Un
caloroso saluto a tutti =)
Questo
piccolo, molto piccolo racconto, che prenderà probabilmente al massimo 4
capitoli, è uno spezzone di quotidianità militaresca romulana in un particolare
–buffo- frangente (penso che il titolo lasci poco spazio ai dubbi sulla
particolarità). E’ un mio leggero tentativo per introdurmi meglio nella
narrazione romulana, considerando che questa estate comincerò a pubblicare la
LongFic.
Naturalmente,
accoglierò con molto piacere pareri e critiche costruttive (almeno per questo
primo capitolo)!
Inoltre,
volevo informare tutte le scrittrici che uso leggere che sicuramente apprezzerò
i loro nuovi capitoli con molto ritardo: sono sotto esami di stato, ergo sono
vicina alla nevrosi (e mi sto troppo morendo di paura ç__ç), e il massimo che
posso permettermi è una scrittura tranquilla e rilassante, motivo per cui non
aggiornerò almeno per un’altra settimana o poco più Voices from the Universe.
Non appena avrò finito con lo studio mi catapulterò a leggere le vostre fan
fiction!
Altra
piccola nota: questa fiction vedrà come protagonista un personaggio romulano
verso cui provo un profondo amore! E’ della time-line di The Next Generation, si
è visto PURTROPPO solo un massimo di 4 volte, ma l’ho adorato in ogni singola
apparizione! Lo inserisco qui, perché egli avrà un grande ruolo anche nella
futura LongFiction Romulana =)
Enjoy!
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«Falco
da guerra classe D’deridex nel raggio dei sensori: è la IRW Valkìr,
signore.»
«Apra
un canale e me li metta sul visore.» fu la risposta dal taglio scorbutico e
annoiato.
Il
vice-comandante non se lo fece dire due volte e digitò le apposite istruzioni
sui pannelli di controllo. In un batti baleno, la sfacciata faccia sorridente di
un anziano militare romulano apparve sullo schermo: «Comandante Tomalak! Lei è
sempre l’ultimo a morire, a quanto vedo.»
Lo
sguardo che raggiunse l’anziano ammiraglio fu arrogante, tagliente e solo
lievemente ostile ma ben presentato da un ghigno che poco aveva di casto:
«Ammiraglio Lokhat, siamo pronti a teletrasportarla sulla Tel’Hakanor.» fu la
beffarda risposta di un Tomalak seduto decisamente a suo agio sulla poltrona di
comando «E’ pronto ai festeggiamenti?»
«Festeggiamenti?»
domandò Lokhat dallo schermo visore «Non mi aspettavo un così caloroso
benvenuto!» fu la sarcastica risposta.
Tomalak
passò dallo stravaccato al “normalmente seduto”, mentre accavallava le gambe
quasi svogliatamente e poggiava il viso sul pugno: «Alcuni dei miei ufficiali
hanno insistito perché la portassimo su Romulus in grande stile, del resto
questo sarà il suo ultimo viaggio stellare, non è così?» un ghigno appena
accennato.
L’ammiraglio
rise piano, comprendendo il doppio senso della frase, un’affermazione che stava
molto per “finalmente ti togli dalle palle”, considerando si trattasse di
Tomalak: «Molto gentile da parte vostra. Mi sono preso il disturbo di farmi
accompagnare dal Comandante Tebok, spero la cosa non le
dispiaccia.»
Tomalak
sollevò scettico un sopracciglio: «Tebok è il benvenuto. Ho intenzione di
lasciargli in mano la Tel’Hakanor quando il viaggio di ritorno sarà concluso,
visto che riavrò la mia Terix non
appena arriveremo alla stazione spaziale presso Romulus. Faccia lui i miei
complimenti, toccare questa nave con mano è stata un’esperienza
estatica.»
«Glieli
faccia di persona, comandante.» fu la beffarda replica «Sono pronto al
teletrasporto. Chiudo.»
