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Autore: Max69Crew    27/06/2010    2 recensioni
Nel 2010 un aereo tenta un atterraggio di fortuna sull'isola dove, nel 1985, il miliardario John Hammond, a capo delle industrie InGen, riportò alla vita i grandi rettili estinti. I naufraghi dovranno riuscire a sopravvivere nella giungla spietata, a contatto con i più spietati predatori che il mondo abbia mai conosciuto... Per favore recensite!!! Grazie!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Giorno1
GIORNO 1
 
Erano le quattro di pomeriggio. Max Parker stava sfogliando il manuale sui dinosauri comprato in Colorado per non pensare al prurito che gli dava la cintura di sicurezza, che ad ogni sobbalzo del velivolo gli entrava sempre di più nella carne. Aveva la gamba destra addormentata e le turbolenze non lo mettevano di buonumore. Erano partiti dall’aeroporto di New York da cinque ore, e per Sydney era ancora lunga. Accanto a lui suo cugino Sam sonnecchiava con il mento poggiato sul petto e sua sorella Laura guardava le gocce di pioggia che iniziavano a macchiare il vetro del piccolo finestrino, con le cuffiette dell’Ipod nelle orecchie.
La voce cordiale di una ragazza parlò dagli altoparlanti.
<< Abbiamo appena lasciato i cieli del Costa Rica, stiamo iniziando a sorvolare l’Oceano Pacifico. Il comandante si scusa ancora per il disagio causato dalle turbolenze e si raccomanda di tenere le cinture allacciate. >>.
<< Era ora… quanto ci vorrà ancora per arrivare a Sydney? Ho il collo a pezzi >> disse Sam mettendosi dritto sul sedile e massaggiandosi la nuca.
In quel momento ci fu uno scossone che li fece saltare sul sedile e il segnale di allacciare le cinture da giallo lampeggiante divenne rosso. L’hostess parlò di nuovo.
<< Si pregano i gentili passeggeri di mantenere la calma. La torre di controllo ci avvisa di una tempesta in arrivo. Il comandante tenterà un atterraggio d’emergenza >>. Tra i sedili dei passeggeri corse un mormorio agitato al sentir pronunciare quelle due ultime parole.
Laura si tolse le cuffiette guardando fuori del finestrino. << Che arcipelago è quello? >>
Max rimise il libro nello zaino, rassegnandosi al prurito, e si allungò per sbirciare al di là dello spesso vetro.
Vide un mare di nebbia color bianco latte, dalla quale svettavano, in netto contrasto, delle frastagliate creste nere ricoperte di vegetazione.
<< Non ne ho idea… forse le Galapagos >> disse, pur non essendo estremamente sicuro di quella risposta.
Venti minuti più tardi toccarono terra, su un rettilineo asfaltato irregolarmente, probabilmente una pista di atterraggio in disuso.
I passeggeri esplosero in un unico sospiro liberatore mentre si sganciavano le cinture di sicurezza. Max prese al volo l’occasione e si alzò, facendo ritrarre i piedi a Sam.
<< Vado a fare due gocce >> disse avviandosi verso i bagni.
Si fermò davanti alla porticina bianca sovrastata da una luce rossa, evidente segno che qualcuno l’aveva preceduto, ad aspettare che il bagno si liberasse. Notò che la porta della sala comandi era socchiusa, e da dentro venivano delle voci. Tanto per avere qualcosa da fare nell’attesa si avvicinò e cerco di dare un’occhiata. Da piccolo era rimasto affascinato dalla sala comando di un aereo mentre andava a Creta con la sua famiglia. Ma non riuscì a vedere nulla. Sentiva solo tre voci, due uomini e una donna, e a quanto pareva uno dei due uomini e la ragazza erano piuttosto spaventati.
<< Ma sei impazzito? Questa è l’isola dove hanno creato i dinosauri >> disse la donna, cercando di mantenere la calma.
<< È stato necessario atterrare qui, non potevamo continuare a volare dentro la tempesta… e poi avevamo perso i contratti radio. Finché rimaniamo qui siamo al sicuro! >> disse la voce di un uomo, che a Max sembrò essere il pilota.
Tornò di corsa al suo posto, dimenticandosi del bagno, e  non appena si fu seduto disse a bassa voce, per non farsi sentire:
<< Sapete dove è atterrato quell’idiota? >>.
Gli altri lo guardarono con un’espressione interrogativa dipinta sul volto.
<< Siamo su Isla Sorna, il posto dove venticinque anni fa avevano riportato in vita i dinosauri… ho letto il libro di Alan Grant, il paleontologo che ci è stato… non è un posto piacevole >>
<< Non mi dire… l’isola del Jurassic Park? >> domandò stupito Sam.
<< No quella è Isla Nublar, un pò più vicino alla costa, qui li allevavano e poi li portavano lì >>
Laura, che sembrava piuttosto spaventata chiese << Ma perché il parco è stato abbandonato? >>
<< Perché i dinosauri si cominciarono a riprodurre in natura e divennero incontrollabili >> disse piano Sam. << Finchè rimaniamo sull’aereo non ci succederà niente! >> esclamò Max poco convinto, per rassicurare la sorella.
 
