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Autore: Jaasmine    30/07/2010    4 recensioni
Ayame Hyotaru,classica studentessa modello del liceo Otashi.Semplice ragazza,colma di pregi ma con il peggior difetto in assoluto : Non godersi la vita.Al contraio,troviamo Kanata Isokuro,che passa il 98&delle sue giornate a ''godersi la vita'',ma a modo suo.Isokuro è il classico donnaiolo,ben voluto dalle ragazze.Ayame odia i ragazzi come Kanata,ma per ironia della sorte,grazie al preside della scuola,i due si ritrovano a studiare insieme,come colleghi.Iniziano a conoscersi,ma Ayame non vuol sentir parlare d'amore!I giorni passano,e Kanata viene a sapere che la ragazza,Ayame,viene abusata dal padre,maltrattata e costretta a fare i suoi comodi.Kanata decide di aiutare Ayame ospitandola nel suo appartamento,immaginate: Due sedicenni con gli ormoni in fase di sviluppo,cosa mai potrà accadere?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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1 1 Capitolo 1
Una strana conoscenza.

''Odio alzarmi presto al mattino''. Questo è il primo pensiero di un'adolescente, pronto, o quasi, ad affrontare una giornata di scuola. L'entusiasmo non è alle stelle, ma che ci vuoi fare? La scuola è d'obbligo fino ai sedici anni, e come diceva sempre mia madre '' vi tocca subire sedici anni di monotonia''.
A dir la verità io non odio la scuola, tutt'altro, la trovo interessante. Approfondire le proprie conoscenze è solo un bene, non un male. Ma non tutti la pensano come me.
                                                                               ***
Siamo già al secondo quadrimestre, tutto va a gonfie vele. La mia pagella è ottima, niente da obbiettare. Per il momento le cose mi vanno per il meglio, non posso assolutamente lamentarmi. Come ogni mattina, mi alzo dal letto e faccio un'abbondante colazione. Amo fare colazione,  rimpinzarmi di prima mattina, mi mette di buon umore e mi da la forza giusta per affrontare la giornata. Mangio, sparecchio, mi preparo ed esco di casa.
Si inizia a sentire il buon profumo della primavera; questa è un'altra cosa che amo. Come ogni mattina passo a trovare un mio vecchio amico - e dico vecchio proprio nel senso letterale della parola - Justin, sessantotto anni. Nome buffo eh? Come si può ben capire il mio amico Justin non è Giapponese, ma si è trasferito qui da moltissimo tempo. Mi conosce da quando era piccola, una neonata! Ho praticamente passato la mia infanzia con lui, per me è un secondo padre. Già, padre.
Forse Justin è il padre che ho sempre desiderato e che per mia sfortuna non ho mai avuto. Se avessi potuto scegliere, di sicuro avrei rimpiazzato quell'uomo chiamato papà, con lui, Justin.
Il mio caro amico lavora in una panetteria dietro l'angolo di casa mia, a Mutoro, in Shikoku.
Continuando a parlare di me, c'è da dire che sono una ragazza molto solare, ma allo stesso tempo chiusa, e sinceramente credo di averne tutte le ragioni.
Per mia fortuna la scuola non dista molto da casa mia, così ho modo di farmi il pezzo di strada a piedi e questo non mi scoccia affatto, tutt'altro.
Arrivata a scuola, entro in classe a testa basta. C'è un'altra cosa da sapere per quanto mi riguarda: non ho alcun rapporto con i miei compagni di classe. E' inutile che stia a chiedermi il perché, lo so benissimo. Mi vedono come ''la secchiona della classe'' e ai tempi d'oggi sembra quasi vietato parlare con la secchiona di turno! Non ho mai capito questa cosa, specialmente il significato ma poco m'importa, sto bene così, davvero.
La lezione è iniziata da circa 10 minuti e il professore inizia a fare l'appello, ma viene subito interrotto da un rumore causato da una porta chiusa con forza, cioè quella della mia classe.
Era un ritardatario, credo che il suo nome sia Isokuro Kanata, ma non ne sono del tutto certa.
«Bene Isokuro, come al solito in ritardo. Accomodati pure, fai con calma eh!»
Si, ricordavo bene il suo nome.
Finalmente la lezione è iniziata.
Un ora.
 Due.
 Tre. Quattro.
 Pausa pranzo.