Il
visore si spense, e alcuni sguardi curiosi si voltarono verso Tomalak, che aveva
velocemente sostituito le precedenti espressioni con una che bene gli si
addiceva: severa e inacidita.
Si
alzò dalla sedia, sistemando l’uniforme: «”Esperienza estatica”… questa nave non
ha smesso di puzzare di arroganza dal primo istante.» borbottò, mentre si
avvicinava al suo vice «La Valkìr è nel raggio del
teletrasporto?»
«Sì
signore, abbiamo agganciato sia l’ammiraglio che il comandante Tebok, più il suo
ristretto seguito.» rispose calmo.
«Mi
segua alla piattaforma Valek, andiamo a dare il benvenuto.» fu la sarcastica
risposta.
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Dalla piattaforma del
teletrasporto scesero diverse figure ben distinte, tutte in alta uniforme
romulana ad esclusione di una matura quanto attraente donna, in abiti civili
molto eleganti, ovvero una lunga tunica beige stile
impero.
Tomalak si ritrovò a
sgranare gli occhi alla vista di quella romulana: «Maledetta
arpia…» sibilò con veleno ma molto, molto sottovoce.
Valek
si sporse verso di lui: «Comandante, la conosce?»
Tomalak
non ebbe nemmeno il tempo di comprendere che gli era stata rivolta una domanda
che l’Ammiraglio prossimo al congedo definitivo si avvicinò ai due sfoggiando
uno dei suoi ambigui sorrisi: «Comandante, vorrei presentarle il mio piccolo
seguito, alcuni fra i migliori ufficiali con la quale ho avuto il piacere di
lavorare.» disse, facendo segno loro di avvicinarsi; gli interpellati, perlopiù
giovani o già più maturi uomini si fecero avanti, chinando appena il capo di
fronte a Tomalak, fino a che non si fecero avanti Tebok stesso e la donna
romulana: «Comandante Tomalak, spero abbia trattato col rispetto che le si deve
questo magnifico falco da guerra.» si pronunciò il comandante Tebok, col suo
abituale modo serio e grave, sebbene sempre stuzzicato da un tono ed
un’espressione un po’ melliflua.
«Sarebbe
stato impossibile fare il contrario, comandante.» fu la beffarda
risposta.
«Ah,
Tomalak, posso presentarle mia moglie—»
«Non
si disturbi, Ammiraglio, io e la signora qui presente ci conosciamo già.»
concluse.
La
donna in questione sorrise maliziosa all’indirizzo di Tomalak: «Io e il
comandante abbiamo lavorato insieme in un’occasione su Romulus.» il sorriso
sensuale si allargò a periodo concluso, rendendole il volto dai lineamenti
aggressivi e contornato da ordinatissimi e nerissimi capelli ancor più
cospiratorio. Tomalak assottigliò gli occhi in uno sguardo di sfida, in un muto
messaggio di ostilità.
Lokhat
sembrò non cogliere quel silente scambio, perciò disse semplicemente: «Bene.
Vogliamo incamminarci?»
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«Mh…
Kali-fal. E di ottima annata per giunta.» sogghignò il vice-comandante Valek,
estraendo la bottiglia di liquido azzurrino dall’apposito porta
vivande.
«Ne
troverà diverse bottiglie vice-comandante.» quello era Senar, facente parte del
seguito dell’Ammiraglio e apprezzato ufficiale
dell’Impero.
Tomalak
guardava la scena dell’estrazione dei veleni dai porta vivande con sguardo quasi
assente e anche un poco vagamente in disparte; stava passando il tempo ad
elencare i lati negativi di quel viaggio che sarebbe durato ben 4
ore.
Se
Lokhat sapesse che io e Rakas ci siamo litigati la possibilità di evitare il
supplizio di accompagnarlo non avrebbe quel sorriso tronfio e
soddisfatto.,
pensava tra sé e sé, mentre l’Ammiraglio in questione sequestrava
Valek.
