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Autore: Anjulie    26/06/2003    1 recensioni
Lui, Benjiamin Price, è il famoso SGGK. Lei, Martine, una bambina di soli tre mesi. Accanto a loro gli amici, i compagni di squadra e una giovane donna… Clare, il cui passato è segnato da una tragedia che le ha sconvolto la vita. Saranno proprio Martine e Clare che, seguendo la traccia del cuore, insegneranno giorno dopo giorno, al tenebroso e solitario campione cosa significa amare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO II

 

“Non si ripete due volte questo giorno

scheggia di tempo grande gemma

Mai più tornerà questo giorno.

Ogni istante vale

una gemma inestimabile”

(Taknan)

 

 

Il “Collegio Femminile Fusujiama” era una delle istituzioni scolastiche più antiche della città e sorgeva poco lontano dal centro, in una zona tranquilla, protetto da un alto muro di cinta e da una robusta cancellata sempre e perennemente chiusa, ad impedire l’accesso di chiunque non fosse atteso.

I muri dell’imponente struttura quadrangolare erano stati intonacati di fresco e tutta l’area attorno alla costruzione aveva un aspetto lindo e ordinato. L’edificio principale che ospitava le aule scolastiche si apriva su un largo cortile in terra battuta alla cui estremità occidentale sorgeva un piccolo campo sportivo recintato con un fitta rete a maglia metallica da cui provenivano le grida allegre delle ragazze dell’ultimo anno.

Fino a quarant’anni prima ad un uomo non sarebbe mai stato consentito l’accesso all’interno di quelle alte mura. Ormai i tempi erano cambiati e adesso un nuovo insegnante di matematica faceva parte corpo insegnanti. Il fatto che avesse circa cinquant’anni e soffrisse di frequenti attacchi d’asma era soltanto uno dei motivi che avevano contribuito alla sua assunzione. Per il resto tutto il personale docente e amministrativo era femminile e ciò era motivo di vanto e di prestigio per quello che, a ragione, era considerato uno dei collegi femminili più esclusivi di tutto il Giappone.

Mrs. Sommerson lasciò la finestra aperta per consentire ad un leggero venticello di rinfrescare l’aria ferma e calda del suo ufficio. Sedette all’imponente scrivania, simbolo della sua posizione e del suo potere all’interno della scuola che gestiva in qualità di direttrice, e con aria pensosa giocherellò con un massiccio tagliacarte d’argento.   

Mrs. Sommerson non era certo quella che si sarebbe potuta definire una bella donna. Qualunque traccia di avvenenza il suo viso avesse posseduto in gioventù era stata cancellata dall’inesorabile trascorrere del tempo e dal cipiglio severo che la contraddistingueva. Era piccola e di ossatura minuta, perennemente vestita di nero da quando era rimasta vedova, una decina d’anni prima. I capelli rigorosamente stretti in un nodo sulla nuca scoprivano una fronte spaziosa e attraversata da una fitta ragnatela di rughe. Il naso era sottile e leggermente aquilino sormontato da un paio di occhiali con la montatura d’osso. Aveva dedicato la sua vita all’insegnamento e proprio in ragione della sua esperienza era stata scelta come direttrice del prestigioso “Collegio Femminile Fusujiama”. Aveva fama di essere una persona estremamente formale e conservatrice e poche erano le cose che ormai stupivano quell’inossidabile direttrice.

Tuttavia l’incredibile richiesta che le era appena stata fatta l’aveva lasciata confusa e interdetta.

Mrs. Sommerson studiò attentamente il volto dell’uomo seduto di fronte a sé: i tratti del viso marcati e decisi, uno sguardo che non tradiva incertezze. Non si era mai interessata di sport, né tantomeno di calcio ma perfino lei sapeva chi era Benjiamin Price. La sua famiglia, tra le più influenti di tutto il Giappone, aveva contribuito a fondare il collegio ed era stato proprio questo legame a spingere il campione a venire da lei.

Già da tempo circolavano voci secondo cui il portiere della nazionale giapponese fosse coinvolto in situazioni personali poco chiare ma Mrs. Sommerson si considerava un ottimo giudice dell’animo umano e riteneva che lui fosse solo un altro personaggio famoso, vittima dei giornalisti. Era sicura che la stampa sarebbe piombata su di loro come un avvoltoio, se solo avesse fiutato la notizia di cui era appena stata messa a conoscenza e per la quale era stata richiesta tutta la sua discrezione.

