Grazie; e
stavolta lo posso dire,
di cuore.
Ti ho lasciato spesso da sola,
nella mia stanza; a piangere, a sperare in una salvezza che io ero
convinto non
sarebbe mai arrivata.
Volevo farti capire che ero Aizen
la tua salvezza. Kurosaki Ichigo non doveva più esistere
nella tua vita.
Dovevo essere solo io il tuo nuovo
punto di riferimento. Aizen aveva deciso così.
Una volta, senza che io ti
chiedessi nulla, iniziasti a parlarmi di tuo fratello, del tuo passato.
A vederti, non avrei mai detto che
da piccola ti picchiavano, o che tua madre era una prostituta. Tuo
fratello
doveva essere davvero una brava persona.
Quella volta, però, mi mostrai
indifferente, come sempre. Sinceramente; non mi importava un fico secco
di cos’era
tuo fratello per te, né che era diventato un hollow e che
aveva cercato di
ucciderti perché si sentiva trascurato.
Quando me lo dissi, mi venne quasi
da ridere; un hollow che si sentiva trascurato.
A me non è mai capitato, non so
cosa significhi. Questo perché nessuno mi aveva mai degnato
di attenzione,
eccetto sua eccellenza Aizen. Ma lì la cosa è
abbastanza relativa.
Cristo, non so dire come mi sento
ora. È straziante sapere che proprio ora comincio a pensare
a cose diverse, che
proprio ora io mi debba umiliare così.
Mi sei sempre stata indifferente.
Ho detto tante cose orribili, ma a me non importava se ti ferivano o
meno.
Non ho mai capito nulla di te, e
non mi sono mai sforzato in quel senso.
Ero rassegnato all’idea che tu
avessi paura di me, che mi considerassi un mostro, e non avevo la
minima
intenzione di farti cambiare idea.
Tuttavia, tu, anche se piangevi,
riuscivi sempre a rialzarti, sorridevi e mi dicevi; “Non ho
paura, perché il
mio cuore è con i miei amici”.
Cuore.
Questa parola non è mai esistita
nel mio vocabolario. Aizen non me l’ha insegnata.
Era dunque questo ciò che ti
spingeva a sorridere? Ciò che spingeva Kurosaki Ichigo a
farsi del male,
affrontandomi? È questo cuore che l’ha fatto
vincere?
Di te non mi è mai importato
nulla. Mi suscitavi una sorta di curiosità per la
testardaggine che avevi, a
voler insistere a sperare in una manna dal cielo.
Ho visto come Kurosaki si è
buttato a capofitto per salvarti, quando venivi torturata da Loly e
Menoly.
Quelle cagne… Le avrei fatte a pezzi volentieri io, ma il
mio dovere di espada
doveva pensare prima a Kurosaki. Tant’è che ti ho
lasciata ancora in disparte,
evitando la morte di quelle due. Erano uno schifo. Vedere come ti
maltrattavano
era una bassezza inammissibile, sia per un orgoglio di espada, sia per
un
qualcosa che dentro di me cominciava a muoversi, ma che avevo sempre
ignorato,
credendo che fosse una piccolezza.
Le tue vesti erano state strappate
via, il tuo viso deturpato dai pugni e dagli schiaffi. Eppure, non ho
mai
sentito un lamento uscire dalla tua bocca. Per non dare intralci a
Kurosaki
Ichigo?
Nemmeno lui ho mai capito; è stata
una delusione fino alla fine. Il perché non volesse dare mai
il massimo contro
di me… Per te. Per non farti piangere. La tua salvezza era
la priorità. Era
stato il cuore a deciderlo?
Poi ti ho vista, in preda alla
disperazione, alle lacrime, ai graffi. La tua pelle la vedevo sempre
candida e
liscia, fin troppo delicata perché una lacrima potesse
rigarti il viso, come il
mio. Ultimamente iniziavo ad avere una piccolissima voglia di sfiorare
le tue
guance, e sentire di cosa erano fatte quelle umane, se erano della mia
stessa
materia; e magari passare un dito su una tua lacrima, e assaggiarla,
sentire
che sapore ha una lacrima. Perché io non ho mai pianto, o
non me lo ricordo.
Queste linee verdi non hanno sapore, e sono indelebili.
Forse, se ti avessi trattato con
più riguardo prima, avrei capito alla svelta quanto
desiderassi conoscerti
realmente.
Proprio adesso che iniziavo a
provare qualche interesse per voi umani… E soprattutto per
te.
