Crossover
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Autore: sorika    28/06/2010    2 recensioni
Kyouya, ancora, fissava inerme la scacchiera. Sasori l’aveva preso. Aveva preso il quaderno. Il Diario. Ora era veramente spacciato.
Genere: Generale, Demenziale, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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atto I

Note dell’autrice: Bisogna fare delle piccole precisazioni. Innanzitutto, come è nata questa storia (perché leggendo ve lo chiederete). Allora, in sostanza, io ed una mia amica (la protagonista di questi atti) stavamo al Mcdonald a mangiucchiare qualcosa, quando abbiamo cominciato a delirare sul Nuovo Mondo di Light Yagami. Da lì, ce lo siamo diviso: lei il Nuovo Mondo Sud io il Nuovo Mondo Nord. Ci siamo date dei consiglieri (3 a testa noterete) e lei mi ha dato cinque parole da seguire per ogni capitolo. Da tutto questo è nata questa cosa.

Piccola precisazione: i personaggi sono, purtroppo OOC ed anche se io odio l’OOC, non ho potuto esimermi dall’usarlo. Spero vi piaccia lo stesso.

 

Ah, ovviamente tutta la raccolta è dedicata alla mia insostituibile Somma Rashmi, perché lei è la mente e io il braccio <3

 

ATTO I

Piccoli scherzi, esperimenti mal riusciti e idee diaboliche

 

Sasori camminava distratto per i corridoi del palazzo del Nuovo Mondo Sud senza un occupazione degna di questo nome- poteva andare ad infastidire Neko-Neko, ma che gusto c’era a spaventare un uomo che se la faceva sotto se per caso scricchiolava qualcosa?-.

Da quando gli avevano proibito di entrare nel proprio laboratorio, Sasori si sentiva mogio e depresso, inutile come un fazzoletto usato. Nemmeno più infilarsi a tradimento nel letto della regina lo faceva emozionare. Anzi, stufa di vederselo comparire sempre nei momenti sbagliati, la Somma Rashmi gli aveva vietato anche di intrufolarsi in camera sua. Così, avendo perso entrambe le sue occupazioni preferite, Sasori vagava come un spirito per il castello, moralmente sconfitto.

Aveva provato a prendersela con Sesshomaru- gli aveva scambiato il vasetto di gelatina con dei piselli frullati- ma l’enorme taglio che aveva sulla schiena era stato l’esauriente commento del Lord alla sua bravata. Taglio che bruciava ogni volta che provava a muoversi più velocemente del consentito e che gli suggeriva, pungolando durante la notte, che Sesshomaru non era lo scemo che faceva credere. Così aveva rinunciato anche a lui, perché di farsi fare a fettine non gli andava proprio.

C’era anche Kyouya, ovvio, ma lui era così Bleah che non valeva nemmeno la pena scervellarsi per pensare ad un modo per infastidirlo. E poi era sempre chiuso nel suo studio a far quadrare i conti, quindi come poteva riuscire ad infastidirlo?. La somma Rashmi gli aveva anche proibito di avvicinarsi a lui, perché se gli faceva sbagliare un solo conto, lo avrebbe sbuzzato personalmente. E Sasori aveva imparato a fidarsi delle sue minacce.

Così, depresso e nullafacente, Sasori camminava, canticchiando una canzoncina inventata sul momento, sperando di riuscire a far passare un po’ di tempo. Ma quando voltava lo sguardo all’enorme pendolo in fondo al corridoio si accorgeva che le lancette non si erano ancora spostate. E allora gli dava le spalle e ricominciava, pregando che, quando sarebbe tornato a guardarlo, le lancette erano già sulle sei.

~-.-~

«Ehi Sasori! Cosa stai combinando?» lo apostrofò la Somma Rashmi andandogli incontro di gran carriera. Sasori, alzando lo sguardo perplesso, la guardò, poggiando il cacciavite sul pavimento dov’era seduto, ed attese che parlasse ancora.

Ma vedendola alquanto perplessa, Sasori si ritenne in dovere di rispondere.

«Niente, mia Regina».

La Somma Rashmi continuò a guardarlo perplessa.

