CAPITOLO II
“Non si ripete due volte questo giorno
scheggia di tempo grande gemma
Mai più tornerà questo giorno.
Ogni istante vale
una gemma inestimabile”
(Taknan)
Il “Collegio Femminile Fusujiama” era una delle istituzioni scolastiche più antiche della città e sorgeva poco lontano dal centro, in una zona tranquilla, protetto da un alto muro di cinta e da una robusta cancellata sempre e perennemente chiusa, ad impedire l’accesso di chiunque non fosse atteso.
I muri dell’imponente struttura quadrangolare erano stati intonacati di fresco e tutta l’area attorno alla costruzione aveva un aspetto lindo e ordinato. L’edificio principale che ospitava le aule scolastiche si apriva su un largo cortile in terra battuta alla cui estremità occidentale sorgeva un piccolo campo sportivo recintato con un fitta rete a maglia metallica da cui provenivano le grida allegre delle ragazze dell’ultimo anno.
Fino a quarant’anni prima ad un uomo non sarebbe mai stato consentito l’accesso all’interno di quelle alte mura. Ormai i tempi erano cambiati e adesso un nuovo insegnante di matematica faceva parte corpo insegnanti. Il fatto che avesse circa cinquant’anni e soffrisse di frequenti attacchi d’asma era soltanto uno dei motivi che avevano contribuito alla sua assunzione. Per il resto tutto il personale docente e amministrativo era femminile e ciò era motivo di vanto e di prestigio per quello che, a ragione, era considerato uno dei collegi femminili più esclusivi di tutto il Giappone.
Mrs. Sommerson lasciò la finestra aperta per consentire ad un leggero venticello di rinfrescare l’aria ferma e calda del suo ufficio. Sedette all’imponente scrivania, simbolo della sua posizione e del suo potere all’interno della scuola che gestiva in qualità di direttrice, e con aria pensosa giocherellò con un massiccio tagliacarte d’argento.
Mrs. Sommerson non era certo quella che si sarebbe potuta definire una bella donna. Qualunque traccia di avvenenza il suo viso avesse posseduto in gioventù era stata cancellata dall’inesorabile trascorrere del tempo e dal cipiglio severo che la contraddistingueva. Era piccola e di ossatura minuta, perennemente vestita di nero da quando era rimasta vedova, una decina d’anni prima. I capelli rigorosamente stretti in un nodo sulla nuca scoprivano una fronte spaziosa e attraversata da una fitta ragnatela di rughe. Il naso era sottile e leggermente aquilino sormontato da un paio di occhiali con la montatura d’osso. Aveva dedicato la sua vita all’insegnamento e proprio in ragione della sua esperienza era stata scelta come direttrice del prestigioso “Collegio Femminile Fusujiama”. Aveva fama di essere una persona estremamente formale e conservatrice e poche erano le cose che ormai stupivano quell’inossidabile direttrice.
Tuttavia l’incredibile richiesta che le era appena stata fatta l’aveva lasciata confusa e interdetta.
Mrs. Sommerson studiò attentamente il volto dell’uomo seduto di fronte a sé: i tratti del viso marcati e decisi, uno sguardo che non tradiva incertezze. Non si era mai interessata di sport, né tantomeno di calcio ma perfino lei sapeva chi era Benjiamin Price. La sua famiglia, tra le più influenti di tutto il Giappone, aveva contribuito a fondare il collegio ed era stato proprio questo legame a spingere il campione a venire da lei.
Già da tempo circolavano voci secondo cui il portiere della nazionale giapponese fosse coinvolto in situazioni personali poco chiare ma Mrs. Sommerson si considerava un ottimo giudice dell’animo umano e riteneva che lui fosse solo un altro personaggio famoso, vittima dei giornalisti. Era sicura che la stampa sarebbe piombata su di loro come un avvoltoio, se solo avesse fiutato la notizia di cui era appena stata messa a conoscenza e per la quale era stata richiesta tutta la sua discrezione.
Estremamente compiaciuta della fiducia che le era stata accordata intrecciò le mani e si chinò leggermente sul ripiano della scrivania, dando voce finalmente alle sue perplessità
- Vorrei che
comprendesse, Mr. Price … non mi sta chiedendo una cosa semplice –
La bocca
dell’uomo si assottigliò in una piccola smorfia che ne tradiva l’impazienza
- Mi rendo
conto Mrs. Sommerson - la sua voce aveva un timbro fondo ed era calma e pacata,
come se spiegasse qualcosa di complicato ad un bambino – Ma io non chiedo
miracoli. Voglio solo sapere se lei come direttrice di questo collegio può
fornirmi quello che cerco. Diversamente mi rivolgerò altrove -
- Mr. Price …
non dirà sul serio! – la direttrice si raddrizzò gli occhiali sul naso un
tantino offesa– Dopotutto la sua famiglia è sempre stata estremamente generosa
con il nostro collegio.-
- Appunto. E’
per questo motivo che mi sono rivolto a voi prima che ad altri. – la pazienza
del campione andava esaurendosi
- Si … ma si
tratta di una richiesta alquanto insolita … - temporeggiò la direttrice
disorientata – Inoltre bisogna considerare anche l’aspetto…uhm…come dire…di
decoro dell’intera faccenda – replicò dubbiosa.
