Brothers.
E in tutto il
silenzio assordante che mi circonda, percepisco i tuoi occhi scuri, spilli che
mi trafiggono le spalle.
Hai gli occhi da
cerbiatto, due pozzi d’ambra, caldi come la sabbia che si è infilata furtiva
nei miei sandali.
I miei, ora più
che mai, non sono altro che fessure sottilissime, incapaci di aprirsi.
I suoi sono
ghiaccio, nient’altro che gelido ghiaccio.
Non si
scioglierebbero nemmeno davanti al sacro fuoco di Efesto.
Gli arcieri lo
stavano per colpire con le loro frecce acuminate, ma io gliel’ho impedito: non
è da tutti presentarsi da soli, per vendicare il nome e l’onore di qualcuno che
si è amato.
Le sue urla
strazianti riecheggiano ancora forti e vivide nella mia mente, mentre
ripercorro il momento in cui mi sono inginocchiato davanti a nostro padre e gli
ho chiesto perdono per tutte le volte in cui gli ho mancato di rispetto.
«Ettore, nessun padre ha avuto
un figlio migliore.»
E poi
quell’abbraccio, il tuo abbraccio:
carico di affetto, ansia. Paura.
Paura che quel
tuo fratello che ti ha teso la mano per insegnarti a camminare non faccia più
ritorno a casa, vero?
«Sei il migliore di tutti noi.»
L’ultima è stata lei che, annaspando tra i singhiozzi e
le mura irte di legni aguzzi, mi ha porto il mio piccolo Sole, facendomi baciare
la fronte.
«Non sei costretto ad andare.
Non occorre.»
Quante volte ti
ho tirato fuori dai problemi, Paride?
Quante?
Ero convinto
fosse uno dei punti chiave dell’essere figlio maggiore, quello di proteggere il
fratellino dal viso di semidio e dal talento quasi insuperabile per cacciarsi
nei guai.
Eppure, in questi
ultimi tempi ho avuto modo di accorgermi quanto due persone, legate da un
rapporto di sangue così stretto come il nostro, possano essere così differenti
da noi due.
Menelao e Agamennone.
L’uno promesso
sposo ad una giovane fanciulla, l’altro re arrogante, dedito solo alla fama e
alla ricchezza.
Non appena la
sposa del primo è stata rapita, l’altro ha colto l’occasione per presentarsi da
noi e cercare di conquistarci.
E nemmeno la
morte del fratello per mano mia l’ha fatto dissuadere dal suo intento, anzi:
aveva avuto un nuovo pretesto per raderci al suolo.
Si potevano
definire fratelli?
Patroclo e Achille.
Il giovane
inesperto, guidato dall’eroe invincibile, imparentato con l’Olimpo.
In un certo senso
mi ricorda noi due: l’ha sempre protetto, ed ora è qui, sotto le nostre mura,
per vendicare la sua morte ingiusta.
Ma c’è un però: il loro era un rapporto che andava
aldilà dell’essere cugini.
Ammesso
che lo fossero stati sul serio.
«Mi vuoi bene, fratello? Mi
proteggeresti da qualsiasi nemico?»
«L’ultima volta che mi hai
parlato così, avevi dieci anni e avevi appena rubato il cavallo a nostro padre.
Cos’hai fatto, adesso?»
Mi fissi, non mi
stacchi più di dosso le tue iridi, supplica silenziosa di girare i tacchi e
rifugiarmi dietro il maestoso portone che si era spalancato il giorno in cui
ritornammo da Sparta, in compagnia della tua
adorata Elena.
Purtroppo non
sono solo i tuoi occhi a trafiggermi: il suo giavellotto ora è ben piantato
nella mia carne, la sento lacerarsi sotto la punta in metallo.
«E tu un principe troiano. So
che mi renderai fiero.»
Principe
troiano. Ora
le redini le hai in mano tu, Paride.
Fiero. Fiero di morire per mio padre,
per te, per Andromaca,
per mio figlio e sì, anche per Elena.
«A te questo sembra eroico,
vero? Morire combattendo… Dimmi, fratellino, hai mai
ucciso un uomo?»
«No.»
«Hai mai visto un uomo morire?»
«No.»
«Io ne ho uccisi molti, e li ho
sentiti morire, e li ho visti morire, e non c’è niente di glorioso, niente di
poetico. Dici che vuoi morire per amore, ma tu della morte non sai niente, e
non sai niente nemmeno dell’amore.»
Lo guardo in
faccia per un istante, prima che la sua lama mi trapassi il cuore.
Ora
lo so, ora so cos’è la morte.
Ero in
astinenza di storie, e quest’idea del rapporto tra fratelli mi ronzava da un
bel po’ nella testa.
Spero di
aver reso discretamente l’idea che avevo in mente (:
Ringrazio
chi userà alcuni dei suoi minuti per leggerla e, perché no?, lasciarmi
un’impressione (:
Baci,
Dazed;