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Autore: Miss Trent    01/07/2010    5 recensioni
Monte Carlo, Gran Premio di Formula Uno. Un giorno normale. Vite diverse.
{Buon Compleanno, Evilcassy!}
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Williams, Emily Rochefort, Lee Chaolan, Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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monaco
Grand Prix de Monaco





   Il bicchiere affusolato che cadeva dal tavolo venne immediatamente afferrato da un Sergei Dragunov più pronto del solito, per evitare di fare rumore nella notte monegasca. La sua compagna di stanza, Nina Williams, l'aveva inavvertitamente urtato nel corso di un'azione d'attacco che vedeva come arma le labbra vermiglie e come obiettivo il suo collo pallido e possente.
  «Chi devi uccidere, stavolta?» chiese nel suo solito tono distaccato, come se si stesse informando sul meteo per il giorno successivo. Nina trattenne uno sbuffo infastidito. Come faceva a pensare al lavoro persino in frangenti come quello? Da tutta la sera non aspettava altro che portarselo a letto. O picchiarlo a sangue.
  «Questa è un'informazione riservata, e quello che ha fatto al mio cliente non è di mia competenza. Oh, e mi è stato chiesto espressamente di agire durante il Gran Premio per avere quanta più risonanza mediatica possibile, il perché non mi riguarda. Ovviamente in casi come questi il prezzo del mio servizio triplica» concluse esaurendo tutte le risposte ad altre possibili domande.
   Sergei si passò due dita sul mento, come era solito fare quando era pensoso.
   «E io sono qui perché...?»
   «Tu sei uno dei tanti uomini caduti nella trappola di Abigail Chesterton, la ricca lady inglese che da Londra è arrivata a Monte Carlo in cerca di emozioni» rispose Nina indicando una parrucca rossa sul piano dello specchio, vicino alla parete. Quella falsa identità era la sua copertura per svolgere indisturbata il suo incarico. Incontrare Sergei sul volo per Nizza era stato un piacevole contrattempo che non aveva affatto stravolto i suoi piani, anzi. Ne era diventato parte integrante.
   «Contento?» disse lanciandogli uno sguardo di sbieco, a braccia incrociate.
   «Trappola, hai detto?» le fece eco lui alzando un sopracciglio.
   Nina dissimulò un sorriso. Sapeva che ci avrebbe preso in pieno, facendo iniziare una specie di gioco tra loro. Avevano condiviso troppi letti, ormai lo conosceva.
   «Per definizione sono io a tenderle, le trappole.» disse Sergei portando le braccia dietro la schiena.
   «Ma non sei in grado di resistere ancora per molto. Avanti, lo sai benissimo che so come risvegliare il tuo istinto. Non che sia mai rimasto sopito più di tanto» precisò lei con una punta di cattiveria mentre gli si avvicinava a strusciarsi come un serpente  «sei un uomo come gli altri, in fondo.»
   Bingo. Nina si godette il momento in cui lo vide in difficoltà su cosa risponderle.
   «Sei quella che in altri tempi avrebbero chiamato strega.» Nel suo solito contegno compassato, Sergei piegò la testa quanto bastava per sentire il suo profumo freddo e voluttuoso.
   «Lo so.»
   «E pagherai molto caro per quello che hai appena detto.»
    Lei sorrise maliziosa. A chi non lo conosceva quelle parole avrebbero potuto suonare realmente come una minaccia. «Hai finito di parlare?» ribatté portando una mano alla chiusura lampo sul fianco del suo abito nero per aprirla con studiata lentezza.
   Un tintinnìo di vetri infranti - il bicchiere urtato un'altra volta - risuonò poco dopo, quando l'aveva attaccato di nuovo. I segni scarlatti del rossetto sul collo di Sergei erano solo l'inizio.

