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Autore: Cinderella In Love    16/07/2010    0 recensioni
Corretto, apportati cambiamenti. Indaco dagli occhi del cielo. Immaginando il ritorno di Michele. (Seconda classificata al Return Contest 2010 indetto da 'amimy')
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’Autore: Questa fan fiction nasce dalla mia voglia di inventare un eventuale ritorno del mio personaggio preferito di ‘Tutti Pazzi per Amore’, ovvero, Michele (interpretato, divinamente,a parere mio, ma questo non fa testo, da Neri Marcorè ) morto durante la prima puntata della seconda stagione della serie, causando l’ ahimè inevitabile la scissione della storia d’amore più bella del fandom (scusate, ma proprio non riesco a non perdermi in digressione portanti bandiera delle mie inclinazioni in ambito di preferenze. xD).
Disclaimer: 'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Ivan Cotroneo, Monica Rametta e Stefano Bises (Autori della serie tv 'Tutti Pazzi Per Amore'); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'. 

 

A Roberta.♥

 

 

«Halo» Flying Away.

 

Indaco dagli occhi del cielo

 

 

Invece No.

"I sogni sono illustrazioni dal libro che la tua anima sta scrivendo su di te."

(A. Drew) 

«E se un giorno guardandoci negli occhi sentiamo che non è più la stessa cosa ce lo diremo..»

Quelle parole risuonavano vane nel loro compimento, nelle stanze di quella casa vuota.
Era finito tutto.
Tutto era terminato nuovamente, anche se, questa volta, il potere d’incidere la parola ‘fine’ era custodito nel volere di lei.

Adriano se n’era andato e, insieme a lui, erano fuggite tutte le sue cose, tutte le sue parole ed il loro stesso, impercettibile rammarico d’amore.

Non era amore e Monica era arrivata a comprenderlo, ma solo nel momento in cui poté giungere al rincontrare la passione e la dolcezza infinita di quelle labbra.

Nulla era sopravvissuto alla sua memoria, non dopo quel sospiro di baci..
Lo voleva ancora, anche se fosse stato solo per lei e per un immenso scambiarsi sguardi di profondo che raccontassero di loro per sempre.

Adriano non era lui.

Davanti al ripercorrersi incessante del ricordo d’un angelo, che si voltava a sorriderle di nostalgia, in quello che diveniva il loro addio, lei non poteva amare di nuovo.

Non poteva esser amante d’un estraneo che non possedesse quell’anima, a cui la sua s’era sottomessa per rimanerne prigioniera.

Quei mattini, trascorsi a mentire allo specchio, sbiadivano la verità di vivere e sorridere sinceramente: basta menzogne!
Così, era arrivata a cedere a confessare il suo amore mancato.

Adriano, in quel periodo, scorgeva da lontano il gelo schermatosi tra loro, ma, nel sentirsi impotente, non aveva affrontato il rischio di incontrare sofferenza e di doversi vedere arreso a lasciare l’amore.

E poi,fu solo una frase:

«Adriano, io non ti amo.»

Quelle parole erano scaturite dalla bocca di Monica, nell’esasperazione provata fino ad allora per trovar la forza di ammetterlo a sé.
Solo attingendo coraggio dal viso del suo bambino, aveva potuto confessarsi, pur sentendosi colpevole d’aver provocato un’ulteriore delusione all’altro, in quel caso all’uomo che aveva accanto.

Adriano aveva atteso quel momento.
Sapeva che sarebbe giunto e non sarebbero esistiti compromessi, scuse, difese: era la verità a ribadire che il suo destino non era l’amore di quella donna fatale.

Lo sentiva, ne aveva sempre posseduto sapienza : quella donna non avrebbe mai potuto appartenergli.

Per Monica sfuggire da lui era inevitabile perché la carezza della libertà l’accompagnasse sempre ed ancora, perché potesse rivivere della luce che, con un soffio d’immenso, si era cullata in lontananza e sempre più via da lei con il volo di quell’angelo, così sospirato.


Adriano disse addio a quella vita, a quella casa.
Non domandò il perché.

Forse, quel segreto che svelarsi non voleva, si era sempre rivelato vivo e limpido nel profondo di quell’uomo: quella risposta aveva sempre dipinto la sua presenza nella sua anima.

Chiudendo alle sue spalle quella porta, lasciò il vuoto dietro sé.

~


~ Parlami come il vento fra gli alberi.
Parlami come il cielo con la sua terra.
Non ho difese,ma ho scelto di essere libera.

Adesso è la verità,l’unica cosa che conta. ~

 Avrò cura di tutto quello che mi hai dato.

Monica era accovacciata sulla manona.
Custodiva, nella dolcezza della culla che erano le sue braccia, stretto a lei e al battito del suo vivere, ciò che della vita e del suo senso e poesia le rimaneva.

Lo abbracciava profondamente, respirando alla luce di quegli occhi grandi.
La sua vita o ciò che ne restava era stretta a lei.

