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Autore: shining leviathan    10/06/2010    4 recensioni
" Devi capire, Reis" ringhiò " che la bellezza è tutto" da allora sarà la sua ossessione e la sua maledizione. Amerà un unico uomo tra tanti. Colui che venne chiamato in seguito, il Tiranno. il primo capitolo è un pò corto ma sono a buon punto del secondo!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aster, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Pain of a woman'
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Da quel giorno non potei fare a meno di lui.

Aster divenne un elemento indispensabile nella mia vita, la sua presenza rinfrancava il mio spirito con la stessa freschezza  di un balsamo.

Non negavo  a me stessa che mi irritasse. Quell’ingenuità celata dal fitto ventaglio di ciglia lo proteggeva da un mondo intenzionato a fargli del male, lontano nella mente da tutto ciò che era terreno e , di conseguenza, anche da me.

Io ero terrena, troppo attaccata alle cose di questo mondo per capire l’etica minimalista e astratta di quell’ angelo anodino.

Mitigava il dolore che mi portavo dietro da anni con una semplicità disarmante. Consigliandomi tisane per l’insonnia e parlandomi del mondo là fuori come un qualcosa di meraviglioso che poteva essere a portata di tutti, ma che secondo la sua passata esperienza fosse nelle mani delle persone sbagliate, ignoranti al punto di sacrificare tutto ciò per cui valeva la pena di vivere.

“ Parlo di una casa, un posto dove tornare senza essere derisi per ciò che si è” mi raccontò di sua madre, dei mezzelfi. Mi raccontò le crudeltà di cui potevano essere capaci, i pochi scrupoli anche nell’esistenza quotidiana. Tutto. Anche il suo dolore.

Io le ho detto sempre poco di me. D’altronde, poteva vedere benissimo da solo in che stato era la mia famiglia.

Io, un padre bigotto e la presenza costante dei fantasmi del passato.

Mi disse di vederli.

“ Ti vogliono bene, Reis. Sono sempre con te”

Per la prima ed unica volta piansi davanti a qualcuno, affondando il viso nella sua tunica nera. Mi stringeva forte, consolandomi con le ninnananne che gli cantava sua madre da piccolo, e io versavo le lacrime dei miei morti, rifacendomi per la negligenza che avevo avuto in passato.

Per questa sua immensa pazienza cominciai ad apprezzarlo. Aster non cercava di correggere il mio caratteraccio con i metodi draconiani di mio padre, si limitava a guidarmi passo per passo, finchè non capivo da sola che ero in torto. Smussai gli spigoli che premevano sul mio amor proprio per incassare al meglio le provocazioni, senza ricadere nelle scenate cui ero solita deliziare chi mi stava attorno.

Finalmente, o forse per la prima volta, mi sentivo in pace con me stessa.

Riuscii a guardarmi allo specchio senza dovermi nascondere sotto strati di trucco. Vedendo la vera me come una rivelazione a lungo tempo sepolta e attesa. I castelli in aria che mia madre aveva costruito per me si sgretolarono uno dopo l’altro, trasformandomi nella nobildonna sobria e serena che ero, fino a quando…..

 

Non importa.

 

 

Mi portava a passeggiare nei giardini sud, quando non era impegnato in qualche  seduta del Consiglio, e mi illustrava tutti i fiori meravigliosi che indicavo. Stupita come una bambina.

A volte fingevo di non capire le proprietà di una pianta solo per poter risentire la sua voce melodiosa spandersi nell’aria umida. Aveva un timbro rassicurante, fraterno, mi piaceva sentirlo parlare delle questioni più importanti come di quelle frivole .

Ci tenevamo a braccetto come due fratelli, scandalizzando le megere coi loro protocolli sempre aperti sotto il naso da cornacchia. Più volte siamo stati al centro di accesi pettegolezzi, scatenando le ire di mio padre.

Mi proibì categoricamente di avvicinarlo ancora, con la promessa di vendetta che pendeva dalle sue labbra. Ma io ho sempre disubbidito a quegli imperativi, sicura che a lui non importasse tanto della questione se non per il buon nome del nostro casato.