   In fondo era un giorno normale a Monte Carlo, quel 14 Maggio. Il sole era alto a mezzogiorno e portava un caldo insolito che rendeva piacevole stare in tenuta estiva. Non erano dello stesso avviso i piloti di formula uno, costretti nelle tute di guida. Già, perché come ogni anno per un giorno Monte Carlo era stata trasformata in un immenso circuito su cui si sarebbe tenuto il Gran Premio di Formula Uno del Principato di Monaco.
   Intorno alla griglia di partenza si affollavano giornalisti, ingegneri, piloti e tutto lo staff organizzativo. Era normale che Lili Rochefort si trovasse a suo agio in mezzo a tutta quella gente, luogo perfetto dove farsi ammirare. Suo padre - magnate del petrolio e proprietario della scuderia Rochefort - la portava sempre con sé al Gran Premio sin da quando era bambina, quindi si poteva considerare 'di casa' dietro le transenne che dividevano il circuito dal pubblico.
   La sua risata argentina ruppe l'aria afosa del primo pomeriggio - in quel momento stava parlando con il primo pilota della scuderia Rochefort, Aurelién Duvauchelle. 23 anni, aspetto da modello e 4 stagioni già all'attivo, rappresentava bene la passione di Lili Rochefort gli uomini belli, ricchi e in vista.
   «...così stasera potresti venire alla tenuta» concluse scuotendo la lunga chioma bionda che brillava di riflessi dorati al sole.
   «Farò il possibile, grazie Lili.» rispose lui sorridendo.
   «Davvero? Che bello» disse battendo le mani come una bambina. La strategia del "piccola e indifesa" funzionava sempre.
   «Aurelién!» la voce di uno degli ingegneri della scuderia arrivò perentoria.
   «Devo andare, Lili...noi ci rivediamo presto però» disse lui vedendo l'espressione triste della ragazza, che cambiò immediatamente in un sorriso.
   «Buona fortuna Aurelién» fece dandogli un bacio sulla guancia e voltandosi per raggiungere suo padre nella tribuna poco lontano da lì.
   Il pilota la guardò allontanarsi, poi andò verso i box, dove un nervosissimo team lo stava aspettando.
   Ormai sei mio, Aurelién pensò Lili passando davanti ad un'elegante signora vestita di bianco e un uomo con i capelli argentati altrettanto distinto che avevano già preso posto in tribuna.

   Il caricatore cadde sul materasso con un rumore sordo. Ancora avvolta nelle lenzuola di seta bianca, Nina stava provando a montare il suo fucile per verificare che tutti i pezzi fossero a posto. Fuori dovevano essere già le undici e mezzo, forse mezzogiorno, ma la luce intensa del sole non filtrava dalle imposte chiuse.
   Dragunov era ancora addormentato al suo fianco, cicatrici vecchie e nuove in bella vista sul petto scoperto dopo una notte passata tra le sue grinfie. Per un momento Nina aveva anche pensato di farlo fuori, per non avere testimoni nel caso qualcosa fosse andato storto - si era ravveduta praticamente subito, pensando che a) niente le poteva andare storto b) sarebbe stato troppo noioso spostare il cadavere, e lei non aveva molto tempo.
   «Te ne devi andare» disse in tono categorico alla sua quasi-vittima «tra meno di un'ora devo uscire di qui.»
   Tre leggeri schiaffi in rapida successione fecero svegliare Sergei, che reagì d'istinto bloccando il polso dell'aggressore. Quando si rese conto che si trattava di Nina accennò un ghigno storto, lasciandole il braccio e tirandosi su sui gomiti.
   «Buongiorno anche a te.» fece nel suo accento russo.
   «Muoviti» rincarò acida senza degnarlo di uno sguardo. Lui si alzò e si diresse ancora nudo verso il bagno, sospirando annoiato.
   Nina lo seguì con la coda dell'occhio - si divertiva da matti quando lui non reagiva alle sue provocazioni.
   Quando Sergei uscì aveva indossato un corto abito turchese che le lasciava scoperte le spalle, e ora si stava guardando allo specchio.
   «Ti sta bene» mormorò lui cercando i suoi vestiti tra quelli sparsi sul pavimento.
   Nina lo osservò dal riflesso. «Hai detto qualcosa?»
   Sergei scosse la testa. Aveva appena ritrovato i suoi boxer e i suoi pantaloni.
   Senza dire nulla poi si avvicinò alle sue spalle, cogliendola di sorpresa quando le aveva cinto la vita con le braccia. La sua lingua aveva tracciato una linea sotto l'orecchio di Nina, che scansò di poco la testa per girarsi e sfoderare il suo sguardo più intenso a qualche centimetro dal suo viso.
   «La zip.» sussurrò morbida.
Lui assunse un'espressione interrogativa.
   «La zip. Chiudila.» ripeté in tono aspro mentre un ghigno si dipingeva sulle labbra bordeaux.
   Sergei la guardò storto mentre portava le mani dietro la sua schiena per chiudere l'abito. Nina rise, cingendogli il collo con le braccia.
   «Sono una strega, ricordatelo.»
   «Attenta, o finirai torturata e bruciata su un rogo» fu la risposta pronta di Sergei, che con un colpo secco aveva tirato su la cerniera e si era staccato da lei, facendo per rivestirsi.
   «Per le vere streghe la tortura o il rogo non fanno più male di una piccola puntura d'insetto» ribatté lei indossando la parrucca rossa. In un attimo morbidi boccoli color mogano si erano posati sulle sue spalle.
   «Non se a torturarle e bruciarle è un vero inquisitore» disse Sergei mentre finiva di abbottonare i polsini della sua camicia. Aveva preso le sue cose ancora poggiate sul comodino ed era andato verso la porta.
   «Da svidania.» aveva salutato asciutto.
   Lei l'aveva guardato con la coda dell'occhio mentre si specchiava per mettere il mascara.
   «Bye, darling.»

