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Autore: KiraKira90    11/06/2010    8 recensioni
Una strana forza lo guida in una oscura caverna. La dea Amaterasu lo attende ... Rivuole qualcosa indietro!
“Quanta superbia!”constatò, riportando la mano sullo specchio. “Per Amaterasu non conti così tanto, youkai Sesshomaru.” Spiegò severa. “Ma la spada che possiedi è affare del nostro mondo, non del tuo.”
Perchè vuole portare via Tenseiga?
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La dea e il demone

 

Capitolo1

 Amaterasu

 

Con passi furtivi, il guerriero calpestava con lenta cadenza l’erba secca di quel terreno arido. Solo polvere e roccia rivestiva la maggior parte di quei pendii. La notte era silenziosa e la luna piena ben visibile da quel picco isolato. Lo youkai, avvolto in un candido ed innaturale pallore, aveva percorso una lunga ed impervia salita per giungervi. Finalmente, sulla vetta più alta, con l’aria rarefatta ed il vento gelido ad infastidirlo, si fermò. Non vi era traccia di vita a parte la sua. Un’innaturale quiete riempiva l’aria, mentre come unica e attenta spettatrice, la luna con il suo unico ed immenso occhio, lo seguiva.

I capelli del demone, scivolavano liberi, allontanandosi dal corpo e risplendendo sotto i raggi argentei. Una coda vaporosa che appariva avvolta da uno strano alone mistico ondeggiava in bilico sul precipizio, mentre con naturale compostezza il suo corpo rimaneva immoto e superbamente rigido, fasciato nell’elegante kimono da viaggio. Si volse e quell’immenso varco oscuro gli si parò di fronte. Quella bocca profonda nella roccia, pareva in attesa ci si addentrasse nei suoi cunicoli umidi. Il guerriero posò lo sguardo ambrato sull’accesso della caverna, serrando le palpebre ed aguzzando i sensi man mano che la sua mente vi si addentrava, in cerca di chissà cosa. Un sussurro, un eco, un sibilo. Qualcosa lo invitava a entrare. Un richiamo silenzioso che gli perforava la volontà e lo guidava, lo stesso che lo aveva condotto fino a quello sperduto meandro e che ora continuava. Una delle spade strette al fianco, ruppe quel sommo momento, iniziando a tremare convulsamente e cozzando l’elsa contro l’armatura che ne rivestiva il fianco. La mano artigliata dello youkai l’afferrò con fermezza, sentendo quella vibrante supplica d’attenzione salirgli lungo il polso e raggiungere la spalla.

Titubò ancora, guardingo per gli improvvisi eventi a cui non dava ancora spiegazione, eppure qualcosa lo smuoveva ad obbedire. Una forza ignota, supplichevole e muta, ma al contempo ferma ed insistente si ostinava a trascinarlo all’interno dell’anfratto naturale. A stento resisteva; a stento tratteneva i piedi al suolo, evitando di compiere anche il più lieve passo. Tenseiga ricominciò a vibrare fastidiosa, con più forza di prima. Pareva volesse schizzare via, conducendolo con lei. Si udì di nuovo. Quel sussurro flebile eppure incredibilmente penetrante: “Vieni …”quella voce lo risucchiava. “… fidati.” E di nuovo Tenseiga si fece più feroce, frustandolo, mentre a stento la tratteneva nel fodero. Compì il primo passo e di nuovo udì quella voce, indescrivibile con appellativi conosciuti. “Così. Vieni …” ne seguirono altri due. Il suo corpo non riusciva più a fermarsi, esattamente com’era accaduto per tutto il tragitto che lo aveva condotto lì. Non capiva cosa lo smuovesse e se da prima l’aveva assecondato, incuriosito ed ansioso di scoprire cosa si nascondesse dietro a tutto, ora il suo orgoglio veniva lacerato dalla consapevolezza di non riuscire a resistergli. Entrò nella caverna senza rendersene conto, mentre il buio della terra lo avvolgeva. I suoi occhi ci misero poco ad abituarsi e finalmente abbozzò le prime sagome di colonne e stalagmiti. Era un labirinto, eppure senza indugio variava la sua direzione, guidato da quel qualcosa. Qualcosa che lo attendeva.

