PROLOGO
Una tiepida notte di Giugno
Poco dopo l’una e cinquantacinque del
mattino, l’atmosfera assume quell’aria umida e fragrante della notte, quel
leggero freddo primaverile che ti dà fastidio se non hai almeno un leggero cappotto,
e quel silenzio particolare tipico della città dormiente.
All’improvviso, in questo spazio incontaminato tra la fine della sera e
l’inizio di un nuovo giorno, una sirena in lontananza rompe il silenzio.
Pooo…pipo-Pi-pooo…Pooo-pI-POOO-PI-POOO …POOO-PI-PO- PIIII-POOO…
Un’ambulanza corre a tutta velocità verso
l’ospedale. Un’auto la segue, sembra un’automobile di una persona benestante,
qualcuno che nella vita se la passa bene. Una Lancia Musa. Questa corre dietro
l’ambulanza, senza perderla di vista nemmeno quando passa col rosso. È
severamente vietato dal codice della strada, ma non c’è problema. Le strade
sono deserte, talmente deserte che ci si potrebbe organizzare una corsa
clandestina. Poco dopo i due veicoli scompaiono alla vista.
Il silenzio si ristabilisce ancora per un breve lasso di tempo, finché
un altro rumore squarcia la tranquillità rinnovata.
PEEEE!! PEEEEEE!!!!! PEEEEEE PEEEE PEEEEEEE!!!!
Il clacson di un’automobile. Questa volta il
veicolo è un taxi, una Fiat Brava abbastanza male in arnese. Anche questa sta
cercando di seguire l’ambulanza, ma per qualche ragione, non riesce a tenere il
suo ritmo, ma è spinta ugualmente da una strana frenesia che, lo sa, la porterà
sulla strada giusta. Quella dell’ospedale. Ecco il perché del continuo suonare
del clacson.
*****
La sala d’attesa è piuttosto gremita di
gente. Sembra che per quanto la città sia vuota, il pronto soccorso sia pieno
in proporzione inversa. Un medico dall’aria giovanile, ma comunque sulla
trentina, si avvicina al banco della reception.
-Chi sta arrivando, allora?-
-Un’ambulanza che ha soccorso una donna
incinta. Sta per partorire.-
Il giovane medico è poggiato al banco della
reception, e legge le chiamate arrivate al centralino dal computer
dell’infermiera, una ragazza bionda con gli occhialini sul naso.
-Bene.-
-La mandiamo in maternità?-
-Assolutamente no. Appena arriva la mandate
da noi, che dobbiamo fare dei controlli prima.-
-Va bene Dottor Kasuga.-
Il medico è un ragazzo giovane. Trentuno anni,
single, lineamenti orientali. Il sogno della sua vita è sempre stato quello di
fare il medico, e in trentuno anni ci è riuscito. Infatti
è il responsabile del Pronto Soccorso.
Fuori dalle porte dell’ospedale, l’ambulanza
urla con le sue sirene, e appena queste si placano, poco dopo da una porta a
doppio battente viene fuori una ragazza che geme di dolore, con il pancione
gravido di un nascituro e il vestito nero lungo bagnato.
-AAAAHHH!!! Non ce
la faccio piùùùùù!!!-
-Si calmi signora, respiri,
respiri profondamente.-
Un’infermiera accorre ad aiutarla e le dice
quelle parole, mentre con una mano prende una sedia a rotelle dove fa
accomodare la ragazza madre. La partoriente è una donna dai capelli neri, occhi
neri, che sta piangendo dal dolore.
Da una porta secondaria, un’altra donna
entra nell’atrio dell’ospedale, e cerca qualcuno con gli occhi. Sembra
piuttosto in ansia, sta sudando ed ansimando. Tiene la borsa stretta al fianco
come se fosse uno scudo protettivo. Una ragazza che tiene per mano un bambino
le chiede se va tutto bene, se vuole sedersi al suo posto, ma lei declina tanto
gentilmente quanto in fretta. Non può aspettare, deve sapere. Alla svelta si
dirige verso il bancone della reception, per chiedere informazioni.
L’infermiera bionda dietro il bancone la squadra con ansia. Non le piace per
niente l’espressione sul suo viso. Sembra che da un momento all’altro la donna
possa collassare.
-Posso aiutarla,
signora?-
-S…sì, Vorrei… vorrei sapere dov’è la
ragazza che sta per partorire.-
-Lei è una parente?-
-Io.. sono una …
una sua amica.-
La donna è sempre più sudata, sempre più
pallida. L’infermiera chiede istruzioni su come comportarsi, quando
all’improvviso la donna si accascia a terra in ginocchio, tenendosi lo stomaco
e versando lacrime di dolore. Alcuni congiunti dei pazienti in sala d’attesa
(quelli che sono sani) accorrono per aiutarla.
-Infermieri!!
Questa donna sta male!!!-
Dalla borsa della donna intanto viene fuori
la carta d’identità. Tra i tanti medici che accorrono, viene anche il trentenne
giapponese. Il suo occhio nota il documento della donna. Lo prende in mano, lo
apre… e quando vede chi è la donna, ha un capogiro per lo stupore.
-Oh cazzo…-
Mentre la donna viene portata via da una
barella, lui le corre dietro. Non può permettersi di perderla. Non deve…. non deve assolutamente.
*****
Pochi istanti dopo, giunge alla reception un
ragazzo. Biondo, occhi azzurri, capelli abbastanza spettinati. È nel panico.
Parla un italiano molto stentato, perché non è la sua madrelingua. Già colmi di
emozioni, i paramedici si precipitano a capire cosa c’è, e quando lui mostra un
ragazzo in un taxi, che perde copiosamente sangue dal fianco, essi accorrono e
mettono il ferito sulla barella. Il ragazzo biondo straniero è in lacrime, nel
panico più totale. Mentre il passeggero che era nel taxi viene trasportato in
ospedale dagli uomini in camice bianco, lui lo segue, lo segue fino a che non
può più seguirlo perché i paramedici gentilmente lo bloccano ed un altro medico
gli chiede le generalità del paziente. Lui risponde a scatti, perché non parla
bene l’italiano… Allora il medico gli tocca la spalla e gli dice
-Andrà tutto bene. Il suo congiunto se la
caverà… è solo questione di tempo. Si fidi di noi.-
Allora il ragazzo biondo si zittisce, e
prova a calmarsi, confortato dalle parole del medico, anche se non può capirle
bene perché non parla italiano.
Intanto, altrove, fuori dall’ospedale, succedono tante altre cose…
Dissolvenza in nero.