Estremamente compiaciuta della fiducia che le era stata accordata intrecciò le mani e si chinò leggermente sul ripiano della scrivania, dando voce finalmente alle sue perplessità

- Vorrei che comprendesse, Mr. Price … non mi sta chiedendo una cosa semplice –

La bocca dell’uomo si assottigliò in una piccola smorfia che ne tradiva l’impazienza

- Mi rendo conto Mrs. Sommerson - la sua voce aveva un timbro fondo ed era calma e pacata, come se spiegasse qualcosa di complicato ad un bambino – Ma io non chiedo miracoli. Voglio solo sapere se lei come direttrice di questo collegio può fornirmi quello che cerco. Diversamente mi rivolgerò altrove -

- Mr. Price … non dirà sul serio! – la direttrice si raddrizzò gli occhiali sul naso un tantino offesa– Dopotutto la sua famiglia è sempre stata estremamente generosa con il nostro collegio.-

- Appunto. E’ per questo motivo che mi sono rivolto a voi prima che ad altri. – la pazienza del campione andava esaurendosi

- Si … ma si tratta di una richiesta alquanto insolita … - temporeggiò la direttrice disorientata – Inoltre bisogna considerare anche l’aspetto…uhm…come dire…di decoro dell’intera faccenda – replicò dubbiosa.

Benjiamin Price si appoggiò allo schienale della poltrona con il viso illuminato da un sorrisetto duro e sarcastico

- Non si deve preoccupare, Mrs. Sommerson. Non sono solito molestare i miei dipendenti, né ho bisogno che qualcuno mi faccia da sensale per le mie faccende personali. La mia casa è grande e piena zeppa di domestici. Quello di cui ho bisogno è solamente una bambinaia. Non sto chiedendo la luna. – concluse seccamente.

La direttrice arrossì leggermente – Mr. Price, non intendevo insinuare che ci fosse nulla di sconveniente nella sua richiesta. Le chiedo solo qualche minuto per riflettere e trovare una soluzione adeguata. – mormorò imbarazzata.

Al leggero cenno di assenso di lui la donna tirò un lieve sospiro di sollievo. Il suo istituto femminile, considerato uno dei più qualificati e prestigiosi di tutto il Giappone, aveva potuto mantenere tale primato anche grazie alle sostanziose donazioni della famiglia Price.

Tuttavia…la richiesta di Benjiamin Price l’aveva colta di sorpresa e lasciata del tutto impreparata. Nel suo collegio le insegnanti, tutte rigorosamente di sesso femminile, avevano per la maggior parte superato la cinquantina e molte di loro erano sposate e avevano una famiglia. Per quanto riguardava le educande più grandi, provenivano dalle migliori famiglie, studiavano e imparavano tutto quanto era loro utile per diventare delle ottime padrone di casa, in attesa di essere presentate in società e di contrarre un adeguato matrimonio. Ben poche di loro avrebbero iniziato a lavorare una volta diplomate e certamente nessuna di loro avrebbe mai accettato l’incarico di bambinaia…anche se…

L’offerta di Benjiamin Price sarebbe apparsa a molte delle sue studentesse come una splendida opportunità per avvicinarsi a quell’uomo, famoso campione sportivo ed unico erede di una delle famiglie più facoltose. E solo il cielo poteva sapere cosa erano in grado di fare quelle scriteriate!

Inoltre lui…non lo si poteva certo definire uno stinco di santo!

Quell’uomo aveva ottenuto l’affidamento provvisorio di una bambina di pochi mesi, avuta, poi, non si sapeva bene con chi, dal momento che madre non era in circolazione, e Mrs. Sommerson rabbrividì al pensiero che una delle sue ragazze avrebbe potuto compiere un qualche gesto sciagurato e ritrovarsi nei guai.

Se in giro si fosse saputo che lei aveva preso parte ad un tale contratto e che, anzi, aveva addirittura suggerito il nome della ragazza, l’onore e la reputazione del suo collegio sarebbero stati definitivamente distrutti e la sua carriera rovinata. Inoltre le famiglie delle ragazze non avrebbero mai permesso alle loro figliole di…

Le famiglie…Certo sarebbe stato diverso se la ragazza in questione non avesse avuto parenti che si preoccupassero per lei o che potessero andare a spettegolare qualcosa alla stampa… 

La direttrice interruppe improvvisamente le sue considerazioni febbrili mentre nella sua mente un’idea stava prendendo forma e consistenza. Aprì uno schedario alle sue spalle e ne trasse fuori un fascicolo sottile. Ciò che stava per fare le procurava un leggero senso di fastidio ma Mrs. Sommerson sapeva che quella era l’unica soluzione che le consentiva di salvaguardare il buon nome del collegio.

