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Autore: Globulo Rosso    28/06/2010    7 recensioni
Probabilmente parlò in quel modo perché non aveva nulla da perdere.
{Fanfiction giunta prima al contest indetto da superkiki92 e Red Diablo al Contest "Gironi e Citazioni-II girone" sul forum EFP; partecipa al The One Hundred Prompt Project!, di BlackIceCrystal.}
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Love Challenge e The One Hundred Propt Project!'
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Premessa: questa fanfiction é arrivata prima al contest indetto da Red Diablo e superkiki92 sul forum di EFP "Contest gironi e Citazioni-II girone";

Questa fanfiction partecipa alla challenge di BlackIceCrystal "The One Hundred Prompt Project", il Prompt é il #85, Vendetta
The One Hundred Prompt Project
; 

 

 

Autore: Globulo rosso       
Titolo: Quel che rimaneva era solo il bianco e il nero.

Citazione: Tutti siamo chiusi in una prigione. La mia me la sono costruita da solo, ma non per questo è più facile uscirne”- Giorgio Faletti, Io Uccido.

Note dell'autore (facoltative): Il What if…? è inserito perché, come ben comprenderete, la storia non segue l’andamento del manga. Vorrei solo far notare una cosa: era difficile, almeno per me, far quadrare questa fic con l’elemento ricevuto. Non volevo cadere nel banale, e sperando di non averlo fatto, ho ambientato la storia in una location un po’ diversa. Eh sì, io me la immagino così, l’attesa della Morte. E’ un fatto soggettivo.

Ad ogni modo, ho alluso alla frase, senza però averla inserita letteralmente. Spero sia comprensibile.

 

Quel che rimaneva era solo il bianco e il nero.

 

 

 

 

Quattro pareti bianche, due sedie metalliche, un tavolinetto e una porta chiusa.

Non c’era null’altro. Era molto simile ad una sala d’attesa.

Inspirò copiosamente, chiudendo gli occhi.

Gli mancava Ino, gli mancava Chouji. Gli mancavano Kiba, Sakura, Hinata, Shino, Naruto…

Tutto aveva perso colore, quei ricordi erano tinti di bianco e di nero.

Meglio così, rimembrare gli avrebbe fatto meno male.

Immaginare gli occhi lucenti e cristallini della Yamanaka, arrossati e straripanti di lacrime, non erano un bello spettacolo.

Non per lui che li amava tanto.

Che amava lei.

Sospirò lungamente, cercando di trattenere la sua angoscia.

Mai aspettare gli era sembrato così sfibrante, così faticoso.

E lui amava aspettare: si sdraiava sul prato e osservava le nuvole che, lentamente, giungevano sopra ai suoi occhi facendolo vagare con la mente. Fino a quel momento il bianco e il nero erano stati i suoi migliori amici, poiché associava quei due colori alle esperienze passate, ai ricordi.

Come una vecchia pellicola di un film, tutti quei visi, quelle parole, quei fatti scorrevano veloci nella sua mente, procurandogli una lieve fitta al cuore.

Quei ricordi erano soltanto una bozza, un inizio. Lasciavano una semplice impressione, e affidavano al proprio padrone il compito di colorare il resto.

Viola, azzurro, giallo, verde…

Una voce roca lo ridestò improvvisamente: Sasuke era in piedi, di fronte a lui, le braccia abbandonate lungo i fianchi e le labbra livide tirate in un sorriso sarcastico.

“Dunque mi hai ucciso tu.”

Shikamaru alzò gli occhi, sostenendo il suo sguardo.

Allora erano morti.

“E tu hai ucciso me.” Sentenziò, allargando le braccia. Mai avrebbe pensato di morire a causa sua. Si era immaginato una morte più eroica, magari una morte che l’avrebbe visto cadere per salvare i suoi compagni. E invece no, era crollato così, contro un traditore che con lui aveva poco da spartire.

“Fammi posto, Nara.” Gli si sedette accanto, seccato.

Le sole due sedie erano rivolte a quella porta nero pece.
“Probabilmente uno di noi dovrebbe entrare. Non possiamo aspettare in eterno.”

