Questa
fan fiction è stata scritta senza fini di lucro e solo per divertimento (ma
questo mi pare ovvio) Muahahahaha!
Capitolo 1
Due
ombre scure di muovevano nella sala della sorveglianza.
-quando
hai detto che finisce il tuo turno?- domandò una voce annoiata, seguita da un
sonoro sbadiglio.
La
luce che filtrava dalla porta semiaperta illuminava fiocamente la piccola
stanza dove due uomini vestiti di nero stavano controllando i monitor per la
sorveglianza.
Le
immagini erano quasi tutte uguali: corridoi vuoti, corridoi parzialmente
sorvegliati, corridoi strettamente sorvegliati, uffici. Agli occhi dei
sorveglianti, la Shinra appariva come un grosso reality da guardare
ventiquattro ore su ventiquattro. Per
questo era un lavoro davevro noioso.
Uno
dei due uomini tirò su il braccio svogliatamente e fece scivolare indietro la
manica della camicia per guardare l’orologio.- tra due orette smonto. E tu?-
-tra
dieci minuti, bello.- rispose il compagno, con strafottenza, incrociando le
mani dietro la nuca e inziando a dondolarsi sulla poltrona.- quasi non vedo
l’ora.-
-beato
te.- borbottò il compagno.- qui non succede mai niente.-
-che
vuoi che succeda? Con tutti quei Soldier in giro, neanche un pazzo si
avvicinerebbe alla Shinra.-
Il
collega si alzò e si sgranchì le braccia.- vado a fumare una sigaretta qua
fuori.-
-non
allontanarti troppo, qualcuno potrebbe arrabbiarsi.- replicò il compagno.
-ma
và...- rispose l’uomo, con nonscuranza, mentre usciva accostando la porta.
-arrabbiarsi.-
ripetè sottovoce l’uomo, allontanandosi dalla sala della sorveglianza.
Tirò
fuori un pacchetto di sigarette, ne prese una a casaccio, ripose il resto in
tasca e se l’avvicinò alle labbra con un brontolio.- bah...-
Accese
la sigaretta e prese delle grosse boccate di fumo, mentre girava gli occhi a
destra e sinistra, guardando il corridoio vuoto e male illuminato che lo
circondava. Non c’era anima viva a parte lui in quella zona del palazzo.
Rimase
a fissare il corridoio alla sua destra, chiedendosi quanto mancasse allo
scadere del suo turno, almeno avrebbe potuto imboccare quella direzione e
tornare a casa, finalmente.
All’improvviso
intravide un’ombra.
Smise
di fumare e aguzzò la vista, poi decise che era meglio controllare.
Forse
era il tipo che avrebbe dato il cambio al suo collega, giacchè avrebbe smontato
entro qualche minuto. Arrivò alla fine del corridoio, ma non c’era nessuno.
Si
udì solo un leggerissimo fruscio e l’uomo fu afferrato alle spalle da qualcuno
che con un rapido gesto del braccio, gli circondò il collo e glielo spezzò.
L’individuo
che era saltato giù dal soffitto sorresse l’uomo e lo sdraiò a terra senza far
rumore, mentre un’altra ombra compariva al suo fianco.
-ottimo
lavoro.- mormorò una voce.- vado a stendere l’altro.-
La
persona che aveva strangolato il sorvegliante annuì. Si chiamava Helinor Hinari
e aveva diciassette anni. Era una ragazza dai capelli castani, legati in una
treccia morbida che le scivolava sulla spalla destra fino al bacino. La fronte
alta era coperta da una frangia spuntata che arrivava a sfiorare le
sopracciglia ben delineate. Portava una masherina rossa che le nascondeva il
viso dagli occhi alla base del naso, e le labbra sottili erano curvate
all’ingiù. Indossava un corpetto di pelle senza maniche e pantaloni attillati,
e il tutto fasciava strettamente il suo corpo snello e atletico. La mano
sinistra era guantata, mentre l’altra no. Alla cintura di cuoio era appeso un
pugnale con il manico argentato e un grosso rubino scarlatto incastonato
nell’impugnatura.
