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Autore: Lalani    23/06/2010    2 recensioni
Nuova raccolta ispirata dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.
In queste poesie dal cimitero di Spoon River emergono i rimpianti, i dolori e le uccisioni degli abitanti.
Tenterò di analizzare le poesie con l’aiuto dei personaggi di Naruto, e forse insieme riusciremo ad espiare i peccati dei morti o ad esprimere i loro desideri.
#7= Gli Angeli Della città Incompresa. Buon SHIKATEMA Day!!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Gli Angeli della Città
 
Incompresa

Solo che l’uomo ha l’intelligenza d’un angelo
e vede la scure sin dal primo momento!



1.Serafini


 Sua madre diceva sempre che una città era come un corpo umano. O viceversa…e chi se lo ricordava?
Temari non aveva tempo per richiamare alla mente gli eventi passati: lei era uno dei piedi di Suna, assieme agli altri cittadini e, si sa, i piedi sostengono tutto.
Sabaku no Temari, nove anni, doveva già reggere sulle sue spalle i fratellini, il caldo afoso del suo villaggio, le proteste di suo padre su come Konoha fosse diventata una traditrice e meritasse di venire scagliata tra le fiamme del centro della terra.
Temari non sapeva dove fosse il villaggio della foglia, ma doveva essere molto, molto lontano. Forse il palloncino che in quell’afoso giorno di agosto era riuscita ad acchiappare e che sembrava aver visto chilometri di paesaggi sconosciuti, poteva averla vista.
Era verde, quel palloncino, ma Temari ancora non lo sapeva.
Non esisteva il verde, nel disgustoso deserto di Suna.
E c’era un tesoro, dentro il palloncino. Un tesoro venuto da lontano lontano. Forse proprio da Konoha.
O forse da un posto ancora più distante: da dove stava la mamma.


Shikamaru Nara, sei anni, amava il verde.
Perché era il colore della sua città, e nessuno si faceva domande su il perché fosse il tuo colore preferito. L’amore patriottico distrugge ogni dubbio, ogni domanda.
Perché procurarsi seccature cosmiche evidenziando la bellezza delle sfumature tra il grigio e il nero o lo splendore del rosso?
Per questo Shikamaru aveva scelto un palloncino verde smeraldo il giorno dell’anniversario della fine della grande guerra. Un palloncino che si sarebbe librato in cielo per portare la pace in un orizzonte sconosciuto.
Ma mentre gli altri  bambini cantavano, stonati, le nenie degli antenati, Shikamaru ne aveva approfittato per inserire un tesoro, nel suo palloncino. Non fazzolettini ricamati, non calze, non caramelle, non poesiole.
Un tesoro, il tesoro del suo cervello troppo sveglio, che, solo per quella volta avrebbe sopportato una seccatura colossale, pur di compiere quel gesto.
Sbuffò, Shikamaru, mentre guardava volar via il suo palloncino, contro il tramonto.

Temari aveva provato di tutto.
A decifrarlo, ad addentarlo, a disegnarci, ad ammorbidirlo, a colorarlo.
Ma quella strana pedina con su scritto “Re” non sembrava mutare o provocare qualcosa.  
“Aahhh!” gridò, irritata “è arrivato di sicuro da Konoha, da quella città traditrice! Può abitare solo a Konoha un cretino, sbruffone e cervellone che prende in giro gli altri mettendo oggetti inutili nei palloncini!!”.
Strinse la pedina, Temari, e la tenne con sé per anni, a ricordarle il suo astio per Konoha. L’aveva illusa, l’aveva illusa che potesse esistere un posto migliore dell’inferno di Suna.
Un posto che avrebbe potuto chiamare casa.