Benjiamin
Price si appoggiò allo schienale della poltrona con il viso illuminato da un
sorrisetto duro e sarcastico
- Non si deve
preoccupare, Mrs. Sommerson. Non sono solito molestare i miei dipendenti, né ho
bisogno che qualcuno mi faccia da sensale per le mie faccende personali. La mia
casa è grande e piena zeppa di domestici. Quello di cui ho bisogno è solamente
una bambinaia. Non sto chiedendo la luna. – concluse seccamente.
La direttrice
arrossì leggermente – Mr. Price, non intendevo insinuare che ci fosse nulla di
sconveniente nella sua richiesta. Le chiedo solo qualche minuto per riflettere
e trovare una soluzione adeguata. – mormorò imbarazzata.
Al leggero
cenno di assenso di lui la donna tirò un lieve sospiro di sollievo. Il suo
istituto femminile, considerato uno dei più qualificati e prestigiosi di tutto
il Giappone, aveva potuto mantenere tale primato anche grazie alle sostanziose
donazioni della famiglia Price.
Tuttavia…la
richiesta di Benjiamin Price l’aveva colta di sorpresa e lasciata del tutto
impreparata. Nel suo collegio le insegnanti, tutte rigorosamente di sesso
femminile, avevano per la maggior parte superato la cinquantina e molte di loro
erano sposate e avevano una famiglia. Per quanto riguardava le educande più
grandi, provenivano dalle migliori famiglie, studiavano e imparavano tutto
quanto era loro utile per diventare delle ottime padrone di casa, in attesa di
essere presentate in società e di contrarre un adeguato matrimonio. Ben poche
di loro avrebbero iniziato a lavorare una volta diplomate e certamente nessuna
di loro avrebbe mai accettato l’incarico di bambinaia…anche se…
L’offerta di
Benjiamin Price sarebbe apparsa a molte delle sue studentesse come una
splendida opportunità per avvicinarsi a quell’uomo, famoso campione sportivo ed
unico erede di una delle famiglie più facoltose. E solo il cielo poteva sapere
cosa erano in grado di fare quelle scriteriate!
Inoltre lui…non
lo si poteva certo definire uno stinco di santo!
Quell’uomo
aveva ottenuto l’affidamento provvisorio di una bambina di pochi mesi, avuta,
poi, non si sapeva bene con chi, dal momento che madre non era in circolazione,
e Mrs. Sommerson rabbrividì al pensiero che una delle sue ragazze avrebbe
potuto compiere un qualche gesto sciagurato e ritrovarsi nei guai.
Se in giro si
fosse saputo che lei aveva preso parte ad un tale contratto e che, anzi, aveva
addirittura suggerito il nome della ragazza, l’onore e la reputazione del suo
collegio sarebbero stati definitivamente distrutti e la sua carriera rovinata.
Inoltre le famiglie delle ragazze non avrebbero mai permesso alle loro figliole
di…
Le
famiglie…Certo sarebbe stato diverso se la ragazza in questione non avesse
avuto parenti che si preoccupassero per lei o che potessero andare a
spettegolare qualcosa alla stampa…
La direttrice
interruppe improvvisamente le sue considerazioni febbrili mentre nella sua
mente un’idea stava prendendo forma e consistenza. Aprì uno schedario alle sue
spalle e ne trasse fuori un fascicolo sottile. Ciò che stava per fare le
procurava un leggero senso di fastidio ma Mrs. Sommerson sapeva che quella era
l’unica soluzione che le consentiva di salvaguardare il buon nome del collegio.
Con aria
soddisfatta sollevò lo sguardo - Riflettendoci, Mr. Price forse ho trovato la
persona che fa per lei – annunciò sfogliando il fascicolo
Il giocatore
si sporse leggermente al di sopra della scrivania, sbirciando i fogli scritti a
caratteri minuti, mentre la donna continuava
- Si chiama
Clare Miller ed è stata una delle nostre migliori studentesse. I suoi genitori
erano inglesi e suo padre era professore al Liceo Nankatsu. Entrambi sono morti
in un incidente d’auto quando lei aveva solo otto anni. Da allora ha vissuto
con una zia fino a quando non ha iniziato a frequentare il nostro istituto.
Adesso sta svolgendo il tirocinio come maestra nelle prime classi della nostra
scuola elementare. E’ una persona preparata e competente e le posso assicurare
che svolge il suo lavoro dedicandovisi completamente. Le bambine la adorano. -
- Vive e
lavora dentro il collegio?- chiese lui interrompendola.