Il
compagno, Uriah, era un ragazzo di diciotto anni. Indossava la stessa maschera
rossa, aveva i capelli ricci e fulvi, che gli solletivacano il collo lungo ed
esile. Si muoveva con leggerezza, come un ballerino, e il suo fisico magro e
slanciato gli permetteva dei movimenti aggraziati e agili.
Portava
quella che sembrava essere una divisa militare, ma essa non era né un’uniforme
dei Soldier, né il vestito di un Turks.
Probabilmente,
se si fosse tolto la maschera, avrebbe rivelato un viso da adolescente; anche
la sua voce nasale, dalle “t” e le “d” troppo marcate, era la tipica voce di un
ragazzo.
La
ragazza inginocchiata a terra accanto all’uomo che aveva appena ucciso, invece,
sebbene fosse di un anno più giovane, aveva un comrportamento più adulto e una
bella voce calma e controllata.
-sbrigati.-
ordinò la ragazza.
-non
prendo ordini da te, Helinor.- replicò il ragazzo, stizzito.
Helinor
strinse le labbra.- fai come vuoi, ma datti una mossa.- disse, tirandosi in
piedi.
Uriah
scomparve nella stanza della sorveglianza e riapparve un minuto dopo.
-via
libera.- disse, rivolto alla ragazza.
Lei
corse silenziosamente verso stanza, e vi s’infilò.
Il
ragazzo si piegò sul cadavere del secondo sorvegliante e gli prese il polso per
assicurarsi che il cuore non battesse più, mentre Helinor si piazzava davanti
ai monitor e li ispezionava con lo sguardo.
-non
vedo il presidente da nessuna parte.- disse la ragazza, in tono asciutto.
-sarà
nel suo ufficio.- rispose Uriah, con indifferenza.
Helinor
abbassò lo sguardo e strinse i pugni.
La tenda
centrale del campo era la più grande e la più comoda. Nessuno poteva entrarvi
se non con l’autorizzazione di chi ci viveva, e quella regola, che vigeva
nell’accampamentoda quando era stato fondato quel segreto gruppo militare
chiamato “Ombra”, era severa e inviolabile.
L’Ombra, un
gruppo di combattenti addestrati fin dalla tenera età, composta maggiormente da
orfani di guerra e da piccoli prodigi dell’arme, viveva come una tribù nomade,
e non rispettare il capo di tale tribù equivaleva a dichiare battaglia alla
gente che lo onorava come propria guida.
Il padiglione
era circondato da varie tende più piccole, disposte in cerchio attorno ad una
piazza dove la gente del campo si riuniva per il pranzo e per la cena.
Le due guardie
di fronte al tendone di Silver Gammon, maestro d’armi e capo dell’ombra, era
costantemente sorvegliata da due guardie instancabili, che stavano ai lati
dell’ingresso per tutto il giorno, per poi darsi il cambio con altri due
soldati per il turno notturno.
Dentro, in fondo
alla tenda, si trovava un trono di legno mobile, dove solitamente si sedeva
Gammon, ma che ora era vuoto, perché l’uomo, vestito con una lunga casacca, si
aggirava a qualche metro di distanza. Sembrava aspettare qualcuno.
Un ventenne dai
capelli rossi come il fuoco, che indossava l’uniforme dell’Ombra, entrò nella
tenda e salutò Gammon con un inchino.
- maestro.-
Gammon lo fissò
a lungo, senza parlare, poi sorrise, gli si avvicinò e gli posò una mano sulla
spalla.- Nara. Hai mandato a chiamare i tuoi compagni?-
-sono qui fuori,
maestro.- disse il giovane.
Nara era uno dei
più fidati uomini di Gammon. Era un ragazzo dal passato turbolento, che aveva
lasciato un solco indelebile nei suoi occhi crudeli. Aveva un viso dai
lineamenti spigolosi e sarebbe stato piuttosto attraente, se non avesse avuto
quell’espressione brutale.
