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Autore: Maril_Swan    06/07/2010    1 recensioni
Come si sono conosciute Marta e Tessa? Ecco la versione di Maril Swan tradotta da eilinn.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Marta, Tessa Alvarado
Note: Traduzione, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La regina di coppe

 

Si è addormentata alla fine, sospirò tra sé e sé, guardando il viso umido di lacrime della ragazzina finalmente rilassato e il suo respiro tranquillo. Si riadagiò sulla poltrona per continuare la sua vigile veglia notturna, il suo stesso respiro quasi forzato contro la pesantezza del suo cuore. solo tre giorni, pensò, sono solo tre giorni eppure sembra passata già un'eternità da quando è morta.  I suoi occhi bruciavano di fatica e lacrime non versate, lacrime che minacciavano di uscire mentre guardava la figlia dormire. La sua perdita era grande, ma sapeva che quella della piccola era ancora maggiore, in quanto aveva perso la madre in sì giovane età. Don Alvarado si passò stancamente una mano sugli occhi, quasi sorpreso di ritrarla umida. Aveva tenuto il suo stesso dolore sotto controllo, prestando a Tessa la sua forza per aiutarla a sopportare questo duro colpo. Ma ora nel silenzio della sua cameretta, la suo forza era esaurita. Si chinò, incapace di trattenersi ancora e finalmente iniziò a piangere silenziosamente.

Una piccola mano gli accarezzò la fronte, e attraverso un velo di lacrime, vide sua figlia, Tessa, che cercava coraggiosamente di non piangere mentre si protendeva verso di lui per confortarlo. La strinse a sé e per lungo tempo, nessuno dei due parlò, mentre cercavano sollievo l'uno nelle braccia dell'altra.

Dopo un po' di tempo, Don Alvarado si mosse, asciugò i propri occhi e poi quelli di sua figlia. Le sorrise brevemente, il cuore troppo pieno di parole. La ricondusse a letto e la coprì con un caldo piumone. Dal cuscino, lei fissò il padre: sembrava così piccola e vulnerabile dispersa in quel candore, che gli si strinse il cuore guardando quegli occhi scuri, tristi e innocenti che cercavano la sua rassicurazione e la sua forza. "Non saremo mai più felici, Papa?"

"Sì, Tessa" sussurrò, "La tua mamma vuole che lo siamo. Ci vorrà un po' di tempo, ma torneremo ad essere felici. Ora dormi." Le baciò la guanca calda e umida e si risedette nella poltrona.

 

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Gli anni non sono stati gentili con lei,  osservò tra sé Don Alvarado mentre sua sorella lo avvolgeva in un abbraccio soffocante: la donna che ricordava aveva dei lineamenti fini e una figura magra, mentre questa era robusta, con occhi neri e duri, la bocca disegnata in una smorfia di perenne disgusto. Era vestita completamente di nero, in lutto per il marito che aveva lasciato questa terra molti anni prima. Doña Damona, sua sorella maggiore, era cambiata tanto che faticava a riconoscerla: se lei non lo avesse visto per prima, lui non l'avrebbe sicuramente notata in mezzo al porto affollato di Barcellona.

"Rafael!" strillò con gli occhi traboccanti di lacrime. "Quanto tempo è passato? Otto, dieci anni?"

"Direi più dodici," rise il fratello, staccandosi gentilmente dal robusto abbraccio. Voltandosi verso la bambina aggrappata alla suo mano, lui disse, "Questa è mia figlia, Tessa." Spingendo in avanti la piccola, aggiunse, "Tessa, bacia Tia Damona"

Timidamente la bambina sollevò il viso, e poi cerco di voltarlo quando Tia Damona si abbassò dandole un bacio umido e schioccante sulla guancia. Tessa sfregò la macchia di saliva, con una smorfia di avversione sulla faccia. Sua zia la guardò con irritazione, le labbra più in fuori del solito.

"Dov'è tua figlia Damona?" chiese Don Alvarado, guardandosi intorno nella banchina affollata. "Non è venuta con te?"

"Elena è una ragazza molto delicata, e temevo che stare al porto in mezzo a questi rozzi marinai e a questi odori nocivi l'avrebbe fatta svenire. Vi incontrerà nella nostra casa."