La direttrice
annuì – E’ una nostra collaboratrice –
- Non sapevo
che le allieve diplomate potessero continuare a vivere in collegio- commentò un
lui po’ stupito.
- La signorina
Miller è anche una nostra insegnante e l’alloggio all’interno dell’istituto ci
è stato richiesto come un favore personale – ribatte la direttrice un po’
rigida.
- Capisco. – con un gesto secco della mano
lui sembrò liquidare l’argomento mentre alzandosi prendeva un biglietto da
visita dalla tasca interna della giacca.
- Date questo
alla signorina Miller e chiedetele di venire a casa mia domani pomeriggio per
discutere dell’incarico. Se rimarremo reciprocamente soddisfatti del colloquio
e se la signorina accetterà la mia offerta di lavoro avrete presto mie notizie
– disse tendendole il biglietto.
Mrs. Sommerson
lo strinse tra le dita rapaci – Sono certa che sarete soddisfatto, Mr. Price –
disse già pregustando la ricca donazione che, lo sapeva, sarebbe seguita a
quell’incontro.
Lui annuì
leggermente e con un leggero inchino si accomiatò.
La direttrice
rimase per un attimo in silenzio, compiaciuta che il suo progetto si stesse
evolvendo nella giusta direzione. Era certa di fare la cosa giusta e adesso non
restava altro da fare che comunicare alla diretta interessata la sua decisione.
Si accostò alla finestra e guardò giù in cortile dove un gruppo di bambine
coordinato da un’insegnante giocava con un pallone rosso. La maestra indossava
un abito con un’ampia gonna verde e i suoi capelli dorati brillavano alla luce
del sole come monete d’oro zecchino.
La direttrice
osservò Clare Miller spiegare con pazienza a due bambine il modo corretto di
colpire la palla e provò una fitta di rammarico per ciò che stava per
comunicarle. Ma non aveva scelta, il decoro ed il prestigio della scuola venivano prima di ogni altra
cosa, prima dell’affetto e della compassione che provava per quella ragazza.
Se le cose fossero
andate diversamente Clare avrebbe potuto essere una ragazza felice, una ragazza
come tante altre, invece...
Ciò che Mrs.
Sommerson aveva raccontato a Benjiamin Price era tutto vero. Clare aveva perso
entrambi i genitori in un incidente e la bambina era stata affidata ad una zia,
tale Sarah Miller, fino all’età di tredici anni. Poi Clare era stata tolta
all’affidamento della parente e grazie agli ottimi voti e all’interessamento di
un’insegnante della sua vecchia scuola le avevano assegnato una borsa di studio
e la ragazzina aveva potuto continuare a studiare in collegio fino al diploma.
Era stata una studentessa molto dotata e aveva un’abilità particolare per il
disegno. I suoi quadri, apparsi in qualche piccola mostra, avevano riscosso un
successo incredibile e i suoi ritratti erano sempre molto richiesti.
Ciò che aveva
taciuto e che non era stato riportato nel fascicolo della ragazza erano le
motivazioni per cui Clare aveva dovuto abbandonare improvvisamente la casa
della zia.
La direttrice
sospirò. Il marito di Sarah Miller, Gedeon Dawson, era un ubriacone e un poco di buono ed era noto alle autorità per
aver partecipato a delle risse e per aver percosso al moglie in alcune
occasioni. Nonostante ciò il Tribunale aveva affidato a questa famiglia incredibilmente
inadatta una bambina di soli otto anni. Sara Miller sapeva che suo marito era
un uomo pericoloso e aveva cercato di non lasciare mai sola in casa la figlia
del suo povero fratello.
Tutto questo
fino a quel fatidico pomeriggio di dicembre di sette anni prima, quando la
donna era andata da una vicina per farle un’iniezione e Clare era rimasta nella
sua cameretta impegnata a fare i compiti. Gedeon Dawson era arrivato in
anticipo dal lavoro ed era entrato ubriaco nella camera della nipote. Le sue
intenzioni erano apparse del tutto ovvie e Clare terrorizzata aveva cercato
inutilmente di guadagnare la porta. L’uomo l’aveva gettata sul letto,
strappandole la camicia e colpendola con violenza sulle guance fino quasi a
farle perdere i sensi ma lei aveva lottato con la forza e la disperazione di
una ragazzina di soli tredici anni.
Fortunatamente Sarah Miller, rifiutando di trattenersi dalla vicina per il tè, era rientrata e aveva sentito le urla disperate di Clare. La donna era corsa al piano di sopra della casetta dove vivevano e si era gettata addosso al marito strappandolo letteralmente di sopra alla nipote.