Molti passi a cui non poté resistere seguirono i precedenti. Inutile risultava qualsiasi forma di resistenza e ben presto Sesshomaru smise di combatterla.

Tap. Tap. Riecheggiava il suo avanzare, quasi l’eco si facesse beffa della sua condizione. Tap. Tap. Continuava con solennità fuori luogo. Tap. Tap. Svoltò ancora con inspiegabile certezza.

Tap. Tap. E finalmente, all’aprirsi del cunicolo appena percorso, intravide una luce debole e flebile. Avvolgeva l’intera stanza scavata naturalmente, eppure dalle pareti concave e fin troppo lisce.

Tenseiga smise di vibrare e Sesshomaru comprese che era giunto alla fine di quel bizzarro viaggio. Il disagio dell’ignoto evento prossimo lo invase, mentre quella luce sospesa a mezz’aria si deformava, rendendone visibile la fonte. Uno specchio ottagonale volteggiava su se stesso con un lento sibilo musicale, avvolto da una luce calda e contenuta. “Dillo …” di nuovo quella voce, più palpabile in quel luogo e più irruente. “Dillo!”

Percepì una strana familiarità al cospetto di quell’oggetto e un nome gli premette sulla lingua, desideroso di uscire pronunciato dalle sue labbra. “Dillo!” e consapevole dell’imminente incontro schiuse la bocca, rimanendo nella sua solita compostezza. “YataYata no …” si trattenne, serrando i denti. “Chiamami!” sentì ancora e la morsa della sua mascella si sciolse.

Fissò l’oggetto con espressione di sfida, furente e poi si arrese all’inevitabile. “Yata no kagami.” Un bagliore improvviso esplose a quel suono, costringendolo a distogliere lo sguardo per non restarne accecato. Ogni cunicolo della grotta fu pervaso da quell’energia inarrestabile, mentre l’alone che avvolgeva lo specchio si espandeva travolgendo ogni cosa con prepotenza senza arrecare alcun danno e poi, in un risucchio repentino, la luce tornò al suo centro d’origine, attenuandosi.

Sesshomaru aprì appena le palpebre. Puntini scuri gli disturbavano la vista, permettendogli di scorgere appena quella presenza comparsa all’improvviso. Riconobbe la sagoma sospesa di una donna, ma ancora non poteva distinguerne i tratti. Solo dopo pochi battiti di palpebra, svanì quel fastidioso velo e poté guardare l’aspetto della sua guida. Una luce più dorata e splendente della precedente avvolgeva quella creatura, fra le cui mani era stretto lo stesso specchio che l’aveva evocata. Pallida e perfetta era la sua pelle che risplendeva e luccicava come le stelle della sera. I suoi occhi erano disumani, non un solo colore li dipingeva, ma erano cangianti e ad ogni nuova occhiata parevano avere sfumature diverse: ora azzurri, no verdi, anzi rossi ... Tutti e nessuno.

I capelli ondulati e lisci, morbidi come seta e lungamente infiniti si muovevano vivi, riempiendo la stanza come raggi di luce. Pareva incorporea eppure palpabile, mentre la sua lunghissima e ricca veste, di un oro purissimo, ed i gioielli che tintinnavano come cristallo creavano un mondo a sé, sospeso fra due mondi. Sesshomaru la fissò a lungo, cercando di carpire la natura delle sue intenzioni. “Giovane youkai, perché non chini il capo davanti Amaterasu?” la stessa voce di prima serpeggiò per l’antro circolare, nonostante le labbra della dea non si schiudessero. Nessun eco la seguì, riproducendola, confermando quella presenza come divina. “Perché un demone dovrebbe inchinarsi ad un Kami ningen?” rispose altezzoso e poco cortese. Quell’incontro non lo spaventava, anzi, la solita freddezza gli dipingeva il volto. Un sorriso rese terreno quell’inespressivo e meraviglioso viso femminile. Amaterasu è certa che voi inu-youkai siate di certo i demoni più avventati  e stolti del vostro mortale mondo. Per questo Amaterasu è qui …” di nuovo nessun movimento di labbra serrate in quell’immoto sorriso.

