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Autore: Dea Elisa    27/05/2010    8 recensioni
Due occhi, una moto, tanti ricordi sono gli ingredienti di questa ff.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, Lisa Cuddy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NB: le parti in corsivo sono flashback.






Ti saresti dovuta abituare.
Sì, esatto, saresti.

"Amore" senti la sua voce che si stiracchia insieme a lui. "Hai fatto tardi."
Per te, che sapevi cosa volesse dire avere tra le mani la gestione di un ospedale, non era mai tardi.
"Sei stanca?"

Tu ancora non gli avevi risposto, forse perché ritenevi quella domanda sin troppo superflua.

"Vieni qui, dai."
Ti fa segno di sdraiarti a letto con lui, ma termini in silenzio di riporre i vestiti sull'appendiabiti.

"Stasera dormo sul divano."

"Perché?" gliela dovevi almeno una spiegazione, eppure la tua affermazione era così limitata che sembrava ti seccasse adoperare qualche termine in più per rendere meno spinosa la già troppo tesa atmosfera.

"Abbiamo tra le mani un caso particolare" e preghi che non ti chiedesse chi stava dietro a quella prima persona plurale, "e ho chiesto che mi contattassero per ogni sviluppo significativo."

"C'è il rischio che tu debba tornare al Plainsboro anche stanotte?" chiede chiarificazioni.

"Se la situazione diventa insostenibile, sì."
Ti avvicini al letto e prendi tra le mani il tuo cuscino. Non hai il tempo per allontanarti prima che un tuo polso fosse fatto prigioniero.

"Dammi la buonanotte, almeno" esige. Ha tutte le ragioni del mondo, ma tu non gliene daresti nemmeno una.

Ti sbilanci su di lui, per fare incontrare le vostre labbra in rapido e casto bacio.
E quando incontri gli occhi che non sono i suoi, i lineamenti del viso sconosciuti al tuo tatto, le labbra di un diverso sapore...

"Sii paziente, House: qualche ora di ambulatorio in più non ha mai fatto male a nessuno."

Ti getta addosso un'espressione mostruosa.
"Signorina" parla poi con la donna seduta sul lettino, "cosa si sente?"

"Un forte peso qui" si indica la zona del cuore. "E' grave, dottore?"

Ridacchia.
"Se è grave o no, dobbiamo prima visitarla."

"Mi devo spogliare?"

House ti guarda come per commentare l'imbarazzante ma allo stesso tempo divertente - almeno dal suo punto di vista - situazione.
"Oooh. Mi sembra ov-vio" sillaba. "Devo ascoltare il cuoricino!"

"Smettila" gli parli in labiale.

"Anche il reggiseno?" ingenuamente continua il gioco del medico.

"Oh sì" annuisce svelto, con lo sguardo sempre rivolto verso di te.

Spazientita, irritata, infastidita, afferri la maniglia della porta dalla quale esci, non mancando di sbatterla adeguatamente forte.
Sfruttando al massimo il tuo accumulo di creatina, raggiungi l'ascensore in pochi attimi.
Occupato, mi sembra ovvio.

"Non prendertela col pulsante, lui non ti ha fatto niente." Eviti persino di girarti. "Qualcun altro invece sì, presumo."

Le porte si aprono più lente del solito, come se avessero capito anche loro che non avevi fretta.

"House, ne parliamo un'altra volta, eh."
Un passo e sei dentro, a pigiare il pulsante numericamente più altro del tastierino: il tetto ti sembrava un'ottima ambientazione di sfogo.
"Finisci il tuo giro di visite, è per quello che ti pago."

Porte chiudetevi,
porte chiudetevi,
porte...

Una mano oscura le fotocellule.

"Cuddy, lo sai che è difficile mascherare la gelosia?"
Ti blocca l'uscita, così sei costretta a fissare le porte che si chiudono dietro la sua schiena con il rimpianto di non aver scelto un'altra meta per la tua fuga.

"A chi ti riferisci?"
L'ascensore inizia a muoversi.

"Alla bella ventenne che mi sta aspettando nuda sdraiata sul lettino dell'ambulatorio dove tu mi hai costretto a passare le ore della mia vita."
Socchiudi le labbra, in afasia.
"Hai il senso dell'umorismo pari ad un gatto morto, lo sai? A chi mi posso riferire se non a te?"

"Stai insinuando che io sono gelosa?"

"Non lo sto insinuando, ne sono certo."

"E di chi, poi?" fai l'indifferente.

"Di una bella ventenne che mi sta aspettando nuda sdraiata sul lettino dell'ambulatorio dove tu mi hai costretto a passare le ore della mia vita, forse?"

"Ti sbagli."
Ti appoggi alla parete dell'ascensore, le braccia conserte.

"Perché sei gelosa?" chiede, come se l'ultima tua dichiarazione fosse così palesemente falsa da non essere stata considerata minimamente.

"Io non-"

"Non sei gelosa, certo. Allora, perché lo sei?"
Paradossalmente assurdo.
Dio quanto erano belli i suoi occhi.