Era bastato
quell’attimo a Clare per rimettersi faticosamente in piedi e uscire
incespicando dalla stanza. Tenendo stretti i lembi stracciati della sua
camicetta, era uscita di corsa da casa della zia e aveva bussato piena di
disperazione alla porta della vicina che aveva immediatamente chiamato le
assistenti sociali.
La ragazzina
era stata ricoverata in ospedale e ai suoi parenti era stato tolto l’affidamento
della minore.
Dopo alcuni
mesi, quando anche l’ultimo ematoma era ormai sparito dal viso e dal corpo di
Clare, i medici si erano resi conto che la brutta esperienza aveva lasciato
cicatrici ben più profonde nell’animo della ragazzina.
Durante tutto
il primo anno successivo all’aggressione Clare non riusciva a sopportare la
presenza o la vicinanza di un uomo adulto. Ogni notte incubi terribili la
tormentavano e si svegliava urlando.
Quando era
stata in grado di riprendere la scuola era stata trasferita nel “Collegio
Femminile Fusujiama” grazie ad una borsa di studio. L’ambiente sereno e
protetto ed il contatto con i bambini si erano rivelati la migliore delle
medicine e diventare maestra era stata la conseguente scelta naturale.
Con l’aiuto di
una psicologa, la dottoressa Spencer, Clare aveva ripreso ad uscire fuori
dall’istituto e, sebbene facesse sempre molta attenzione a rientrare prima che
fosse buio, era in grado di andare dovunque senza timore. Anche gli incubi di
cui soffriva la notte erano praticamente scomparsi da quando, un paio d’anni
prima, Clare era venuta a conoscenza della morte di Gedeon Dawson, investito da
un automobilista mentre attraversava la strada ubriaco.
Tuttavia,
nonostante i miglioramenti, la dottoressa Spencer era stata molto chiara con la
direttrice sulle reali possibilità della ragazza di ritornare ad avere una vita
normale. Nel tentativo di convincerla sull’assoluta necessità per Clare di rimanere nell’ambiente protetto ed ovattato
del collegio, la psicologa aveva esposto la sua diagnosi in termini molto
netti.
La terribile
esperienza aveva segnato a tal punto Clare che molto probabilmente non si
sarebbe mai sposata, né avrebbe avuto dei figli, dal momento che la ragazza
sarebbe stata del tutto incapace ad attendere all’aspetto intimo di una normale
vita coniugale.
Mrs. Sommeson
sospirò leggermente guardando la giovane maestra allineare in due file perfette
le sue piccole alunne. Poi prese in mano il telefono
- Mary?…Mi
vada a chiamare al signorina Miller, per favore. Ho bisogno di parlarle -
Guardò ancora
fuori, in cortile, le bambine che si avviavano ridendo verso le loro classi
seguite dalla loro insegnante che teneva per mano la più piccolina e non poté
trattenere un mesto sorriso.
Nonostante
avesse subito dal destino quell’orribile prova, Clare sembrava avere dentro di
sé un’inesauribile fonte di amore da donare.
Clare Miller
sgranò gli occhi di fronte all’enorme cancello in ferro battuto della splendida
villa della famiglia Price. In tutti i suoi diciannove anni non aveva mai visto
niente di più imponente e il pensiero di venirci a vivere le procurò un moto di
apprensione. La costruzione a due piani si ergeva bianca e maestosa, circondata
alle spalle da un boschetto di sempreverdi. Ai lati dell’abitazione si aprivano
ampi prati all’inglese, mentre un rampicante di splendidi fiori rossi copriva
quasi interamente la parte sinistra della facciata principale. Altri alberi
erano disposti in due lunghe file ordinate e parallele ai lati di un viottolo
che conduceva all’entrata principale della villa. L’ordine meticoloso con cui
il giardino veniva regolarmente curato e lo splendido e maestoso edificio
padronale denotavano un lusso e buongusto ereditato da generazioni.
Clare sospirò.
In meno di quarantotto ore la sua vita aveva preso una svolta inaspettata
quanto terribile e il delicato equilibrio che era riuscita a costruire in
quegli anni aveva subito un violento scossone. Non poteva rifiutarsi di fare
ciò che le era stato chiesto. La direttrice era stata categorica in proposito:
un facoltoso benefattore del collegio, che viveva per la maggior parte
dell’anno in Germania, aveva bisogno di una bambinaia per la figlia neonata,
rimasta orfana della madre. Lei si sarebbe dovuta occupare della piccola fino a
quando fosse stato ritenuto necessario e poi avrebbe potuto fare ritorno al
collegio.
Mrs. Sommerson
le aveva ampiamente illustrato il debito di riconoscenza che il collegio
nutriva nei confronti della famiglia del suo futuro datore di lavoro, per
concludere poi con la necessità di mantenere inalterati il prestigio e il
decoro dell’istituto. Clare aveva finalmente la possibilità di dimostrare la
propria gratitudine al collegio che l’aveva accolta, svolgendo quest’incarico
della massima delicatezza.