Senza lui, senza il suo farsi sentire, senza il suo agitare i piedini in quel vestitino blu e bianco, si sarebbe sentita perduta, dimenticata, troppo avvolta di solitudine per custodire ancora la voglia di vita.

Invece, si abbandonava nel sospirare del rivivere lui, nello splendore della creatura che proteggeva.

Lui, in quel ridere d’innocenza estrema e nient’altro.
Lui, in quella manina che accarezzava le sue dita per impedirle d’abbandonarlo.
Lui, nella forza che quel visino, ora mai addormentato, riusciva a trasmetterle semplicemente esistendo.
Lui, in quegli occhi scuri e tanto grandi, immensi quel tanto da nascondere e custodire l’intera vita di chi si soffermava a scorgerli.
Quegli ‘specchi d’anima’ narravano quanto bruciasse vivo il fuoco del voler sentire le parole del suo uomo ancora e quanto quella libertà, così improvvisata, fosse segno del tornare a respirare, nella brezza che rimaneva di quel suo amore passato e del suo divenire memoria.

Nel perdersi in quel cucciolo d’uomo e amore perduto, l’abbandonarsi nell’infinto di ciò che era stato: rivivere il suo uomo.
Monica rimase sola con i suoi sussurri, intenti a non dare una fine alla favola che raccontava al sonno del suo piccolo.

«Cucciolo, se non ci fossi tu che senso avrebbe? » sussurrava Monica ,contemplandolo.

Continuava a cullarlo con la delicatezza con cui si tiene gelosamente la sinuosità d’una rosa bianca tra le dita per non privarla dell’ultimo raggio di sole,come della prima luce di stelle.

Monica si voltò per un istante verso il portafoto sul tavolino, lì a fianco.

Lacrime.
Gocce di malinconia e amaro dolore le rigavano interminabilmente il volto.

La luce di quel ritaglio di luna, curioso d’affacciarsi a quella finestra, faceva risplendere il divenire reale e visibile di tanta sofferenza.

«Parlami, ti prego. Parlami ancora.
La libertà che ho scelto per me e la solitudine mi uccidono,Michele…
Io non volevo lasciarti. » sussurrava con voce rotta e tremante in quella ninna nanna e nel silenzio che, ad essa, si abbracciava,accompagnandola.

«Io ti sento Michele…

 Sarà questo vento che mi sfiora, ma io ti sento.
Sento ancora le tue mani, Michele.» continuava la voce della donna imperterrita.

Il suo sussurrare non trovava quiete in quella notte : continuava morbido e denso di sofferenza.
La sua preghiera al Vento ed al suo padrone Cielo non trovava stanchezza nello scrivere quanto volesse sentire quella voce e quel loro sfiorarsi, per sperare ancora,seppur nella notte e il suo nulla estremo.

Il sonno non possedeva abbastanza clemenza per concedersi a lei, distrutta dai ricordi.

Allora, si scrollò e portò il suo piccolo nella culla, baciandolo delicatamente sulla fronte.

Rimase nella viva speranza di non svegliarlo, in modo da poter godere della sua immagine tranquilla, fino a quando si sarebbe sentita abbastanza forte da tentare d’addormentarsi.

Stanca di quella tortura incessante, si stese sul letto, accoccolata a ciò che di quell’uomo le restava.

Quella camicia azzurra divenne, infatti, l’unica,flebile e profonda speranza di ritrovare il suo profumo e ubriacarsi d’illusioni dolci: miraggi in grado di mostrarle ciò che rimaneva d’un baglio di vitalità distante anni luce dai suoi occhi, ma serbanti un retrogusto amaro.

Quei momenti erano gli unici in cui Monica si spogliava della sua maschera di sicurezza, davanti agli altri fingeva d’essere ferma e risoluta: serbava lo stralcio più intimo della sua anima solo per sé.

Ma, d’altronde, Monica sapeva che l’unico capace di scorgere le sue fragilità era Michele… e, in quel momento, lui non c’era.

Nella sofferenza che le mani tentavano di nascondere, strinse la sua camicia e se la mise sulle spalle; poi, si alzò.

Aveva capito che la notte sarebbe stata attrice di troppa brutalità perché la sua anima strutta potesse combatterla sola; per questo, prese tra le braccia il suo vero senso di vita e si distese nuovamente.

Si addormentò cullandolo, ma le lacrime- quelle – non vennero dimenticate dai suoi occhi, durante il pendolo che si rivelò quel buio, queste imperlavano i suoi occhi, lasciando una scia della loro esistenza sul viso, ormai stanco nell’aspettare  l’arrivo del giorno.

 



***

Eccomi ^^Questa è la storia con cui partecipo al contest Return indetto da 'amimy': non potevo di certo farmi sfuggire l'occasione per far tornare in vita Michele!!!
La sto ultimando,ma intanto inizio a postarla anche qua.
E' una one-shot molto lunga quindi per comodità e per accrescere la suspance la pubblico suddivisa in parti.
Spero vi piaccia (=

Smack Smack

Calime.

   
 
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