Era molto alto e
muscoloso, e forse era anche il più forte del campo.
Gammon gli
sorrise astutamente. Quest’uomo era carismatico e, nonstante i suoi
sessant’anni, riusciva ad esercitare fascino su chiunque. Era grazie a questa
sua qualità che era riuscito a formare un’organizzazione così ampia come
l’Ombra, quando era ancora giovane. Aveva addestrato bambini che ne avevano a
loro volta addestrati altri, fino ad espandere il gruppo ad oltre trenta
persone. Tuttavia, l’Ombra rimaneva un gruppo intimo e riservato, e così doveva
essere.
-falli entrare.-
ordinò Gammon, e dopo aver ricevuto un’occhiata di ammirazione da parte di
Nara, si andò a sedere sul suo trono e poggiò il mento sulle nocche della mano.
Nara uscì, e al
suo posto entrarono Helinor e Uriah, che si disposero davanti a Gammon e lì
s’inginocchiarono.
Nara li seguì e
si mise in piedi alle loro spalle, incrociò le braccia sul petto e rimase a
guardare la scena in silenzio.
-Helinor, mia
cara.- esordì Gammon, accarezzando la ragazza con lo sguardo.
-maestro...-
rispose Helinor, chinando il capo.
-ho una missione
per voi.- aggiunse l’uomo.
Uriah alzò la
testa e fissò Gammon con intensità.- una missione?-
-voglio che
andiate a Midgar, che v’intrufoliate nella Shinra e che uccidiate il
presidente.-
Era
stata una pazzia.
Potevano
anche essere dei guerrieri esperti, allenati, scaltri, ma non avrebbero potuto
competere con la forza dei Soldier, per di più se questi giocavano anche in
casa.
Gammon
doveva essere impazzito, e loro non avevano potuto rifiutarsi di ubbidire.
Fallire gli sarebbe costata una severa punizione, ma il non ubbidire comportava
un’ esecuzione immediata.
-se
il maestro ci ha mandato qui, vuol dire che crede in noi!- esclamò Uriah,
intuendo i pensieri di Helinor.
Lei
lo guardò, perplessa.
-è
una missione difficile, e proprio per questo mi sento onorato di farne parte.-
proseguì Uriah, battendosi un pugno sul petto.- il maestro mi ha scelto per
compiere quest’impresa! Si fida di me! E si fida di te... non possiamo
deluderlo.-
Helinor
evitò di dargli una risposta e tornò ad osservare i monitor. Soldier. Soldier
ovunque.
Quel
posto era come un alveare pieno d’api.
-hai
paura?- domandò Uriah, guardandola sbalordito.
-no.
Penso solo che se tu avessi aspettato, prima di entrare, le cose sarebbero
andate diversamente.-rispose Helinor, brusca.
-dobbiamo
entrare.- disse Uriah, con il viso acceso di frenesia.
-no! Non abbiamo
osservato abbastanza! Non sapremo dove andare, una volta lì dentro!- esclamò
Helinor, fermandolo per un braccio.
Lui si liberò
con uno strattone deciso.- sono stanco di aspettare, Helinor! Ora voglio
agire!-
-Uriah!-
-era
la nostra occasione.- si giustificò Uriah, resosi conto dell’errore commesso.-
camuffandoci tra i fanti Soldier, siamo potuti entrare senza difficoltà.-
Helinor
sbuffò.- per colpa tua, ora dobbiamo muoverci alla cieca.-
-non
fa niente, noi siamo abituati a muoverci in questo modo...- replicò Uriah.-
guarda, il presidente è appena entrato nel suo ufficio!-
La
ragazza si arrabbiò.-non sappiamo neanche dove sia, quell’ufficio!-
Uno
scricchiolio annunciò che la porta era stata aperta.
I
due si voltarono.
L’
uomo appena entrato guardò prima l’uno e poi l’altro, vide il corpo del
sorvegliante a terra e fece per dare l’allarme.
Helinor
si gettò contro di lui con uno scatto felino e, dopo avergli chiuso le dita
attorno al collo, lo sbattè contro il muro con violenza.