 

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"É così che sono i coloni, Mama?" sussurrò al ragazzina bionda a Doña Damona, occhieggando Tessa con un malcelato disprezzo quando vide la sua nuova cugina entrare nel parlour. La carnagione pallida di Elena e i suoi vestiti raffinati esageravano le differenza tra le due bambine quando Don Alvarado le presentò. Lei era tanto chiara quanto Tessa era scura, ed essendo più vecchia, Elena era più alta, e il suo corpo stava già maturando. Il vestito della ragazza più vecchia era fatto con il migliore satin blu, un colore che lei sapeva star bene con i suoi occhi, e lo portava con tutta l'alterigia di una principessa. Elena sdegnò Tessa con un'occhiata di sufficienza alla vista del suo vestito sporco da viaggio e della sua apparenza sciatta, volgendo uno sguardo affettato verso Don Alvarado " Mama mi ha detto così tanto su di voi Tio Rafael, mi sembra di avervi già incontrato" disse Elena con una voce attentamente modulata.

Le lezioni di portamento devono fruttare, pensò cinicamente Don Alvarado, cercando di mantenere un'epressione impassibile. Strinse la mano della figlia con incoraggiamento. Tessa era tranquilla, sottomessa, gli occhi bassi nel tentativo di evitare le occhiate arroganti che stava ricevendo da Elena e sua madre. Sembrava sopraffatta da queste grandi persone con le loro arie superbe e il loro spagnolo elegante. "Spero che tu e Tessa diventerete migliori amiche" disse sentitamente Don Alvarado, anche se in cuor suo ne dubitava molto. Poteva capire dal suo atteggiamento, che Elena aveva già classificato Tessa come inferiore, e temeva che potesse essere gelosa di qualunque attenzione sua madre potesse dare alla cugina più piccola. Comunque, si rassicurò, stava facendo quello che era meglio per sua figlia. I suoi stessi parenti se ne sarebbero presi cura, e avrebbe potuto ricevere una buona educazione a Barcellona.

 

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"Dove hai preso quei vestiti orribili?" sorrise compiaciuta Elenza, guardando Tessa mettere via le sue cose in un guardaroba della camera che le due cugine dividevano. "Persino un paesano non vorrebbe essere visto con quelli indosso." La ragazza più vecchia rubò un vestito dalle mani di Tessa e lo tenne sospeso con un'aria disgustata. "É questo che indossano le persone nelle colonie? Questi stracci?" Tessa cercò di afferrare il vestito, ma Elena lo trattenne e mentre lo strattonavano avanti e indietro, le cuciture saltarono e una manica si staccò. Elena rise malignamente "Guarda cos'hai fatto! Sei nei guai. Aspetta che Mama senta come hai strappato il tuo vestito." La ragazza più vecchia sgattaiolò fuori dalla stanza e poi scese le scale, chiamando la madre.

Tessa guardò cupemente i due pezzi del vestito che teneva in mano, domandandosi che tipo di punizione le sarebbe toccata stavolta. Nella settimana passata da quando suo padre era andato a Madrid per affari, Tessa era stata nei guai con sua zia più volte di quante ne potesse contare. Sembrava che non facesse nulla di giusto. Più spesso che no, inoltre, Elena la metteva nei guai per poi sfuggire a qualunque dura punizione che sua zia imponeva alla bambina più giovane. I catighi di solito si tramutavano in penitenze, rosari, Ave Maria e Pater Noster, da ripetere in continuazione. Almeno, si consolò Tessa, Tia Damona non credeva nelle punizioni corporali, anche se iniziava a pensare che sarebbero state meglio, almeno sarebbero passate in fretta.

 

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Tessa gironzolava per la libreria nella villa di sua zia, occhieggiando i volumi rilegati in pelle allineati sugli scaffali che si innalzavano dal pavimento al soffitto.  così tanti libri, pensava meravigliata,  chi potrebbe mai leggerli tutti? Passò le dita lungo i dorsi, tracciando le lettere dorate, e chiedendosi che parole dicessero. Tirando fuori un libro, si sedette a gambe incrociate sul pavimento, e sfogliò le pagine. Non c'erano figure e le righe nere stampate sembravano deriderla mentre curiosava fra le pagine.

"Non sai leggere, vero?" la stuzzicò una voce familiare e sgradita dietro di lei.  " Quanti anni hai Tessa?" le ciese Elena con cattiveria.

"Ne ho sette, ne compio otto il mese prossimo" replicò Tessa sulla difensiva, sperando che l'altra bambina la lasciasse in pace.