   «Sei stato tu a voler venire a Monte Carlo» sibilò Anna Williams a quello che ormai non sapeva più come definire, se suo semplice amante o vero e proprio compagno, Lee Chaolan.
   «Fosse stato per me sarei già arrivata in Italia, senza passare per di qui» continuò insistente tormentando la grande collana di corallo che si posava con grazia sul suo abito candido.
   «Annie, il Gran Premio di Monaco si tiene una volta all'anno. E io non ho intenzione di perdermelo.» ribatté serafico Lee.
   «E non chiamarmi Annie! Ringrazia solo che ho troppo caldo per tornare allo yacht e lasciarti qui» fece lei acida sistemandosi i grandi occhiali da sole. Con il suo rossetto scarlatto e il cappello a tesa larga sembrava una vera diva anni '50.
   «E dai bonbon, non fare i capricci....» sospirò l'uomo prendendole una mano.
   «Qualcuno questa sera deve portarmi al casinò» disse altezzosa scostando il braccio ed aprendo il ventaglio di seta italiana.
   «Ed è per questo che dopo la premiazione qualcuna proverà l'abito in vetrina da Chanel...non che ce ne sia il reale bisogno» corresse il tiro Lee, trasformando l'occhiataccia di Anna in un sorriso languido. La conosceva bene, infatti era diventata improvvisamente meno scontrosa.
   «Quanto ci vorrà ancora perché partano?» domandò in tono più morbido.
   «Non molto, bonbon, non molto» fece Lee osservando una donna che passava in quel momento. C'era un che di familiare in quei lunghi boccoli rossi che ondeggiavano ad ogni suo passo sulle spalle lasciate scoperte dal tubino color turchese spento. Lee cercò di osservarla meglio, mai lei portava dei grandi occhiali da sole che le coprivano lo sguardo rendendo il viso difficile da identificare. Ad ogni modo  e a questo pensiero un sorrisetto compiaciuto si dipinse sulle sue labbra  aveva avuto così tante donne che era di fatto gli impossibile ricordarle tutte. Si girò di nuovo a guardare la pista e lasciò che Anna lo abbracciasse.

   Era davvero sua sorella quella insieme a Chaolan? Nina Williams lanciò un'occhiata furtiva nella sua direzione, facendo in tempo a cogliere le loro effusioni feline da perfetta coppia in vacanza romantica. Alzò gli occhi al cielo, raccomandandosi mentalmente di rimanere calma. Il fucile smontato e nascosto nella grande borsa di Hermès non era esattamente tra le cose che si trovano di solito al seguito di una signora en vacances a Monte Carlo.
   I tacchi vertiginosi non le impedivano di camminare a passo quasi militare mentre raggiungeva la sua postazione. Nessuno avrebbe notato una bellissima donna in un albergo pieno di modelle.
   Attraversò la hall affollata e salì la gradinata di marmo, dando un'occhiata all'orologio da polso. Aveva ancora tempo. Sul corridoio del primo piano prese l'ascensore che la portò fino all'ultimo, poi da lì raggiunse indisturbata il tetto. La visuale sul circuito era ottima, ma la luce accecante del sole rendeva fastidioso tenere gli occhi aperti. Senza perdere altro tempo Nina indossò i guanti e bloccò la porta d'ingresso al terrazzo, poi aprì la borsa e iniziò a montare il suo fucile. Mancava relativamente poco alla partenza del Gran Premio.
   Con un piccolo binocolo quindi aveva scandagliato la folla sottostante, concentrandosi sull'assembramento intorno alle auto delle scuderie Rochefort. Quella volta partivano in terza e quarta posizione, proprio dietro le rosse della Ferrari.
   Eccolo, aveva individuato il suo obiettivo. Il socio in affari di Monsieur Rochefort, Hörst Von Rubenstein, stava parlando con il caposquadra. Sapeva che sarebbe rimasto poco lontano dalla griglia di partenza a godersi da vicino il momento dei semafori verdi.

