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Autore: becky    08/06/2010    4 recensioni
Mentre uno dei suoi figli prediletti piangeva sulle macerie di Cartagine, lui rideva. Rideva e si faceva grande, e bello, di quella vittoria, sordo agli avvertimenti e ai presagi. Godeva e rideva, mentre suo figlio non riusciva ad ignorare ciò che aveva davanti. Al contrario di Roma, lui era lungimirante. Riusciva a scorgere, tra le ceneri della città di Didone, il futuro del padre. [Roma centric]
Genere: Malinconico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Terribilmente in ritardo, ma questa è tutta per te, “Nonno Roma”.

Sulle note di “Viva la Vida” (guai a voi se la leggete senza averla mai ascoltata):

 

 

 

I used to rule the world

 

Roma aveva tanti difetti. Era egocentrico, permaloso, irascibile, presuntuoso al limite della supponenza. Era testardo, spesso volgare, sempre eccentrico.

Mentiva con naturalezza, fingeva con eleganza, faceva dell’ipocrisia un vanto.

Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt,

 pacem appellant.*

Ma più di tutto, pretendeva di essere cieco. Pretendeva di non vedere, di non sentire, quello che sarebbe successo. Nascondeva a tutti, a se stesso per primo, il proprio destino, sperando inutilmente di cacciarlo e farlo svanire come neve al sole.

Povero illuso. Povero, adorato, Roma.

Si ergeva magnifico su pilastri di sabbia, guardando tutti dall’alto in basso. Governava i popoli con un sorriso affascinante e pericoloso, come una tacita minaccia appena velata dai suoi occhi verdi come i vigneti e dalla sua pelle abbronzata da troppe battaglie.

Chinavano il capo, davanti a lui, chiedendo perdono senza avere colpe. Lo elogiavano senza sapere perchè. Lo amavano senza domandarsi se fosse giusto o sbagliato.

E Roma si nutriva di tutto questo. Sorrideva e beveva, sorrideva e cantava, sorrideva e conquistava. Trucidava, annientava, piegava. Ma lo faceva sempre col sorriso sulle labbra.

Roma sorrideva sempre, ignorando gli avvertimenti che il mondo gli lanciava. Sorrideva incurante dei pericoli, si nascondeva dietro a quell’allegria forzata per non dover affrontare ciò che davvero lo aspettava.

Mentre  uno dei suoi figli prediletti piangeva sulle macerie di Cartagine, lui rideva. Rideva e si faceva grande, e bello, di quella vittoria, sordo agli avvertimenti e ai presagi. Godeva e rideva, mentre suo figlio non riusciva ad ignorare ciò che aveva davanti.

Al contrario di Roma, lui era lungimirante. Riusciva a scorgere, tra le ceneri della città di Didone, il futuro del padre.

 

EF

 

I used to rule the world Seas would rise when I gave the word Now in the morning I sleep alone Sweep the streets I used to own

 

Perchè non mi hai ascoltato, Roma? Perchè hai riso delle mie parole? Perchè, anziché stringermi la mano, di parlarmi come una dea e poi trattarmi come una schiava, non hai prestato attenzione ai miei avvertimenti?

Mio amato, perchè hai negato fino all’ultima alba la tua fine?

Governavi su tutte le terre e su tutti i mari. Nessuno avrebbe mai potuto eguagliare la tua forza, la tua grandezza, la tua luce. E tu pensavi potesse durare per sempre.

Lo pensavi veramente?

Nulla dura in eterno. Era ciò che dicevi tu stesso alle città che conquistavi, senza renderti conto che qualcuno, prima o dopo, lo avrebbe detto anche te, ergendosi su quelle colonne che un tempo erano solamente tue. Nostre.

 

I used to roll the dice Feel the fear in my enemy's eyes

 

I tuoi figli bastardi ti portavano vittorie, sangue e terre. E tu li ripagavi con onore, gloria e ricchezze. Offrivi ai loro nomi l’immortalità, e a me, tua fida compagna, statue e templi.

 Erano tempi dorati, quelli. Erano i tempi in cui noi due regnavamo assieme, in cui nessun nemico poteva osare sperare di sconfiggerci.