"Sei una tale poppante," la sbeffeggiò Elena. "Non sai leggere, non sai scrivere. Non conosci niente. Sei solo una villana coloniale e stupida!" La bambina più grande tirò forte i capelli di Tessa, facendola piangere dal male. Tessa si alzò e diede a Elena un brusco spintone, spedendola a terra con un tonfo pesante. La bambina più grande corse via piagnucolando e poco dopo Tia Damona era davanti a Tessa, rimproverandola e chiedendo che si scusasse ocn Elena.

"Non mi scuserò perché non è stata colpa mia" disse categoricamente Tessa, con il cuoricino che batteva violentemente per paura di sua zia e dell'ingiustizia dell'accusa. La sua ostinazione le guadagnò una notte senza cena, ma Tessa di sentì vendicata e piuttosto orgogliosa di se stessa. Non si era rassegnata all'ingiustizia, anche se scusarsi sarebbe stato più facile.

 

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Don Alvarado tornò dal suo viaggio di lavoro per trovare una fredda accoglienza. Non appena ebbe disfatto le valigie, sua sorella iniziò una litania sulle malefatte e sui difetti di Tessa. "Le parlerò" fiu tutto quello che poté offrire a Damona in risarcimento per il fardello di doversi occupare di sua figlia. Quando Damona lasciò la stanza, si alzò dalla sedia dello studio, e camminando per la stanza, iniziò a chiedersi cosa poteva fare. Sospirando pesantemente, ammise che l'idea di lasciare Tessa con sua sorella poteva essere un errore. Don Alvarado uscì a cercare Tessa, che non vedeva da più di una settimana.

 

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La giovane donna si fermò, aggrottando le sopracciglia dapprima con curiosità e poi con preoccupazione, mentre guardava la bambina chinarsi verso il bordo della fontana, girando la mano nell'acqua. Scura, come la mia gente,  pensò la donna con un sorriso malinconico, mentre notava i bei lineamenti olivastri e i lunghi capelli neri della bambina. Guardandosi intorno, vide che nessuno stava badando alla piccola e pensò a disagio, dove sono i suoi genitori? Perché nessuno le sta badando?  La giovane mise a terra il cesto del bucato che stava portando in lavanderia, e ritta nell'ombra del cortile, continuò ad osservare la bimba.

Alla fine, la piccola si tolse le scarpe e le calzameglie, e tuffò le gambe nella vasca. Si tirò su le gonne e attraversò la fontana, stando lontana dal getto. Non aveva ancora notato la sua spettatrice, mentre sguazzava in solitaria attraverso la piscina vuota. Il suo faccino era addolorato, come se l'avventura di attraversare la fontana non le desse alcuna gioia. Dopo un po' la bimba si sedette sul bordo, fissando seriamente l'acqua che gocciolava dal suo piede nudo. C'era qualcosa in quella faccia triste e sola e in quesgli occhi bassi che faceva stringere il cuore della giovane donna. Si arrischiò ad uscire nel cortile, sicura di non essere vista da nessuno. Non appena si avvicinò alla piccola, poté sentirla piangere, e senza esserne consapevole, le si sedette vicino, avvolgendole un braccio intorno alle piccole spalle. Istintivamente la bambina si girò verso il calore che aveva sentito all'improvviso, e pianse contro il petto della donna.

"Perché sei così triste?" le chiese la donna, girando verso l'alto e verso di sé il faccino.

"Mia madre..." iniziò la bambina, con voce tremante e soffocata. "Papa dice che lei è con gli angeli." Occhi innocenti e scuri cercarono la faccia dell'altra e realizzarono improvvisamente che era sconosciuta, quindi la bimba fu sopraffatta dalla timidezza: staccandosi, si allontanò leggermente. "Chi sei?" chiese Tessa, asciugandosi le guancie. "Non ti ho mai vista prima."

La donna sorrise calorosamente. "Sono Marta e lavoro per la Doña"

"Il mio nome è Maria Teresa Alvarado" disse formalmente la bimba, poi aggiunse "Papa mi chiama Tessa"

"Sono davvero spiaciuta per tua madre, piccola señorita." Le accarezzò teneramente la guancia, guardando le lacrime rimpire nuovamente quegli occhi scuri. Marta sapeva che avrebbe dovuto essere al lavoro, ma quella bambina aveva bisogno di qualcuno che la confortasse, che le alleggerisse la terribile pena che stava provando.

"Hai una madre Marta?"

"Sì. Vive lontano, con la mia gente, in Andalusia. La vedo a malapena."