   «Lili! Allontanati dalla pista!» la voce ferma di suo padre poco lontano la raggiunse a bordo circuito.
   «Ma papà...» miagolò Lili.
   «Seguiremo la gara dai box» rispose l'uomo in un tono che non ammetteva repliche,
   Sbuffando, lo seguì poco convinta. Non aveva mai capito perché suo padre detestasse gli spazi aperti.
   «Ci vediamo tra poco, Hörst» disse il signor Rochefort salutando il suo socio.
   «D'accordo!» rispose lui allegro agitando la mano verso di loro.

   Le auto avevano appena finito il giro di prova e si stavano sistemando sulla griglia di partenza. Nina strinse la mascella in uno scatto di nervosismo. Aveva la visuale nel mirino coperta da altri soggetti non meglio identificati, e questo la urtava parecchio.
   Non vide i semafori segnalare la partenza, ma del resto non fu difficile capirlo dal rombo assordante dei motori. Aspettò l'angolazione perfetta per prendere la mira e prepararsi a sparare il colpo decisivo, poi semplicemente premette il grilletto. Lo vide cadere come un birillo, il proiettile che aveva raggiunto la tempia.
   Subito si nascose dietro il parapetto e iniziò a smontare il fucile con movimenti rapidi ed efficienti, riponendo tutto nella grande borsa, quindi si alzò e si diresse verso la porta del terrazzo. Quando sentì qualcuno gridare, lì sotto, capì di avere pochissimo tempo.
   Il corridoio era ancora deserto, tuttavia l'ascensore stava salendo proprio all'ultimo piano. Non aveva altra scelta, doveva fare le scale. Era già a metà corridoio quando la porta dell'ascensore sia apri.
   «Da questa parte, Milady.»
   Nina si voltò - era proprio la voce di Sergei Dragunov.
   «Muoviti» sottolineò l'uomo alla sua faccia sorpresa.
   Lei tornò indietro, quasi riluttante, entrando nell'ascensore. Sergei premette il tasto che portava nello scantinato, gettando un'ultima occhiata al corridoio.
   «Non avevi un aereo alle tre?» chiese Nina togliendosi la parrucca e sistemando i suoi veri capelli allo specchio sulla parete. Lui non rispose subito, sembrava più concentrato a guardare i numeri dei piani che scorrevano sul display.
   «L'Interpol. Stavano per beccarti.» disse poi ignorando la sua domanda.
   «E come?» fece lei incredula sfilandosi il vestito double-face e rimettendolo al contrario. Adesso era viola. Mentalmente ripassò le ultime ore - nulla che ad occhi estranei potesse sembrare sospetto.
   «Nella hall ho sentito un uomo chiedere al receptionist di una donna alta e con i capelli mogano vestita di turchese.» mormorò Sergei squadrandola dalla testa ai piedi «sull' "alta" si sbagliava» buttò lì noncurante, alludendo chiaramente ai suoi tacchi a stiletto.
   Nina aprì la bocca per ribattere, ma lui la anticipò.
   «Dovresti ringraziarmi, sto cercando di pararti il bel culo che ti ritrovi.» ghignò dandole una pacca sul sedere senza troppe cerimonie.
   In quel momento le porte scorrevoli si aprirono sullo scantinato dell'albergo.
   «Cosa vuoi in cambio?» chiese lei seguendolo verso l'uscita secondaria.
   «Avrò la mia ricompensa, Nina Williams» rispose Dragunov camminando verso una Aston Martin DB9 parcheggiata nel retro dell'albergo.
   «Un inquisitore sa cosa fare alle sue streghe.»