"Di solito la gente è gelosa di qualcuno quando ama quel qualcuno. Io non amo quel qualcuno, quindi non posso essere gelosa. Al massimo posso esserlo di Lucas" tesi confutata.
Ora dovevi solo aspettare che l'ascensore si fermasse.

"Tu non ami Lucas."

"Ma come ti permetti?"

"Ti serve solo qualcuno che si addormenti accanto a te dopo un'intensa giornata di lavoro; un uomo che coccoli tua figlia quando tu sei troppo impegnata a tenere sotto controllo uno scorbutico diagnosta; un uomo che ti faccia dimenticare colui per il quale davvero batte il tuo cuore, perché ti batte, il cuore, non è vero?"

"Il cuore batte a prescindere."

Allunga un braccio e trattiene tra due dita il tuo polso destro.
Non opponi resistenza.

"Mi reputi davvero un così poco valido medico?"

"Ma che dici..."

Un campanello suona.
Le porte dell'ascensore slittano.
Una folata di vento fa ondeggiare i tuoi capelli sciolti.
Il brusio lontano del traffico cittadino si perde nel cinguettio degli uccelli.
E voi eravati perduti nel mondo dimenticato della follia di un bacio.

"Buonanotte Lucas."
Ti eri ben guardata dal farlo partecipe dei flash di eventi passati che ti apparivano davanti agli occhi come miraggi in un'assolata giornata in un deserto. Quello a cui poteva essere ora paragonata la tua vita.

"Ti senti bene?"

"Mi gira solo un po' la testa."
Stringi a te il cuscino che emanava un fresco profumo di rose.

"Vuoi che ti prepari qualc-"
Agiti una mano a mezz'aria per dissuaderlo dal continuare l'operazione crocerossina.

Un altro flash.
Di nuovo ancora.

"Lisa, è meglio se vai a riposare, ti vedo strana..."

Una figura sempre più nitida ti seguiva nel buio del corridoio che conduceva al salotto.
Ti sorrideva. Tentava un abbraccio, ma la sua incorporeità non glielo permetteva.

Lucas ti appoggia una coperta sulle gambe.

House appoggia la cartella clinica del paziente sulla scrivania del tuo ufficio, sopra alcune carte che stavi compilando, che così si scompigliano.

"Ha il raffreddore" esordisce in una smorfia.

Spiazzata, gli chiedi se ne era sicuro.

"Non ti fidi di me? Oh, il mio capo non si fida di me!" agita il bastone per aria, simulando un bambino capriccioso.

Ti porti una mano sulla fronte.
Ci risiamo.
"House, mi fido di te, ma-"

"Trovami un caso per cui sia degno lavorare sotto la supervisione della strega cattiva" si appoggia alla tua scrivania, sporgendosi verso di te. "Ricordati che mi hai assunto perché sei-"

"Perché sei il migliore, House" ammetti. Anche se eri ben consapevole che il motivo non era limitato a quello.

Ride.
Forse l'aveva capito anche lui, che sarebbe stato meglio evitare l'argomento.

"Come va con Lucas?" gioca con le matite contenute nel portapenne, creando un disordine ancor più vistoso di prima.

"Rapporto soddisfacente" allunghi una mano per colpire la sua. "Lo trovi divertente?"

"Cosa, curiosare nella tua vita o sulla tua scrivania?" volta il quadretto della tua foto da universitaria che tenevi accanto al pc.
"Mi spieghi in che senso intendi soddisfacente?"

"In un senso generale" sbuffi.

"Avevi questo sorriso perché mi avevi appena conosciuto, non è così?" ride di nuovo.

"Avevo quel sorriso perché mi stavo per laureare" spieghi solerte.

E House, quel giorno, non c'era.

"Strano. Mi pareva di averlo intravisto anche ieri."
L'unico argomento che non avevi intenzione di toccare in quella conversazione.

"Ieri è ieri. E' passato" liquidi la questione.

"Come siamo drastici."

"E' inevitabile esserlo" riponi le tre matite colorate al loro posto, dopo averle sbrancate di mano al bimbo cresciutello.

"Cuddy" ti blocca il polso.
E stavolta non è per sentirne il battito, probabilmente lo stesso del giorno prima.
"Perché voi donne pensate sempre che tutto ciò che fate avventatamente sia un errore?"

"Perché, per te non lo è stato?"

Lucas ti bacia sulla fronte.
"Allora buonanotte."

"Buonanotte."

Ti giri su un fianco e stringi in una mano il tuo BlackBerry.

Non hai tempo di appoggiare la testa sul cuscino, perché il display si illumina.

"Stavi dormendo?"

"Ci siamo visti mezz'ora fa, House!" abbassi subito il tono, sperando che il tuo fidanzato fosse già caduto tra le grinfie di Morfeo.

"Oh, scusami tanto se non ho aspettato qualche ora per dirti che il nostro paziente ha avuto un infarto!"

