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Autore: Maura85    05/09/2005    11 recensioni
La mia prima storia originale! Non è stato facile classificarla, dato che il mio fantasy è piuttosto... fuori dagli schemi.
Un breve riassunto? Questo racconto - che non è niente di più di un esperimento, ed è per questo che vi prego, vi imploro di darmi consigli per migliorarmi sempre di più - narra delle avventure di Mia e Nake, due personaggi anch'essi piuttosto fuori dalle righe, che spero gradirete conoscere attraverso le mie parole.
Vi prego, lasciatevi trascinare nel mondo della mia fantasia... e scusatemi se l'inesperienza mi farà commettere molti errori! Confidando nella vostra indulgenza, vi lascio al primo capitolo. Dove Nake incontrerà Mia.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO

Qualcosa interruppe la pacifica quiete di quella foresta assopita dall’inverno. Nake lo percepì subito, alzando di scatto il capo, esplorando lo spazio circostante con l’occhio lasciato scoperto dal morbido ciuffo di chioma nera.
Un occhio grande, il suo, di un freddo azzurro che ricordava certi ghiacciai perenni, con al centro una pupilla nera come l’oblio. Lo usò per scandagliare attentamente gli scheletri degli alberi, che come una ragnatela s’abbracciavano nello spazio attorno e sopra di lui, reggendo la bianca coltre che aveva ricoperto tutto, congelandolo.
Niente. Qualsiasi cosa fosse, o era troppo lontana, o semplice frutto della sua immaginazione.
Riprese il cammino.
I piedi affondavano nella neve, con un rumore sordo, soffocato, così familiare da conciliargli pigri pensieri, quei pensieri tipici della mente in stato di quiete, che crea collegamenti impensabili tra concetti apparentemente inconciliabili, che isola dal resto del mondo, allontanando lo spirito dalla fatica di un lungo viaggio senza meta. Pensieri profondi, dai quali è difficile ma soprattutto traumatico riemergere, pensieri che facilmente fanno udire cose inesistenti, come in questo caso. Eppure…
Le lunghe orecchie, la cui punte regolari spuntavano dall’ammasso di capelli neri, si mossero come radar naturali, cogliendo la vibrazione che nuovamente smosse la gelida aria.
No, non si era sbagliato: c’era qualcuno, nelle sue vicinanze. E quel qualcuno stava correndo.