"La tua gente?" Tessà aggrottò le sopracciglia mentre notava l'apparanza esotica di Marta - la gonna con motivi vivaci, gli orecchini dorati, e la camicia bianca con frange  e volant di intensi colori. "Chi è la tua gente?"

"I gitani. Per voi zingari, credo." Marta sorrise al modo in cui la piccola sgranò gli occhi con curiosità.

"Mama diceva sempre che mi vestivo come una zingara" disse ingenuamente Tessa.

Marta rise alla sua innocente mancanza di tatto. Abbraccio d'impulso la bimba e disse "Allora suppongo che siamo entrambe zingare" e con sorpresa e divertimento vide Tessa ridere e ricambiare il gesto.

Una voce rumorosa chiamò da qualche parte nel cortile, poi Elena si fece vedere, con il volto contratto dall'irritazione mentre sgridava le due sedute sulla fontata. "Pigrona! Dirò a Mama che perdi tempo, Marta. Verrai punita per questo" gridò Elena. Marta salto sù, strizzò l'occhio a Tessa, poi raccolse il cesto del bucato e tornò al lavoro.

Don Alvarado uscì dall'ombra dell'ingresso, da dove aveva osservato sua figlia e l'altra ragazza. Le sue sopracciglia erano corrugate dalla preoccupazione mentre attraversava il cortile verso la figlia, ancora seduta sul muretto della fontata. "Tessa," la chiamò gentilmente. Lei si voltò e lui vide per la prima volta da mesi, un sorriso sul suo volto che gli risollevò lo spirito e gli fece ricambiare il gesto. "Chi era la ragazza con cui stavi parlando?"

"Il suo nome è Marta, e lavora per Tia" La bimba fece un sorrisone al padre, il quale ritrovò il calore che gli era mancato per così lungo tempo. "É una zingara ed è la mia nuova amica." disse seguendo con lo sguardo la figura di Marta che si allontanava, senza vedere l'espressione preoccupata del padre mentre anch'egli guardava la giovane trasportare il cesto della biancheria attraverso una porta e fuori e dal cortile.

 

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Il lamentoso suono di un violino giungeva da qualche parte oltre il cortile e Tessa seguì la musica fino ad un alto cancello. Le era stato detto di stare dentro il cortile e di non andare in giro, ma la curiosità ebbe la meglio, e così aprì il cancello e si ritrovò in un largo spiazzo con una fila di case su un lato. La musica sembrava provenire da una porta aperta su quella che sembrava un'abitazione. Con il cuore in gola Tessa si avvicinò silenziosamente all'usciò per poi sbirciare.

La violinista alzò lo sguardo e le sorrise, un caldo benvenuto negli occhi. " Entra piccola señorita" la chiamò Marta. " Hai il permesso di stare qua fuori?" chiese improvvisamente preoccupata.

"No. Volevo solo ascoltare la musica. Sembrava così carina" Tessa diede un'occhiata alla piccola stanza scarsamente ammobiliata; conteneva solo una branda, la sedia su cui sedeva Marta e una cassapanca. Da un lato c'era un tavolo su cui stava una forma oblunga avvolta in una colorata sciarpa di seta. I colori vivaci attirarono la bambina che si mosse per prenderlo.

"Non toccarlo!" disse bruscamente Marta, poi raddolcì il tono vedendo l'occhiata allarmata della ragazzina. "Può essere toccato solo da me"

"Che cos'è?" Tessa chiese, ritraendo velcoemente le mani mentre osservava cautamente l'oggetto.

"Un mazzo di carte. Carte molto speciali." Marta sollevò il pacchetto di seta reverentemente e lo mostrò a Tessa.

"Posso vederle, Marta? Che tipo di giochi puoi farci?"

La ragazza gitana disfece il mazzo di Tarocchi e lo appoggiò a faccia in giù sul tavolo. "Sì, possiamo fare un giochetto, se ti va. Ora Tessa puoi toccare la prima carta." Quando la bimba l'ebbbe fatto, Marta sollevò la cartà e la girò, poi dispose una serie di carte, spostando gli occhi da un'immagine all'altra con uno sguardo intenso. Marta scosse la testa e diede un'occhiata alla bambina in piedi al suo fianco, che era ipnotizzata dai disegni.  Impossibile, pensò la zingara mentre leggeva il messaggio delle carte, ma le carte non mentono.

"Allora che facciamo adesso?" chiese Tessa, aspettando che succedesse qualcos'altro.