Una giovane nubile, e nobile, che fraternizza in maniera eccessiva con un mezzosangue bastardo non era una buona cosa.

In fondo al cuore, so che l’ha sempre odiato. Per motivi che ancora non mi spiego.

Ma immagino fosse per la razza. E per la carriera che stava intraprendendo molto più velocemente di lui. Si rodeva il fegato nell’immensa agonia della notte.

“ Cos’è questa?” domandai puntando il dito su un delicato fiorellino viola e Aster si abbassò, tenendo la corolla con delicatezza, quasi avesse paura di spezzare quella fragile rarità.

“ Questo è il fiore di Avalon, ha proprietà curative eccezionali. È in grado di annullare i sintomi da avvelenamento se preparato col decotto giusto.”

“ E quello?” io non gli davo tregua, non aveva nemmeno finito di parlare che già gli chiedevo qualcos’altro “ Quello cos’è?”

“ Un mandragola”

“ Non sembra un fiore” borbottai fissando la sua chioma cerulea smuoversi nel vento.

“ Non lo è” confermò “ Però può risultare molto utile se rimani pietrificato”

“ Quello?”

“ E’ giacinto”

“ Quello invece?”

“ Potentilla”

“ Queste?”

Rise “ Quelle sono margherite, Reis”

Avvampai, vergognandomi della figuraccia infantile che avevo fatto. Lo sapevo che erano margherite, ma detto da lui il loro nome pareva ancora più bello.

“ Scusa” biascicai con un mezzo sorriso “ Ma mi piace quando parli”

Aster smise di carezzare una calendula e si voltò verso di me, con gli occhi leggermente sgranati.

“ Cosa?”

Arrossii ulteriormente. Non l’avevo mai visto così sorpreso, e mi lasciò spiazzata la sua incredulità.

Feci un passo indietro, incrociando le mani al grembo.

“ Può sembrare stupido. Ma tu mi dai una pace che io non ho mai conosciuto, per questo voglio sentire la tua voce”

Aster non rispose.

Capii dal suo sguardo che le cose fra noi erano cambiate. Quella confessione innocente aveva fatto scattare qualcosa di cui mi accorsi solo in quel momento e che forse la coltivavo dentro dalla prima volta  che ci eravamo incontrati.

Turbata, mi volati verso un albero di pesco e osservai i petali bianchi cadere a terra, consapevole dello sguardo di Aster sulla schiena.

Mi immaginai i suoi capelli ricci. Più blu del mare, e i suoi dolci occhi verdi osservarmi con stupore, appena spalancati per mostrare le sue iridi smeraldine. La linea retta del naso, la pelle bianca delle guance, la sue labbra sottili, quasi un taglio sul pallore del viso.

Magari erano morbide, pensai, e profumate.

Un desiderio violento, mai avuto con altri uomini, si impossessò di me. Volevo toccare la sua bocca con la mia, sfregare le due estremità per assaporare l’essenza di quella creatura angelicata. Un essenza di paradiso.

Sospirai, calmando il battito frenetico del mio cuore contro la cassa toracica.

Involontariamente sfiorai le labbra con un dito, chiedendomi se fossero abbastanza invitanti per lui.

Mi fermai, scuotendo la testa. Non potevo farlo.

Seppur riluttante,affondai quella calda sensazione di appartenenza, e mi distesi in un sorriso smagliante. Ma quando mi voltai era sparito.

Gli angoli della bocca mi si piegarono verso il basso, travolta da una delusione cocente quanto amara.

Fraintesi il suo gesto, disperandomi sul perché non fossi abbastanza per lui. Perché non mi guardava? Lui, l’unico da cui volevo essere guardata?

Perché?

Perché??

Caddi in ginocchio sull’erba, frenando le lacrime con la mano poggiata sugli occhi.

L’unica persona importante della mia vita se ne era andata. E ancora piansi, nuovamente circondata dal male che avevo sempre accolto nel mio animo.

 

 

 

 

 

 

 

See the time going by……..

 

 

Da quel giorno passarono due anni.

Crescevo, nascosta nella mia piccola porzione di mondo, convinta di essere di un gradino sopra a tutti.