-chi
siete?!- balbettò l’uomo.
Uriah
scivolò attraverso la pallida luce e si sistemò al fianco della compagna.-
cerchiamo l’ufficio di Shinra.-
-i-il
presidente? Che volete da lui?!- esclamò il sorvegliante, con il volto sempre
più paonazzo ad ogni minuto che passava.
Uriah
lo guardò annaspare con indifferenza.- abbiamo un piccolo conto da saldare.-
La
macabra tranquillità che si era creata fu interrotta dall’irruzione di altro un
uomo nella stanza, che gridò:- FERMATEVI!-
Helinor
lasciò il suo ostaggio immediatamente e si voltò.
L’uomo
aveva capelli corvini legati in un
codino, era vestito con un elegante completo nero e le mani sollevate reggevano
una pistola. Era un Turk, senza dubbio.
Il
sorvegliante lanciò un’occhiata supplichevole a Tseng e cercò di strisciare
carponi verso di lui.
Uriah
gli calpestò una mano facendolo gridare e sorrise.- fermarci?-
-Reno!
Rude!- esclamò Tseng, e altri due Turks entrarono nella stanza.- andate dal
presidente!-
Il
tipo con i capelli rossi lo fissò stralunato.- e tu?-
-posso
tenere a bada due ragazzini.- rispose Tseng, glaciale.
Il
sorvegliante gemette e tentò di togliere la mano da sotto la suola dello
stivale di Uriah, che aumentò la pressione facendogli scricchiolare le dita.-
due ragazzini?- fece eco, stizzito.
Helinor
rimase immobile a guardare Tseng, impassibile.
-chiunque
voi siate, avete l’ordine di lasciar andare quell’uomo e consegnarvi.
Altrimenti, saremo costretti a sparare.-
-saremo?
Tu... e chi?- chiese Uriah, con strafottenza, -io non vedo nessuno.-
Tseng
non perse la calma.- avete cinque secondi.-
La
mano di Helinor scivolò fino all’astuccio che stava appeso alla cintura.
-che cos’è?-
chiese Helinor, sporgendosi a guardare la polverina incandescente che il medico
del campo stava mettendo in una piccola boccetta di vetro.
Nhat era la
persona più paziente e calma del pianeta. Lo stesso volto ovale e allungato,
gli occhi dalle palpebre cadenti, insieme con un fisico paffuto, confermavano
quell’idea di pace e tranquillità bonaria che fluiva dai suoi occhi grigi. Era
giovane, aveva a malapena trent’anni, ma le rughe in mezzo alle sopracciglia e
intorno agli occhi erano un ottimo motivo per dargliene almeno dieci in più.
-abbi pazienza,
Helinor.- la apostrofò, con gentilezza.
La tenda del
medico era piena di strane boccette, liquidi ed erbe di ogni genere. Lì viveva
soltanto lui, tuttavia la tenda era abbastanza grande, in modo da accogliervi i
feriti semmai ce ne fosse stato bisogno.
In terra c’erano
due cuscini: su uno era inginocchiata Helinor, l’altro era vuoto, perché Nhat
era in piedi ad armeggiare con le boccette.
Quando ebbe
finito di travasare la polverina, porse tre boccette di vetro a Helinor.
-cos’è?- insistè
lei.
Lui
s’inginocchiò sul cuscino, lentamente.- è un fumogeno.-
Helinor guardò
la polverina.- poco credibile, come fumogeno.- commentò, portandosi l’oggettò
davanti ad un occhio.
Nhat guardò il
riflesso distorto dell’iride azzurra di Helinor attraverso il vetro, e
sorrise.- basta che lo lanci a terra. La boccetta si rompe ed esce una coltre
di fumo.-
Lei infilò le
boccette nell’astuccio.- grazie. Quanto ti devo?-
-non crederai
che l’abbia fatto per soldi!- esclamò Nhat, in tono divertito.- infiltrarsi
nella Shinra è troppo pericoloso, senza gli strumenti adatti.-
-già...- mormorò
Helinor, pensierosa.- mi chiedo come andrà a finire...-
-Gammon è un
capo saggio. O almeno dà quest’impressione.- disse Nhat.