Con aria soddisfatta sollevò lo sguardo - Riflettendoci, Mr. Price forse ho trovato la persona che fa per lei – annunciò sfogliando il fascicolo

Il giocatore si sporse leggermente al di sopra della scrivania, sbirciando i fogli scritti a caratteri minuti, mentre la donna continuava

- Si chiama Clare Miller ed è stata una delle nostre migliori studentesse. I suoi genitori erano inglesi e suo padre era professore al Liceo Nankatsu. Entrambi sono morti in un incidente d’auto quando lei aveva solo otto anni. Da allora ha vissuto con una zia fino a quando non ha iniziato a frequentare il nostro istituto. Adesso sta svolgendo il tirocinio come maestra nelle prime classi della nostra scuola elementare. E’ una persona preparata e competente e le posso assicurare che svolge il suo lavoro dedicandovisi completamente. Le bambine la adorano. -

- Vive e lavora dentro il collegio?- chiese lui interrompendola.

La direttrice annuì – E’ una nostra collaboratrice –

- Non sapevo che le allieve diplomate potessero continuare a vivere in collegio- commentò un lui po’ stupito.

- La signorina Miller è anche una nostra insegnante e l’alloggio all’interno dell’istituto ci è stato richiesto come un favore personale – ribatte la direttrice un po’ rigida.

 - Capisco. – con un gesto secco della mano lui sembrò liquidare l’argomento mentre alzandosi prendeva un biglietto da visita dalla tasca interna della giacca.

- Date questo alla signorina Miller e chiedetele di venire a casa mia domani pomeriggio per discutere dell’incarico. Se rimarremo reciprocamente soddisfatti del colloquio e se la signorina accetterà la mia offerta di lavoro avrete presto mie notizie – disse tendendole il biglietto.

Mrs. Sommerson lo strinse tra le dita rapaci – Sono certa che sarete soddisfatto, Mr. Price – disse già pregustando la ricca donazione che, lo sapeva, sarebbe seguita a quell’incontro.

Lui annuì leggermente e con un leggero inchino si accomiatò.

La direttrice rimase per un attimo in silenzio, compiaciuta che il suo progetto si stesse evolvendo nella giusta direzione. Era certa di fare la cosa giusta e adesso non restava altro da fare che comunicare alla diretta interessata la sua decisione. Si accostò alla finestra e guardò giù in cortile dove un gruppo di bambine coordinato da un’insegnante giocava con un pallone rosso. La maestra indossava un abito con un’ampia gonna verde e i suoi capelli dorati brillavano alla luce del sole come monete d’oro zecchino.

La direttrice osservò Clare Miller spiegare con pazienza a due bambine il modo corretto di colpire la palla e provò una fitta di rammarico per ciò che stava per comunicarle. Ma non aveva scelta, il decoro ed il prestigio  della scuola venivano prima di ogni altra cosa, prima dell’affetto e della compassione che provava per quella ragazza.

Se le cose fossero andate diversamente Clare avrebbe potuto essere una ragazza felice, una ragazza come tante altre, invece...

Ciò che Mrs. Sommerson aveva raccontato a Benjiamin Price era tutto vero. Clare aveva perso entrambi i genitori in un incidente e la bambina era stata affidata ad una zia, tale Sarah Miller, fino all’età di tredici anni. Poi Clare era stata tolta all’affidamento della parente e grazie agli ottimi voti e all’interessamento di un’insegnante della sua vecchia scuola le avevano assegnato una borsa di studio e la ragazzina aveva potuto continuare a studiare in collegio fino al diploma. Era stata una studentessa molto dotata e aveva un’abilità particolare per il disegno. I suoi quadri, apparsi in qualche piccola mostra, avevano riscosso un successo incredibile e i suoi ritratti erano sempre molto richiesti. 

Ciò che aveva taciuto e che non era stato riportato nel fascicolo della ragazza erano le motivazioni per cui Clare aveva dovuto abbandonare improvvisamente la casa della zia.

La direttrice sospirò. Il marito di Sarah Miller, Gedeon Dawson,  era un ubriacone e un poco di buono ed era noto alle autorità per aver partecipato a delle risse e per aver percosso al moglie in alcune occasioni. Nonostante ciò il Tribunale aveva affidato a questa famiglia incredibilmente inadatta una bambina di soli otto anni. Sara Miller sapeva che suo marito era un uomo pericoloso e aveva cercato di non lasciare mai sola in casa la figlia del suo povero fratello.

Tutto questo fino a quel fatidico pomeriggio di dicembre di sette anni prima, quando la donna era andata da una vicina per farle un’iniezione e Clare era rimasta nella sua cameretta impegnata a fare i compiti. Gedeon Dawson era arrivato in anticipo dal lavoro ed era entrato ubriaco nella camera della nipote. Le sue intenzioni erano apparse del tutto ovvie e Clare terrorizzata aveva cercato inutilmente di guadagnare la porta. L’uomo l’aveva gettata sul letto, strappandole la camicia e colpendola con violenza sulle guance fino quasi a farle perdere i sensi ma lei aveva lottato con la forza e la disperazione di una ragazzina di soli tredici anni.