2.Cherubini


Un viso d’angelo per pregare.
Un viso da leone per combattere.
Un viso d’aquila per osservare il nemico.
“Per chi preghi?”.
E un viso d’uomo per parlare con gli scarti umani.
Questi erano i volti di un ninja: un ninja non aveva un viso suo, personale, ma solo maschere.
Temari si strinse le braccia sotto il seno mentre osservava, altera, il giovane che avrebbe affrontano il giorno dopo, per essere promossa chuunin.
“Per i miei cari…e anche per te, povero pivello” rispose sorniona(perché si dava tanta pena per parlare con uno sconosciuto?) “Dopo l’incontro di domani avrai proprio bisogno di tutte le mie preghiere! Non oso pensare a come sarai ridotto!”.
Il ragazzo mormorò qualcosa come “spocchiosa viziata velenosa seccatura grassa con i capelli per aria” talmente velocemente che Temari gli concesse la grazia di non capire i suoi insulti e mantenerlo in vita almeno fino al giorno dopo.
“E chi esaudirà questa tua clemente preghiera?” chiese il ragazzo, sbadigliando.
“I miei antenati, ovviamente” rispose orgogliosa, mentre osservava le stelle cucite in un cielo nero “Le stelle non sono altro che le loro anime, e la loro luce ci dà speranza e forza”.
“Capisco” borbottò il ragazzo “La solitudine e la scarsa autostima sono la principale causa di credenze e superstizioni. Ti consiglio di uscire di più e…”.
Certo, Temari si trovava in un villaggio straniero e non poteva attaccare un abitante della foglia, anche se si trattava di un elemento di cui probabilmente  non si sarebbe sentita la mancanza. Tuttavia non poté frenare il suo istinto vendicativo e, con il suo fedele kunai, diede una spuntatina alle doppie punte del codino del ragazzo, che sbiancò all’istante.
Sogghignò, Temari, e per un attimo il suo volto non era né d’aquila, né di leone, né tantomeno d’angelo: era il suo viso. Il viso di Temari.

Shikamaru riprese fiato e colore, mentre imprecava contro quella kunoichi simile a un grasso cactus. Un cactus con un ghigno allegro, un cactus con un corpo armonioso e morbido. Un cactus che pregava.
Era per questo che si era avvicinato a lei: per vedere quanto fosse diversa dalle altre donne della sua vita.
E lo era, fin troppo. Una seccatura di troppo. L’ennesima. Un’epocale seccatura.
Shikamaru alzò lo sguardo sulle stelle e poi lo abbassò sui suoi capelli mutilati. Forse gli serviva davvero, l’aiuto degli antenati.



3.Troni


“La politica è come una ruota: gira e si interseca con le altre. Solo così si può aspirare a far funzionare tutto il meccanismo” protestò l’anziano consigliere di Suna.
Dopo la morte del Kazegake, i suoi degni successori erano in netta disarmonia con la linea politica della città: Kankuro e Gaara, quel reietto che ora si spacciava per martire, non facevano con inveire contro le loro decisioni.
“Suna non si può permettere di rifiutare una richiesta d’aiuto da parte della Foglia” replicò ferocemente Kankuro “o potrebbe compromettere ancora di più la sua situazione. Le ruote, come la chiama lei, devono girare in avanti, per il progresso; le ricordo che noi abbiamo un debito nei confronti di Konoha!”
“Appunto: voi!” ribatté il consigliere “è vero, la Foglia ci ha concesso il suo perdono dopo l’attacco durante gli esami dei chuunin, ma le nostre risorse sono comunque troppo ridotte per poter dare un contributo incisivo alla Foglia! Per cosa, poi, per la fuga di un ragazzino!”.
“Le sue motivazioni sono…”
“Inconcludenti” terminò Gaara, facendo trasalire tutti i consiglieri per il gelo di quell’uncia parola: un gelo estraneo al sole di Suna “Inconcludenti, perché noi non siamo ruote di un meccanismo, ma che girano libere sul sentiero della loro vita. Infatti, mia sorella è già partita, senza rendere conto a nessuno”.
I consiglieri e Kankuro, tutti sconvolti dalla notizia, accorsero alle finestre, ma non riuscirono a vedere la kunoichi del vento che teneva stretto il suo segreto e correva contro il tramonto radioso.
Una ruota senza carro, libera, pensò Gaara, orgoglioso. E spinosa quanto quegli strani cespugli che correvano tra le dune alla disperata ricerca di acqua.