Marta studiò la bambina pensosa, per pochi momenti, poi rise leggermente e disse criptica "Questa è davvero una buona domanda. " Raccolse le carte e le rimise nel loro involto.

"Questo gioco non è molto divertente. Ne conosci altri?" Prima che Marta potesse rispondere, Tessa alzò lo sguardo allarmata, sentendo la cugina chiamarla.

"Tessa! Tessa!" La voce di Elena si faceva sempre più penetrante mentre si avvicinava. Elena doveva aver attraversato il cancello e il cortile.

"Nascondimi!" disse urgentemente Tessa. "Sarò di nuovo nei guai se mi trova qui fuori." Marta si fermò un istante incerta, poi quando la voce di Elena risuonò più vicina afferò Tessa e la spinse in un armadietto, riprendendo il suo posto e il violino. Quando Elena entrò senza bussare, Marta stava suonando una dolce melodia, appena udibile.

"Hai visto mia cugina Tessa?" chiesa Elena con un cipiglio insolente alla zingara. "Penso sia uscita qui fuori. Sarà nei guai quando la troverò"

"No, non ho visto nessuno" Marta ritornò l'occhiataccia con una delle sue finché Elena non distolse lo sguardo. " Se dovessi vederla te la manderò"

Senza un'altra parola Elena se ne andò, la sua voce stridula che continuava a lanciare richiami per poi scomparire mentre rientrava nel cortile. "Puoi uscire ora. Se ne è andata."

"Ci sono andata vicino" disse Tessa sollevata. "É così cattiva con me. La odio."

"Odiare è una grossa parola. Non dovresti odiare nessuno."

"Beh,  io la odio. É cattiva anche con te, Marta. Tu non la odi?"

La gitana fissò la bimba per un momento. "No." Poi rise all'espressione scettica di Tessa e ammise "Beh, forse un pochino... a volte" Alzandosi, disse, "Ora señorita, dobbiamo riportarti dentra senza che ti vedano"?

"Non puoi continuare a chiamarmi 'señorita'. Chiamami Tessa"

"Non è appropriato per una serva chiamarti in modo così familiare. Mi metterei nei guai per questo."

"Allora mi chiamerai Tessa solo quando saremo sole. Per favore. Non siamo amiche, Marta?"

La bambina raggiunse la mano di Marta, che grazie a quel tocco fiducioso sentì una tale ondata di affetto per lei che le si bloccò la voce in gola. La solitudine di Tessa sembrava fare eco alla sua, un senso di estraneità, di essere tagliati fuori da tutto ciò che era famigliare e amato. Marta conosceva un simile isolamento fin troppo bene. Era stato il suo solo compagno fin da quando aveva lasciato la sua gente per lavorare in città. Si inginocchiò e abbracciò calorosamente Tessa, poi si alzò e la prese per mano "Va bene... Tessa. Ora dobbiamo sbrigarci o ci cacceremo entrambe in un grosso guaio."

 

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"Ti piace farlo, Marta?" chiese Tessa mentre guardaa la sua amica strofinare un mastello pieno di panni su una tavola scanalata nella lavanderia. Il vapore dell'acqua calda ravvivava i riccioli indomabili della gitana, che continuava a levarsi dalla faccia le ciocche disordinate con una mano arrossata.

"Che cosa ne dici, Tessa?" replicò, dandole un buffetto sul naso col sapone. Tessa si pulì e disse "No, non penso che ti piaccia. Allora perché lo fai?"

Marta si strinse nelle spalle "É il mio lavoro. Devo guadagnarmi da vivere, sai"

"Perché tuo padre non si occupa di te, come fa il mio Papa."

"Mio padre morì molto tempo fa"

"Oh, mi spiace per tuo padre" ribatté solennemnte Tessa. " Di cosa è morto?"

"Fai un sacco di domande, piccola. Presto andrai a scuola, e allora potrai fare tutte le domande che vorrai." Marta rise all'aria riluttante di Tessa all'idea della scuola. "Ti piacerà la scuola - imparerai a leggere e scrivere, imparerai del mondo, dell'arte e della musica. Se una bambina fortunata."

"Tu sai leggere e scrivere Marta?"

"Ancora domande" rise la più grande. "Sì, so leggere e scrivere. Ora basta domande o ti getto nella vasca!" Si chinò in avanti, prese Tessa e la tenne sopra l'acqua insaponata, facendo strillicchiare gioiosa la bimba. "Continuerai a torturarmi con altre domande?" Marta finse di lasciarla cadere, e la bimba urlò di eccitazione.