   Poco lontano si era levato un urlo, seguito da un fortissimo brusìo. Anna sobbalzò leggermente sul sedile. «Lee, cos'è stato?»
   Lee si sporse a guardare e vide che molta gente si stava raccogliendo intorno ad un punto a bordo pista.
   «Non lo so, bonbon...forse qualcuno si sarà sentito male.» minimizzò tornando al suo posto.
   «Chiamate la polizia!» si sentì gridare nella concitazione. Lee si rialzò e scese dalla tribuna per cercare di capire cosa stava succedendo, seguito a ruota da Anna. Il personale di sicurezza stava facendo disperdere la folla, quindi si poteva chiaramente scorgere un cadavere ormai in un lago di sangue. Vedendolo, Anna si portò una mano alla bocca e rimase immobile.
   «Andiamo, Annie» la rassicurò Lee cingendole la spalla. Lei si lasciò portare via - stavano tornando allo yacht quando videro le volanti della polizia arrivare sulla scena del crimine e la safety car partire per fermare la gara.

   Lili uscì dai box attirata dal tramestìo. «Cos'è successo?» chiese ad un uomo dal colorito terreo che passava di lì in quel momento.
   «Von Rubenstein è a terra morto.» fu la sua risposta fredda.
   Lili sgranò gli occhi e corse di nuovo dentro. «Papà!» chiamò a gran voce dirigendosi verso monsieur Rochefort.
   «Hörst. È morto.» disse quando gli fu abbastanza vicina.
   Suo padre si sentì mancare, incredulo.
   «Fatti accompagnare immediatamente all'aeroporto da Sebastian. Passerai la notte nella casa di Londra.» mormorò a bassa voce alzando una mano per zittire le proteste della figlia. «Potrebbe essere pericoloso restare qui, perciò non farti vedere quando esci. Io ti raggiungo appena posso.»
   Lei lo abbracciò.
   «Attenta!» si raccomandò monsieur Rochefort mentre guardava la figlia allontanarsi da un'uscita opposta al circuito.

   Nina accese il condizionatore dell'auto, legandosi poi i capelli nella classica coda di cavallo.
   «C'è troppo caldo fuori» sentenziò. Sergei non rispose, impegnato com'era ad uscire dalle strette strade di Monte Carlo che non erano state chiuse al traffico.
   «Dove andiamo?» chiese lei con un'evidente vena scettica nella voce. Non era tranquilla. Per niente.
   «Dobbiamo arrivare almeno fino all'aeroporto di Nizza.» rispose Dragunov laconico.
   «Sei sicuro di trovare voli utili quando arriviamo?»
   «Si.» disse troncando il discorso.
   Nina gettò un'occhiata alla borsa con il fucile, che teneva ai suoi piedi. In aeroporto avrebbe potuto dare più di un problema.
In pochi minuti erano arrivati all'uscita di Monte Carlo e si erano immessi in autostrada, dove Sergei accelerò in direzione degli svincoli per Nizza. Lei aveva acceso l'autoradio, che si sintonizzò sul notiziario.
   «...un evento infausto si è abbattuto sul Gran Premio di Formula Uno, che doveva disputarsi oggi a Monte Carlo - il conte Hörst Von Rubenstein, comproprietario della scuderia Rochefort, è stato assassinato a pochi minuti dalla partenza. Dalle prime rilevazioni della polizia sembra che nessuno abbia visto da dove sia partito il proiettile che l'ha raggiunto alla tempia uccidendolo sul colpo, toccherà quindi agli esami balistici l'indagine più approfondita. Il presidente della FIA ha ritenuto di sospendere la gara lasciando di fatto invariate le classifiche piloti e costruttori che vedono in testa rispettivamente Aurelién Duvauchelle e la scuderia McLaren. Continueremo a tenervi aggiornati nelle prossime edizioni.
   «Grazie alla nostra inviata, Isabelle Lampard. Voltiamo pagina: il primo ministro britannico non sembra essere intenzionato a cedere sull'accordo sindacale...»
   «E con questo posso aggiungere un altro zero al mio compenso.» mormorò Nina soddisfatta mentre si sgranchiva il collo e cambiava stazione.
   «Sempre se riesci a uscirne pulita» disse Dragunov ironico.
   Lei colse la frecciatina e si preparò a rispondere per le rime.
   «Ma certo, perché altrimenti non sarò solo io ad essere nella merda fino al collo.»
   A quelle parole vide Sergei stringere impercettibilmente il volante.
   Senza nient'altro da aggiungere si  rilassò sul sedile, lasciando che la musica - una canzone pop di successo - invadesse l'abitacolo.