Helinor
afferrò la boccetta, la estrasse dall’astuccio e la gettò a terra con forza.
L’ampollina
di vetro si frantumò appena entrò a contatto con il pavimento, frantumandosi in
pezzi microscopici, e una nube di fumo nero esplose nella stanza.
La
ragazza sentì Tseng tossire e, accuciatasi a terra, strisciò fuori dalla
stanza, sicura che il suo compagno avrebbe fatto lo stesso.
Era
inutile preoccuparsi per lui.
(...)
-signor
presidente! Signor presidente!- strillò Reno, catapultandosi nell’ufficio di
Shinra.
Rude
entrò dopo di lui.
La
stanza era vuota. La scrivania era perfettamente in ordine, come se nessuno
l’avesse ancora toccata. La sedia davanti alla grande vetrata era posta con il
sedile sotto il tavolo, come se nessuno vi si fosse seduto.
Reno
si guardò intorno, colto dal panico. –ma dov’è il presidente?!- esclamò,
rivolto a Rude.
-non
ne ho idea!- rispose l’uomo pelato con un gesto seccato.
-dobbiamo trovarlo! O Tseng ci farà a pezzi!-
strepitò Reno, e con una velocità mai vista prima, percorse la stanza a grandi
falcate e raggiunse la porta dell’ufficio. Quella si aprì tanto improvvisamente
che mancò di poco lo sventurato Turks.
-cos’è
tutto questo chiasso?- chiese il presidente Shinra.
Era
seguito da un ragazzo alto, dai lunghi capelli argentati e lo sguardo
impenetrabile, che catturò subito l’attenzione di Reno.
Sephiroth
fissò i due Turks quasi li stesse deridendo, dopodichè entrò nell’ufficio
insieme a Shinra.
-che
ci fate voi due qui dentro? E senza aver avvertito nessuno!- esclamò il
presidente, indignato.
Reno
lo guardò.- siamo Turks, signor presidente! Ci sono due intrusi nel palazzo!
Dobbiamo portarla in salvo al più presto!-
-due
intrusi?! E come sono entrati?!- abbaiò il presidente, severo.
-signor
presidente, non credo sia il momento di discutere.- intervenne Sephiroth.- se
ci sono intrusi, dobbiamo catturarli. Potrebbero attentare alla sua salute.-
Shinra
lo contemplò per qualche istante, poi riprese a dare ordini:- Sephiroth, trova
i due intrusi e catturali! Li voglio vivi! Potrebbero avere informazioni
preziose sull’Ombra.-
Sephiroth
fece una riverenza e corse via.
-e
voi due?-
-dobbiamo
scortarla fuori di qui!-
(...)
-attenzione, ci
sono due intrusi nel palazzo. Si ordina di fermarlia tutti costi e di
catturarli vivi.-
Helinor
maledisse il momento in cui si era lasciata convincere da Uriah a seguire il
suo piano folle.
Correva
per i corridoi.
Svoltò
a destra si trovò davanti ad un bivio. A destra si udivano delle voci e dei
passi, a sinistra c’era una porta chiusa.
Helinor
si avvicinò immediatamente alla porta e cercò di aprirla, ma si accorse che era
chiusa e dovette rinunciare ad ogni tentativo.
Appoggiò
le spalle alla porta e rimase in silenzio, immobile, all’erta, mentre le sue
dita si stringevano intorno al manico gelido del pugnale.
Passi.
Molti
passi.
Dovevano
essere circa cinque persone, e si stavano dirigendo verso di lei.
Si
portò in posizione da battaglia e prese un bel respiro.
Gli
uomini le furono davanti in pochi istanti. Tre di loro dovevano essere dei
terza classe, mentre gli altri due erano solo cadetti.
-è
l’intruso!- gridò uno dei Soldier, impugnando il fucile.