La pioggia non accennava a diminuire mentre il vento spazzava i fianchi dell’aereo, facendolo oscillare lievemente.
A Max il dondolio ritmico e la noia stavano facendo venire sonno, ma non appena socchiuse gli occhi la notte venne squarciata da un ruggito acuto, simile ad un barrito.
Immediatamente aprì gli occhi e si precipitò al finestrino, per vedere cosa succedesse.
Buio.
In quel momento l’aereo iniziò ad oscillare con più vigore finché non si inclinò, spargendo mascherine per l’ossigeno e zainetti ovunque.
Max, Sam e Laura afferrarono gli zaini e iniziarono a correre , finché non raggiunsero il portellone dell’aereo, che gia era stato aperto da un gruppetto di persone che ora si era fermato sulla pista, e rimanevano increduli a guardare lo spettacolo che si svolgeva loro davanti.
Un’animale enorme, alto almeno 6 metri e lungo 15, con una cresta irta di aculei sulla schiena stava in quel momento affondando il muso da coccodrillo nella fiancata dell’aereo, per poi ritrarlo con in bocca i passeggeri rimasti intrappolati tra le lamiere.
La pioggia diluiva il sangue.
I tre ragazzi rimasero per qualche secondo immobili, stupefatti da quel sanguinolento spettacolo.
Poi approfittando del fatto che il dinosauro era distratto corsero nella giungla, seguendo le altre persone che erano riuscite a scappare.
 
La fitta vegetazione non faceva trapelare la luce del sole, gia offuscata dalle nuvole nere che avevano portato la tempesta, e l’unico rumore era quello delle foglie colpite dall’acqua e i ruggiti dell’animale sulla pista di atterraggio, che si allontanavano sempre di più.
Aveva smesso di piovere.
Continuavano a camminare, senza avere una destinazione precisa, con le giacche a vento umide.
Di tanto in tanto avvertivano dei movimenti tra le foglie carnose delle felci alla base degli alberi e tra le foglie degli alberi, che ora producevano una luce verde brillante attraversate dalla luce. Si sentiva il cinguettio degli uccelli. Laura aveva letto da qualche parte che il Costa Rica aveva una varietà di uccelli maggiore di tutto il Nord America. 
 Si erano uniti al gruppo che era sceso di corsa dall’aereo e mente marciavano Sam si era piazzato accanto al pilota, e aveva iniziato a tempestarlo di domande.
<< Come mai ha deciso di atterrare proprio qui? Non potevamo fermarci sulla costa? Si rende conto della situazione nella quale ci ha cacciati? >> stava dicendo in quel momento, fortemente sostenuto dalla giovane hostess Maria e dal copilota, che si presentò come Julio Fernandez.
Il secondo gruppetto che viaggiava pochi metri dietro a loro era composto da cinque persone: Marla Carter, un veterinario di New York, John Miller e Fiona Martin, una coppia appena sposata diretta a Sidney per il viaggio di nozze,  Andrew Allen e Thomas Griffin, due programmatori di Boston in viaggio per lavoro.
Laura aveva in mano il telefonino, e camminava a zig-zag alla ricerca di qualche tacca di segnale, senza successo.
<< Ti stancherai il doppio camminando così! >> disse il fratello quando gli passò vicino.
Rimise il cellulare nella tasca degli shorts, rassegnata all’evidenza << Come cavolo abbiamo fatto ad arrivare a questa situazione? >> mormorò, rivolta più a se stessa che a qualcuno in particolare.
<< Chiedilo a quell’idiota >> disse Thomas, indicando il pilota.
Si fermarono in prossimità di un ruscello per riempire le bottigliette d’acqua che avevano consumato lungo il percorso.
Si sedettero sulle rocce fredde e scivolose, con i piedi stanchi immersi nell’acqua gelida, a sgranocchiare gli snack che avevano negli zaini. La luce calava sempre di più, e sapevano che presto avrebbero dovuto trovare un riparo per la notte.
  Max  tirò fuori dal suo zaino il manuale e iniziò a sfogliarlo. 
Trovò ciò che cercava.
 
