come spunto XD. La nascita di Wizard in sé ricalca un po' quella di Hikaru, forse perchè quei due mi danno l'impressione di avere molto in comune (e di essere una bella coppia, coff v_v"... anche se io sono per la Wizard/Oujirou aricoff XD!), non lo so.

Disclaimers: I personaggi di Angelic Layer appartengono alle Clamp.

La Flashfic è scritta per lo Sfiga!Fest@FW.it

 

.Welcome, Wizard.

«Hai voglia di aiutarmi a realizzare un sogno?»

«…non lo so se mi va…»

«Non devi farlo per forza se non vuoi, così come non devi per forza accettarmi come fratello.»

«Mhm. Che sogno è?»

«E’ per una mia amica, voglio riuscire a creare un Angelo. Ci stai, Oujirou-chan?»

«…Sì.»

 

Oujirou Mihara ne aveva visti tanti di giocattoli nella sua infanzia, ma raramente ci aveva speso più di qualche minuto del suo tempo.

Lo annoiavano.

Alle volte capitava che suo fratello -fratellastro-, entrando in camera sua con una delle sue nuove sorprese, lo trovasse seduto sul tappeto in mezzo all’enorme stanza, circondato da giocattoli abbandonati a loro stessi, con un libro tra le mani e lo sguardo affondato tra le sue pagine.

Non è che non gli piacessero, c’era quel trenino elettrico che andava tanto di moda quando aveva quattro o cinque anni, che ancora ricordava con nostalgia, ma ora che di anni ne aveva quasi tredici, era troppo grande, troppo maturo e troppo con la testa sulle spalle per lasciarsi andare a certe frivolezze. E poi aveva un Progetto importante a cui dedicare il suo tempo.

Un sogno. Che poi era anche un giocattolo. A cui lui e suo fratello lavoravano da quando i loro genitori si erano sposati, unificandoli in un’unica strampalata famiglia.

 

«Di cosa si tratta questa volta?» domandò con voce tranquilla, osservando come il più grande fosse impegnato a controllare e ricontrollare dei complicati calcoli matematici e fisici.

«Eheheh, lo vedrai, lo vedrai.» borbottò l’altro, troppo preso da quello che una serie di monitor appesi alla parete mostravano ai suoi occhi.

«Sei proprio sicuro di volermi usare come cavia anche per questa volta, nii-san?»

Ichirou si voltò di colpo, squadrandolo.

«Ovvio, chi meglio di te! E poi, ormai la creazione dell’Angel è completata!» esclamò, scattando in piedi ed alzando il braccio verso l’alto, portando con sé qualcosa che somigliava ad una barbie mezza sgangherata.

Oujirou lo guardò in silenzio.

Prima lui, con il camice bianco sempre presente a svolazzargli intorno, gli occhiali premuti sul naso e l’aria da pervertito che veniva alimentata dalla barbie. E poi la stessa barbie, con le gambe che penzolavano quasi del tutto staccate dal busto nudo.

Scosse il capo.

«Per quanto tu sia un genio, non sei per niente educativo.»

Non era esattamente quel genere di commenti che ci si aspettava da un tredicenne, ma ricalcava abbastanza bene la realtà ed Ichirou si ritrovò a riabbassare il braccio, dare un paio di colpi di tosse per ritrovare la propria compostezza e poi avvicinarsi al fratello minore, poggiandogli la mano libera sulla spalla.

«Oujirou-chan, mi raccomando, tu non mi imitare.» pronunciò, con aria solenne.

«Tranquillo, non ne avevo la minima intenzione.»

«Ah! Sarebbe così, eh?! Punizione divina!»

Nonostante le buone premesse, il creatore di giocattoli si ritrovò a tirare le guance del più piccolo che ridacchiava, senza opporre alcuna resistenza, standosene in piedi di fronte a lui, con il sorriso che si allargava insieme alle guance e l’aria di un angioletto mischiata a quella di un birbante.

Si trattava di una scena abituale, un modo po’ strano per dimostrare il proprio affetto a qualcuno, ma Oujirou lo apprezzava così: assurdo e folleggiante come suo fratello.

Si massaggiò le guance quando venne liberato dalla morsa e, con l’aria serafica che lo caratterizzava, ricercò lo sguardo del più grande. I piccoli occhi neri si erano affilati e l’espressione del volto maturo si era fatta improvvisamente seria, in questi momenti il ragazzino poteva perfino arrivare ad ammettere che Ichirou avesse una vaga bellezza che avrebbe un giorno attirato una qualche donna, ma c’era qualcos’altro, qualcosa di più profondo che riguardava solo loro.

Non ebbe bisogno di parlare, gli bastò quello sguardo ed il capo si mosse in un muto assenso.

Era il momento.

Dovevano solo prendere, prima, un bel respiro.

E poi…

«Shee!» urlarono quindi, all’unisono, scattando contemporaneamente in una posizione ridicola, con una gamba piegata a novanta gradi e le braccia alzate, impegnati in una sorta di rito soltanto loro.

«Molto bene.» annunciò Ichirou, con soddisfazione, raggiungendo in poche falcate uno dei lunghi tavoli che riempivano il laboratorio, su cui erano poggiati alla rinfusa giocattoli, scatole, componenti elettronici, cavi, telecomandi e quant’altro potesse starci.

«Vediamo, per cominciare ti servirà questo, questo e anche quest’altro… e poi questo… ah, anche questo, eh, e non dimenticare questo.»

