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Autore: Dreaming_Archer    16/05/2010    6 recensioni
Un' orfana, decisa a trovare la sua famiglia.
Un' erede, in fuga dalla condanna.
Una ragazza, indecisa se seguire il destino o l'amicizia.
Una piratessa, meno dura di quanto non sembri.
E una grande amicizia vissuta tra battaglie e sconfitte, Luce e Buio...
I pirati del Deathbearer sono alla ricerca di un tesoro, e l'unica persona che può portarli ad esso, è un'orfana abbandonata a pochi anni.
Ma anche lei vuole qualcosa, la libertà. Forse lei e i pirati potrebbero fare un accordo...
Ma nulla resterà come sembra..
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dethbearer - cap1

Storie di Pirati

… Luce e buio, sono entrambi figli del sole … Vittoria e sconfitta vengono entrambe dalla stessa battaglia … futuro e passato sono entrambe facce della vita …

La voce di Mary si spense in un soffio, come aveva iniziato a cantare. Era seduta sul parapetto, guardando il lungo profilo sfocato di terra che occupava l’orizzonte. Sarebbero arrivati con il buio, a vedere la distanza. Si voltò e tornò con i piedi sul ponte. Sbuffò, non le piaceva per niente quella triste malinconia che la circondava. Le lacrime le bruciavano agli angoli degli occhi. L’ultima volta che era stata al largo di quella grande isola che era Haiti, era notte e aveva perso una bambina. In effetti c’erano due bambine di pochi mesi sulla nave a quel tempo, e anche se una sola era sua figlia, teneva tantissimo a entrambe, tanto diverse quanto simili. Soprattutto le differenziava quello che il destino aveva in serbo per loro, lo sapeva bene anche allora, anche se aveva appena vent’anni ed era triste e sola. Un po’ come adesso, veramente. Sola con il ricordo triste di quella notte di quasi quattordici anni prima, che era ancora vivido nella sua mente.

Aveva messo le bambine su una amaca lei stessa, una a fianco dell’altra. Quella a sinistra aveva grandi occhi blu, come il mare che stava sotto la nave e leggeri capelli biondi, come l’ambra. Era la sua bambina, si chiamava Sara. L’ altra aveva gli occhi grigi e i capelli castani. Mary cantava sempre per loro. “ La luce della vittoria, che illumina il buio di ogni sconfitta … un futuro colmo di vittorie per chi ha avuto un passato di sconfitte … ” Le bambine si erano già addormentate. Era ormai una sua abitudine cullarle con quella vecchia canzone. La donna passò un dito sulla guancia paffuta della piccola Sara, con dolcezza, e poi uscì in silenzio.

Le bambine erano insieme da poco, Sara era nata due mesi dopo la castana. I suoi genitori però non stavano insieme, Mary era sempre stata travestita come un uomo, e prima che incontrasse un soldato sul campo di battaglia era sempre vissuta come Mark Jones, suo fratello. Poi era scappata ed era diventata un pirata, sul Deathbearer, la nave di Jacob “ Jack ” Reckhernam e della sua amante, Rachel.

L’altra bambina, che si chiamava Michelle ed era appunto la figlia di Rachel. Si sapeva che non l’avrebbero tenuta molto tempo a bordo, e Mary aveva escogitato un modo per ritrovarla, un giorno che sarebbero tornati ad Haiti, proprio come stava per succedere.

La madre di Michelle era morta poco tempo prima. Mary pensava che dopo tutto quello che aveva passato, non era giusto che morisse così giovane, ma lei non poteva decidere la morte di nessuno, tranne chi cadeva sotto la sua spada. In effetti, Rachel Bonny era forte e valorosa, una grande guerriera, e anche molto giovane, aveva diciotto anni quando la uccisero. C’era una battaglia in corso, le bambine erano chiuse in una cabina e le due donne stavano combattendo sul ponte, come facevano in ogni occasione. I nemici erano inglesi, un mercantile ricco di ritorno dalla Madrepatria. L’ arrembaggio non era durato molto, eppure gli inglesi riuscirono comunque a fuggire grazie ad un’altra nave da guerra che li seguiva poco distante. Era stato comunque un massacro, ma non erano pochi i sopravvissuti fuggiti. Bonny era corsa verso la cabina, dando le spalle ai nemici per raggiungere le bambine, Mary se lo ricordava benissimo. Stava per aprire la porta quando la colpirono alla schiena, e cadde a terra, immobile.