Nervosamente
si asciugò i palmi umidi soffregandoli leggermente contro la gonna di cotone
del vestito a fiori che indossava. L’abito era più grande della sua taglia di
almeno due misure e scendeva a coprirle le gambe fino a metà polpaccio,
dissimulando perfettamente le morbide curve del suo corpo snello.
Portava i
capelli raccolti in una pesante treccia, alla quale erano sfuggite alcune
ciocche ribelli ma neppure la severità di quell’acconciatura riusciva a
nasconderne il brillante colore che tradiva le sue origini europee. Fili dorati
schiariti dal sole, brillanti in capricciose spirali si mescolavano a ciocche
del colore del miele, creando uno straordinario contrasto. Il viso era un
perfetto ovale dalla pelle di porcellana, il naso fine ed impertinente sopra la
bella bocca morbida leggermente dischiusa per l’ansia. Gli occhi, frangiati da
lunghe e folte ciglia nere come l’ebano, avevano il brillante colore dell’ambra
più pregiata e in quel momento si muovevano inquieti in direzione della villa.
Chiunque fosse
passato di lì in quel momento avrebbe visto, di fronte al cancello della villa,
una splendida, giovane donna, infagottata in abiti troppo grandi per lei, in
preda alla più completa indecisione.
Se
l’osservatore si fosse soffermato ancora per alcuni minuti avrebbe visto la
ragazza raddrizzare le spalle e suonare con decisione il campanello in un
improvviso moto di coraggio, prima di ritrarre bruscamente la mano come se si
fosse scottata.
Oltrepassato
il cancello, Clare percorse il vialetto di ingresso della proprietà ammirando
il magnifico giardino, le siepi accuratamente potate e le aiuole curate. Era
uno dei giardini più belli che avesse mai visto ed il sole filtrava tra le cime
dei sempreverdi allungandone le ombre lungo il viottolo di ghiaia bianca.
Il pesante
portone di ingresso si aprì e una donna di mezz’età che indossava un grembiule
bianco si fece avanti con un sorriso - La signorina Miller? –
La sua voce
aveva una cadenza esotica e istintivamente Clare ricambiò il sorriso – Si, sono
Clare Miller –
- Venga
signorina la stavamo aspettando – disse introducendola nell’imponente vestibolo
e conducendola in un ampio salotto che dava sul giardino. Accanto al divano
rivestito in prezioso damasco rosso a fiorami c’era una culla. La donna le fece
cenno di accomodarsi – Io sono Anne Bauer e sono la governante della famiglia
Price. Mi occupo della loro residenza di Monaco, in Germania. Mr. Price la
prega di attenderlo qui. Sarà da lei al più presto, non appena avrà finito i
suoi allenamenti– spiegò
A Clare la
cosa apparve alquanto strana ma non commentò, attratta immediatamente dalla
culla ornata di trine – E’ lei la bimba di cui dovrei occuparmi? – sussurrò
chinandosi sull’esserino che dormiva.
La piccola
aveva un viso da cherubino e una leggera peluria castana copriva la testolina
adagiata sul cuscino. Mrs. Bauer annuì.
Clare sfiorò
con un dito la manina della bimba – Come si chiama? – chiese
- Martine.
-
- E’
bellissima.-
L’aveva detto
così, semplicemente. Come se fosse una constatazione.
Mrs.
Bauer osservò attentamente il viso di
Clare intento ad ammirare la bimba e concluse che si trovava di fronte ad una
giovane donna molto bella che possedeva un animo semplice e pietoso. Non capiva
perché mortificasse il suo corpo infagottandolo in quegli abiti troppo grandi
per lei ma la sua innata gentilezza e l’interesse che aveva immediatamente
mostrato nei confronti della bimba avevano fatto un’ottima impressione sulla
governante. Era molto diversa dalle sofisticate donne occidentali che il suo
padrone era solito frequentare e sicuramente lontana anni luce dalla bellezza
curata della madre di Martine.
Mrs. Bauer
aveva conosciuto Liesel ai tempi della sua relazione con Benjiamin Price ed era
rimasta molto colpita dal suo fascino sicuro e dal carattere allegro e
spregiudicato. Era stata sinceramente addolorata dalla notizia della morte di
quella giovane signora, così bella e allegra. Poi, alcuni giorni dopo il
funerale della signorina Hauermann, il padrone si era presentato a casa
accompagnato da un’infermiera che spingeva davanti a se una carrozzina. Dopo
averle spiegato brevemente la situazione le aveva affidato la bambina, in
attesa di trovare una persona che se ne occupasse definitivamente. Da quel
giorno Martine era entrata a fare parte della vita dei domestici di casa Price
che a turno si prendevano cura della bimba, spinti dalla devozione per la
famiglia e dalla compassione che provavano nei confronti della piccina.