Tutti gli studenti si recano a mangiare in mensa, tutti tranne me. Odio pranzare lì, tutti quanti ti fissano, quasi con gusto, compiaciuti. ''L'ora di pranzo'', viene quasi paragonata ad un'assemblea. I posti a sedere si dividono in queste categorie : cheerleader, giocatori di football e secchioni. Se avessi pranzato lì, sicuramente sarei stata etichettata come una secchiona e costretta a mangiare in mezzo a gente a me sconosciuta e non mi andava proprio. Preferisco uscire fuori, stare all'aperto.
Al primo anno di liceo notai un posto meraviglioso, a tre passi da scuola: un parco. Un parco meraviglioso, con degli alberi di ciliegio a quel tempo in fiore. M'innamorai di quel posto, così, da quel giorno a ogni ora di pranzo, mi ritrovo lì a mangiare, da sola.
E' di una tranquillità unica, si respira aria fresca e pulita, nessuna voce e nessun commento di altre persone. Lì sto tranquilla, mi rilasso e spesso mi faccio anche un bel pisolino. Si sta davvero bene, lo consiglierei a chiunque, ma preferisco tacere e tenerlo tutto per me.
Dopo aver mangiato, come al solito, mi sdraio sul prato ricoperto di fiori di ciliegio caduti dall'albero che sta sopra di me. Guardo le nuvole con naturale spensieratezza, un'altra cosa rilassante. Chiudo gli occhi e inizio ad ascoltare il cinguettio degli uccellini.
***
Il suono della campanella. Peccato, avrei voluto continuare a star lì, nel mio posto, forse segreto.
Rientrai in classe, ero la prima, perciò presi il mio specchietto, che tenevo sempre sulla parte posteriore della mia borsa scolastica e mi specchiai.
Cosa vidi mentre il mio viso si rispecchiava in quel pezzo di vetro da quattro soldi? Vidi una ragazza con tanti problemi, una ragazza di carnagione chiara, i capelli lunghi e neri, con qualche riflesso di ciocche blu scuro, fatte artificialmente. Vidi due occhioni celesti stracolmi di lacrime, lacrime che questa ragazza non verserà mai per orgoglio, o forse, è il suo forte carattere che gli impedisce di farlo, chi lo sa? - Non lo so nemmeno io, e la cosa è grave. -
Tralasciando questo piccolo particolare, vedevo una semplice ragazza, che non ha niente in più o in meno in confronto alle altre.
Ecco che gli studenti rientrarono dal loro pranzo. Solite risa, le solite chiacchiere prima che iniziasse la lezione.
Le ultime due ore passarono in fretta, molto in fretta. Ero praticamente pronta per andare a casa, ma venni fermata da uno studente ovvero il capo del comitato dei festivi. Mi disse che il preside aveva un assoluto bisogno di parlarmi. Non mi preoccupai più di tanto, sapevo di non aver fatto niente di male ma effettivamente la cosa mi incuriosiva parecchio: per quale motivo aveva bisogno di parlare con me? Beh, andai da lui per averne la certezza.
Avanzai e notai subito che non eravamo soli. Oltre al preside e me, c'era un ragazzo rivolto di spalle. Non lo vedevo in viso ma si capiva perfettamente che era un ragazzo data la sua divisa, i capelli corti e le spalle larghe .
«Si accomodi di fianco al suo ''collega''.»
Collega?
«Bene miei cari signori, bando alle ciance, voglio informarvi di una cosa. Signorina Hyotaru, prima che lei ci raggiungesse, stavo parlando con il qui presente Isokuro riguardo il suo andamento scolastico.»
Bene, ma... Io che c'entravo? Insomma, il problema stava in quel ragazzo, non in me. Guardai bene quel ragazzo, il suo viso mi era familiare. Ah si, ricordo! Se non sbaglio il suo nome è Kanata, ed è anche un mio compagno di classe. Si, effettivamente il suo andamento scolastico non è dei migliori, ma io, che c'entro?
«Bene signor preside ed io in cosa posso esserle utile?» Chiesi incuriosita.
«Beh Hyotaru, stavo ricordando ad Isokuro che lei è una bravissima studentessa, credo perfino che sia la più brava di tutto l'istituto. Come stavo dicendo poco fa al signor Isokuro, ho pensato di unirvi.»