Il mio viso divenne più adulto, io divenni adulta. Una splendida gnoma nel fiore dei suoi anni, perennamente in contrasto con se stessa.

Con il proprio corpo, con il proprio padre, con i propri sentimenti.

La bellezza divenne necessaria per evitare la pazzia.

Sfogavo tutte le frustrazioni gettandomi a capofitto su me stessa, migliorando il mio aspetto senza sapere che stavo peggiorando ciò che era realmente importante.

Inaridivo a vista d’occhio, rendendomi apatica e disattenta, tanto spesso che Kuntal dovette rimproverarmi un paio di volte.

Non c’era storia. Per me il mondo poteva andare a farsi benedire, nero e bianco con tutte le sue sfumature, mentre io vedevo solo nero.

Mi importava solo di ciò che gravitava intorno alla mia persona, nient’altro.

Dopo il rifiuto di Aster mi ero impuntata di non seguire più mio padre nella Terra dell’Acqua, e così feci. Per due anni.

Fu una tortura. Volevo trovare il modo di riappacificarmi, dirgli che non mi importava se lui non mi voleva, ma il mio amor proprio me lo impedì sempre.

La rabbia fu sempre più forte della disperazione

Ma quando si cominciò a parlare di matrimonio, poco dopo i miei sedici anni, dovetti per forza tornare ad affrontare le mie delusioni. Gli eventi, però, presero una piega inaspettata.

 

 

 

 

 

 

 

Ricordo che pioveva a dirotto.

Lo scroscio delle cascate sommato a quello della pioggia era insopportabile, quasi un rombo. L’acqua mi penetrò nei vestiti, inzuppandomi fino alla spina dorsale, e rabbrividii.

Le palme si piegavano sotto la forza dell’acquazzone, spazzando il marmo dei pavimenti, ed entrando nel palazzo riconobbi le figure familiari dei maghi.

La magia stava diventando sempre più comprensibile ai miei occhi, grazie alle innumerevoli ore che avevo passato ad esercitarmi. Mio padre ne era compiaciuto, certo che un giorno avrei preso degnamente il suo posto in Consiglio. E aveva ragione.

Ma per il momento ero troppo impegnata a cercare con lo sguardo una persona.

Non potevo chiedere a mio padre di Aster, anche perché non mi avrebbe risposto, e non riuscivo ad individuarlo fra quella folla di anziani con le tonache consunte.

Serrai gli occhi per contenere lacrime di delusione.

“ Signora?” Kuntal mi toccò lievemente una spalla “ Forse dovrebbe andare a riposarsi”

Annuii, inghiottendo lo sconforto.

La vita non era mai stata così amara.

 

 

 

 

 

 

 

Quella notte segnai la mia esistenza per sempre.

Sveglia, nel cuore della notte, fissavo il soffitto bianco della mia camera con la sensazione che dovessi fare qualcosa. Qualcosa che non avevo fatto tempo prima.

Mi alzai, poggiando le piante dei piedi sul marmo, e uscii dalla stanza con solo indosso la camicia da notte.

I corridoi deserti erano umidi e freddi, inquietanti nella tenebra rischiarata ogni tanto dalla fragorosa venuta di qualche fulmine. Le statue mi fissavano vitree, accusandomi di ciò che stavo per fare, pur non sapendo cosa, e mi affrettai. I capelli sciolti fungevano da scialle per il gelo che mi era penetrato nell’anima.

Il rumore incessante dell’acqua mi accompagnava durante il tragitto, timorosa che anche solo un passo falso potesse significare il fallimento, e sfregai le mani sulla braccia, per trarre un po’ di calore.

Guidata da una forza misteriosa, mi ritrovai davanti alla porta decorata che conduceva nella sala del Consiglio, col cuore che rischiava di sfondarmi il petto. Fissai i magnifici fregi che si arrampicavano per i vani neri delle ante, provando un po’ timore per quei ghirigori dal sapore così sconosciuto.

 Improvvisamente una mano mi toccò la spalla e urlai.

Volati di scatto la testa, vedendo davanti a me una figura ammantata d’ombra. 