"Ch-che cosa!?" ti drizzi a sedere, scostando la coperta ai piedi.

"Devo venire?"

"Fai un po' tu... al Princeton è rimasto solo Chase."

"Irresponsabile! Te ne sei tornato a casa sapendo che il paziente era in condizioni critiche, e poi telefoni a me per dirmelo! Sei un incosciente!"

"Piano con le parole. Muoviti, sono davanti a casa tua."

Ti ci vuole un po' per focalizzare la faccenda.
Con il paziente c'era Chase, e questo era assodato.
Se House non era a casa sua, ma davanti alla tua, significava che... ti stava telefonando da una decina di metri di distanza.
E che avevi fatto la tua ennesima figuraccia.

"Sono in vestaglia."

"Tranquilla, basta che te la togli."

"Idiota. Sul serio, dammi tempo di entrare in camera senza svegliare Lucas, di trovare qualcosa da mettermi, di sistemarmi un po'..."

"Hai venti secondi. Ciò vuol dire che hai tutto il tempo che vuoi per infilarti un paio di scarpe e un cappotto" interrompe la conversazione.

Diamine!
L'aveva sempre vinta lui!

---

"Ne sono passati quarantasei" si lamenta all'apertura della porta.

"Ritieniti fortunato!" sussurri richiudendola con due opportuni giri di chiave.

Controlli meglio la sua figura, illuminata dai lampioncini dell'ingresso.
Giubbotto da moto.
Due caschi.

"House..."

"Guarda il lato positivo: i tuoi capelli sono già spettinati."

---

"Tieniti stretta."

"Vai piano."

"Qui" le prendi le mani e gliele intrecci a livello del tuo stomaco. "Stretta!"

Ti appoggi alla sua schiena, dopo avergli raccomandato la seconda volta di attenersi ai limiti.

Non ti ascolta, no, era ovvio.
Una rapida accelerazione e il conseguente strappo alla forza d'inerzia ti spinge indietro, così sei costretta a schiacciarti ancora di più addosso a lui.

"Vai piano!" ma il rombo del motore copriva i pochi decibel della tua voce.

---

Meno male che era notte, che in giro non c'era nessuno, che alla velocità che manteneva sareste arrivati in poco più di dieci minuti, che era House e ti fidavi, anche più di te, che dopo esserti venuto a prendere non avresti potuto rifiutare il passaggio e che avevi già i capelli spettinati - soprattutto.

Una frenata brusca, tanto quanto l'accelerata iniziale, ti riporta sul mondo umano.
Scende dalla moto prima lui, e ti porge una mano per aiutare te.
Tocchi terra con un piede, poi con l'altro, ma le gambe ti sembravano molli, ti tremavano, come se ancora stessi viaggiando su quel bolide.
Ti reggi a lui.
"House, ti avevo detto di andare più piano!" sollevi il capo implorandolo di fare smettere quell'orribile sensazione di vuoto sotto i piedi.

"Se fossi andato più piano forse ora..."

"Non mi sento bene, sul serio" gli fai presente. "Nausea, giramento di testa, la vista un po' offuscata..." gli elenchi i sintomi.

"La nausea è provocata dalla presenza di quell'essere antropomorfo denominato Lucas, lo conosci? Ti gira la testa per il semplice fatto che davanti hai il figo House; e hai la vista annebbiata perché è notte, ci hai pensato?"

Scuoti la testa.
"No."
Ti appoggi al suo petto.
"Dottor House, saprebbe curarmi?"

"No, e sai perché?"

Un velo di tristezza ti ricopre.
Scuoti il capo.

"Perché non riesci a fare a meno di Lucas, quel punto di riferimento che io non sono. Perché non riesci a non guardarmi come quel ragazzo di cui ti sei innamorata millenni fa."

"E per i problemi alla vista?"

"Basta aspettare il giorno. Oppure chiudere gli occhi. Ma ti assicuro che in quest'ultimo modo il secondo sintomo peggiorerà."

"E perché?"

"Prova."

Spaventata ma curiosa, ansiosa di scoprire dove voleva arrivare, sorridevi ora con gli occhi chiusi.

"Non è vero, è uguale a-"

Il miglior modo per interrompere il flusso delle parole è chiudere la bocca con un bacio.
E' come un stai zitta velato, una richiesta di silenzio altrettanto silenziosa.
E' come un ti amo nascosto, un ti voglio per metà, l'inizio di un sogno che mai si sa come andrà a finire, e che forse verrà dimenticato.

Non sapevi più fare a meno del suo abbraccio delicato e della sua lingua nella tua bocca; credevi si potesse cancellare il ricordo di una sensazione, ma, se un fortuito caso te l'avesse fatta riscoprire, niente più sarebbe stato in grado di allontanarti dalla sua ricerca.

"Lucas è un uomo perfetto" farfuglia staccandosi da te. "E' buono, generoso, ordinato. In una parola, è normale."

"Io non mi voglio accontentare del normale, House."

Perché gli occhi che volevi erano i suoi.



   
 
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