Unirvi, quella parola non mi piaceva proprio.
«Unirci, in che senso? »Chiese in modo secco e sgarbato Isokuro.
«C'è bisogno di chiederlo? Mi sembra ovvio. Caro Isokuro, dato che il suo andamento scolastico fa decisamente pena, si metterà all'opera con la qui presente Hyotaru. Vedrà che lei sarà in grado di metterle la testa a posto.»
«Ma...»
«Nessuna discussione, nessuna.» Rispose in modo secco il preside.
«Ora potete andare, conto su di te Hyotaru!»
«Farò del mio meglio.» Risposi insicura.
Usciti dall'aula, Kanata iniziò a fissarmi. Mi stava irritando, mi dava fastidio.
«C'è qualcosa che non va? Mi stai facendo le lastre!»
«Come siamo acidi stamattina.»
Anche? Non solo mi fissava talmente tanto da farmi innervosire ma rigirava la frittata. Lasciai perdere, avevo altro da fare.
Dato che le lezioni erano finite, mi affrettai a rientrare a casa. Avevo un orario stabilito: dopo le lezioni dovevo tornare immediatamente a casa per occuparmi delle faccende di casa. Mia madre aveva abbandonato me e mio padre in un tragico incidente, io ero piccola, avrò avuto su per giù tre o quattro anni. A stento ricordo il suo viso, merito delle foto che stanno a casa.
All'uscita di scuola sentii una persona pronunciare il mio nome, mi girai di scatto ed era quell'individuo, meglio conosciuto come Kanata.
«Dove vai Ayame?»
«Perché mai dovrei dirtelo?»
«Voglio ricordarti un piccolo particolare, io e te siamo colleghi ormai.»
Ah già, me n'ero scordata. Dovevo ''aiutarlo''.
«Andiamo a casa tua a studiare?»
No no no no. Era fuori discussione. A casa mio, NO!
«Meglio di no. Facciamo così, tra venti minuti ci ritroviamo qui, so io dove andare.»
«Ah, va bene!»
Andai di corsa verso casa, lasciando Kanata lì dov'era, senza nemmeno salutarlo. Dovevo immediatamente andare a casa e spiegare il tutto a mio padre. Forse, dicendogli che dovevo aiutare un mio compagno di classe con i compiti, non avrebbe fatto storie, e per mia fortuna fu così. Mi disse solo: okay. Un freddissimo okay.
Ormai ero abituata. Mio padre era di poche parole, ma quando parlava era la fine. Lo accontentavo in tutto, proprio tutto. Qualsiasi cosa mi chiedeva, io ero costretta ad eseguirla, al meglio.
Misi da parte i pensieri e mi preparai per raggiungere Kanata, che sicuramente mi stava già aspettando.
Mi sbagliavo. Arrivata al cancello della scuola lui non c'era, o meglio, c'era ma solo fisicamente. Era intento a parlare con una ragazza. Lo inquadrai subito: il tipico donnaiolo. Non sono mai andata d'accordo con questo tipo di persona.
Ma non avevo alternative, volente o nolente dovevo aiutarlo, dagli una mano con lo studio.
Finalmente finì di parlare con quella ragazza e si degnò di venire da me e salutarmi.
«Scusami, stavo parlando con un'amica!»
«Si, ho notato.»
«Bene, qual'è il posto di cui mi parlavi?»
«Adesso ci andiamo, seguimi!»
Feci strada per un breve percorso. Eccoci qui. Iniziai ad avere ripensamenti sul fatto di aver scelto il mio posto come luogo di studio,  per due motivi:
Il primo, ora anche Kanata era a conoscenza di quel posto, e  bello com'era, sicuramente ci sarebbe venuto anche lui ogni tanto.
Il secondo, come potevo studiare in un posto simile? Davvero, non so come spiegare la bellezza di questo paesaggio. Un misto fra sogno e realtà. Non so se avete presente quei cartoni, o meglio anime, dove viene rappresentata una scena - spesso d'amore - dove due persone si sdraiano su un prato ricoperto di fiori di ciliegio e a pochi metri un piccolo laghetto. Quindi, bastava chiudere gli occhi per avere quella strana sensazione di ritrovarti in bilico tra sogno e realtà. Ecco, il posto appena descritto era lo stesso che in quel momento avevo davanti agli occhi.

   
 
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