Forse, mi sarei ricreduto e avrei
finito col tradire Aizen, il mio signore, a cui ho giurato
fedeltà assoluta.
Avrei trovato il coraggio e la
voglia di sorridere di più, forse, e trovare finalmente una
ragione per vivere
e combattere, come ce l’ha Kurosaki, come ce l’hai
tu.
Dimmelo tu; che senso ha vivere,
se poi si muore? Cosa ti dice il cuore? Vivi forse per Kurosaki? Vivi
forse per
tuo fratello?
Non mi hai mai nascosto i tuoi
interessi; ami i dolci, ami ridere. Ogni tanto ripetevi delle battute
di
qualche programma che guardavi tu a cui io non ridevo mai. Non le ho
mai
capite. Tu sai ridere per qualunque cosa.
Avrei voluto chiederti come si
faceva a ridere di gusto per qualunque sciocchezza. Ad emozionarsi per
le piccole
cose.
Il fatto che ora non ci sia più
tempo… E’ un peccato.
E mentre allungo la mano verso di
te, e mi riduco in polvere, vedo il tuo viso, stanco, graffiato,
segnato, che
però mi guarda con dolcezza e dispiacere. Come se in
realtà non mi avessi mai
odiato sul serio.
Mi sembri irraggiungibile, ma
voglio toccarti. Credo di aver capito molte cose, da quando ti ho
conosciuta.
Forse, il fatto che il sole sorga, non è solo dovuto alla
scienza. Forse c’è un
perché se il cuore si chiama così.
Ma non c’è più tempo. Non posso
più sentire la tua voce che mi spiega qualcosa.
Per un attimo ho sperato di
prendere il suo posto. Parlo di Kurosaki; c’era una piccola,
piccolissima
parte, in me, che voleva salire sul podio delle tue preferenze; volevo
vederti
preoccupata per me, anche solo per un po’. Vedere se questo
cuore potevo averlo
anch’io.
Forse sono stato egoista, come tuo
fratello. Mi sento di capirlo, ora, e credo di aver capito che anche un
hollow
come me può avere un cuore. Che pulsa per qualcosa. Per te,
adesso, sta andando
a mille.
Ti prego, parlami ancora una
volta. Sfiorami, così che io non rabbrividisca davanti alla
morte.
« Hai paura di me, donna? »
E tu ti avvicini, mi guardi con tristezza e
tenerezza. Cristo, solo adesso capisco quanto io adori quello sguardo.
« No, non ho paura. »
Una risposta chiara e semplice, senza
incertezze. Il tuo cuore mi parla, spalanca le porte a me. Mi dice che
per me
c’è sempre stato posto.
Le tue mani sono troppo delicate per darmi
uno schiaffo per punizione, vero? Per Kurosaki me l’hai dato,
bello forte.
Avrei voluto ucciderti, in quel momento. Adesso vorrei chiederti scusa,
e
provare a dare un bacio su quelle stesse mani. Vorrei prendere la tua
mano e
poggiarla sul mio petto, per farti sentire che ora un cuore ce
l’ho, e che
batte forte.
« Capisco. »
Riesco a dire solo questo. Il resto mi
sembra banale. Non mi sembra adatto a te.
Anche dire che mi interessi, che vorrei
conoscerti, ringraziarti per avermi dato un cuore, mi sembra del tutto
inutile.
Non ce la faccio, mi manca la voce, le corde vocali sono diventate
polvere.
Ma il mio cuore no. Lo posso vedere, è
sulla mia mano, insieme al tuo.
È bello vederli così vicini, che pulsano
insieme forte, e che non diventeranno cenere.
Ti terrà compagnia. So che lo tratterai con
amore, anche se non me lo merito.
Kurosaki Ichigo è un uomo fortunato.
Ora mi tolgo l’ultima soddisfazione di
sfiorarti, mentre la mia cenere, mossa dal vento, attraversa le tue
guance,
passa per i capelli, sfiora il tuo seno, le tue mani, le tue labbra
leggermente
dischiuse, come se volessero chiamarmi.
Sono qui.
Con un cuore.
È stato bello sfiorarti. Non me lo
dimenticherò facilmente, e nemmeno tu lo dimenticherai.
Porterò i tuoi saluti a tuo fratello.
Grazie, Orihime Inoue.
Mi hai spiegato che il senso, nelle cose,
basta solo cercarlo bene.
Addio.