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Autore: Mankind17_13    26/05/2010    1 recensioni
Sono passati molti anni dal dolce ricongiungimento tra Yota ed Ai. Ora vivono felici ed hanno avuto una figlia. Tuttavia, il malvagio Rolek riesce, grazie ad un ignaro ragazzo, a tornare nel mondo, possedendolo. Si vendicherà, o l' umano ospitante gli metterà i bastoni tra le ruote?
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quanto tempo è passato

Quanto tempo è passato?

 

Non lo so, non riesco a capire

 

Nel nulla spazio temporale il tempo è nullo e quindi potrebbero essere passati minuti, ore o anni

 

Migliaia.. Sento di essere intrappolato qui da migliaia di anni..

 

Non esiste un sopra o un sotto, né alcuna dimensione.

 

Vorrei impazzire,  scampare alla tortura del pensiero, che mi rende consapevole ogni momento della mia condizione.

 

Vivo nel nulla, circondato da nulla.. presto anche io diventerò tutt’ uno col nulla.

 

…Che fine miserabile…

 

Yota Moteuchi, Ai Amano… MALEDETTI…

 

Rolek era stato imprigionato nel suo dispositivo dopo la rottura del videoregistratore.La sua essenza, oramai ridotta ad una serie di onde elettromagnetiche senza forma ne consistenza, si propagava in un limbo privo di qualsiasi manifestazione d’ Essere. Persino il buio che veniva percepito non era un’ oscurità naturale, ma un triste vuoto di cui presto i condannati avrebbero fatto parte.

I sentimenti quali la vendetta, l’ ira ed il rancore verso coloro che lo avevano imprigionato erano gli unici legami che  tenevano Rolek distante dall’ inevitabile morsa del nulla. Eppure lui sapeva bene che, presto o tardi, si sarebbe arreso come tutti gli altri.

 Per un attimo, in quell’ oceano oscuro, sembrò levarsi un grido disperato.

Era circondato.

Un manipolo di teppisti di strada lo aveva costretto, quella sera, a seguirli nella stradina secondaria accanto alla discarica, fuori dalla città. Lo fecero salire sulla loro auto senza usare la forza, bastò infatti pronunciare un nome.

 

Aruka..

 

Si trovò in trappola, tutte le direzioni erano ostruite dai membri del gruppo, alle sue spalle si trovava la discarica, davanti a lui un muro, la strada era illuminata da qualche lampione, quindi dileguarsi nell’ oscurità era pressoché impossibile. Si guardò indietro con sguardo pensieroso, chiedendosi se sarebbe riuscito a sopravvivere alla caduta. (Magari cado proprio su un materasso, la gente li butta via i materassi no? Certo, se però il materasso ha qualche molla fuori posto potrebbe risultare pericoloso..) pensò, non riuscendo a decidersi.

Il capo dei teppisti, un ragazzo di bassa statura col pizzetto ed i capelli rasati lo guardò con un’ espressione feroce.

 

“Vorresti scappare di nuovo bastardo? Sembra sia la tua specialità” disse il capo, tremando nel trattenere la rabbia che sentiva.

 

“…” il ragazzo non disse nulla, ma abbassò la testa per non incontrare il viso del suo accusatore.

 

“Scappi sempre, proprio come quella volta..” gli occhi cominciarono a lacrimare, i denti si digrignarono, la rabbia che finora aveva represso era in procinto di esplodere.

 

Aruka è morta figlio di puttana! Mia sorella è morta e tu non eri con lei!” Il rancore del capo esplose con violenza, travolgendo il suo bersaglio.

 

Le parole risuonarono nella notte come un tuono, sebbene al ragazzo parvero più simili ad un nugolo di aghi conficcati nel cuore.

Abbassò la tesa del  cappello sugl’ occhi, stava piangendo anche lui, tuttavia sapeva che se il capo avesse visto le sue lacrime si sarebbe infuriato ancora di più.

 

“Le avevi promesso che non l’ avresti mai abbandonata, eppure, appena hai saputo che le restavano pochi mesi di vita sei scappato come un fottuto coniglio! Aruka è morta consapevole di essere stata abbandonata dall’ uomo che amava!”

 

“Già..” rispose con voce tremante “Hai proprio ragione.. l’ ho abbandonata come un cane sulla strada..”

 

I teppisti furono assaliti dall’ ira. Il più grosso, clone imperfetto del suo capo, posto alla destra  di quest’ ultimo estrasse un coltello a serramanico, con la ferma intenzione di usarlo.

Il capo lo fermò con un gesto della mano.

 

“Non ancora Nobu, prima voglio farlo soffrire.. Me la pagherai Borromini

 

Borromini si tolse l’ elegante soprabito, il cappello e la giacca del completo gessato che aveva indosso, rimanendo solo con la camicia ed i calzoni.

 

“Mi dispiace Akira, ma non ho intenzione di morire oggi. Non intralciare il mio cammino.”

 

Era risoluto, non aveva intenzione di scontare la sua condanna, anzi, sembrava che gli fosse del tutto indifferente. Akira non poteva sopportarlo.

 

Nobu, Ryosuke.. Fatelo a pezzi..”

 

I due balordi si avvicinarono minacciosi con i coltelli in mano mentre il ragazzo, apparentemente impassibile, assumeva una posizione di guardia.