4. Dominazioni


Correva sulla sabbia, sull’acqua, tra le foglie.
E intanto mormorava, sperava, Temari.
Ma soprattutto ricordava.
E mordeva il suo segreto. Per sentirne ancora una volta il sapore.
 
Ferrei giocolieri.
Freddi amanti.
Ladri di sorrisi.
Monetine in un pozzo.
Foglie morte.
 Questo erano i ninja.
Le sue prime insegnanti le avevano messo un kunai in mano con lo stesso affetto con cui una madre porgeva il seno al figlio, con un lieve carezza disinteressata. Avevano insegnato a lei e alle altre fragili bimbe dell’accademia che i ninja erano creature benedette, nate con l’unico scopo di portare onore e pace al loro popolo affamato e assetato.
Oh, quale gravosa bugia.
I ninja potevano anche atteggiarsi a salvatori, a uomini divini e sorridenti. Ma era solo il primo volto.
Temari li aveva visti per la prima volta, i ninja, durante l’attacco a Konoha: prima il sorriso ingannatore, poi la violenza e il sangue, occhi rossi in menti oscure. E poi solo scarti e resti, e corvi che beccavano i moribondi.
E infine morte, solo morte, la morte senza volto.
Lei era stata condannata: quando era tornata a cercare Kankuro, lui l’aveva vista. Quegli occhi intelligenti e pigri l’avevano scovata tra i cespugli: perché proprio per un fallito piagnucoloso le avrebbe fatto vedere l’ultimo volto dei ninja, quello che donava la morte?
Aveva sbuffato, quell’insulso mollusco.
“Forza, sparisci, prima che ritorni Asuma-sensei: sei una seccatura troppo seccante per essere sprecata. Sei un pezzo da collezione!” aveva mormorato con la stessa noncuranza con la quale si era arreso contro di lei durante l’esame.
Temari non era mai arrossita in vita sua: non aveva permesso neanche alla furia del deserto e della sabbia bollente, traditrice e omicida, di scalfire le sue ruvide guance.
Perché era crollata davanti a quel cretino??

Shikamaru sperava che quella seccante ragazza tenesse per sé quel bruciante segreto, che lo custodisse nel suo cuore gelato e lo riportasse alla mente solo tra i sogni.
Perché altrimenti era fottuto.
Perché altrimenti si sarebbe dimenticata di lui.
E lui sperava di poterla rivedere, un giorno, quell’intramontabile seccatrice.


5.Potestà

 

“Avevi detto che i tuoi antenati ti guardavano dalle stelle…”
“Ogni defunto può guardare la terra, non solo quelli di Suna!”
“E secondo te che cosa sta pensando Asuma-sensei?”
Temari avrebbe voluto dirgli che, probabilmente, stava battendo la testa sulle nuvole, in assenza di muri, per aver contagiato il suo allievo prediletto con il terribile vizio del fumo.
Ma per una volta, una volta soltanto, si limitò a tossire infastidita, arricciare il naso e sfoggiare la sua infima e nascosta sensibilità.
“Sarà molto orgoglioso, no? Hai smosso quel tuo pigro culone e l’hai finalmente vendicato! Insomma, scommetto che non si sarebbe mai aspettato tanto da te!”
Ecco, questa era la sua sensibilità.
L’odore acre della sigaretta si fondeva con un vago sentore di pioggia e l’invitante profumo di incenso. Di crisantemi. Di lacrime.
Temari poggiò un fiore bianco sulla semplice tomba, assieme agli altri mille portati dal suo team di allievi e da Kurenai.
Una stella in un mare nero.
“Vendetta…Naruto ha ragione: alla fine non ti realizza, non cicatrizza, non cura, non ti asciuga le lacrime. È come un contentino, una pensione, un ricordo grigio. È un’ennesima malattia. Non vale la pena, perseguirla” mormorò Shikamaru, aspirando lentamente dalla sigaretta.
“Lo so, lo so bene” annuì Temari, pensando a suo fratello, al suo adorato fratello dai tristi occhi turchesi “Ma l’incontro con quello schizoide dovrebbe averti dato più fiducia nelle tue capacità: Asuma aveva ragione, puoi davvero aspirare a un titolo onorevole nel mondo dei ninja!”
La sigaretta si spense, e morì tra le prime gocce di pioggia.
“Stai scherzando??” esclamò Shikamaru con voce lamentosa “Un’altra seccatura in più…ho già faticato troppo per battere quel pazzo: ora non mi schioderò più dal mio letto almeno per due settimane!”.
Mentre cercava di difendersi dalle imprecazioni di Temari, Shikamaru rammentò quello che, nonostante tutto, la vendetta, sadica maestra, gli aveva insegnato un ultimo monito: oltre la morte c’era e ci sarebbe sempre stata la vita. La vita che germogliava fra le braccia di Kurenai. La vita ardente negli occhi di Temari.
Shikamaru sorrise, tra gli insulti della ragazza: sperò intensamente che, le prossime volte, non dovesse morire nessuno per dargli una scusa per rivederla.