Mary era rimasta bloccata all’istante. Quando l’assassino corse via riuscì a vederlo in faccia solo un attimo, ma era talmente scossa che non lo ricordò. Era un ufficiale, di quello ne era sicura, ma non sapeva nient’altro. Così era morta Rachel Bonny, dopo essere fuggita per anni, fin da quando era appena quattordicenne, era morta nel modo peggiore, ignorata da tutti tranne che dalla sua bambina, che si sgolava a piangere dentro la cabina. Mary si era trascinata fino al corpo esanime dell’amica, e non era riuscita a trattenere le lacrime.

Se ci ripensava tornava a singhiozzare, così scosse forte la testa passandosi il dorso della mano sugli occhi marroncini. Ogni volta che pensava a quell’avventura si tormentava se avesse fatto bene o meno a cercare di salvare Michelle mettendole un segno di riconoscimento. Non che la vita da pirata non le piacesse, ma ovviamente avrebbe preferito che la bambina vivesse a terra, come una ragazzina normale. Quando rimuginava su questo però, cacciava subito l’idea dalla mente, perché non voleva prescrivere un destino alla piccola. Infatti, sosteneva che a terra non ci fosse vita, o almeno come la intendeva lei, con avventure, battaglie e tutto quello che lei viveva a bordo e che nessuno avrebbe potuto passare a terra. E poi c’erano i militari. Era un brutto periodo per i pirati. Navigare sotto costa era pericoloso perché gli inglesi stavano combattendo una guerra invisibile contro di loro, e anche in mare aperto si celavano rischi ovunque.

Non voleva che Michelle vivesse quello, la noia delle città, (se le colonie delle Antille si potevano chiamare città), dei borghi. Lei non la sopportava, tutte quelle regole, norme, comandi e affari prescritte, che non lasciavano spazio alla libertà del protagonista. Mary sapeva bene che lei non poteva fare niente per la piccola Michelle,  era predestinata a vivere a terra. Non c’era nessuno a difenderla, come lei faceva con Sara. Qualunque cosa facesse, quella bimba era orfana di madre, piccola e indifesa, e il padre non la voleva. Sapeva che prima o poi non l’avrebbe più trovata nella cabina, così si decise e mise in atto il suo piano. Prese una catenina finissima d’argento dalla stiva e vi infilò dentro un prezioso cerchietto di madreperla che avevano trovato su un isola, dopo tanto tempo di ricerche, per scovare il tesoro del pirata Morgan. Era molto importante e ce n’erano due, uno era ancora nascosto da qualche parte. Lo tolse al capitano con fortuna, mentre dormiva nella cabina principale. Era riuscita a sfilarlo da un’altra catenina che lui portava al collo, e che faceva un rumorino metallico ogni volta che si muoveva, cozzando contro qualche altro gingillo.

Lo legò intorno al collo della bambina e la riappoggiò sull’amaca in una della cabine di prua. Le diede una carezza e prese Sara, la portò sul ponte passeggiando pensierosa, mentre fissava il tramonto.

La notte portò con sé nuvolosi neri.