Ciò che aveva
stupito grandemente Mrs. Bauer era stata la reazione di Benjiamin Price nei
confronti della piccina. O meglio, la sua mancanza di reazione.
Il suo datore
di lavoro era noto per essere un uomo chiuso e solitario. Coloro che erano alle
sue dipendenze imputavano tale caratteristica del suo carattere al fatto di
aver vissuto da solo la maggior parte della sua vita, in una delle tante
residenze della sua famiglia, senza l’affetto dei genitori, in compagnia dei
soli domestici e del suo tutore Freddy Marshall. La lealtà dei domestici nei
suoi confronti non era mai stata messa in discussione ma molti sopraccigli si
erano inarcati nel constatare il suo disinteresse per la piccola Martine.
Il portiere si
era gettato a capofitto in sedute intensive di allenamenti in un periodo
dell’anno, la fine del campionato della Bundesliga, in cui non ve ne era
necessità alcuna.
Inoltre, per
sfuggire all’assalto della stampa scandalistica che non gli dava tregua, dalla
notizia della morte di Liesel Hauermann, aveva scelto di ritornare in Giappone
per partecipare agli allenamenti della nazionale giapponese in vista di una
quadrangolare amichevole tra le squadre asiatiche, in preparazione ai Mondiali
che si sarebbero svolti l’anno successivo. Appena terminati i suoi impegni di
campionato era partito in sordina per il Giappone, trascinando dall’altro capo
del globo una piccola creatura di neppure tre mesi.
Alla notizia
della sua partenza il personale riunito in cucina aveva disapprovato
all’unanimità. Mrs. Bauer sapeva che il campione soffriva per la morte della
madre di Martine e che in qualche modo se ne faceva una colpa ma non riusciva a
spiegarsi il suo atteggiamento distaccato nei confronti della bimba.
Intanto la
neonata aveva aperto gli occhietti incredibilmente scuri e si era portata alla
bocca i piccoli pugni emettendo dei gorgoglii e facendo schioccare le minuscole
labbra. Clare e Mrs. Bauer si guardarono per un istante con un sorriso
d’intesa.
- Per Martine
è ora della poppata – affermò la governante – Vado a prendere il biberon -
- Già – Clare
sorrise e con gesti esperti prese in braccio la neonata che aveva iniziato ad
emettere piccoli strilli soffocati – Direi che adesso è il momento di scoprire
se sei una mangiona oppure no – disse rivolta al faccino paonazzo della bimba.
Benji finì
l’ultima serie di addominali e si asciugò la fronte imperlata di sudore. La
palestra, che era stata costruita sul retro della villa, così come il campo da
calcio regolamentare che si estendeva a sinistra dell’edificio, gli avevano
sempre consentito di allenarsi in tutta tranquillità e lontano da sguardi
indiscreti.
Tra breve
avrebbe rivisto i suoi compagni della nazionale giapponese e insieme avrebbero
iniziato un periodo di allenamento che avrebbe consentito di ritrovare
l’affiatamento di un tempo.
Molti di loro
giocavano all’estero: Holly in Brasile nel San Paulo, Tom e Mark erano come lui
in Europa, il primo in Francia nel Paris-sans-Germain e la “Tigre” in Italia
nella Juventus. Anche Philip Callaghan era approdato al calcio europeo dopo una
breve esperienza negli Stati Uniti e militava adesso nelle file del Manchester
United. Alcuni erano rimasti in patria e avevano continuato a giocare da
professionisti, altri si erano infine dedicati ad altre attività collaterali al
mondo del calcio, come Julian Ross.
Il “principe
del calcio”, come lo chiamavano da ragazzi, dopo aver risolto definitivamente i
suoi problemi di salute aveva continuato ad allenare le giovani promesse del
calcio giapponese, non potendo comunque sopportare le sollecitazioni che
un’intensa attività agonistica avrebbe imposto al suo cuore.
Con Mark
Lenders si era incontrato e scontrato durante le partite della Champions League
ma adesso sarebbero ritornati ad essere una squadra con un unico scopo: vincere
i mondiali.
Immaginava che
avessero avuto notizie di lui dai giornali, gli stessi che lo avevano sbattuto
in prima pagina, ma nessuno di loro era a conoscenza della vicenda di Martine.
Si gettò
l’asciugamano di traverso sul collo e si diresse verso la scala che portava al
piano superiore.
Non sapeva
quando sarebbe arrivata la bambinaia mandatagli da Mrs. Sommerson ma era
pienamente intenzionato a fare una doccia prima del colloquio.
Aveva appena
posato un piede sul primo gradino che udì una ninnananna cantata a mezza voce
provenire dal pianterreno. Poiché era sicuro di non aver mai sentito Mrs. Bauer
cantare fece dietro front e si avvicinò alle porte semiaperte del salotto. La
sua governante era in piedi, accanto ad una donna seduta sul divano che in quel
momento gli dava le spalle.