Fortunatamente Sarah Miller, rifiutando di trattenersi dalla vicina per il tè, era rientrata e aveva sentito le urla disperate di Clare. La donna era corsa al piano di sopra della casetta dove vivevano e si era gettata addosso al marito strappandolo letteralmente di sopra alla nipote.

Era bastato quell’attimo a Clare per rimettersi faticosamente in piedi e uscire incespicando dalla stanza. Tenendo stretti i lembi stracciati della sua camicetta, era uscita di corsa da casa della zia e aveva bussato piena di disperazione alla porta della vicina che aveva immediatamente chiamato le assistenti sociali.

La ragazzina era stata ricoverata in ospedale e ai suoi parenti era stato tolto l’affidamento della minore.

Dopo alcuni mesi, quando anche l’ultimo ematoma era ormai sparito dal viso e dal corpo di Clare, i medici si erano resi conto che la brutta esperienza aveva lasciato cicatrici ben più profonde nell’animo della ragazzina.

Durante tutto il primo anno successivo all’aggressione Clare non riusciva a sopportare la presenza o la vicinanza di un uomo adulto. Ogni notte incubi terribili la tormentavano e si svegliava urlando.

Quando era stata in grado di riprendere la scuola era stata trasferita nel “Collegio Femminile Fusujiama” grazie ad una borsa di studio. L’ambiente sereno e protetto ed il contatto con i bambini si erano rivelati la migliore delle medicine e diventare maestra era stata la conseguente scelta naturale.

Con l’aiuto di una psicologa, la dottoressa Spencer, Clare aveva ripreso ad uscire fuori dall’istituto e, sebbene facesse sempre molta attenzione a rientrare prima che fosse buio, era in grado di andare dovunque senza timore. Anche gli incubi di cui soffriva la notte erano praticamente scomparsi da quando, un paio d’anni prima, Clare era venuta a conoscenza della morte di Gedeon Dawson, investito da un automobilista mentre attraversava la strada ubriaco.

Tuttavia, nonostante i miglioramenti, la dottoressa Spencer era stata molto chiara con la direttrice sulle reali possibilità della ragazza di ritornare ad avere una vita normale. Nel tentativo di convincerla sull’assoluta  necessità per Clare di rimanere nell’ambiente protetto ed ovattato del collegio, la psicologa aveva esposto la sua diagnosi in termini molto netti.

La terribile esperienza aveva segnato a tal punto Clare che molto probabilmente non si sarebbe mai sposata, né avrebbe avuto dei figli, dal momento che la ragazza sarebbe stata del tutto incapace ad attendere all’aspetto intimo di una normale vita coniugale.

Mrs. Sommeson sospirò leggermente guardando la giovane maestra allineare in due file perfette le sue piccole alunne. Poi prese in mano il telefono

- Mary?…Mi vada a chiamare al signorina Miller, per favore. Ho bisogno di parlarle -

Guardò ancora fuori, in cortile, le bambine che si avviavano ridendo verso le loro classi seguite dalla loro insegnante che teneva per mano la più piccolina e non poté trattenere un mesto sorriso.

Nonostante avesse subito dal destino quell’orribile prova, Clare sembrava avere dentro di sé un’inesauribile fonte di amore da donare.

 

Clare Miller sgranò gli occhi di fronte all’enorme cancello in ferro battuto della splendida villa della famiglia Price. In tutti i suoi diciannove anni non aveva mai visto niente di più imponente e il pensiero di venirci a vivere le procurò un moto di apprensione. La costruzione a due piani si ergeva bianca e maestosa, circondata alle spalle da un boschetto di sempreverdi. Ai lati dell’abitazione si aprivano ampi prati all’inglese, mentre un rampicante di splendidi fiori rossi copriva quasi interamente la parte sinistra della facciata principale. Altri alberi erano disposti in due lunghe file ordinate e parallele ai lati di un viottolo che conduceva all’entrata principale della villa. L’ordine meticoloso con cui il giardino veniva regolarmente curato e lo splendido e maestoso edificio padronale denotavano un lusso e buongusto ereditato da generazioni.

Clare sospirò. In meno di quarantotto ore la sua vita aveva preso una svolta inaspettata quanto terribile e il delicato equilibrio che era riuscita a costruire in quegli anni aveva subito un violento scossone. Non poteva rifiutarsi di fare ciò che le era stato chiesto. La direttrice era stata categorica in proposito: un facoltoso benefattore del collegio, che viveva per la maggior parte dell’anno in Germania, aveva bisogno di una bambinaia per la figlia neonata, rimasta orfana della madre. Lei si sarebbe dovuta occupare della piccola fino a quando fosse stato ritenuto necessario e poi avrebbe potuto fare ritorno al collegio.