6.Virtù


Temari si raccolse i capelli biondi nei suoi tipici e disordinati codini. Appena qualche goccia d’acqua per il viso, una ruvida carezza per gli occhi stanchi. Un tramonto di sangue rischiarava la valle.
Scacciò di nuovo alcune mosche che si affollavano sul viso di un cadavere.
“È per una vostra incertezza che quest’uomo è morto? O per eccessiva indulgenza?” chiese la ragazza, al compagno di una vita.
Shikamaru non staccò i suoi pigri occhi dalla grotta; non poteva permetterselo. Un mostro con un viso d’angelo vi era rinchiuso.
Temari si appoggiò lievemente ad una delle spigolose e pallide rocce da cui erano nascosti: non l’avrebbe mai capita, questa contagiosa ossessione.
“Lo fai per lui o per Naruto? È Naruto, che vi ha avvelenato con la sua opaca idea del buonismo assoluto e del’imminente fine di tutti i dolori? Cosa vi appanna la mente, Shikamaru, io…non capisco” era quasi rotta e malinconica, la voce roca della ragazza.
“Non esiste questo mondo, questo paradiso terrestre, arrenditi” mormorò, fioca.
“Non c’è più speranza, per Sasuke Uchiha”.
Gli occhi di Temari scorrevano, freddi, sui volti stravolti dei ninja che avevano inseguito Sasuke, dopo che era sta tradito dal suo antenato Madara: ormai era sconfitto.
Ino era un fantasma, un pallido riflesso, Choji batteva i denti e là, più avanti, troppo avanti, una tremante chioma rosa.
Naruto, una candela tra mozziconi di cera, era sparito nella grotta. Una conchiglia dal rumore di un mare scarlatto.
Temari chiuse gli occhi: non li avrebbe mai capiti, i ninja, della Foglia, in quella loro fanatica ossessione.
Non avrebbe mai capito l’amore della sua vita. E forse era meglio così: era meglio lasciare un rompicapo irrisolto piuttosto che perdercisi dentro, in un labirinto di nuvole e cuscini.

Shikamaru si godette per lunghi minuti l’espressione sbigottita di Temari: buffa e tonda come non lo era mai stata.
La strinse, forte, aveva bisogno del suo colore, del suo odore; la voleva proteggere, come aveva sempre fatto.
L’aveva protetta da sé stessa, dal suo orgoglio, dalla sua impudenza e ora dalla sua aggressività, dalla sua noncuranza, dalla sua violenza.
Sorrise di nuovo: Naruto era come resuscitato, dopo essere uscito dalla grotta. Aveva concesso a Sasuke la libertà, il perdono: l’Uchiha non sarebbe più tornato a Konoha, ma il giovane neo-hokage aveva realizzato un nuovo miracolo. Una nuova alba, per il mondo dei ninja.
Era un lampo di vita, un fulmine di speranza.
E mentre tutti si affollavano sul Naruto, il loro nuovo sole, Shikamaru ne approfittò per rubare un bacio alla sua scioccata Temari.