Il Deathbearer, la loro nave, era vicina a un porto. Era una di quelle piccole colonie, sotto l’impero inglese. Mary si convinse che malgrado tutto, Michelle almeno sarebbe cresciuta serena, cosa che non poteva assicurarle a bordo della nave. In un porto come quello vide la nuova casa per la bimba, ormai sapeva e si era convinta che prima o poi qualcuno l’avrebbe lasciata giù. Si augurò che fosse il più tardi possibile. Guardando il viso di Sara, bagnato dalle luci del crepuscolo, tornò nella sua cabina e si allontanò a malincuore da quella dove c’era Michelle.

Aspettò che Sara si addormentasse profondamente, poi uscì di soppiatto buttandosi un pesante mantello scuro sulle spalle e si nascose sotto le scale, guardando fisso il porto.

Le ombre sulle strade di ciottoli si fondevano con il buio pesto dell’ambiente, e tutto aveva un aria lugubre. L’unico rumore era quello delle onde che si infrangevano violente sulle chiglie delle navi ormeggiate al porto.

Stava cominciando a piovere, era una pioggia sottile e fredda. La leggera brezza proveniente dal mare rendeva l’aria respirabile e muoveva le tende delle finestre lasciate aperte, senza fare il minimo rumore.

Capitan Jack Rackham aveva fatto gettare l’ancora in una piccola baia nascosta. Il luogo era calmo e silenzioso. Dalla nave avevano notato il forte inglese, costruito su un basso monte roccioso, a strapiombo sul mare. Nella spiaggia alla sinistra del monte si ergeva una villa suntuosa e solitaria. Alla destra del monte, dopo una fila di collinette, cresceva il borgo, un ammasso di case costruite alla rinfusa addossate sulla via delle banchine, dove erano ormeggiate alcune barche.

Mary aguzzò la vista quando notò il capitano che si avvicinava furtivo alla cabina dive c’era Michelle.

La porta di legno scuro si aprì con un sordo cigolio e un rumorino di metallo circondò la piccola. Con mani salde e leggere Jack prese la bambina, ignorando la collanina che aveva al collo e, coprendola con la coperta, scese sulla sabbia bianca della baia e cominciò a camminare verso l’interno, con passo svelto, ma timoroso. Non aveva mai avuto timore per niente, ma in quel momento non sapeva se era giusto quello che stava facendo o meno. Aveva un'unica certezza, che solo lui aveva visto, solo lui poteva sapere, e quindi ricordare. Non immaginava che Mary seguisse ogni suo passo con lo sguardo.

Jack cercò la casa più suntuosa, circondata da un elaborato cancello di ferro battuto. La villa era color crema di tre piani, con finestre grandi e circondate da stucchi eleganti. L’ingresso principale distava dal cancello circa dieci metri, con quattro o cinque gradini di marmo bianco che portavano ad essa. Doveva essere la villa del Governatore, o quella del Viceré.

Non potendo entrare dall’ingresso principale, il capitano decise di fare il giro della villa. Aveva intenzione di trovare la porta di servizio, quella usata dalla servitù, che restava sempre aperta. Sul retro trovò la porta della servitù, che si apriva su una cucina ben fornita, con una vecchio tavolo di legno chiaro al centro. Il camino era acceso, con una pentola sopra. Si accertò che nessuno lo stesse guardando, scostò la coperta dal volto della bimba, che era sveglia, e lo fissava. Ignorò il suo sguardo innocente e la appoggiò delicatamente ai piedi del camino, per farla stare al caldo.

Le diede un bacio sulla fronte e mise una mano nel fagotto in cui era avvolta, lasciando qualcosa vicino al suo cuore. Con il suo tintinnio metallico, le votò le spalle e uscì veloce senza il minimo rumore.

La bambina rimase sotto al camino, da sola. Cominciò a piangere piano, poi sempre più forte, finché non si accesero alcune luci e qualcuno si accorse di lei.

Jack cominciò a correre, e solo quando arrivò sulla banchina si fermò, con il fiato grosso, perché per l’ultimo tratto aveva corso. Essendo quasi certo che ormai Michelle era stata trovata e avrebbe avuto un altro nome e un’altra famiglia, si sentiva in colpa, ma ormai il dado era tratto e non poteva tornare indietro.