Correndo a piedi nudi, a dirla tutta. Piedi nudi, freddi, quasi congelati, che resistevano stoicamente ad ogni immersione nel candore del paesaggio.
Questi piedi appartenevano ad una fanciulla, una bellissima fanciulla, che, non trovando il tempo di indossare i suoi soliti stivali, se li era legati alla spalla sinistra, precipitandosi verso la morta foresta. Le calzature sbatacchiavano su di lei, sui suoi prosperosi seni messi in evidenza dalla profonda scollatura del corpetto. Le gambe, lasciate in generosa mostra dalla corta gonna di pelle, partecipavano alla dolora processione, mettendoci tutta la forza che riuscivano a trovare.
Il motivo della sua fretta, se vi può interessare, era logicamente attribuibile alla folla inferocita che la inseguiva.
Mia tentò di accelerare, ma si accorse d’essere allo stremo.
Nake notò quella ragazza, dapprima minuscolo punto nero su sfondo bianco e via via sempre meglio delineata, correre verso di lui, semi svestita, a piedi nudi. Dopo non molto, scorse anche la massa di uomini e donne che, forse per le espressioni facciali, forse per le zappe e i picconi tra le mani, non gli diedero affatto l’idea d’avere le migliori intenzioni del mondo.
Beh, non erano affari che lo riguardassero. Guarda sempre avanti, e impicciati delle faccende tue: la migliore ricetta per campare il più a lungo possibile.
Certo, però, che era bella. Terribilmente attraente… anzi, provocante, dai capelli divisi in grandi boccoli neri a quel fisico così spudoratamente denudato. Nake tentò di distogliere lo sguardo, di disinteressarsi di quel corpo di morbida carne, ma il suo istinto era uno spirito cui difficilmente riusciva facile essere imbrigliato in ragionamenti. Così, mosso da volontà esterna, tornò a fissarla, come in ipnosi.
Gli sovvenne un antico proverbio, Più l’uomo tranquillo passeggia, meglio i guai lo centrano, e lo trovò piuttosto azzeccato alla situazione; anzi, decisamente adeguato alla sua vita stessa. Peccato solo che lui non fosse un uomo. O meglio, non del tutto.
Sospirò, emettendo una nuvoletta di fiato condensato, mentre attendeva d’essere raggiunto dall’innocente preda di un’inspiegabile rabbia di gruppo. Lei, quasi senza degnarlo di un’occhiata, tentò di oltrepassarlo, ma d’improvviso sentì il proprio polso stretto in una gelida e ferma morsa, e forse affibbiandogli intenzioni sbagliate, gli rivolse un epiteto non proprio gradevole.
Nake sbuffò, la lanciò nella neve dietro di sé, quindi si piantò a gambe larghe ed attese l’arrivo degli inseguitori. Non s’accorse che, dietro di lui, l’indifesa, dolce ed ingenua fanciulla, una volta compresa la situazione, aveva apertamente sorriso, mostrando bianchi denti di faina, ridendo del solito salvatore di turno: non mancava mai, grazie al Cielo.
Dieci minuti dopo, la bianca neve era sporca di sangue e dolore. Non c’erano morti, no, ma nessuno avrebbe più potuto vantare un’esistenza priva di fratture ossee. Nake afferrò un anziano, un vecchio dai grandi baffoni e la faccia da idiota, scuotendolo come un sacco di legumi.
“E’ davvero maleducato prendersela con una bella ragazza, lo sapeva?” domandò, prima di rilasciarlo, facendolo cadere con gustato sadismo. Le belle ragazze non meritavano dolore, solo piacere e baci, e lui era un attento fornitore di tali prodotti. Prodotti che certamente la bella fanciulla dai bei boccoli non avrebbe potuto rifiutare, dopo il suo fantastico, assolutamente eroico intervento..
Intanto colei che aveva salvato aveva trovato il tempo di guadagnare una comoda seduta su un masso emergente dalla neve, dedicandosi al complicato intreccio dei lacci degli stivali alti sino al ginocchio. Canticchiò durante l’operazione. Non degnò di uno sguardo il suo salvatore. Si alzò, e si avviò per il silenzioso sentiero, lasciandosi tutti alle spalle.
Nake ebbe giusto quell’attimo d’incertezza, poi corse dietro di lei, afferrandola nuovamente per il polso. “Ehi!” Protestò, per nulla intimorito dalla terribile occhiata che lei gli rivolse, sfruttando verdi e taglienti occhi di dolce femmina. “Ti ho salvata! Non merito almeno un grazie?”
“Sei un demone?” fu la pronta risposta.
“Cos…? Sì, in parte.” Era talmente spiazzato dal suo anomalo comportamento da non rendersi neppure conto delle risposte che le forniva. O forse erano le rotondità di lei, proprio sotto al suo naso, a confonderlo ulteriormente.
Mia lo squadrò. Era alto almeno due metri, con lunghe e robuste braccia, orecchie a punta, e sorriso perso nella sua adorazione. Niente di meglio. “Forza, andiamo” lo incalzò, riprendendo il cammino.
“Perché dovrei seguirti?” Ma già si era messo in moto, trascinato dall’ondeggiare del suo passo, e soprattutto di quel fondoschiena appena celato. Ma chi era, quella donna? Una strega ammaliatrice?
“Grazie per aver fermato quegli idioti” ammise infine lei. “Banda di pazzi, gentaglia senza un minimo senso dell’umorismo!”
“Perché ce l’avevano con te?” Senz’altro erano stati mossi dall’invidia per quella turbolenta bellezza. O forse dal consumato ma mai realizzato desiderio di possederla. Povera fanciulla, vittima della malefica ingiustizia sociale…
“Non lo so! Io ho solo derubato il figlio del Conte.”
Nake si bloccò. “Hai derubato il… figlio del Conte?”
“Sì. E poi l’ho gettato nel pozzo.”
Il demone riprese il cammino, affiancandosi a lei. “Come ti chiami?”
“Mia.”


  
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