 
(dimensioni in scala dello Spinosaurus -16x4 metri)

Classificazione scientifica
Nome: Spinosaurus significa: rettile spinoso
Misure: lungo 15-17 m
Alimentazione: carne e pesce
Epoca e ambiente: 110 milioni di anni fa, nel Cretaceo, in Nordafrica, Egitto e Niger
Lo Spinosaurus era un dinosauro carnivoro lungo probabilmente (dati i pochi reperti pervenuti) fino a 17 metri e dal peso compreso tra le 5 e le 9 tonnellate, forse anche di più negli esemplari più grandi (quindi il suo peso era più o meno equivalente a quello di un autobus). È stato scoperto nella stessa zona del Nordafrica in cui furono trovati i dinosauri veget­­ariani dal becco d’anatra, gli Ouranosaurus, che, come lo spinosauro, erano forniti di una vela dorsale. Data la tipologia di cranio, molto simile a quello di un coccodrillo, è stato ipotizzato che la sua dieta fosse basata prevalentemente sul pesce e, più raramente, sulla caccia ad altri dinosauri. L'ipotesi si basa anche sul fatto che la vela dorsale risultasse facilmente danneggiabile.
 

<< Qui dice che quel bestione viveva in Egitto… deve essersi abituato bene al clima di qui… >> disse mentre assaporava il sapore caramelloso e stucchevole del suo Mars. Marla  annuì strofinando gli occhiali sulla maglietta per eliminare la condensa e prese il libro << E soprattutto non mi sembra si curasse molto di non danneggiare la sua vela >> osservò.
Allen, asciugandosi l’ampia fronte sudata con la maglietta ancora più umida, distribuì a tutti delle torce tascabili marcate HP.
<<  Alle conferenze le regalano… >> disse a mò di giustificazione.
  Dei piccoli dinosauri simili a delle lucertole su due zampe,alti una trentina di centimetri, che si erano avvicinati al gruppo, scapparono nel folto della vegetazione alla vista della luce azzurra dei led delle torce.
<<  Venite a vedere! >> esclamò Fernandez da dietro una collinetta ricoperta di piante.
Si precipitarono di corsa verso la voce e videro che la collinetta era in realtà un caravan di 12 metri ricoperto di terra e felci.
La porta, marchiata con un logo azzurro con su scritto InGen, era chiusa, ma bastò abbassare la maniglia per aprirla. Il copilota entrò dentro di scatto, con la torcia stretta in mano e subito dopo la luce gialla di una lampadina cominciò a filtrare dai vetri opachi e sporchi.
<< Venite! Funziona anche la luce! >>.
Tutti lo seguirono all’interno del veicolo.
Era un laboratorio mobile. Nella parte anteriore c’erano una decina di sportelli di vetro pieni di provette,un tavolo con il ripiano in acciaio ed un frigorifero, mentre più giù c’erano quattro letti a castello. Sam alzò la mano e disse << Io propongo di dormire qui… chi è d’accordo? >>Dieci mani si alzarono contemporaneamente.
Dentro il cruscotto trovarono una radio, ma emetteva solo scricchiolii.
Si sistemarono tutti sui letti, tranne John, Thomas, Julio e Carlos, il pilota, che stesero delle coperte per terra.
Spensero le luci lasciando spazio alla fitta oscurità accompagnata dai rumori della foresta.

 

  
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