«Niente?» domandò, per confermare.

Sasori annuì corrucciando le ciglia. Un ticchettio sinistro riempì per un attimo il silenzio.

Poi la voce sprezzante ed arrabbiata della Somma spezzò l’aria come un colpo di pistola.

«E tu, smontare l’orologio a pendolo, lo ritieni un Niente?».

«Mi annoiavo» si giustificò Sasori.

La regina lo guardò smarrita e vagamente comprensiva, ma quando una molla partì dagli ingranaggi e si schiantò sul suo naso, lo sguardo di lei divenne di fuoco e fiamme.

Niente di rassicurante, insomma.

«Non me ne frega una beneamata mazza se ti annoi! Per punizione andrai a far compagnia a Kyouya nel suo studio! Ci siamo capiti?».

Sasori spalancò gli occhi, boccheggiò qualcosa e strinse i resti dell’orologio fino a romperne il vetro- che fece diventare esaurita la regina- e poi, chinando il capo come una povera vittima sacrificale sibilò un “d’accordo” mesto e si incammino verso lo studio di Kyouya.

La regina, da lontano, lo guardò fino a quando non sparì dietro l’angolo, poi blaterò qualcosa ed infine prese a calci quel poco che rimaneva del pendolo. Infine si aggiustò i vestiti e se ne andò in sala da pranzo, per farsi servire una bella cioccolata calda.

~-.-~

La stanza dove quel perfettomane di Kyouya lavorava era un luogo abbastanza carino ed ordinato, con i scaffali pieni di libri e un televisore in schermo antico che, tantissimo tempo fa,  doveva aver trasmesso dei film in bianco e nero. C’erano due ampie finestre che davano sul giardino principale, adornate da tende di un bianco brillante. Sul lato destro c’era anche un caminetto in marmo rosa, con sopra un orologio antico e due violinisti in porcellana. Vicino ad esso, rivolte di poco verso il centro, c’erano due poltrone in velluto rosso che guardavano verso un tavolinetto in vetro, su cui troneggiava un libro alto e dalla copertina verde.  Sul lato sinistro, invece, coperto da soffici coperte rosse, il letto a baldacchino si ergeva trionfante del suo spazio. C’era anche un comodino, di lato, sopra cui c’era un bicchiere vuoto e una candela consumata. Di fronte a lui, infine, c’era Kyouya che, seduto sulla sedia e girato di un po’ verso il suo ospite, guardava quest’ultimo perplesso, sorpreso di vederselo lì. Tra le dita stringeva una penna e sembrava essere stato colto in un momento critico.

«Che cosa vuoi, Sasori?» gli domandò, alzando un sopracciglio.

Sasori si riscosse e disse, alzando le spalle:

«La Somma Rashmi ha detto che devo stare con te».

Kyouya strabuzzò gli occhi così tanto da farsi scivolare gli occhiali sulla punta del naso. Non poteva crederci! La regina, la donna che lo sobbarcava di lavoro fino a fargli detestare la matematica, ora gli stava palesemente offrendo la causa dei suoi problemi su un piatto d’argento? Andiamo, probabilmente era un sogno! Sicuramente si era appisolato sulla scrivania e la postura scomoda gli aveva fatto sognare questa cosa orrenda! Perché altrimenti non poteva essere, insomma, se voleva che i conti quadrassero doveva lasciarlo nella pace più assoluta e non con quel pazzo ambulante tra le scatole!

«Allora? Cosa stavi facendo di bello?» cominciò Sasori, giusto per intavolare una discussione. Non che volesse davvero parlare con quel fissato dei numeri, ma se doveva passarci un pomeriggio intero, tanto valeva che lo trattasse come uno alla pari.

Kyouya sembrò ancora più stupito dalla sua domanda, ma tentò di darsi un contegno, così prima di rispondere, si aggiustò gli occhiali e rispose, serio:

«Contavo quante spese hai effettuato questo mese».

«Ah, e quante ne sono?»

«Molte più di quanto immagini» concluse Kyouya, sedendosi di nuovo dritto ed impugnando la sua fedele calcolatrice, per cominciare l’ennesimo calcolo.