La voce di lei
era limpida e calda, ricca e armoniosa come un buon vino invecchiato, e
sembrava accarezzare ogni parola. Su di un basso tavolino un biberon vuoto
testimoniava che Martine aveva appena terminato il suo pasto e che ora riposava
placidamente, cullata dal suono morbido di quella voce.
Si avvicinò
silenziosamente facendo un gesto a Mrs. Bauer che si era accorta della sua
presenza e attese la fine della melodia. Ora poteva vedere parzialmente il viso
della donna chinato sulla neonata che dormiva fra le sue braccia. Era molto
giovane, più di quanto si aspettasse, e piuttosto graziosa.
I lunghi capelli
dorati erano raccolti, discosti dal viso e mettevano in risalto il collo lungo
e slanciato e l’incarnato di magnolia del suo volto.
La voce di lei
si spense in un sussurro e un lieve sorriso le piegò le labbra nel constatare
che la bambina si era serenamente addormentata.
- Avete una
voce molto bella -
Clare sussultò
e alzò lo sguardo verso l’alto uomo bruno che stava in piedi accanto al divano.
- Mi dispiace
averla spaventata - riprese lui accomodandosi di fronte a lei del tutto
inconsapevole del suo turbamento - Clare Miller, suppongo -
Mrs. Bauer si
eclissò prontamente e Clare annuì incapace di emettere alcun suono.
L’uomo che le
si trovava davanti era di gran lunga il più bello che avesse mai visto.
I tratti del
viso sembravano scolpiti nel marmo: la fronte alta e spaziosa, la linea decisa
della mascella, gli zigomi alti e marcati sopra le guance asciutte e un tantino
incavate. La bocca dalla linea severa era ferma e sensuale, neppure piegata
all’accenno di un sorriso.
Aveva una
carnagione abbronzata come di chi passa la maggior parte del suo tempo all’aria
aperta e i capelli neri, umidi e leggermente arruffati, si arricciavano sopra
il colletto della felpa.
Indossava una
tuta nera che ne metteva mirabilmente in risalto il fisico imponente: le ampie
spalle, il torace muscoloso, il ventre saldo e piatto. Un asciugamano bianco
era stato gettato con noncuranza attorno al suo collo ad asciugare i rivoletti
di sudore che ancora gli scendevano dalla nuca.
Gli occhi,
frangiati da lunghe ciglia nere che avrebbero fatto l’invidia di molte donne,
sembravano due tizzoni scuri e brillavano come il rosseggiare del carbone sotto
la cenere.
Clare
trattenne il fiato per un istante: era splendido, sembrava una statua greca.
Avrebbe voluto ritrarlo.
Lo sguardo
adamantino dell’uomo la percorse, gelido e impudente, come ne valutasse
rapidamente la professionalità, soffermandosi un istante di più sui suoi
capelli chiari, strettamente intrecciati, e sulle sua braccia che racchiudevano
protettivamente la bambina addormentata.
- Io sono
Benjiamin Price – si presentò, consapevole del minuzioso esame a cui era stato
sottoposto - Mi dispiace riceverla in queste condizioni ma ho appena terminato
l’allenamento e non mi aspettavo che lei arrivasse così presto -
Clare aggrottò
leggermente la fronte. Allenamento? Chissà cosa intendeva...
Benji poté
fissare per la prima volta in faccia la ragazza e si rese conto che definirla
graziosa era stata, da parte sua, soltanto una banale semplificazione. Era
bellissima.
Il viso, un
ovale dai lineamenti delicati, completamente privo di trucco, aveva il pallido
splendore dell’alabastro e gli ricordava la dolcezza dei volti delle Madonne
medioevali che più volte aveva ammirato in Europa. Le sopracciglia spiccavano
come due pennellate castane sulla bella fronte, curvandosi in un arco elegante
sopra gli occhi più stupefacenti che avesse mai visto. Avevano un taglio
oltremodo affascinante, leggermente obliquo, e risplendevano di un’insolita
sfumatura di ambra, come se fossero pieni di scintillanti pagliuzze d’oro.
Quegli occhi
lo osservavano con sconcertante attenzione ed erano velati da una punta di
timore.
- Immagino che
Mrs. Sommerson le abbia già spiegato il motivo per cui si trova qui - proseguì
- Mi ha detto
che lei ha bisogno di una bambinaia - la voce di lei era morbida, dolce, priva
di qualsiasi inflessione.
- Infatti.
Vedo che ha già fatto la conoscenza di Martine.-
Clare annuì
dando una rapida occhiata alla neonata che continuava a dormire indisturbata
tra le sue braccia
- Pensa di potersi occupare di lei? -
- Si certo -
A quella
risposta così calma e sicura l’uomo parve rilassarsi impercettibilmente.