Helinor
strinse il manico d’argento del pugnale e guardò gli uomini con aria
corrucciata, poi sollevò l’oggetto e ne sfiorò la lama con le dita.
Una
scossa e un brivido le passarono attraverso la schiena, e il ferro sembrò
assorbire tutta l’energia della Materia che aveva usato.
-ti stai
preparando per entrare in qel posto, vero?- domandò pigramente il giovane
armaiolo che vagava sempre per la piazza vendendo armi.
Helinor
annuì.-hai qualcosa per me, Shon?-
Shon sembrò
felice che lei glielo avesse chiesto, afferrò il sacco che portava in spalla e
iniziò a scarufare al suo interno.
-in reraltà,
avrei qualcosa che fa per te. L’ho sottratta a uno di quei Soldier...- disse
Shon, gioviale.- ma non te la cederò per meno di cento Guil.-
-cento Guil?!-
esclamò Helinor, sgranando gli occhi.- spero per te che sia qualcosa di utile,
almeno!-
-lo è!- sbottò
Shon, irrigidendosi per l’offesa subita.- io vendo solo merce di qualità, hai
capito?!-
-va bene, va
bene.- ridacchiò Helinor.- adesso però, fammi vedere cos’hai.-
-Materia. Serve
per fare le magie. Questa in particolare è una Materia Thunder.- disse Shon,
assumendo un’aria quanto più possibile professionale mentre le porgeva una
sferetta.- la carichi sulla tua arma e fai la tua magia! Bello, no?-
Helinor fece per
afferrare la sfera, ma Shon ritrasse subito la mano.- alt! Non si tocca! Questa
è una cosa preziosa, sai?- e la guardò con aria avida.
Lei sospirò e
sborsò cento Guil richiesti.- spero per te che funzioni, altrimenti quando
torno qua ti faccio a pezzi.- lo minacciò.
Sentiva
la carica elettrica sul pugnale e un brivido freddo le percorse la schiena;
l’adrenalina le scorreva nelle vene come un fiume impetuoso. Alzò il braccio,
puntaò la lama verso il soffitto e gridò:- THUNDER!-
Una
folgore colpì i cinque uomini fulminandoli all’istante, lasciando Helinor senza
fiato.
Dovrò ricordarmi
di ringraziare Shon, pensò,
riponendo il pugnale al suo posto.
(...)
Helinor
percorse dedali, evitò scontri rifugiandosi negli uffici, uccise molti uomini,
finchè non ebbe raggiunto un corridoio a senso unico. Corse a capofitto fino a
scontrarsi con un muro che metteva la parola fine al suo percorso. Lo colpì con
un calcio, furiosa, e lo guardò portandosi le mani ai fianchi.
Stava
per muoversi e cambiare strada, quando avvertì una leggera pressione sul collo.
Abbassò lo sguardo.
Una
lama le aveva lasciato un finissimo segno rosso sul collo.
-non
muoverti.- le ordinò una voce stentorea.
Lei
cercò di voltarsi, ma la spada di Sephiroth la costrinse a guardare dritto
avanti a sé.
-detesto
ripetermi.- disse il platinato, in tono aspro.
Helinor
emise una risata di disprezzo.- Soldier.-
Un
gesto fulmineo. La lama di Sephiroth si scontrò con il pugnale di Helinor.
I
loro occhi si incontrarono.
Helinor
respinse la Katana.- finalmente faccio la conoscenza di un vero Soldier.-
commentò.- spero che almeno il vostro stipendio renda onore alle vostre
ingiustizie.-
-cosa
ne sai tu, d’ingiustizie?- replicò Sephiroth, impassibile
-ne
so molto più di te, se permetti.- ringhiò Helinor, che si piegò sulle gambe e
saltò verso di lui con agilità.
Sephiroth
arretrò e alzò la spada per poterla infilzare, ma lei si diede lo slancio
mentre era in volo, atterrò alla destra di Sephirot, rotolò, si rialzò e cercò
di colpirlo al fianco con il pugnale.