Mrs. Sommerson le aveva ampiamente illustrato il debito di riconoscenza che il collegio nutriva nei confronti della famiglia del suo futuro datore di lavoro, per concludere poi con la necessità di mantenere inalterati il prestigio e il decoro dell’istituto. Clare aveva finalmente la possibilità di dimostrare la propria gratitudine al collegio che l’aveva accolta, svolgendo quest’incarico della massima delicatezza.

Nervosamente si asciugò i palmi umidi soffregandoli leggermente contro la gonna di cotone del vestito a fiori che indossava. L’abito era più grande della sua taglia di almeno due misure e scendeva a coprirle le gambe fino a metà polpaccio, dissimulando perfettamente le morbide curve del suo corpo snello.

Portava i capelli raccolti in una pesante treccia, alla quale erano sfuggite alcune ciocche ribelli ma neppure la severità di quell’acconciatura riusciva a nasconderne il brillante colore che tradiva le sue origini europee. Fili dorati schiariti dal sole, brillanti in capricciose spirali si mescolavano a ciocche del colore del miele, creando uno straordinario contrasto. Il viso era un perfetto ovale dalla pelle di porcellana, il naso fine ed impertinente sopra la bella bocca morbida leggermente dischiusa per l’ansia. Gli occhi, frangiati da lunghe e folte ciglia nere come l’ebano, avevano il brillante colore dell’ambra più pregiata e in quel momento si muovevano inquieti in direzione della villa.

Chiunque fosse passato di lì in quel momento avrebbe visto, di fronte al cancello della villa, una splendida, giovane donna, infagottata in abiti troppo grandi per lei, in preda alla più completa indecisione.

Se l’osservatore si fosse soffermato ancora per alcuni minuti avrebbe visto la ragazza raddrizzare le spalle e suonare con decisione il campanello in un improvviso moto di coraggio, prima di ritrarre bruscamente la mano come se si fosse scottata.

Oltrepassato il cancello, Clare percorse il vialetto di ingresso della proprietà ammirando il magnifico giardino, le siepi accuratamente potate e le aiuole curate. Era uno dei giardini più belli che avesse mai visto ed il sole filtrava tra le cime dei sempreverdi allungandone le ombre lungo il viottolo di ghiaia bianca.

Il pesante portone di ingresso si aprì e una donna di mezz’età che indossava un grembiule bianco si fece avanti con un sorriso - La signorina Miller? –

La sua voce aveva una cadenza esotica e istintivamente Clare ricambiò il sorriso – Si, sono Clare Miller –

- Venga signorina la stavamo aspettando – disse introducendola nell’imponente vestibolo e conducendola in un ampio salotto che dava sul giardino. Accanto al divano rivestito in prezioso damasco rosso a fiorami c’era una culla. La donna le fece cenno di accomodarsi – Io sono Anne Bauer e sono la governante della famiglia Price. Mi occupo della loro residenza di Monaco, in Germania. Mr. Price la prega di attenderlo qui. Sarà da lei al più presto, non appena avrà finito i suoi allenamenti– spiegò

A Clare la cosa apparve alquanto strana ma non commentò, attratta immediatamente dalla culla ornata di trine – E’ lei la bimba di cui dovrei occuparmi? – sussurrò chinandosi sull’esserino che dormiva.

La piccola aveva un viso da cherubino e una leggera peluria castana copriva la testolina adagiata sul cuscino. Mrs. Bauer annuì.

Clare sfiorò con un dito la manina della bimba – Come si chiama? – chiese

- Martine. - 

- E’ bellissima.-

L’aveva detto così, semplicemente. Come se fosse una constatazione.

Mrs. Bauer  osservò attentamente il viso di Clare intento ad ammirare la bimba e concluse che si trovava di fronte ad una giovane donna molto bella che possedeva un animo semplice e pietoso. Non capiva perché mortificasse il suo corpo infagottandolo in quegli abiti troppo grandi per lei ma la sua innata gentilezza e l’interesse che aveva immediatamente mostrato nei confronti della bimba avevano fatto un’ottima impressione sulla governante. Era molto diversa dalle sofisticate donne occidentali che il suo padrone era solito frequentare e sicuramente lontana anni luce dalla bellezza curata della madre di Martine.

Mrs. Bauer aveva conosciuto Liesel ai tempi della sua relazione con Benjiamin Price ed era rimasta molto colpita dal suo fascino sicuro e dal carattere allegro e spregiudicato. Era stata sinceramente addolorata dalla notizia della morte di quella giovane signora, così bella e allegra. Poi, alcuni giorni dopo il funerale della signorina Hauermann, il padrone si era presentato a casa accompagnato da un’infermiera che spingeva davanti a se una carrozzina. Dopo averle spiegato brevemente la situazione le aveva affidato la bambina, in attesa di trovare una persona che se ne occupasse definitivamente. Da quel giorno Martine era entrata a fare parte della vita dei domestici di casa Price che a turno si prendevano cura della bimba, spinti dalla devozione per la famiglia e dalla compassione che provavano nei confronti della piccina.