Con sopperito stupore, Sasori si accorse che la scrivania di Kyouya era strapiena di fogli, cartelle e post it. C’era un caos indicibile lì sopra tanto che le braccia di Kyouya centravano a malapena sopra. Si accorse che c’erano anche dei libri.

La matematica nell’ 500 – noiosissimo!-.

Numeri e vita- ovvero?-.

Dall’ipotesi alla legge- fisica, sicuramente-.

E un quaderno con la copertina nera e consunta. Sembrava stato usato di recente e la curiosità di Sasori prese il sopravvento. Allungò una mano per afferrarlo e sbirciare qualcosa al suo interno, ma la presa salda di Kyouya interruppe il suo movimento.

«Cosa hai intenzione di fare?» ringhiò, fissandolo.

Sasori non si fece impressionare ed alzò le spalle, scrollando la mano.

«Volevo prendere quel quaderno. Posso?».

Kyouya scosse vigorosamente la testa e precisò, serio:

«No. È una cosa privata, quindi fammi il favore di tenere le tue manacce a posto. Chiaro?».

Attese che Sasori rispose, ma vedendolo assente, con lo sguardo perso oltre la finestra, decise di ignorarlo a sua volta e di riprendere da dove aveva lasciato.

Per un po’ regnò la pace, nella stanza di Kyouya, ma quando quest’ultimo si stava abituando alla sua presenza, Sasori esordì dal nulla:

«Credi che domani pioverà?».

Kyouya arricciò le sopracciglia, colto alla sprovvista, e balbettò:

«N-Non saprei. Pensi che pioverà?».

«Se l’avessi saputo, te l’avrei chiesto?» e Kyouya, per non spaccargli sul cranio la boccetta d’inchiostro, si morsicò le labbra e tacque, ricominciando a fare i conti.

Sasori sghignazzò e preparò la prossima domanda. Perché, doveva ammetterlo, si stava annoiando da morire lì con lui, soprattutto perché quell’essere preciso non lo degnava di una sola occhiata.

Sbuffò  e decise di alzarsi e di ficcare il naso un po’ ovunque. Kyouya lo seguì con lo sguardo.

Ora che dava un occhiata più attenta, in una cesta nascosta in un angolo c’erano dei Peluche. Per un momento gli venne alle labbra una risata meschina, ma per non morire torturato preferì ingoiarla e proseguire nell’esaminazione. Era una cesta in vimini a forma di casa. Aveva il tetto rosso e due finestre sul davanti. Al suo interno, sorridente come un ebete, un orsetto marrone lo guardava spento, con gli occhi vuoti come biglie.

E fissando le sue iridi finte, gli sovvenne un'altra domanda invadente.

«Kyouya, scommettiamo che ti batto a scacchi?».

Kyouya alzò di scattò la testa e lo guardò per un momento, cercando di capire bene quello che aveva detto. Poi sogghignò e disse, saccente:

«Certo, come no».

Sasori parve interdetto.

«Beh? Non potrebbe essere?».

«Direi di no, scemo. Tu non sai nemmeno qual è la regina!».

Sasori lo fissò, ghignando appena, e gli si avvicinò, sedendosi vicino a Kyouya, il quale, sentendosi superiore, lo guardava dall’alto in basso, sicuro che almeno in quello l’avrebbe stracciato. Perché Sasori poteva essere bravo nel combattimento corpo a corpo, nel tirare shuriken o kunai, nel convincere la regina a portarselo a letto, a fare aeroplani di carta più belli dei suoi, a mangiare la minestra senza cucchiaio- e senza sporcarsi-, a cantare Heidi meglio di chiunque altro e a fare lavori a maglia. Ma a scacchi, no. Non ce l’avrebbe fatta.

Lui era il più forte.

«Allora, cominciamo?» domandò Sasori, grattandosi la testa.

Kyouya liberò il tavolo da ogni intralcio e vi poggiò la scacchiera.

«Preparati a perdere, nanerottolo».

~-.-~

La Somma Rashmi, dopo essersi rifocillata con una buona cioccolata calda, aveva deciso di andare a controllare com’era la situazione in camera di Kyouya.