Indietreggiai, scuotendo la testa. Come a voler negare l’esistenza di quel pericolo così palpabile, ma questo mi afferrò il braccio.

“ Lasciami” sussurrai flebile, senza la reale convinzione di volerlo veramente e chiusi gli occhi. Avrei sofferto meno morendo, perché non si sbrigava a finirmi? Cosa voleva?

Una lacrima scivolò sul mio volto, fredda come l’ambiente intorno a me, come quella mano che con leggerezza me l’asciugò. Strinsi le labbra.

“ Reis” il fiato che si infranse sul mio viso era tiepido, rassicurante. Familiarmente  doloroso.

Socchiusi le palpebre, credendo di sognare quando il volto niveo di Aster apparve nel bagliore bianco della folgore.

Era lui, non c’erano dubbi.

Sentii il mio essere elevarsi ad una gioia troppo a lungo negata, divina nella sua perfetta forma, quanto i suoi capelli morbidi come onde del mare. Ci affondai le dita, sentendo la rabbia scivolare via da me, facendomi rinascere nuovamente, spogliandomi della maschere che mi ero creata per trattenere la mia delusione. Non pensai, non parlai, fissai quel viso tanto amato con affetto, carezzando i lineamenti che in quegli anni si erano fatti più marcati, passando ripetutamente gli indici sulle labbra piegate in un sorriso lieve. Il suo corpo bollente premuto contro il mio  mi schiacciava  con la schiena sulla porta.

“ Mi sei mancato” lo dissi dolcemente, poggiando la fronte sulla sua. I suoi occhi verdi erano sfavillanti come non mai.

“ Anche tu mi sei mancata” un brivido corse lungo la mia spina dorsale nell’udire quella voce infantile così profondamente cambiata e calda.

Ormai era troppo tardi per tornare indietro. Ci amavamo, senza esprimerlo a parole, e questo ci bastava. Nessun ripensamento, nessuna bugia.

Solo noi.

“ Scus…” prima che potessi finire sapevo già che mi aveva perdonata per la mia lunga assenza, perché le sue labbra vincolarono le mie in un bacio che non ammetteva repliche.

Sì, era quello che volevo.

Mi abbandonai contro il suo corpo, rischiando di crollare per la fragilità delle mie gambe, e spinsi il volto contro il suo, annullando del tutto le distanze fisiche che ci separavano.

La sua lingua era calda, mi piaceva la sua ruvidità quando strusciava contro la mia, riempiendomi, saziandomi della voglia che avevo di lui.

L’altra mano mi lisciò lentamente i capelli, dalla radice fino alle punte, spostandosi sulla mia spalla scoperta, sul fianco, fino alla natica.

Mi sollevò da terra, ed io  gli strinsi con forza i fianchi, mentre la schiena batteva violentemente sulla porta.  L’eco dei nostri respiri si spanse per il dedalo di corridoi del palazzo.

Le nostre bocche si muovevano frenetiche, succhiando, mordendo, mosse dalla voglia di scoprire ed essere scoperti. Gemetti quando si spostò a baciarmi il collo e allacciai la gambe ai suoi fianchi. Le dita affusolate si spostarono sulla coscia bianca, fremendo eccitate ad un contatto così proibito. Andò più su, insinuandosi sotto l’orlo della mia vestaglia di pizzo.

Raggiunse dove sapeva che mi avrebbe dato piacere, sfiorandomi appena. Ma quel piccolo contatto bastò a farmi tendere come la corda di un arco. Mi accanii contro le sue labbra mentre continuava l’operazione, cercando di trattenermi dall’urlare.

Le scariche si dipanavano dal mio ventre fino a raggiungere il cervello, paralizzandomi in una beatitudine che non avevo mai conosciuto.

I sospiri che uscivano dalla bocca di Aster per perdersi nella mia, non facevano altro che accentuare quella sensazione fortissima, sciogliendomi come ghiaccio al sole.

Ad un certo punto mi rimise a terra, scostandosi da quel bacio. Mugugnai insoddisfatta e ghignò malizioso, cosa che mi lasciò interdetta. Anche se me lo sarei dovuto aspettare.