 

“So di essere stato abominevole, ma non voglio morire in ogni caso. Quella volta ho avuto paura perché la situazione era al di fuori del mio controllo. Non ho giustificazioni, ma non smetterò di vivere solo per appagare la tua vendetta, mi dispiace.

 

Nobu e Ryousuke si lanciarono contro il ragazzo, cercando di affondare i loro coltelli nella sua carne.  Quest’ ultimo compì un balzo eseguendo una spaccata in aria, così da colpire le mani dei due aggressori facendo cadere loro le armi. Atterrato sulle mani dopo il balzo, Borromini si diede una spinta con le braccia colpendo con le piante dei piedi il petto dei due teppisti, abbattendoli. I due tentarono di reagire, ma vennero colpiti entrambi con un pugno alla gola.

Akira era sconvolto. Quel ragazzo, pur avendo un fisico da lottatore, non avrebbe dovuto avere vita facile contro due combattenti veterani nelle risse di strada. Eppure li aveva atterrati con pochi colpi, per di più dimostrando un’ agilità inumana, quasi.. elegante.

 

“Allora il soprannome che ti davano a scuola non era una semplice diceria, fottuto bastardo..”

 

Akira ripensò a quelle voci. La prima volta fu a scuola, dove un gruppetto di ragazzi era intento a narrare l’ incredibile vittoria di Alessandro Borromini su dieci teppisti di una scuola vicina. Lo volevano punire per essersi rifiutato di cedere i suoi soldi.

<Quell’ italiano è veramente un portento, veste elegante ma ha la ferocia di un demonio> dissero, tuttavia in quel momento Akira non ci fece caso, le malelingue sono molto diffuse nelle scuole e nella maggior parte dei casi si tratta di leggende, inoltre non voleva pensare che sua sorella si fosse messa con un poco di buono. Adesso però, avrebbe dovuto fare i conti lui stesso con quel mostro.

 

“Era tutto vero..Alessandro Borromini, il ‘nobile demonio’” la voce era tremante, al teppista venne il groppo in gola.

 

Akira, ti consiglio di tornare a casa. Eravamo amici una volta e vorrei evitare di colpire colui che un tempo consideravo quasi un fratello” gli disse Alessandro.

 

Akira rimase immobile, forse per paura o per un improvviso flashback. Diede le spalle ad Alessandro, per poi dirigersi verso la macchina. Arrivato alla vettura, prese qualcosa al suo interno.

 

“Sai Borromini, tu credi di avere sempre la situazione sotto controllo, anche adesso. Per questo rimani calmo ed impassibile anche nelle situazioni peggiori, ma adesso..”

 

Akira si voltò di scatto puntando un revolver contro il suo vecchio compagno.

 

..Adesso non hai considerato un importante fattore nella tua strategia del cazzo. Già, non hai preso in considerazione l’ idea che potrei freddarti senza alcun ripensamento”

 

Alessandro rimase spiazzato per un momento alla vista della pistola, poi prese una decisione alquanto azzardata. (Materasso o no, devo rischiare) pensò.

Senza esitare corse oltre il cavalcavia e si gettò nel vuoto, sperando di non cadere su del vetro o del metallo.

Akira era furibondo: il bastardo era scappato ancora. Prese il soprabito, la giacca ed il cappello di Alessandro e li gettò nella discarica.

 

“Saltando da quest’ altezza difficilmente sarà sopravissuto.. Come al solito hai preferito la via più facile, vigliacco..”  pensò Akira

 

Per fortuna, Borromini atterrò su un cumulo di sacchi della spazzatura, i quali attutirono la caduta. Rimase intontito per circa un minuto, prima di rendersi conto di essere ancora vivo. (La mia solita fortuna) pensò.

Con un po’ di fatica si rimise in piedi. Stare in piedi su un cumulo di rifiuti non era così semplice come poteva sembrare.

Ad un tratto notò i suoi abiti cadere dal cavalcavia e, preso dall’ istinto cercò di lanciarsi per prenderli prima di vederli tristemente cadere nell’ immondizia. Purtroppo scivolò su un sacco, cadendo rovinosamente in avanti, dando una violenta facciata contro quello che doveva essere un pezzo di mobile. (Si era detto niente vetro e niente metallo.. avrei dovuto includere anche il legno, ahio) disse tra sé.

Rialzandosi, notò uno strano marchingegno, all’ apparenza seminuovo posto proprio sotto il suo naso.

 

“Mai visto qualcosa del genere, non riesco a capire perché, ma mi trasmette delle sensazioni strane, cosa sarà?”

Rolek la percepì. In un punto imprecisato oltre a quella matassa di nulla sentiva, per quanto debolmente, un’ essenza, umana per giunta. Una persona era vicina al congegno, se lo sentiva. Se l’ avesse toccato sarebbe potuto tornare in libertà.

 

“Coraggio idiota, tocca il dispositivo..” ghignò.

Alessandro provò un irrefrenabile istinto di toccare il marchingegno: era curioso.

Quella sera erano successe cose che l’ avrebbero fatto soffrire per un pezzo e lui, sebbene in mezzo alla sporcizia, volle smettere di pensarci fin da subito. Toccò con un dito il tasto del dispositivo, e subito questo si aprì, generando uno strano flusso, simile all’ elettricità ma in qualche modo diverso. Quella misteriosa energia entrò in lui prima che potesse reagire, possedendolo.

Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo, poi un sorriso perfido gli comparve sul volto.

 

“Sono tornato” disse Rolek

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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