“Non si può, qualcuno è già dentro.” Sasuke indicò una lampadina rossa sopra la porta, seccato. Probabilmente un uomo udiva la sua condanna – o la sua salvezza- all’interno di quella stanza.

Shikamaru non l’aveva notata, e leggermente sorpreso, sperò per qualche istante che la luce diventasse verde, così che allontanasse da lui quel traditore.

Non accadde nulla.

“Perché non mi hai detto che volevi tornare a Konoha?” chiese, cercando di alleviare l’ansia.

“Perché non era a te che volevo dirlo.” Sentenziò, guardando il pavimento bianco.

Shikamaru annuì, sorridendo ironico.

Non capiva come Sasuke potesse ancora pensare che il suo vecchio Team lo accogliesse senza esitazioni, senza qualche dubbio.

“Hai fatto della vendetta la tua unica ragione di vita, la tua condanna, Uchiha.”

Shikamaru ora lo guardava stizzito a causa del suo comportamento. Era sempre stato superbo, ma non immaginava che lo fosse tanto da pensare che i suoi compagni accogliessero il  suo ritorno come se non avessero aspettato altro.

La vita era trascorsa, la gente era cambiata.
Sakura e Naruto non erano più gli stessi, avevano cominciato a mutare a causa della sua partenza. Di questo doveva pur essersene reso conto.

“Come potevi pretendere che il tuo ritorno procurasse solo gioia e felicità?” accompagnò la domanda con ampli gesti delle braccia, per schernire la sua ingenuità.

“Non fare il moralista Nara! Se non sbaglio sei morto con lo stesso rancore e odio che ho in corpo io!”

Ed era vero. Shikamaru Nara aveva esalato l’ultimo respiro cercando di raggiungere quell’uomo che gli aveva portato via una delle persone più importanti della sua vita. In nome di Jashin aveva ucciso Asuma e aveva riso di fronte a quelle membra deboli, prossime alla morte.

Solo al pensiero, sentiva il respiro smorzarsi in gola, e l’ira gli annebbiava la mente senza che lui potesse contrastarla.

“E’ diverso.” Mormorò.

“E’ lo stesso.”

Nei minuti che seguirono i due ragazzi il silenzio fu l’unico loro amico. Forse era passata un’eternità, forse soltanto un secondo.

“La vendetta è stata la nostra prigione. Ecco perché siamo nella stessa sala d’attesa. Non ti sei chiesto perché gli altri non sono qui con noi?” L’Uchiha non aveva mai parlato in quel modo. Il suo viso sembrava impallidirsi sempre di più ad ogni parola che pronunciava.

Shikamaru deglutì, abbassando gli occhi al pavimento: la visione di quella luce rossa gli dava sui nervi.

Si sorprese di come non avesse potuto intuirlo lui, quel dettaglio.

Sasuke incrociò le braccia, fissando la porta.

“La nostra esistenza non risulta giustificata solo perché abbiamo deciso di vivere per vendicarci.”

Probabilmente parlò in quel modo perché la luce divenne verde e perché sentiva avvinghiarsi a lui la morsa dell’inferno. Probabilmente lo fece perché alzandosi e chiudendosi la porta alle spalle non avrebbe più avuto modo di dare voce alle sue sensazioni.

Lo disse pensando a cosa aveva perso, pensando a Naruto e a Sakura.

Lo disse perché non aveva nulla da perdere.

E solo, senza nemmeno la forza di piangere, Shikamaru attese il passaggio tingendo gli occhi di Ino di azzurro.

 

Tutti siamo chiusi in una prigione. La mia me la sono costruita da solo, ma non per questo è più facile uscirne”

[Io uccido, Giorgio Faletti]

 

 

 

Fine

 

 

 

Disclaimers: I personaggi citati del mondo di Naruto non mi appartengono, ma sono di proprietà di Kishimoto. Non intendo avvalermi della maternità di essi; utilizzati senza alcuno scopo di lucro.


Note Glob ò-ò: 
Boh, questa fic é arrivata prima al II girone. Ehm, bo, faccio i complimenti alle altre partecipanti e ringrazio i giudici per i giudizi! : D
Alla prossima! : D 

 

 

  
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