"Sì" disse Tessa senza fiato "Ho ancora molte altre domande"

"Bene! Allora ti butto giù!" decise Marta, abbassando la bambina ancora più vicina all'acqua, mentre si dimenava e cercava di allontarsi dalla schiuma. Tessa si gelò all'improvviso, la bocca aperta dalla sorpresa. Marta si voltò per vedere cos'aveva colpito la bambina e quasi la mollò.

Don Alvarado era in piedi sulla soglia della lavanderia, guardando lo scherzo, la faccia impassibile. "Vieni con me Marta" disse bruscamente, ritraendosi nel cortile

“Madre di Dio” Marta ansimò, gli occhi allargati dalla paura. “Faresti meglio ad andare Tessa” Stava per dirle che si sarebbero viste più tardi, ma in quel momento ne dubitava. Asciugandosi le mani sul grembiule, uscì nel cortile, raggiunse Don Alvarado e lo seguì nella villa e poi nello studio.

Lui chiuse la porta e si voltò ad affrontarla. “Sono stato a guardarti con Tessa per un po’ di tempo di tempo…”

“Don Alvarado, io e vostra figlia…” non riuscì finire la frase perché il don le fece cenno di fare silenzio.

“Penso che tu già sappia, Marta, quanto sia sbagliato per Tessa passare così tanto tempo con te. La differenza d’età, di ceto. È abbastanza inappropriato che Tessa faccia amicizia con una serva, specialmente…” L’uomo s’interruppe, lasciando diplomaticamente la frase a metà.

Perciò Marta la terminò per lui. “Una zingara” Lei alzò il mento e lo guardò negli occhi con franchezza. “È solo una bambina, e non vede alcuna differenza fra noi”

“Sì, è quello il problema. L’ho portata in Spagna per essere educata come una signorina, la figlia di un don e la vedo correre selvaggiamente qua e là insieme a te. Deve finire. Imparerà a comportarsi in modo appropriato, come sua cugina Elena”

“Elena!” Marta trattenne velocemente una replica vedendo la faccia di Don Alvarado scurirsi. Madre mio, pensò desolata. Beh, tanto la mia posizione è comunque persa. Lei proseguì. “Vorreste che vostra figlia sia come Elena? Elena non ha cuore, tratta chiunque con disprezzo ed è viziata al massimo. Vorreste questo per Tessa?” La voce di Marta tremò un secondo mentre osservava il Don stringere gli occhi per la rabbia. Poi continuò “Tessa è solo una bambina, Don Alvarado. Ha bisogno di giocare, di divertirsi, di essere piccola. Crescerà fin troppo presto. Non le rubi la sua infanzia: con la morte di sua madre ha già perso abbastanza.”

“Sei una ragazza impertinente!” Le urlò dietro, facendo spaventare Marta, che però rimase della sua idea, continuando a guardarlo negli occhi. “Come ti permetti di venirmi a dire come devo crescere mia figlia?”

Ma Marta, nonostante la sua paura dell’aristocazia, non poteva mordersi la lingua. “Tessa è uno spirito libero e avventuroso, Don Alvarado. È molto curiosa e si prende dei rischi, e non c’è mai nessuno che se ne interessi. Tra la mia gente i bambini sono responsabilità di tutti: ce ne sono troppo pochi, quindi sono troppo preziosi per poter essere persi per una disgrazia. Vostra figlia è sempre da sola.” Marta continuò più appassionatamente “So che le manca la madre, e se lei fosse ancora qui, allora la bambina sarebbe ben accudita. Ma non lo è: la Doña ha a cuore solo sua figlia, ed Elena è una bambina dispettosa e gelosa. Non c’è posto qui per Tessa. Il suo spirito appassirà come un fiore senza acqua.” Marta deglutì, la gola secca per paura delle occhiatacce che stava ricevendo dal don. Sapeva di essersi spinta troppo in là.

Don Alvarado fulminò la gitana per un lungo momento, poi disse con una voce dura dalla rabbia trattenuta. “Se ti vedo ancora con lei, ti farò licenziare da mia sorella. Mi hai capito?”

“Sì, señor” rispose Marta con quieta dignità. “Ho capito perfettamente.”

 

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“Non toccare i vestiti puliti” ordinò bruscamente Marta alla bambina china sul cesto per raccogliere un lenzuolo bianco. “Le tue mani non sono pulite.”

