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Autore: Ramiza    01/07/2010    1 recensioni
I pensieri di una guerriera di un mondo fantastico che vede finalmente una persona a lei cara tornare a impugnare la sua arma. Vagamente nonsense, immagino, ma c'è chi potrà coglierne, spero, il velo nascosto dietro alla lettera.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato alla mia fantasia, che sono sicura saprà ritrovarcisi.

In risposta a una storia da lui scritta, proseguendo un'identificazione da lui proposta.


Combattere e scrivere. Insieme.


Si era chiesta innumerevoli volte cosa fosse la felicità e aveva trovato sempre risposte diverse.

Combattere, ridere, fare l'amore.

Osservare un'alba sorgere all'orizzonte, volare sul dorso di un drago d'argento e da sopra alle nuvole spiare, piccolo e incerto, il mondo degli uomini.

Vincere una battaglia impossibile.

Sconfiggere un nemico imbattibile.

Divenire così forte da incutere il terrore nei nemici con un solo sguardo, facendo loro dimenticare che si trovavano di fronte una donna.

Essere forte, più forte, più forte ancora.

Potersi guardare allo specchio senza arrossire per la vergogna, ogni volta che si trovava davanti la sua immagine riflessa.

Ballare sotto alle stelle, senza temere per le persone che amava.

Avere persone da amare ed essere riamata a sua volta.

Tutto questo era stato, ed era ancora, la felicità.

Quel giorno, tuttavia, guardandolo impugnare la sua arma e vedendolo nuovamente combattere, udendolo pronunciare quelle quattro parole

“Sono.di.nuovo.io”

con un sorriso appena accennato (ma c'era, per gli dei se c'era) sul volto, ebbe la sensazione chiara e nettissima di aver colto la sua felicità.

Aver finalmente ristabilito il filo invisibile che li legava, poter combattere insieme, finalmente, e il rumore metallico delle loro armi che si infrangevano l'una sull'altra.

Aver ristabilito quel filo invisibile.

Un'arma.

Lo scontro.

La gioia dello scontro.

La fantasia di quella gioia.

L'ebrezza indefinibile e tangibile di quella fantasia.

Era come inventare una storia, pensarla, immaginarla e poi scriverla.

Darle corpo, voce, anima, vederla nascere e poi crescere e poi vivere e persino camminare sulle sue gambe.

Era come fare tutto questo combattere con lui.

E lo amava.

Per gli dei se lo amava.

Combattere, inventare, scrivere la storia di loro due, le loro storie divenute una sola, la loro storia, dunque.

Ecco il centro di tutto quel pensiero.

E aveva toccato la felicità, quel giorno.

  
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