Salì le scale sotto cui era nascosta Mary velocemente, ma poi scese furtivamente senza fare rumore dall’altro lato. Dormiva appoggiata alla parete. Sorrise e tornò al timone.

 

Dopo quattordici anni Mary ricordava ancora tutto come fosse successo il giorno prima, e ancora ne soffriva. Alcune volte si arrabbiava con se stessa per essersi fatta prendere dal sonno, ma ripensandoci non avrebbe in alcun modo potuto fermare Jack. L’unico risultato sarebbe stato inimicarsi ancora di più il capitano, che avrebbe potuto vendicarsi su di lei, e soprattutto su Sara. Per questo non riusciva a decifrare le emozioni che provava ripensando a Michelle.

Oltre alla tristezza si aggiungeva una specie di curiosità, perché voleva sapere come era diventata la piccola Michelle. Ormai non doveva essere tanto piccola, visto che erano passati quattordici anni, ma lei la immaginava ancora con quel viso da bambina che gattonava sul ponte insieme alla sua Sara.

Era viva? Era la domanda che più la tormentava. Però erano tornati a Port-au-Prince, doveva avevano abbandonato Michelle, quindi sperava di rivederla.

Provò una triste sensazione di colpa e dovette andare a cercare Sara, che scappava sempre via. C’era un brusio sommesso che proveniva dalla stiva. Scese i gradini senza fare il minimo rumore, e si accucciò dietro parte del carico per spiare quello di cui stava parlando l’equipaggio. Sentiva gridolini e risate, e se si rideva Sara doveva essere per forza nei paraggi.

Scrutò il gruppo per un secondo, erano tutti ammassati in un piccolo spazio tra il carico, seduti in cerchio intorno ad una candela che dava un’aria sinistra al volto dell’uomo che stava parlando. Era il più anziano di tutti, il nostromo, si chiamava Storm. Era sempre lui che raccontava le storie alla ciurma, ormai aveva una specie di gruppo di creduloni che pendeva dalle sue labbra. E ovviamente Sara era tra quelli, seduta con il mento sulle ginocchia accanto al suo amico Ed con le spalle appoggiate al muro. Guardava il nostromo con i suoi grandi occhi blu, e ogni tanto sorrideva. Mary si spostò un po’ e si mise ad osservarli tenendo le orecchie ben aperte. Le facevano sempre ridere le storie che si inventava il nostromo da quanto erano esagerate, ma di certo attiravano l’attenzione. Il gruppo era di una decina di persone, e le facce giovani di Ed e Sara spiccavano tra tutte. Entrambi biondi, entrambi con gli occhi blu, sembravano fratelli da quanto erano simili. Ma ovviamente non lo erano. “ e che fine ha fatto? ” stava chiedendo in quel momento il ragazzo, che doveva avere almeno un anno più di Sara.

Il nostromo lo guadò di sbieco, poi rispose orgoglioso puntandogli un dito contro. “ ebbene, te lo dirò. Era sul ponte e stava combattendo come una furia, quando peccò d’affetto. ” Molti spalancarono la bocca. “ andò dalla sua bambina, nella cabina, e allora un vigliacco, e sia maledetto! ” alzò un dito al cielo e urlò le ultime parole, poi, all’improvviso tornò calmo. “ la colpì alle spalle, non c’è stato più niente da fare quando l’abbiamo trovata. ” Abbassò il capo, mentre il silenzio calava sul gruppo.

“ e che ne è stato? ” chiese Ed a voce bassa, guardandosi i piedi.

Sara si voltò a guardarlo. “ di cosa? ” borbottò con un sopracciglio curvo.

“ della bambina, stolta. ” Rispose il ragazzo. “ adesso Sara è qui, ma l’altra bambina, cosa le è successo? ”

Mary trasalì, dopo tutti quegli anni tutti si ricordavano di Michelle. Si mise ad ascoltare ancora più attentamente.