- Allora
ritengo opportuno chiarire alcuni punti fondamentali. Come forse Mrs. Sommerson
le avrà detto, la madre di Martine è morta nel darla alla luce ed io ho bisogno
di una persona che se ne occupi a tempo pieno. Per questo motivo lei abiterà
qui e le verrà assegnata una stanza accanto a quella della bambina. Potrà
comprare tutto quello che le serve e apportare qualsiasi modifica che riterrà utile.
Io viaggio molto a causa del mio lavoro e quando non sarò a casa voglio essere
informato sulle condizioni di Martine ogni sera per telefono. Per le emergenze
avrà sempre un numero al quale potrà rintracciarmi in qualunque momento. Potrà
avere un pomeriggio libero ogni settimana
e un’intera giornata una volta al mese. Per quanto riguarda i
giornalisti…-
- I
giornalisti? – Clare sgranò gli occhi
- Si –
continuò lui imperterrito - Non li voglio fra i piedi. Non dovrà rilasciare
interviste o commenti su di me o su Martine, né dovrà permettere loro di
fotografarla. E’ tutto chiaro? Se ha qualche domanda… -
- Si – il
cervello di Clare lavorava febbrilmente – Perché i giornalisti dovrebbero voler
fotografare Martine? -
Benji che si
aspettava una domanda a proposito del salario o delle giornate di libertà
rimase per un attimo interdetto - Mi scusi signorina Miller, lei sa che
mestiere faccio? – chiese con una punta di ironia nella voce
Clare fece
cenno di no.
- Sono un
portiere -
La mente di
Clare brancolava nel buio – Un portiere? Di questa casa? – chiese incredula.
Il
sopracciglio di Benji scattò verso l’alto totalmente spiazzato dall’ingenuità
con la quale la domanda era stata posta - No, signorina Miller. Evidentemente
lei non si interessa di calcio. Io sono il portiere del Bayer Monaco. – chiarì
con un sorrisetto sarcastico.
Il viso di
Clare si profuse di rossore – Mi dispiace – mormorò contrita – Io non seguo
molto lo sport. –
Benji guardò
meravigliato il volto arrossato della ragazza. Da molto tempo non gli capitava
di vedere una reazione così spontanea di timidezza. Nell’ambiente prettamente
maschile al quale lui era abituato simili manifestazioni di imbarazzo erano
rare e le donne che gravitavano intorno al mondo del calcio e ai giocatori
erano, per la maggior parte, tutto fuorché che timide.
Guardò Clare
sistemare la copertina di Martine mentre tentava di darsi un contegno e
mentalmente sorrise
- Spero,
signorina Miller, che capisca il motivo per cui non voglio che la stampa
fotografi Martine. Non voglio che diventi un fenomeno da baraccone. -
- Si certo.
Può stare tranquillo. – dal tono con cui lei gli aveva risposto Benji fu certo
che aveva compreso perfettamente il suo punto di vista
- Per quanto
riguarda lo stipendio… - lui disse una cifra e all’espressione sbalordita di
Clare non poté trattenere un mezzo sorrisetto – Spero corrisponda alle sue
aspettative.-
- E’ più di
quanto mi aspettassi. Siete molto generoso.-
Benji liquidò
l’affermazione con un gesto brusco – Riconosco il valore delle persone e dai
miei dipendenti mi aspetto lealtà assoluta. Il rapporto di fiducia che si
instaura è reciproco e pertanto esigo assoluta sincerità in merito ad ogni
cosa. Se avesse delle perplessità o dei dubbi non esiti a parlarmene e vedremo
di risolvere la questione. – Indicò la bambina che dormiva fra le braccia di
Clare - Soprattutto riguardo a Martine, non dovrà mai essermi nascosto nulla –
- Va bene -
- Allora
signorina Miller, accetta questo impiego? – chiese
Clare guardò
il visetto placido della bambina e il viso le si illuminò di una luce
particolare – Si, Mr. Price, accetto. - rispose semplicemente. Poi con un gesto
che stupì Benji gliela tese – E’ addormentata. Non vuole tenerla un po’ in
braccio? – chiese con un sorriso.
Il campione si
alzò di scatto dal divano con un movimento brusco – No…adesso è meglio di no. –
Davanti allo
sguardo meravigliato di Clare capì di avere avuto una reazione esagerata – Sono
tutto sporco –si scusò incrociando le braccia sul petto – Non è prudente che
tocchi adesso.-
Clare annuì
dubbiosa.
- Pensa di
riuscire a trasferirsi qui in una settimana? – il tono di lui era divenuto
impaziente.
Clare pensò
alle sue poche cose che si trovavano ordinatamente riposte nel suo armadio al
collegio – Dovrebbe essere un tempo più che sufficiente – rispose.
- Bene –
approvò lui con un cenno del capo – Benvenuta a bordo signorina Miller. -