It’s a Goodbye, you
know?
«…So let us melt, and make no noise,
No tear-floods, nor sigh-tempests move,
‘twere profanation of our joys
To tell the laity our love.»
«…Così
noi dissolviamoci, senza rumore,
senza
alluvioni di lacrime né tempeste di sospiri;
sarebbe
un profanare le nostre gioie
il
dire ai laici il nostro amore.»
Erano seduti sulla spiaggia dei loro ricordi, a fissare la distesa infinita di acqua che sostava
poco lontano da loro. L’arancione vivo del tramonto colorava tutto e li lambiva
come una carezza appena accennata.
Naminè stava disegnando e non sembrava aver mai smesso.
Sotto alle sue mani c’era il mare. Almeno la metà dei suoi disegni lo
raffigurava ed era quasi triste sapere che ricordava solo quello.
Roxas le sedeva di fianco con le gambe raccolte al
petto e lo sguardo vago. Sembrava avesse abbandonato il corpo lì e che con la
mente si trovasse da un'altra parte. A Naminè non dava fastidio, non più
almeno, e quando volgeva lo sguardo e si accorgeva che non la guardava le
andava più che bene.
Il vento aveva cominciato ad alzarsi e increspava di
brividi l’acqua. Naminè alzò lo sguardo per osservarlo, affascinata e quando
una folata di vento le strappò il disegno dalle mani Roxas decise di parlare.
“E’ ora?” le chiese e Naminè avrebbe preferito che il
rumore del vento coprisse la sua voce.
Nell’acqua, intanto, il disegno sbiadiva.
“Sì” gli rispose e il suono di quella risposta le
rimbombava nella testa come una eco insistente.
Roxas si alzò in piedi, si pulì i pantaloni e si mise a
fissare il cielo, sospirando. Poi le porse una mano, dipingendosi sulle labbra
lo spettro di un sorriso. Naminè l’afferrò, facendo leva sulle gambe per
alzarsi; nell’altra mano stritolava i pastelli.
“Andiamo” disse Roxas, infilando le mani nelle tasche
dei pantaloni.
“Ok” rispose lei “Ma prima una cosa” aggiunse, facendo
un passo verso di lui.
Roxas le dedicò un occhiata interrogativa.
“Cosa?” e la conservò anche quando lei lo baciò,
leggera come il vento.
“Non potevo andarmene senza averlo fatto” precisò poi,
staccandosi e mettendo le distanze.
Roxas si sfiorò le labbra ed annuì, poi si girò e
cominciò a camminare.
Naminè, dietro di lui, osservava le loro orme sulla
sabbia, la loro disarmante differenza, e quando notò che Roxas non ne lasciava
più alzò lo sguardo verso le sue spalle.
Era triste sapere che sarebbero state l’ultima cosa che
avrebbe visto di lui.
“Ti rendi conto che è un addio?” gli chiese.
“Sì” rispose.
E nell’acqua il disegno era tornato bianco.
note: la poesia in alto è un pezzettino di un opera di John Donne chiamata "a valediction: forbidding morning". non sono del tutto sicura che la poesia centri qualcosa con quello che ho scritto, ma mi ha ispirato quindi mi sembrava d'obbligo metterla all'inizio. è una nosense, purtroppo, scritta di getto a scuola.
mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se magari i personaggi sono OCC. grazie! ^^