7.Principati

 

A Shikamaru non importavano le decisioni dei consigli o i dilemmi politici: li lasciava al loro indaffarato Sesto Hogake. E non gli importavano seccature e scartoffie varie, granelli di sabbia o nuvole, fiori o lampi. Non gli importavano gli improperi della madre e i moduli da compilare, né gli odori della sua terra.
Vedeva soltanto il sorriso degli amici, tramonti scintillanti e fratelli gelosi. Gli importava di Temari, la sua salvatrice, la seccatura con cui voleva passare il resto dei suoi giorni. Gli importava solo del loro amore che avrebbero visto sbocciare nel deserto, tra sabbia e cielo.
Gli importava del loro sereno, pacifico e calmo matrimonio, senza intoppi o seccature.
“Allora Shikamaru…il colore dei tovaglioli per il buffet lo vuoi panna o crema?”.
Mai smettere di sperare, almeno


8.Arcangeli


“Non te lo consiglio, Shikamaru”
“Allora è un sì?”
“Non l’ho detto!”
“Seccatura, sei snervante! Lo guardo o no, questo test?”
“Forse dovrei dirtelo a voce…”
“Forse…
“O forse no…”
“O forse no…”
“Shikamaru, non mi aiuti!”
“A me aiuterebbe sapere se tra nove mesi ci sarà un’altra piccola testa d’ananas oppure no!”
“Sverrai, lo so…”
“Allora è un sì??Sei già stata a fare gli esami, lo sai di certo!!”
“E va bene, guardalo!”
“Allora lo guardo!”.
Ma il vero shock fu sapere che entro nove mesi ci sarebbero state due teste d’ananas in più.



9.Angeli


Un ultimo pensiero affiorò nella mente stanca di Temari, che si accarezzava l’enorme pancia, mentre la sua dolcissima metà usciva imprecando alla disperata ricerca di un cocomero.
Lei era una città dispersiva e caotica, piena di affanni politici e carestie, di povertà e inganni. Era un città fantasma, una città incompresa. E Shikamaru era stato il suo angelo, che era sceso sempre più in fondo, sempre più a terra, tra la polvere, pur di guidarla e guarirla.
Era un angelo, alla fine, il suo Shikamaru.
Un angelo che aveva rinunciato alle nuovle e alle sue ali, e, solo per lei, era diventato

10.Uomo





 
L’ho finita adessoXD
Ah, si potrà notare che il primo capitolo era scritto proprio per lo ShikaTema day dell’anno scorso. Si potrà notare la mia velocità nell’aggiornareXD
Ecco le note riferite alle gerarchie angeliche, su cui si basa ogni capitolo:
Serafini: continuamente cantano le sue preghiere: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!». Molti cristiani credono che il Diavolo sia un angelo decaduto nell’inferno e che una volta fosse nei Cieli un Serafino.
Cherubini: Hanno quattro ali e quattro facce, ovvero una umana, una di cherubino, una di leone ed infine una di aquila. Si crede che, anche se sono stati rimossi dal piano reale e materiale degli uomini, la luce divina che essi filtrano giù dal cielo possa ancora toccare le vite umane.
Troni: Inoltre, sono descritti come ruote intersecate ad altre ruote, delle quali una si muove avanti e indietro, e l'altra si muove da un lato all'altro.
Dominazioni: Essi compongono l'esercito dell'Apocalisse e da loro dipende l'ordine universale e la disciplina ferrea alla quale gli angeli si rivolgono per mantenerlo. (riferimento ai quattro cavalieri dell’Apocalisse).
Potestà: Gli angeli della nascita e della morte sono Potestà.
Virtù: loro forma è simile a lampi di luce che ispirano nell'umanità molte cose come l'Arte o la Scienza.
Principati: Sono gli angeli guardiani delle nazioni e delle contee, e tutto quello che concerne i loro problemi e eventi, inclusa la politica, i problemi militari, il commercio e lo scambio.
Arcangeli: questi angeli tendono ad essere i più grandi consiglieri e amministratori inviati dal Cielo.
Angeli: sono i più familiari agli uomini, poiché sovraintendono a tutte le loro occupazioni.
Piccolo pezzo per Franklin Jones.
Aiuto che stanchezzaXD
Grazie per la vostra attenzione,
LaLa
  
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