Ciò che aveva stupito grandemente Mrs. Bauer era stata la reazione di Benjiamin Price nei confronti della piccina. O meglio, la sua mancanza di reazione.

Il suo datore di lavoro era noto per essere un uomo chiuso e solitario. Coloro che erano alle sue dipendenze imputavano tale caratteristica del suo carattere al fatto di aver vissuto da solo la maggior parte della sua vita, in una delle tante residenze della sua famiglia, senza l’affetto dei genitori, in compagnia dei soli domestici e del suo tutore Freddy Marshall. La lealtà dei domestici nei suoi confronti non era mai stata messa in discussione ma molti sopraccigli si erano inarcati nel constatare il suo disinteresse per la piccola Martine.

Il portiere si era gettato a capofitto in sedute intensive di allenamenti in un periodo dell’anno, la fine del campionato della Bundesliga, in cui non ve ne era necessità alcuna.

Inoltre, per sfuggire all’assalto della stampa scandalistica che non gli dava tregua, dalla notizia della morte di Liesel Hauermann, aveva scelto di ritornare in Giappone per partecipare agli allenamenti della nazionale giapponese in vista di una quadrangolare amichevole tra le squadre asiatiche, in preparazione ai Mondiali che si sarebbero svolti l’anno successivo. Appena terminati i suoi impegni di campionato era partito in sordina per il Giappone, trascinando dall’altro capo del globo una piccola creatura di neppure tre mesi.

Alla notizia della sua partenza il personale riunito in cucina aveva disapprovato all’unanimità. Mrs. Bauer sapeva che il campione soffriva per la morte della madre di Martine e che in qualche modo se ne faceva una colpa ma non riusciva a spiegarsi il suo atteggiamento distaccato nei confronti della bimba.

Intanto la neonata aveva aperto gli occhietti incredibilmente scuri e si era portata alla bocca i piccoli pugni emettendo dei gorgoglii e facendo schioccare le minuscole labbra. Clare e Mrs. Bauer si guardarono per un istante con un sorriso d’intesa.

- Per Martine è ora della poppata – affermò la governante – Vado a prendere il biberon -

- Già – Clare sorrise e con gesti esperti prese in braccio la neonata che aveva iniziato ad emettere piccoli strilli soffocati – Direi che adesso è il momento di scoprire se sei una mangiona oppure no – disse rivolta al faccino paonazzo della bimba.

 

Benji finì l’ultima serie di addominali e si asciugò la fronte imperlata di sudore. La palestra, che era stata costruita sul retro della villa, così come il campo da calcio regolamentare che si estendeva a sinistra dell’edificio, gli avevano sempre consentito di allenarsi in tutta tranquillità e lontano da sguardi indiscreti.

Tra breve avrebbe rivisto i suoi compagni della nazionale giapponese e insieme avrebbero iniziato un periodo di allenamento che avrebbe consentito di ritrovare l’affiatamento di un tempo.

Molti di loro giocavano all’estero: Holly in Brasile nel San Paulo, Tom e Mark erano come lui in Europa, il primo in Francia nel Paris-sans-Germain e la “Tigre” in Italia nella Juventus. Anche Philip Callaghan era approdato al calcio europeo dopo una breve esperienza negli Stati Uniti e militava adesso nelle file del Manchester United. Alcuni erano rimasti in patria e avevano continuato a giocare da professionisti, altri si erano infine dedicati ad altre attività collaterali al mondo del calcio, come Julian Ross.

Il “principe del calcio”, come lo chiamavano da ragazzi, dopo aver risolto definitivamente i suoi problemi di salute aveva continuato ad allenare le giovani promesse del calcio giapponese, non potendo comunque sopportare le sollecitazioni che un’intensa attività agonistica avrebbe imposto al suo cuore.

Con Mark Lenders si era incontrato e scontrato durante le partite della Champions League ma adesso sarebbero ritornati ad essere una squadra con un unico scopo: vincere i mondiali.

Immaginava che avessero avuto notizie di lui dai giornali, gli stessi che lo avevano sbattuto in prima pagina, ma nessuno di loro era a conoscenza della vicenda di Martine.

Si gettò l’asciugamano di traverso sul collo e si diresse verso la scala che portava al piano superiore.

Non sapeva quando sarebbe arrivata la bambinaia mandatagli da Mrs. Sommerson ma era pienamente intenzionato a fare una doccia prima del colloquio.