E
Tebok, poi. Quella spocchia ambulante dovrebbe smetterla di identificarsi in una
cariatide del Senato. Tinteggerei volentieri le pareti della Terix con
quell’acqua sporca che ha nelle vene che si ostina a chiamare Sangue
Imperiale.
Si
sforzò di fare un sorrisetto compiaciuto al passaggio di uno degli ufficiali di
Lokhat, chinando il capo.
E
poi… quella strega. Spero si strozzi col Kali-fal ancor prima di potermi
rivolgere la parola.
Tomalak
intercettò con lo sguardo il messaggio d’aiuto che Valek gli lanciava
silentemente con gli occhi, stordito dalle chiacchiere di vanagloria
dell’ammiraglio; si mosse per andare in suo soccorso quando si sentì, più che
toccare la spalla, fermare del tutto da una presa feroce: «Jarodh… che
accoglienza glaciale che mi hai dato. Scongelati un po’…» fu l’appello malizioso
accompagnato da un lascivo sorriso.
Tomalak
si liberò senza garbo dalla presa della donna: «Qui sopra non lo puoi fare il
tuo giochetto preferito. Ti rammento la presenza di tuo marito.» fu l’acida
replica.
La
“signora Lokhat” lo approcciò ancora di più, toccandolo quasi col proprio corpo:
«Avevo un marito anche quando eravamo su Romulus, sai?»
«E
decisamente dall’altra parte del globo.»
Lei
fece una risata furba: «Come se ti importasse
minimamente…»
«Sai,»
cominciò, afferrandola rudemente per le spalle e spostandola di peso lontano da
sé «essendo su una nave non mia, preferirei evitare di essere lanciato dalla
bocca del disgregatore di prua.» si allontanò senza tante cerimonie, tornando ad
intercettare il suo vice la quale ascoltava con molta cortesia di una campagna
datata almeno venti anni.
«Ammiraglio,
mi scusi.» afferrò Valek per il braccio e lo trascinò via, senza far caso al
“faccia pure” di Lokhat.
Tomalak
fece il possibile per estraniarsi dalla piccolissima folla/ricevimento che era
stata imbastita nell’aula magna della Tel’Hakanor, portando se stesso e il suo
vice appena all’entrata del corridoio: «Signore, non potrei esserle più grato.»
sospirò esausto Valek, massaggiandosi le tempie spigolose.
«Valek,
lei deve aiutarmi.»
La
dichiarazione arrivò con una tale serietà che il vice riaprì quasi interdetto
gli occhi: «Sta succedendo qualcosa di cui sono
all’oscuro?»
Tomalak
si sporse per buttare un’occhiata dentro la sala: erano tutti occupati in rotoli
Osol e Kali-fal.
«La
prego, vada in sala macchine, faccia aumentare la curvatura, non m’importa delle
ripercussioni. Tiri in ballo la Tal Shiar se necessario!»
Valek
sollevò un sopracciglio: «E come la mettiamo con la griglia tachionica? Se
acceleriamo rischiamo di entrarci completamente.»
«Se
non acceleriamo sarò costretto a compiere un omicidio.» serio, come sempre, e
anche vagamente truce.
Valek
dissimulò molto elegantemente un forte stupore:
«Comandante…?»
«Vada
Valek.»
Il
vice stava quasi per obiettare ancora, ma convenne non sarebbe stato saggio:
oltre ad essere suo superiore, Tomalak era una persona sin troppo sanguigna per
essere contraddetto.
Si
congedò correndo in sala macchine, mentre il comandante rimaneva solo e
sospirava pesantemente.
Si
sistemò l’uniforme e approcciò nuovamente gli “invitati”.
Quando
entrò la prima cosa che vide fu Tebok dritto come uno stoccafisso, e non poté
non pensare ad un antico manico di scopa con un bicchiere in
mano.
Allungò
il passo, passandogli vicino: «Stia attento a non berne troppo, non vorrei
crollasse accidentalmente sulla console di battaglia.» pronunciò sarcastico
superandolo in fretta e furia, seguito dallo sguardo scettico del più giovane
comandante, che con molta tranquillità faceva volteggiare la birra romulana nel
bicchiere.