Ricordi, Roma, il brivido che ti dava scorgere da lontano un nuovo esercito nemico?

Certo che lo ricordi. Anche tu rammenti perfettamente il dolce peso dalla corazza sui tuoi muscoli tesi fino allo spasmo. Il lento, sinuoso, fruscio del mantello scarlatto. Il rumore sordo dei calzari delle tue legioni in marcia. E le risate, e i sospiri, durante i trionfi, in cui anche tu ti ammantavi di meraviglia e orgoglio paterno.

Ricordi il calore del sole sulla tua pelle scura mentre osservavi le infinite distese ai tuoi piedi. E il tuffo al cuore quando ammiravi gli splendidi edifici della capitale, bianchi come le nevi delle tue montagne, brillanti come il sole delle tue isole, vivi come le strade delle tue città.

Era tutto tuo. Tutto per noi.

Giuravi di amarmi più di ogni altra cosa, che mi avresti posseduta per sempre, che non mi avresti mai lasciato andare via.

Ma non lo dicevi per me. Lo dicevi per te stesso. Eri terrorizzato all’idea di restare da solo. Di tornare ad essere un mortale come tanti altri, di vedere la tua stessa fine sotto le macerie di un’altra città.

Be my mirror my sword and shield

 

Io ricordo perfettamente il tuo sorriso, fiero e bellissimo, quando i tuoi soldati scendevano sul campo di battaglia urlando il tuo nome. Era meraviglioso vederli dare la vita per te, sotto le tue insegne. Sempre pronti a combattere, a uccidere, a convertire. Tutto in tuo nome.

Tu eri il più grande dei grandi. Eri colui che regnava su tutte le terre conosciute. Eri colui che con un solo cenno poteva distruggere intere città, a cui bastava una mano per radere al suolo chiunque osasse ribellarsi.

E pretendevi di essere cieco, povero illuso. Di non scorgere, tra le rovine di quei popoli, il tuo riflesso. Di non vedere nelle tue armi le armi dei tuoi futuri avversari. Quelle stesse armi che un giorno ti avrebbe abbattuto.

 

 

fg

 

 

- Ti prego, non andartene-.

- Non ti basta l’immortalità, Roma? Vuoi anche il successo? La gloria?-.

- Non sono nulla senza di te. Ti supplico, resta con me-.

- Io non sono di nessuno. Io vado e vengo, come mi pare. Sono stata tra le tue braccia a lungo, perchè era piacevole. Tu mi glorificavi, mi sfoggiavi, mi adornavi. Ma ti avevo avvertito, fin dall’inizio, che non sarei stata al tuo fianco per sempre-.

- Ma tu sei tutto per me! Ti ho mai fatto mancare qualcosa? Ti ho mai tradita o disonorata?-.

- Nemmeno una volta, mio adorato compagno di mille battaglie-.

- E allora perchè adesso mi vuoi abbandonare? Perchè mi vuoi gettare nel fango?-.

- Hai avuto tutto ciò che desideravi, Roma. Ti ho messo tra le mani tutto ciò che potevo. Ora il peso si è fatto troppo pesante per un uomo solo, perfino per te. La ruota gira, Roma. Nulla rimane all’apice per sempre. Tutti sono destinati a sorgere e a tramontare. Ti avevo avvertito, no? Tuo figlio ti aveva avvisato, piangendo su ciò che restava di Cartagine-.

- Ma io non sono Cartagine!-.

- No, mio adorato, mio discepolo prediletto. Tu sei Roma. La grande Roma. E vivrai in eterno. Il tuo nome verrà pronunciato per secoli, con timore e reverenza. Tutti ricorderanno i giorni in cui dominavi il mondo, in cui le teste cadevano solo per un tuo capriccio, in cui i poeti ti cantavano con ardore, in cui io ti amavo. Nessuno prenderà mai il tuo posto, è una promessa-.

- Vittoria, non andartene, ti prego-.

- Ora non puoi fare altro che ricordare i giorni in cui dominavi il mondo, mio adorato. Li ricordi?-.

 

…when I ruled the world

 

 

 

 

*Rubare, trucidare, rapinare con falso nome chiamano impero, e dove fanno il deserto, la chiamano pace 

 

  
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