Tessa si guardò i palmi e vi vide lo sporco, sorridendo un po’ vergognosa a Marta. “Beh, posso passarti le mollette” si offrì, afferrandone una dal cestino.

Marta gliela strappò di mano e la rimise a posto. “No, non puoi aiutarmi. Vai a giocare con qualcuno della tua età. Non ti voglio più attorno.”

Uno sguardo ferito attraversò il volto della bambina, per poi svanire. Marta la prendeva sempre in giro, quindi questo era un altro scherzo, ma l’espressione rigida di Marta le diceva che non era un gioco, la sua amica era seria. Con ansia crescente, Tessa chiese dolcemente “Non siamo più amiche Marta?”

Senza voltarsi, Marta replicò bruscamente. “No, non possiamo essere amiche. Ta sei la figlia di una nobile famiglia e io sono solo una serva. La gitana fece un profondo sospiro e si girò a guardare Tessa. “Ora vattene e non seccarmi più”

Le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi di Tessa, mentre aspettava che Marta cedesse, ma Marta si limitò a continuare il suo lavoro come se la bambina  se ne fosse già andata. Tessa corse dentro la villa e sparì. Marta si voltò a guardarla andare via, pensando triste, ha già avuto così tanto dolore nella sua giovane vita, e ora ne ho aggiunto altro. Sembrerebbe che in questo caso le carte fossero sbagliate.

Il suono degli spruzzi della fontana sembrava un balsamo per lo spirito tormentato della bambina, mentre lo attirava verso le acque giocose. Tessa, un po’ intralciata dal vestito di satin che le aveva fatto indossare la zia quel giorno, si issò sul bordo della fontana. Si immagino di essere un acrobata del circo che camminava sulla corda, mentre misurava attentamente i passi sullo stretto muretto. Per il divertimento del suo pubblico invisibile, osò piazzare un piede davanti all’altro, mantenendo un equilibrio precario mentre continuava il suo percorso intorno alla fontana.

Elena entrò nel cortile e vedendo la cugina sul bordo della fontana, stava per chiamare sua madre, ma poi all’improvviso, un ghigno astuto le attraversò il viso mentre si avvicinava di soppiatto dietro a Tessa e con uno spintone la fece cadere dentro la vasca. Mentre Tessa cadeva, la gonna le volò in faccia, e il pesante indumento la fece affondare. La piscina non era profonda, ma Elena poteva vedere Tessa dimenarsi, incapace di vedere o di rimettersi in piedi. La bambina più grande si fece prendere prendere dal panico e corse dentro la villa.

Marta udì il forte tonfo e interruppe il suo lavoro, in ascolto. Il suono veniva dalla fontana, e poi ci furono ulteriori rumori. Lei corse nel cortile e vide ciò che sembrava un mucchio di vestiti nella fontana, a parte il fatto che stava tossendo e si stava agitando. In un attimo, era nella vasca e lo stava sollevando. Con il peso dell’abito bagnato, e la ragazzina che si dimenava era tutto quello che Marta poteva fare per tirarla fuori.

Tossendo e sputacchiando, Tessa si trovò all’improvviso in salvo tra le braccia di Marta, che le stava dando dei colpetti sulla schiena per farle sputare l’acqua. “È tutto a posto Tessa” le disse gentilmente. “Sei solo un po’ bagnata.” Marta rise tremante, abbracciandola rapidamente. “Non dovresti fare certe cose vicino all’acqua” la ammonì “Come hai fatto a cadere dentro?”

“Non sono caduta!” disse la bambina arrabbiata. “Sono stata spinta!”

Marta trattenne il fiato allarmata, e stava per parlare, ma udì il suono di alcuni passi di corsa che si avvicinavano ed entrambe si voltarono nel vedere Don Alvarado affrettarsi verso di loro. La sua faccia divenne cinerea nel vedere la figlia, che stava ancora tossendo acqua, fradicia e tremante. Con un’occhiata ostile a Marta, sollevò la figlia e la portò dentro al villa.

 

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“Elena mi ha detto che hai spinto Tessa nella fontana” disse in tono piatto Dona Alvarado, voltandosi verso Marta mentre ella entrava nel suo studio. La gitana barcollò sotto il peso della bugia, e il don aggiunse rapido. “SO che non sei stata tu, Marta. Sono sicuro che è stata Elena: è corsa da me a dirmi che ti aveva vista, ma poi quando più tardi le ho chiesto perché non era entrata nella fontana per soccorrere Tessa mi ha detto che aveva avuto paura che l’acqua le rovinasse il vestito. Quella piccola vipera dispettosa! Ma visto che Tessa non ha visto chi è stato, non si può fare nulla. Sta tutto ad Elena e alla sua coscienza, se ne ha una. Ma tu l’hai salvata e io te ne sono grato.”