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~ ~
«Giudicherei
una simile opinione piuttosto discutibile, come biologo molecolare non appare
estremamente… oh, Vorta Vor, che cos’è quest’odore?» l’affascinante T’Lal non
poté trattenere una smorfia. I compagni che la stavano ascoltando non poterono
di riflesso non inalare più profondamente, e riscontrare di conseguenza un
curioso odore dolciastro.
La
romulana si alzò dalla sua postazione, fermandosi a guardare oltre il corridoio
che portava all’aula magna, seguita dal centurione Taloch: i due si scambiarono
un’occhiata curiosa, forse chiedendosi reciprocamente e in modo silenzioso cosa
stessero combinando laggiù.
«Io
vado a dare un’occhiata.» fu la seriosa replica di T’Lal, che si incamminò lungo
il corridoio, ancor prima che il navigatore Kret potesse
fermarla.
Taloch
lanciò uno sguardo comprensivo verso Kret: «Torno subito. E’ bene che la
controlli, a volte è sin troppo
schietta.» riferì, preoccupandosi di quel che la romulana avrebbe potuto
protestare, essendo ella conosciuta come prepotente ufficiale, allo stremo
dell’insubordinazione.
Kret
stava di nuovo per dire qualcosa, ma Taloch si dileguò in men che non si dica,
lasciando che le braccia di Kret cadessero pesantemente sulle proprie gambe in
segno di silente rassegnazione.
Il
navigatore tornò a concentrarsi sulla propria console scuotendo la testa,
monitorando dalla stazione secondaria la rotta e l’andamento della
curvatura.
Non
essendo assegnato a quella particolare postazione, non notò la silente spia
luminosa della console di T’Lal che lampeggiava ad
intermittenza.
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«Che
faresti senza di me…»
«Vice
comandante, si ricomponga.» fu la velenosa ed estremamente seria replica
dell’ingegnere Disia, impegnata ad un pannello di controllo a cui rivolgeva la
sua totale attenzione.
Sembrava
esserci uno strano morbo a bordo della Tel’Hakanor: la brezza di “cordialità”
nata nell’aula magna sembrava essersi infiltrata anche in sala macchine, dove
l’ufficiale Disia si trovava costretta a sopportare le sin troppo evidenti
avance del Capo Ingegnere.
«Non
essere così frigida…» disse il vice comandante N’Ryak, vistosamente brillo,
mentre poggiava una bottiglia su un pannello «Siamo praticamente fuori servizio,
e quei tediosi in aula magna non si faranno vedere almeno per 3 ore…» un sorriso
ambiguo e piuttosto provocatore si fece spazio sul suo volto spigoloso, mentre
appoggiava il gomito nei pressi del pannello ove lavorava la seriosa
Disia.
Questa
d’altro canto, sentendo i suoi superiori etichettati come “tediosi”, si voltò di
scatto verso N’Ryak, severa: «E’ di comandanti e ufficiali che stai parlando,
modera i termini. Compreso il tuo, di comandante.» tornò a porre la propria
attenzione al pannello «Lei è ubriaco.» aggiunse poi dopo una breve pausa,
ricompostasi e riacquistando le dovute riservatezze del
rango.
Quando
poi la romulana udì dei forti passi avvicinarsi ai pressi della sala macchine,
riconoscendo senza problemi la camminata che assumeva connotati prorompenti solo
nei momenti di forte nervosismo, si voltò di scatto leggermente sotto pressione,
con occhi vagamente dilatati e deglutendo: l’idea di lasciar vedere al suo
superiore un capo ingegnere totalmente ubriaco non la divertiva
affatto…
Tomalak
entrò in sala macchine, uno sguardo estremamente severo in volto; incontrò per
primo il viso dell’ufficiale Disia, che lo guardava con una certa apprensione,
poi, si accorse di qualcosa che non andava: davanti a sé, c’era una schiena, una
schiena che non sembrava intenzionata a voltarsi, che si reggeva con molta
tranquillità ai pannelli di comando.