Il
ragazzo si voltò velocemente e sferzò
l’aria con la Masamune per colpirla. Helinor si accasciò al suolo per evitare
di essere colpita e gli scivolò sotto le gambe, gli ricomparve alle spalle e lo
afferrò per il collo. La forza fisica del Soldier gli permise di liberarsi e,
afferrato con la mano libera il polso di Helinor, si piegò in avanti e la
lanciò contro il muro.
Lei
sbattè la schiena contro la parete e si accasciò al suolo.
Si
rialzò immediatamente, con il fiato mozzo e si accorse di aver perso il
pugnale.
Lo
individuò poco lontano da lei e tentò di gettarsi in avanti per riprenderlo, ma
Sephiroth le puntò la Masamune alla gola.- arrenditi.-
Helinor
sospirò e si portò le mani dietro la testa, lentamente.
-togliti
la maschera. Ti servirà a poco quando ti avrò consegnata ai Turks.- ordinò
seccamente il ragazzo.
Lei
esitò.- dovresti essere più gentile con le ragazze.-
-zitta.-
-scusa.
Non ti arrabbiare.- gli disse Helinor, scuotendo leggermente il capo.- c’è modo
e modo per dare ordini.- e così dicendo, slacciò la mascherina, che cadde ai
suoi piedi con un leggero tonfo.
Sephiroth
la fissò sbalordito. Un’adolescente. Doveva avere anche la sua età.
Aveva
perfino un viso simpatico.
-s-sei...
una ragazzina.- osservò.
-grazie
di averlo notato.- sbottò Helinor, in risposta.
Un
rumore metallico.
-Helinor!-
Uriah!
Sephiroth
affondò il colpò, ma lei si spostò con rinnovata energia e corse fino alla
parete alla sua destra. Dal condotto di aerazione pendeva il braccio di Uriah,
lei saltò e lo afferrò velocemente.
-torna
qui!- inveì Sephiroth, furioso.
Me la sono
lasciata scappare!
Guardò
il condotto d’aerazione. Era troppo alto, non ci sarebbe mai passato. Imprecò
mentalmente, ma non manifestò alcun segno della rabbia che provava dentro.
Erano
fuggiti.
Angolino
dell’autrice:
...
...
...
Ahem! Eccomi qua! Credo di dovervi qualche spiegazione, cari lettori (semmai ce ne saranno) XD (ecco, dacci una spiegazione – nd tutti). Non intendevo pubblicare questa fan fiction. Anzi, non volevo davvero farlo. Poi ho pensato: “cosa ci sta a fare una fiction sul mio computer, se posso leggerla solo io?”
Domande retoriche a parte... insomma, mi sono fatta coraggio e l’ho publicata. Fa parte di un progetto molto grande a cui sto lavorando. Ebbene, questo “What If”, parte da quando Sephiroth, Angeal e Genesis avevano diciassette anni ed erano Soldier di seconda classe, ma questo verrà chiarito nel prossimo capitolo. Naturalmente, la storia è inventata da me, anche perché non ho idea di quello che era successo in quegli anni a Midgar, né ho una conoscenza molto approfondita degli eventi che accadono nel prequel di Crisis Core, Befor Crisis. A parte questo, inseriti i miei personaggi principali, ho provato a tirare fuori questa... questa cosa.
Sto scherzando. Un motivo per cui l’ho pubblicata è perché, volendo diventare scrittrice, dovrò pur fare esperienza in qualche modo, e pubblicare le fiction mi permette di rendermi conto delle cavolate che scrivo e di migliorarmi.
Bene. Detto questo, se ci saranno altri avvisi (l’ufficio reclami è da quella parte... non tiratemi pentole addosso), li farò in seguito.
Um... ditemi quello che ne pensate, altrimenti penserò veramente male... critiche e consigli ben accetti. Soprattutto consigli sullo stile.
Non fate caso ai flashback, è un modo per iniziare a conoscere ambienti e personaggi … ok, ok, me ne vado, non vi arrabbiate!
Un bacio.