Ricambiai, fissandolo intensamente mentre alzavo le braccia per farmi togliere la camicia da notte. Ebbi freddo, e il suo corpo mi coprì come una soffice coperta, premendo i miei seni contro il suo petto.

Ansimai, la sua lingua mi leccava i capezzoli con crescente voracità, succhiandomeli piano e mordendo l’aureola con la stessa delicatezza con cui faceva procedere la mano nel luogo proibito.

Eravamo giovani, appassionati. Colpiti da un amore maledetto e impossibile ma nonostante tutto, nonostante le differenze, nessuno avrebbe potuto portarci via dalla memoria quel momento.

Sarebbe durato per sempre, per sempre.

Non so come, ne quando ma entrammo nella sala del Consiglio, camminando sul pavimento di alabastro in punta di piedi, coperti da nient’altro che le nostre pelli sudate. Tirai Aster dietro un trono, stendendomi a terra, offrendomi a lui con un sorriso. Un baluginio compiaciuto attraversò la penombra, e poco dopo il suo corpo tornò a premere con passione sul mio.

In quella notte di tempesta, illuminati dai fulmini occasionali, divenni sua.

I tuoni coprivano le mie grida, il respiro estremamente frammentario di Aster mentre entrava in me.

Mi sentii bene come non lo ero mai stata.

Non c’era spazio per altri in quegli attimi di fuoco.

Solo noi.

Tutto il mondo fuori.

Solo noi, Aster, per sempre.

 

 

 

 

 

O_O sono ufficialmente shockkata, cosa sono stata capace di scrivere??

T_T ecco mi duole a dirvi che non è il capitolo finale. Perché il finale (porca…) si è cancellato. Nel senso che è saltata la corrente ed io non avevo salvato.

( si butta da una scogliera) ora devo riscriverlo, scusate….

 

 

Nihal Darko

 

Meno male che ti è piaciuto l’altro chappy ^_^ ci tenevo davvero molto!! Non vedevo l’ora di descrivere Aster ( lo adoro <3) ci ho messo tutto il mio estro ( che poi non è molto, eh) e sono rimasta soddisfatta del risultato. Una bellezza più adulta? No, ti spiego, nell’altro chappy Aster era ancora un po’ ragazzino, aveva più o meno quattordici anni, mentre qui ne ha sedici ed è già più maturo anche se ho messo poche cose per rivelarlo. Per Reis, ecco  ò_ò non lo so ma mi sa che hai ragione. Io tutte le volte la descrivo sempre bionda, e non so perché. Mha colpa delle immagini che mi sono formata.

Ora ti lascio, ciao e grazie!!! ^_^

Mony Purpa

Figurati, sono io che devo ringraziare voi XD !!! sono felice che ti piaccia e sì. I nintendo ds sono utili per scacciare la noia.

Padre di Reis: Non ho capito cos’ è successo…

Io: Tua figlia e Aster hanno…ehm hai capito…

Padre di Reis: No

Io: uff… pssss…pssss

Padre di Reis: COSAAAAAAAA??? E L’HANNO FATTO DIETRO IL MIO TRONO????’

IO:Sì ^.^

Padre di Reis: *_________________________________________* splat! (svenuto)

Oddio sono fusa, noi due ci capiamo XD

Ciao, un bacio!!!

 

Black87

Anche a me piacciono gli amori impossibili e poi di Reis e Aster non si parla molto, almeno del loro rapporto. Sono felice che ti piaccia, davvero, mi fa molto piacere!!!

 

 

Tawara

 

I professori trovano la mia scrittura strana XD però a me piace accostare parole strane e fare paragoni altrettanto strani. Follia che avanza…..

A parte gli scherzi, sono felice che ti interessi. Meditavo di non farla, come quella di Soana, ma poi mi sono detta “ proviamo” e devo dire che mi fa molto piacere sapere che vi piaccia.

Ciaoooooo!!!!!

 

Al prossimo capitolo e scusate ancora!!

Fra parentesi, vi ricordate Aras? ( paggio bastardo) Bene tornerà e mi sa che lo odierete!!!

 

 

 

 

 

 

  
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