Ad ogni “questo”, Oujirou si trovava tra le braccia un nuovo pezzo che il fratello lanciava verso di lui: un uovo di plastica semi trasparente, un paio di cd, un libretto delle istruzioni, un’agenda dalla copertina di plastica colorata con scritte come “crescita angel, punti acquisiti, premi”, un piccolo computer dalle funzionalità limitate –per così dire-, qualche scatola, un bloc-notes, delle penne e via dicendo. C’era perfino una paperella gialla in bilico.

«E’ proprio necessaria tutta questa roba?» chiese perplesso il più piccolo, con le braccia che iniziavano a cedere.

Ichirou lo fissò con un’aria sdegnata.

«Certo che no, volevo vedere se rimanevi schiacciato sotto tutto questo peso!»

«Quando si parla di amore fraterno…»

«E’ così, è così.» annuì lui «Ma tu sei ancora piccolo, non puoi capire. Ed ora, su, mettiti al lavoro!»

«Agli ordini!»

 

~

 

Piastrelle bianche e azzurre di un bagno tanto grande che ci si poteva perdere, così come nella vasca in cui Oujirou era immerso e, con lui, un enorme uovo di plastica da cui non aveva distolto lo sguardo neppure per un secondo.

C’era impazienza nei suoi occhi chiari – così strani per un giapponese.

Ansia.

Emozione.

Tutto per un giocattolo soltanto, quando ne aveva decine, destinati ad essere abbandonati e dimenticati nella sua camera.

Passò l’indice sulla scritta dorata in soprarilievo che marchiava in parte le due metà dell’uovo e recitava: Angelic Layer.

Ed alla fine, con una lieve pressione delle dita, lo dischiuse, portando alla luce il suo contenuto.

Il modello dell’Angel era uno maschile (quasi sicuramente sarebbe stato un dei pochi, pensò), sembrava in tutto e per tutto un manichino alto quanto una sua spanna e mezza, dall’aria anonima, vagamente inquietante.

«Così tanti anni per costruire qualcosa piccolo quanto una bambola...» sussurrò a se stesso, mentre con attenzione ripuliva il manichino del liquido amniotico in cui aveva dormito per tutto il tempo, passando con la punta della spugna tra le giunture delle spalle, dei gomiti e delle ginocchia.

Rimase a lungo a fissarlo, rigirandoselo tra le mani e studiandolo in ogni più piccolo particolare, con l’eccessiva attenzione ai dettagli che aveva ereditato da suo fratello maggiore - e che faceva sembrare il più grande un maniaco, a prescindere dall’oggetto dei suoi studi…

Finì il bagno con il manichino sul bordo della vasca ed il proprio sguardo che lo scrutava in continuazione.

Quando tornò in stanza, odorava di rose o di lampone e non riuscì a non storcere il naso al pensiero che Ichirou avesse di nuovo scambiato il contenuto del suo shampoo con quello di sua madre che, chiaramente, aveva una fragranza femminile e pungente.

«La prossima volta gli metto l’urticante nel camice…» rifletté ad alta voce, passandosi la mano tra i capelli corvini, per darsi una veloce pettinata.

L’altra mano, che reggeva il manichino, si portò alla scrivania, dove mezz’ora prima aveva già predisposto ogni cosa gli servisse per attivare l’Angel e dargli vita.

Non rimaneva che lasciar scivolare delicatamente l’Angel nel tubo di energia statica che si era innalzato quando aveva acceso il computer e impostare i parametri che desiderava.

Forza.

Resistenza.

Destrezza.

Velocità

Equilibrio.

Modellando pian piano un Angelo con le proprie mani.

Fino a che tutto non fu perfetto, esattamente come voleva lui e allora la voce metallica del computer ronzò per tutta la stanza.

«Scegli un nome.»

Oujirou osservò il tubo in cui l’Angel aveva preso forma e la sua sagoma scura fluttuava con i capelli azzurrini che gli incorniciavano l’ovale, sospeso tra forze elettrostatiche, forze fisiche e chissà quant’altro che non avrebbe mai capito.

I libri, impilati ordinatamente sulla scrivania, davanti al computer, erano rimasti intoccati. Vi posò sopra il mento, senza distogliere lo sguardo dal tubo di energia, plastica e metallo.

«Scegli il nome.»

Sentì pronunciare nuovamente, con la stessa intonazione monotona di qualche secondo prima.

Allungò la mano, per sfiorare con l’indice il tubo ed una scintilla si accese in quel punto, dandogli una piccola scossa.

Sorrise.

Mentre il nome prendeva forma e, per la terza volta, il computer parlò.

«Scegli un nome.»

«Wizard.» rispose, finalmente, specchiando i propri occhi in occhi più piccoli che lentamente si aprivano, guardandolo. Avevano il colore del cielo, ma c’era qualcosa che, nel momento in cui si erano spalancati per la prima volta, li aveva attraversati per poi sparire all’interno di quel corpicino di plastica.

Qualcosa di affascinante, come la bellezza di un lampo.

Qualcosa di magico che lo fece innamorare subito di quell’Angel e del mondo che suo fratello gli avrebbe creato intorno.

Qualcosa di inspiegabile che fu in grado di stregarlo.
Lo prese tra le mani.

Anni di lavoro ed il risultato lo stava racchiudendo gentilmente tra le dita sottili, portandolo al volto per poggiare la fronte contro quella più piccola del suo Angel.

«Scusa se ti ho fatto aspettare tanto, Wizard.»

 

.THE END.

   
 
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