Il
comandante aggrottò la fronte, assottigliò gli occhi e chinò il capo da un lato.
Solo pochi secondi di attesa, un minimo per attendere una possibile mobilità da
parte di quella schiena quasi imbalsamata, poi proruppe con furia e rabbia:
«Vice-comandante N’Ryak!»
Disia
sobbalzò visibilmente.
L’interpellato
si voltò sconvolto a barcollante, mutando il proprio sguardo da beffardo a
pietrificato: «Ah, ehm, comandante…»
«Si
consideri temporaneamente destituito!» ruggì ancora Tomalak «Disia, lo rilevi.
Qualcuno qui dentro sa dirmi dove diavolo sia finito il secondo in
comando?»
Per
un attimo fra tutti i presenti in sala macchine ci fu un profondissimo e
imbarazzato silenzio, glaciale, intimorito. Poi, a rispondere all’inacidito
comandante, giunse una strana quanto perplessa risata.
Tomalak
superò il capo ingegnere ancora non del tutto cosciente di ciò che era accaduto,
mentre gli altri ufficiali gli facevano rispettosamente
spazio.
Il
comandante giunse nei pressi della bocca di un condotto posta in un angolo della
sala, dove, con suo incredibile stupore, trovò il vice-comandante Valek: trovò
il vice-comandante Valek a terra, scompostamente seduto e caratterizzato da un
ghigno che oscillava dall’ebete all’estremamente divertito. Difatti, il soggetto
in questione si reggeva la testa con una mano ridendo in modo piuttosto
inquietante.
Tomalak
lo afferrò di forza per le spalle tirandolo su, mentre Valek non cancellava dal
suo volto un divertito sorrisetto, tentando di farfugliare la parola
“comandante”. Tomalak non fu in grado di proferire alcunché per lunghi secondi,
anche mentre chiamava con lo sguardo due centurioni affinchè sorreggessero il
secondo in comando, ad esclusione della sua più che eloquente espressione di
incredulità.
Tornò
nei pressi di Disia e N’Ryak, adocchiando la bottiglia di birra romulana,
constatando fosse ancora piena per tre quarti.
«Chi
ve l’ha portata?» domandò, vagamente meno irrigidito.
Disia
si fece avanti: «Il centurione Sonar, comandante. Ce l’ha consegnata per
festeggiare il ritorno ormai prossimo alla Terix. Era totalmente cosciente e
lucido quando ce l’ha data, signore.» spiegò seria.
Tomalak
lanciò un’occhiata indagatrice verso N’Ryak, che si reggeva malamente alla
console, poi tornò a guardare la bottiglia: «La quantità di Kali-fal che ha
ingerito non giustifica il suo attuale stato.» si pronunciò, riferendosi al capo
ingegnere «Valek ha brindato con voi?»
«No
signore. A dire la verità, non avevamo idea fosse nascosto nei pressi di quel
vano. Eravamo assorbiti dai nostri compiti.»
Tomalak
poggiò la bottiglia sul pannello vuoto senza delicatezza, assolutamente
sconcertato. Solo qualche secondo dopo, respirando a fondo, percepì nell’aria
uno strano odore dolciastro; aveva notato un ambasciatore e un ufficiale fumare
delle pregiate erbe nell’aula magna, ma l’idea che l’odore fosse giunto sin lì
tornava sconcertante.
Anche
Disia prese ad inalare più profondamente, riscontrando la presenza dell’odore,
accompagnata da N’Ryak, che più che inalare sembrò quasi tirar su col
naso.
«Disia,
aumenti a curvatura 8. E faccia portar via il capo ingegnere.» comandò, prima di
riprendere il cammino fuori la sala macchine pronto a ridirigersi verso l’aula
magna e tentare di comprendere cosa diamine stesse
accadendo.