“Non penso che Tessa sarebbe annegata, Don Alvarado. Eravate vicino abbastanza stavolta” Lui sviò lo sguardo, sentendosi colpevole al rimprovero sottinteso, poi sorrise ironico.

“Tutto quello che mi hai detto la settimana scorsa è vero. Non so come crescere una figlia, specialmente una come Tessa. Lei ha bisogno della cura e dell’influenza di una donna. Da quando mia moglie è morta…” Lui esitò, come se le parole appena dette lo stessero sopraffacendo, poi ricominciò “Ho cercato di decidere ciò che è meglio per Tessa: ha bisogno di essere educata e solo in Spagna può ricevere il tipo di educazione che ho in mente per lei. Avevo pensato di lasciarla con mia sorella, ma dopo aver visto come stanno le cose non mi sembra più una buona idea. Mia sorella è una donna rigida e pia, ha una sua figlia che ama e non ha altro amore da dare a Tessa. La figlia, Elena è… una piccola tiranna. Tessa sarebbe miserabile qui con lei.”

“Ho deciso di riaprire la mia villa a Madrid, e di ingaggiare della servitù che se ne occupi. Vivrà lì intanto che va a scuola. Ma ho bisogno di un tutore per lei, qualcuno che non solo se ne occupi, ma che la ami anche.” Guardò la faccia di Marta illuminarsi mentre lei realizzava all’improvviso ciò che le stava per essere offerto. “Voglio che tu sia la sua tutrice e amica, Marta. Penso che tu ci tenga già molto a lei, inoltre penso anche di poter confidare che tu sia buona con lei e per lei. Non ha più sorriso o riso per mesi, finché non ti ha incontrata. Le hai ridato il sorriso e te ne sono grato.”

“Don Alvarado la vostra offerta supera i miei sogni” ed era scritta nelle carte, aggiunse a se stessa con un piccolo sorriso soddisfatto.

Mentre gli sorrideva, lui realizzò qualcosa che non aveva notato prima: era giovane e abbastanza bella, alta e magra, con lineamenti fini contornata da un’abbondante capigliatura riccia. La realizzazione lo inquietò e lo fece sentire improvvisamente insicuro di quest'idea. “Quanti anni hai Marta?”

Lei esitò, poi rispose “Diciotto, señor” Beh, quasi, ragionò fra se e se, fra pochi mesi.

“Sei così giovane per una tale responsabilità” Don Alvarado sembrava avere un ripensamento mentre chiedeva “Sei fidanzata con qualcuno?”

Lei arrossì imbarazzata “Io e un ragazzo abbiamo un’intesa. Ma non lo vedo da tre anni. Non penso che ci sposeremo mai” disse con rassegnazione.

Il don iniziò ad andare su è giù per lo studio, un’espressione pensosa sul viso. “Se accetti questa responsabilità, dovrai rinunciare a molte cose – matrimonio, bambini, la tua gente. Pensaci attentamente prima di decidere. Il tuo futuro è nelle tue mani ora. Ma spero che tu accetterai di badare a Tessa per me quando ritornerò in California”

Marta gli diede un lungo sguardo di considerazione, poi si alzò in piedi alzando il mento. “Voi obbiettaste alla mia amicizia con Tessa a causa della mia razza. Cosa vi ha fatto cambiare idea?”

“Forse una bambina mi ha aperto gli occhi, e ho guardato oltre il mio pregiudizio. Ho visto quel che Tessa vede in te: qualcuno che la ama e la proteggerà. Tessa ha bisogno di te. Accetterai la mia offerta e verrai con noi a Madrid?”

“Certo, Don Alvarado. Ne avete mai dubitato?”

Il volto del don si rilassò e lui rise allegramente. “È stabilito allora. Andiamo a dirlo a Tessa. Sono ansioso di vedere la gioia sul suo viso.”

Mentre seguiva il suo nuovo datore di lavoro, Marta pensò meravigliata, siamo tutti nelle mani del Fato. Le carte non mentivano. Il mio destino è in qualche modo legato a quello di questa bambina. Solo il tempo ce lo dirà, nel frattempo.. Sorrise raggiante alla piccola che trotterellava verso le sue braccia aperte.

 



  
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