Sesshomaru contrasse i muscoli ed aguzzò i sensi. Che intenzioni poteva avere quella creatura. Era imperscrutabile nella sua perenne immutabilità; che volesse combattere? Il demone strinse l’elsa di Bakusaiga. “Amaterasu è dunque venuta fin qui per uccidermi?” chiese truce, pronto a scontrarsi senza remora. Una risata profonda, calda e musicale come un cinguettare d’uccelli serpeggiò nell’aria, mentre la dea si portava una mano alla bocca, per nascondere le sue labbra contratte in quell’espressione divertita. La risata smise e gli occhi millenari della dama celeste tornarono a posarsi sul principe dell’Ovest. “Quanta superbia!”constatò, riportando la mano sullo specchio. “Per Amaterasu non conti così tanto, youkai Sesshomaru.” Spiegò severa. “Ma la spada che possiedi è affare del nostro mondo, non del tuo.” tese la mano con inumana lentezza, indicandola. “Non spetta a un demone brandirla.”Sesshomaru percepì una strana forza d’attrazione riempire lo spazio fra loro. Ringhiando sommessamente, si preparò a parare qualsiasi colpo gli avrebbe sferrato, nel peggiore dei casi. La dea inespressiva si limitò a ruotare il polso, ripiegando l’indice nel pugno. Tenseiga si sfilò con imprevedibile rapidità, schizzando verso di lei e lasciando di stucco Sesshomaru, preparato a ben altra conseguenza dai suoi gesti. La zanna del padre si fermò sospesa orizzontalmente di fronte Amaterasu, venendo avvolta dalla sua stessa luce divina.

“Non è per umani brandire un arma che non appartiene a questo mondo, né per hanyou, né per dai-youkai.” Solenni le sue parole rimbombarono. “L’arma di un Kami spetta ad un Kami, così Amaterasu ha deciso.” La luce iniziò ad intensificarsi, facendo presumere un ripetersi della stessa scena che aveva preceduto la comparsa della dea. Voleva, forse, sparire con Tenseiga com’era arrivata? Sesshomaru scrocchiò gli artigli. Come poteva permettersi di svanire con la zanna di suo padre! “Aspetta!”

Amaterasu non ha più motivo per restare.” Rispose fredda lei, chiudendo gli occhi e continuando ad intensificare il suo bagliore. “Aspetta! Dannazione!” ringhiò Sesshomaru, venendo deliberatamente ignorato. “Ho detto aspetta!!” sbraitò furioso, avventandosi contro di lei ad artigli sguainati. Saltò rapido abbassando con forza le falangi per tranciare quella meravigliosa e splendente figura. Attraversandola, atterrò dall’altro lato della stanza, con la terribile sensazione della mancata lacerazione della carne. Si girò di scatto, pronto a riattaccare, ma la dea riaprì gli occhi e incrociò i loro sguardi. “Tieni così tanto a quest’arma da osare sfidare una dea?”

Le vene del braccio di Sesshomaru smisero di pulsare. Abbassò la mano ungolata e cercando di placarsi cercò di formulare una frase sensata. “Voi Kami siete tutti così altezzosi da andarvene senza dare spiegazioni?”

“Perché a voi creature terrene non bastano mai le risposte?”

“Perché voi non ne date mai?”

Ci fu un lungo silenzio durante il quale entrambi non distolsero lo sguardo. Sesshomaru era impassibile e a stento l’odio per la dea non trapelava dal suo sguardo ambrato. L’aveva condotto lì contro la sua volontà, l’aveva schernito, deriso ed ora si beffava di lui in quel modo? Lui era Sesshomaru il dai-youkai principe dell’Ovest, figlio primogenito e legittimo erede di Inu no Taisho! Nessuno poteva calpestare il suo orgoglio di guerriero, nemmeno la dea del Sole!

“Molto bene.” la Kami ruppe il riflessivo momento.“ Avrai le tue risposte youkai, ma sappi che la scelta di Amaterasu è irremovibile ed immutabile come l’ordine delle stagioni. Rammentalo.”

Uno strano vorticare di colori diversi cominciò a crearsi sulla superficie dello specchio. Lo stesso che la dea non aveva mai lasciato andare. “Ti mostrerò il perché della scelta di Amaterasu …”

I colori divennero immagini. Immagini a lui familiari.

 

*continua*

 

 

   
 
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