“ ebbene. ” Tuonò Storm facendo traballare la lucina della candela. “ anche quello è un mistero. Ma solo noi della ciurma sappiamo per certo quello che è successo. ” I ragazzi spalancarono gli occhi e Mary si fece attenta. “ era notte … ” cominciò il nostromo. “ una notte lugubre e buia da fare accapponare la pelle. ”

Mary spalancò gli occhi. Che tutti sapessero quello che aveva fatto Jack?

“ E lei è tornata. ” Concluse il nostromo. Tutti pendeva dalle sue labbra, “ è salita sulla nave arrivando dall’acqua … e ha preso la sua bambina portandola con sé. ”

Sara alzò un sopracciglio. Come se fosse una domanda, Storm rispose. “ l’ha portava via nel profondo degli abissi con sé, per non lasciarla da sola. E’ per questo che noi non l’abbiamo più vista. ”

Sara spalancò la bocca. “ e adesso dov’è? ” domandò con un filo di voce.

Mary non riuscì più a trattenersi. “ non crederai a cose del genere spero, Sara. Devi essere veramente stupida per pensare solo ad una minima verità. ” Sbottò alzandosi in piedi.

Tutti gli occhi si voltarono verso di lei. “ blateri vuote ciance, donna! ” sbottò il nostromo agitandole un dito contro. “ l’ho vista con i miei occhi quattordici anni or sono! ”

“ dovevi essere completamente brillo, allora. ” Ribatté Mary, seria. “ queste cose non esistono. ”

“ e tu sai cosa è successo, allora? ” domandò Ed a bassa voce. Sembrava molto interessato a quella storia.

“ certo che lo so, e le anime dei morti non c’entrano per niente. E credete a me, quando vi dico che l’ho visto con questi occhi. ” Fece scorrere le sguardo sui presenti, controllando che ascoltassero bene. Dopo quattordici anni aveva deciso di far sapere quello che era successo veramente. Anche se anni prima si era addormentata, aveva visto bene Jack avvicinarsi alla cabina di Michelle. Poi era crollata, ma era sicura, e il giorno dopo la piccola era scomparsa. Prese un respiro, e cominciò. “ è successo di notte, in un porto di Haiti. Qualcuno ha preso Michelle e l’ha abbandonata in una villa a terra. ” Raccontò.

qualcuno? ” ripeté Sara a pappagallo.

“ Jack ha portato a terra la piccola, e poi ovviamente non se n’è più sentito parlare. ” Ripeté Mary, sospirando.

“ è falso! ” gridò il nostromo.

“ stai per caso insinuando che io dico balle? ” sibilò Mary sfoderando la spada. Il nostromo si risedette, convinto. Mary e Bonny erano famose per non aver paura di niente, e di certo quella non era la prima rissa in cui si immischiava.

“ ma non interessa a nessuno? ” mormorò Ed.

“ cosa? ” sbottò Sara. “ ti decidi una buona volta a parlare chiaro? ”

“ ho detto ” rispose Ed quasi urlando. “ se a nessuno interessa sapere che fine ha fatto quella bambina. ”

“ a me interessa … ” Ammise Sara a voce bassa, e Mary annuì, riprendendola. “ certo che ci interessa. ”

“ allora facciamo qualcosa! ” Propose il ragazzo.

Sara fece una smorfia. “ sentiamo lo stratega. Non sappiamo nemmeno dove è stata abbandonata. ”

“ Haiti. ” Rispose Mary a voce bassissima.

“ Haiti è la terra che ho visto poco fa, in avvicinamento. ” Disse Ed, che era la vedetta.

“ infatti. ” Concluse Mary. “ se non lo sapete ci stiamo andando proprio per trovarla. ”

Era venuto il buio, lo vedevano tutti dai boccaporti.

“ tutti ai posti! ” urlarono da fuori. “ terra a dritta!! ”

  
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