Aveva appena posato un piede sul primo gradino che udì una ninnananna cantata a mezza voce provenire dal pianterreno. Poiché era sicuro di non aver mai sentito Mrs. Bauer cantare fece dietro front e si avvicinò alle porte semiaperte del salotto. La sua governante era in piedi, accanto ad una donna seduta sul divano che in quel momento gli dava le spalle.

La voce di lei era limpida e calda, ricca e armoniosa come un buon vino invecchiato, e sembrava accarezzare ogni parola. Su di un basso tavolino un biberon vuoto testimoniava che Martine aveva appena terminato il suo pasto e che ora riposava placidamente, cullata dal suono morbido di quella voce.

Si avvicinò silenziosamente facendo un gesto a Mrs. Bauer che si era accorta della sua presenza e attese la fine della melodia. Ora poteva vedere parzialmente il viso della donna chinato sulla neonata che dormiva fra le sue braccia. Era molto giovane, più di quanto si aspettasse, e piuttosto graziosa.

I lunghi capelli dorati erano raccolti, discosti dal viso e mettevano in risalto il collo lungo e slanciato e l’incarnato di magnolia del suo volto.

La voce di lei si spense in un sussurro e un lieve sorriso le piegò le labbra nel constatare che la bambina si era serenamente addormentata.

- Avete una voce molto bella -

Clare sussultò e alzò lo sguardo verso l’alto uomo bruno che stava in piedi accanto al divano.

- Mi dispiace averla spaventata - riprese lui accomodandosi di fronte a lei del tutto inconsapevole del suo turbamento - Clare Miller, suppongo -

Mrs. Bauer si eclissò prontamente e Clare annuì incapace di emettere alcun suono.

L’uomo che le si trovava davanti era di gran lunga il più bello che avesse mai visto.

I tratti del viso sembravano scolpiti nel marmo: la fronte alta e spaziosa, la linea decisa della mascella, gli zigomi alti e marcati sopra le guance asciutte e un tantino incavate. La bocca dalla linea severa era ferma e sensuale, neppure piegata all’accenno di un sorriso.

Aveva una carnagione abbronzata come di chi passa la maggior parte del suo tempo all’aria aperta e i capelli neri, umidi e leggermente arruffati, si arricciavano sopra il colletto della felpa.

Indossava una tuta nera che ne metteva mirabilmente in risalto il fisico imponente: le ampie spalle, il torace muscoloso, il ventre saldo e piatto. Un asciugamano bianco era stato gettato con noncuranza attorno al suo collo ad asciugare i rivoletti di sudore che ancora gli scendevano dalla nuca.

Gli occhi, frangiati da lunghe ciglia nere che avrebbero fatto l’invidia di molte donne, sembravano due tizzoni scuri e brillavano come il rosseggiare del carbone sotto la cenere.

Clare trattenne il fiato per un istante: era splendido, sembrava una statua greca. Avrebbe voluto ritrarlo.

Lo sguardo adamantino dell’uomo la percorse, gelido e impudente, come ne valutasse rapidamente la professionalità, soffermandosi un istante di più sui suoi capelli chiari, strettamente intrecciati, e sulle sua braccia che racchiudevano protettivamente la bambina addormentata.

- Io sono Benjiamin Price – si presentò, consapevole del minuzioso esame a cui era stato sottoposto - Mi dispiace riceverla in queste condizioni ma ho appena terminato l’allenamento e non mi aspettavo che lei arrivasse così presto -

Clare aggrottò leggermente la fronte. Allenamento? Chissà cosa intendeva...

Benji poté fissare per la prima volta in faccia la ragazza e si rese conto che definirla graziosa era stata, da parte sua, soltanto una banale semplificazione. Era bellissima.

Il viso, un ovale dai lineamenti delicati, completamente privo di trucco, aveva il pallido splendore dell’alabastro e gli ricordava la dolcezza dei volti delle Madonne medioevali che più volte aveva ammirato in Europa. Le sopracciglia spiccavano come due pennellate castane sulla bella fronte, curvandosi in un arco elegante sopra gli occhi più stupefacenti che avesse mai visto. Avevano un taglio oltremodo affascinante, leggermente obliquo, e risplendevano di un’insolita sfumatura di ambra, come se fossero pieni di scintillanti pagliuzze d’oro.

Quegli occhi lo osservavano con sconcertante attenzione ed erano velati da una punta di timore.

- Immagino che Mrs. Sommerson le abbia già spiegato il motivo per cui si trova qui - proseguì

- Mi ha detto che lei ha bisogno di una bambinaia - la voce di lei era morbida, dolce, priva di qualsiasi inflessione.

- Infatti. Vedo che ha già fatto la conoscenza di Martine.-

Clare annuì dando una rapida occhiata alla neonata che continuava a dormire indisturbata tra le sue braccia

- Pensa di potersi occupare di lei? -

- Si certo -

A quella risposta così calma e sicura l’uomo parve rilassarsi impercettibilmente.