   Dopo quello lo scambio di battute Sergei non aveva detto una parola durante il viaggio e Nina cominciava ad essere stanca di stare seduta.
   «A quest'ora devono aver perso le nostre tracce» sospirò mentre le insegne per Nizza si facevano più vicine.
   «Non è detto» rispose Sergei tamburellando con le dita sullo sterzo. Il suo sguardo si posò per caso sul cruscotto, dove una spia rossa lo informò che erano in riserva. «Dobbiamo fermarci a fare benzina» la informò ripartendo.
   Qualche minuto dopo entravano in una grande stazione di servizio poco lontano dall'entrata della città.
   «Il pieno» aveva ordinato lui al ragazzo che si era avvicinato a servirli, dandogli le chiavi. Mentre aspettavano, Nina scese dirigendosi verso il bar.
   «Dove vai?!» esclamò Sergei mentre lei si allontanava. Pagò il benzinaio e parcheggiò l'auto poco lontano, per poi seguirla. Entrando la trovò che sorseggiava un Black Russian, con le spalle al bancone.
   Quando lo vide, Nina si voltò verso il barista e gli ordinò un altro cocktail, rivolgendo a Sergei uno sguardo di sbieco.
   «Non è avvelenato» gli disse anticipandolo quando il suo Martini fu pronto. Come un lupo, Dragunov annusò lo stesso il bicchiere prima di berne un sorso - deformazione professionale alla quale Nina sorrise divertita.
   «Alla tua» brindò prima di vuotare il bicchiere e lasciarlo sul bancone. Si avvicinò a Sergei, che stava ancora bevendo, e lo baciò su una guancia lasciando la traccia violacea del rossetto. Poi uscì lanciando uno sguardo d'intesa al barista, che le sorrise in risposta.
   Dragunov poggiò il suo cocktail facendo per seguirla, trattenendosi per chiedere «Quanto?»
   «Ha offerto la signorina» rispose il ragazzo in tono gentile.
   Uscendo sul piccolo spiazzo non c'era più traccia di Nina - se ne rese conto nello stesso istante in cui aveva messo una mano in tasca per prendere le chiavi dell'auto, al contatto freddo con un piccolo oggetto di metallo.
   Una piccola civetta d'argento, ecco cos'era. Nina ne collezionava di tutti i tipi e colori, da quelle in legno a quelle di cristallo - le erano sempre piaciuti quegli animali notturni, forieri di mistero ma anche simbolo della dea Atena, l'austera dea della sapienza e della nobile guerra.
   Gliel'aveva lasciata prima di sparire nel nulla, come solo le vere streghe sanno fare.
   Sergei strinse la statuetta nel palmo della mano  sapeva che quello significava che voleva essere seguita e trovata. L'ombra di un ghigno attraversò il suo volto mentre raggiungeva la sua auto.
Un inquisitore sa sempre cosa fare alle sue streghe  pensò mettendo in moto  e tu non puoi nasconderti da me, miss Williams.




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N/A
La canzone che passa la radio è Alejandro, di Lady GaGa. o Enjoy the Silence, se vi garba di più ^^
Le scene sono abbastanza slegate tra loro, ma ho preferito tenerle così, per descrivere piccoli aspetti di un giorno "normale".
Sinceramente non sapevo se continuarla o meno. I sopraggiunti impegni di studio hanno ucciso definitivamente le mie speranze...ad ogni modo, spero sia piaciuta questa piccola fetta di vita a Monte Carlo :)
Special thanks a Evilcassy, compagna fedele di pare mentali e dispensatrice di idee e consigli - buon compleanno sista! :*
Grazie in anticipo a chi ha letto e a chi vorrà commentare^^

Miss Trent





  
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