Conoscendo Sasori- e il suo pessimo carattere- non riusciva ad immaginarsi nulla di buono. Così, bussando gentilmente alla porta, attese che qualcuno andasse ad aprirla.

Aspettò ed aspettò, rimanendo immobile poco distante dalla porta, ma quando la sua pazienza- già limitata- finì con l’esaurirsi, la Somma Rashmi gridò:

«Insomma! C’è qualcuno che è disposto ad aprirmi?».

Ma non ricevette risposta. Allora, urtata, afferrò la maniglia ed aprì la porta, già pronta ad inveire contro di loro nel peggior modo possibile.

Gonfiò i polmoni, aprì la bocca, e l’insulto le morì sulle labbra quando, guardandoli stralunata, si accorse che erano concentrati in un “duello all’ultimo sangue”.

Non sapeva se ridere, se piangere, se fare entrambe le cose insieme, o se prendere il vaso nel corridoio e spaccarlo sulle loro teste. Qualcosa di macabro le suggeriva la terza, ma alla fine non optò per nessuna di queste. Decise solamente di strillare come un uccello in gabbia:

«Si può sapere cosa c’è di così impegnativo negli scacchi?» e si avvicinò minacciosamente.

Kyouya alzò una mano e le intimò di fermarsi. Lei obbedì, interdetta.

Sasori si mise una mano sul mento, piegò un sopracciglio in giù e poi afferrò la testa del cavallo. Lo mosse e Kyouya, aspettandosi quella mossa, afferrò il re e lo mangiò.

La Somma Rashmi rimase ad osservarli, senza sapere cosa dire. Si era già figurata la sfuriata a cui li avrebbe sottoposti, ed invece si ritrovava senza una parola da spiccicare.

Nel frattempo, l’aria si era fatta irrespirabile. Chi dei due avesse sganciato, la Somma non saprebbe dirlo, ma la puzza era tale che fu costretta ad avvicinarsi alla finestra e a mettere la testa fuori, riempiendosi i polmoni di aria pura.

Kyouya, intanto, togliendo il cavallo di Sasori dalla scacchiera, si accinse a fare la sua prossima mossa. Osservò il piano di gioco con studiato interesse, e poi spostò il re poco lontano dalla regina di Sasori il quale, rimasto con tre pedine, non sapeva più dove mettere le mani.

Guardò la propria regina, inerme dietro un fante. Rivolse uno sguardo pietoso alla torre che giaceva immota al suo posto iniziale e decise. Sacrificò proprio lei.

Kyouya, ghignò malignamente.

Oramai erano alla resa dei conti.

«Sei ancora del parere che mi batterai?» domandò Kyouya, alzando il proprio cavallo per metterlo vicino alla regina di Sasori e fare Scacco.

Quest’ultimo, sorrise sardonico.

«Rendiamola più interessante. Se perdo mi dai quel quaderno nero».

E Kyouya, ormai in un punto di non ritorno, poggiò il cavallo proprio dove non avrebbe dovuto.

Scacco Matto.

Ma a giudicare dalla proposta, era stato Sasori a farlo.

«Ora che avete finito, potete ascoltarmi?» proruppe la Somma Rashmi, mettendosi le mani sui fianchi. Sasori la guardò accorato, mentre Kyouya fissava ancora sconcertato il suo errore.

«Certo, mia regina. Dica pure» esordì il marionettista, felice come un pasqua.

«Mi annoio, chi viene a vedersi con me “50 volte il primo bacio”?».

Sasori fece uno scatto felino e si alzò, agguantando il quaderno nero di Kyouya e si avvicinò alla sua regina, prendendola sotto braccio.

«Vengo io, naturalmente. Ma ad una condizione» il suo sorriso si fece malizioso «Dovremo prendere esempio dal film!» e ridacchiò quando la regina, indignata, gli schiaffeggiò una spalla.

«Sasori! Che modi sono questi?» ma si avviò lo stesso con lui.

 

Kyouya, ancora, fissava inerme la scacchiera.

Sasori l’aveva preso. Aveva preso il quaderno. Il Diario.

Ora era veramente spacciato.

 

 

  
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