- Allora ritengo opportuno chiarire alcuni punti fondamentali. Come forse Mrs. Sommerson le avrà detto, la madre di Martine è morta nel darla alla luce ed io ho bisogno di una persona che se ne occupi a tempo pieno. Per questo motivo lei abiterà qui e le verrà assegnata una stanza accanto a quella della bambina. Potrà comprare tutto quello che le serve e apportare qualsiasi modifica che riterrà utile. Io viaggio molto a causa del mio lavoro e quando non sarò a casa voglio essere informato sulle condizioni di Martine ogni sera per telefono. Per le emergenze avrà sempre un numero al quale potrà rintracciarmi in qualunque momento. Potrà avere un pomeriggio libero ogni settimana  e un’intera giornata una volta al mese. Per quanto riguarda i giornalisti…-

- I giornalisti? – Clare sgranò gli occhi

- Si – continuò lui imperterrito - Non li voglio fra i piedi. Non dovrà rilasciare interviste o commenti su di me o su Martine, né dovrà permettere loro di fotografarla. E’ tutto chiaro? Se ha qualche domanda… -

- Si – il cervello di Clare lavorava febbrilmente – Perché i giornalisti dovrebbero voler fotografare Martine? -

Benji che si aspettava una domanda a proposito del salario o delle giornate di libertà rimase per un attimo interdetto - Mi scusi signorina Miller, lei sa che mestiere faccio? – chiese con una punta di ironia nella voce

Clare fece cenno di no.

- Sono un portiere -

La mente di Clare brancolava nel buio – Un portiere? Di questa casa? – chiese incredula.

Il sopracciglio di Benji scattò verso l’alto totalmente spiazzato dall’ingenuità con la quale la domanda era stata posta - No, signorina Miller. Evidentemente lei non si interessa di calcio. Io sono il portiere del Bayer Monaco. – chiarì con un sorrisetto sarcastico.

Il viso di Clare si profuse di rossore – Mi dispiace – mormorò contrita – Io non seguo molto lo sport. –

Benji guardò meravigliato il volto arrossato della ragazza. Da molto tempo non gli capitava di vedere una reazione così spontanea di timidezza. Nell’ambiente prettamente maschile al quale lui era abituato simili manifestazioni di imbarazzo erano rare e le donne che gravitavano intorno al mondo del calcio e ai giocatori erano, per la maggior parte, tutto fuorché che timide.

Guardò Clare sistemare la copertina di Martine mentre tentava di darsi un contegno e mentalmente sorrise

- Spero, signorina Miller, che capisca il motivo per cui non voglio che la stampa fotografi Martine. Non voglio che diventi un fenomeno da baraccone. -

- Si certo. Può stare tranquillo. – dal tono con cui lei gli aveva risposto Benji fu certo che aveva compreso perfettamente il suo punto di vista

- Per quanto riguarda lo stipendio… - lui disse una cifra e all’espressione sbalordita di Clare non poté trattenere un mezzo sorrisetto – Spero corrisponda alle sue aspettative.-

- E’ più di quanto mi aspettassi. Siete molto generoso.-

Benji liquidò l’affermazione con un gesto brusco – Riconosco il valore delle persone e dai miei dipendenti mi aspetto lealtà assoluta. Il rapporto di fiducia che si instaura è reciproco e pertanto esigo assoluta sincerità in merito ad ogni cosa. Se avesse delle perplessità o dei dubbi non esiti a parlarmene e vedremo di risolvere la questione. – Indicò la bambina che dormiva fra le braccia di Clare - Soprattutto riguardo a Martine, non dovrà mai essermi nascosto nulla –

- Va bene -

- Allora signorina Miller, accetta questo impiego? – chiese

Clare guardò il visetto placido della bambina e il viso le si illuminò di una luce particolare – Si, Mr. Price, accetto. - rispose semplicemente. Poi con un gesto che stupì Benji gliela tese – E’ addormentata. Non vuole tenerla un po’ in braccio? – chiese con un sorriso.

Il campione si alzò di scatto dal divano con un movimento brusco – No…adesso è meglio di no. –

Davanti allo sguardo meravigliato di Clare capì di avere avuto una reazione esagerata – Sono tutto sporco –si scusò incrociando le braccia sul petto – Non è prudente che tocchi adesso.-

Clare annuì dubbiosa.

- Pensa di riuscire a trasferirsi qui in una settimana? – il tono di lui era divenuto impaziente.

Clare pensò alle sue poche cose che si trovavano ordinatamente riposte nel suo armadio al collegio – Dovrebbe essere un tempo più che sufficiente – rispose. 

- Bene – approvò lui con un cenno del capo – Benvenuta a bordo signorina Miller. -

 

 

 

 

 

 

  
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