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Autore: _Pan_    02/08/2010    1 recensioni
Spoiler micidiali sugli ultimi capitoli del manga, in particolare 410-414. La storia comincia da quando Rangiku abbandona il mondo reale per raggiungere Aizen e Gin. Che cosa pensavano secondo me. Ci tengo a precisare che non ho letti tutti quanti i volumi, perché non ricordo quale/i ho perso, per cui alcune scene non saranno proprio uguali oppure mancheranno dei pezzi. In generale è ripresa totalmente dal manga, con i pensieri che secondo me avevano i personaggi. Gin/Rangiku, ovviamente. OOC, almeno lui, ho paura.
«Cosa fai qui, Ran?» le chiese, senza lasciar trasparire neanche una qualche sfumatura nel tono della sua voce. Lei alzò lo sguardo verso di lui, con più determinazione di quanta ne sentisse in realtà. Ma per una volta voleva sostenere il suo sguardo, da nemici.
«Che strano,» rispose la ragazza, quasi con ironia. «era la domanda che stavo per farti io.» Gin sorrise: era sempre la solita Ran, dopotutto. «Secondo te, perché sono qui?» Gin poteva vedere la sua risolutezza. Era lì con uno scopo ben preciso, ed era decisa a raggiungerlo. Non era difficile immaginare quale fosse.
«Sei qui per uccidermi?» c'era un non so che di divertito nell'affermazione e questo irritò Rangiku più di quanto lei stessa si sarebbe aspettata. Sapeva che era il suo consueto comportamento, ma era come se non la considerasse all'altezza di fare una cosa simile. «Lo sappiamo tutti e due che non puoi.» e la conferma, con le sue parole, fu peggio di una coltellata nello stomaco.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arisawa Tatsuki, Gin Ichimaru, Rangiku Matsumoto, Sosuke Aizen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Take in” ha diversi significati, invece di “betray” ho usato questo verbo per un gioco di allitterazioni. Però hanno entrambi il significato di tradire, in questo caso.
Lo so, lo so che devo concludere ancora capitolo 15 di Gakuen (e tante altre storie, ma lasciamo perdere XD). Ma questa fanfiction mi è venuta in mente e ho dovuto scriverla, o non avrei potuto continuare a scrivere nient'altro.
Ho deciso di scriverla perché il personaggio di Ichimaru Gin mi ha affascinata fin da subito, ma in particolare, in capitolo 414, avrei tanto voluto potergli stringere la mano, per congratularmi con lui. La scena maggiormente cambiata sarà il dialogo tra loro due, che nel manga non c'è quasi affatto. La parte precedente, in particolare don Kanonji serve a contestualizzare e a dare la ragione per cui Rangiku è lì, per questo ho deciso di non approfondirla molto.
Non c'è un vero e proprio punto di vista: verrà preso in considerazione un po' quello di tutti i personaggi. Buona lettura!

The traitor takes in twice

Rangiku si alzò, barcollante, dapprima confusa: ricordava soltanto a frammenti quello che era successo, dal momento in cui aveva lottato contro le tre Fràccion di Halibel. Scosse la testa, per riprendere un po' di coscienza. Il ricordo della battaglia la colpì come un masso caduto dal cielo: guadò in alto per vedere se la situazione volgesse a loro favore o meno, e quello che vide la sconvolse. Aizen e Gin stavano aprendo un Senkai per la Soul Society. Quella visione la straziò e irritò insieme: non li riteneva affatto degni di aprire un passaggio per la patria che avevano tradito, doveva assolutamente fermarli. Si appoggiò alla parete di un palazzò, accorgendosi di non riuscire neanche a stare decentemente in piedi. Digrignò i denti: perché mai nessuno stava provando a fermarli?
Fu allora che si guardò intorno: l'unico a muoversi era Kira che andava di qua e di là a curare i feriti. I feriti, però, comprendevano tutti quelli che avevano attraversato il passaggio per il mondo reale insieme a lei, e per un attimo rimase pietrificata: avevano realmente perso? Non c'erano davvero più speranze per salvare la Soul Society, il mondo reale e impedire che Aizen si impadronisse della Chiave del Re, specie al prezzo di tutte quelle vite? Crollò a terra, sentendosi improvvisamente impotente: tremava incontrollabilmente, per paura, per agitazione. Non riusciva a ragionare lucidamente: perfino il capitano Yamamoto era stato sconfitto. Non era rimasta alcuna possibilità, se anche lui non ce l'aveva fatta. Lui, il capo della Soul Society da più di mille anni. Un comandante severo ma anche un punto di riferimento molto solido, per ogni Shinigami mai esistito.
«Che cosa posso fare?» si domandò, stupidamente. Prese un bel respiro, prima di alzarsi nuovamente, con affanno. Le sue ferite non erano ancora guarite del tutto, e sapeva di non poter reggere uno scontro decente neanche con un banale Hollow, figurarsi contro due Capitani che, detestava ammetterlo, erano stati tra i migliori del Seireitei. Non c'era tempo per pensare: era già tardi e le porte si erano appena richiuse alle spalle di quei due. L'unica certezza che aveva in quel momento, sebbene del tutto vacillante, era che doveva fare tutto ciò che era in suo potere per fermarli, anche se questo avesse dovuto significare morire: non c'era spazio per i codardi nelle Tredici Brigate, una cosa fondamentale che aveva imparato all'Accademia.
Si staccò dal muro, pervasa da una nuova convinzione, che non sapeva bene da dove venisse neanche lei stessa. Sapeva solo che non voleva vedere distrutta l'unica casa di cui aveva memoria e l'altra in cui aveva vissuto senza ricordarsene. Voleva che ognuno, anche da morto, avesse un posto dove andare. Così cominciò a correre verso il punto di maggior energia spirituale* più vicino che le permettesse di aprire un Senkai.
Corse per qualche miglio prima di trovarne uno perfetto. Si concentrò e puntò la spada come se dovesse infilzare un nemico invisibile e la ruotò come fosse stata una chiave. Due porte si spalancarono davanti a lei, ma non arrivò nessuna farfalla infernale a indicarle la strada da seguire. Prese ancora un respiro profondo prima di incamminarsi a passi sempre più veloci, nonostante il dolore che provava ad usare lo shumpo.

Gin, appena uscito dal portale, si guardò intorno: la Soul Society era esattamente come la ricordava, non che si aspettasse di trovarla diversa, ma era una sensazione divertente ritornarci da traditore. Davvero divertente. La cosa gli fece allargare ancora di più il suo consueto sorriso. A pensarci bene, tutto il periodo passato era stato perversamente divertente; non avrebbe mai pensato che tutto quello che era successo avrebbe preso una simile piega. Perfino il ragazzino, Kurosaki, si era dimostrato un avversario capace di intrattenerlo per un po', e non se lo sarebbe mai aspettato. In fondo, il bilancio di quei mesi non era stato del tutto negativo, almeno dal suo punto di vista.
La città di Karakura si estendeva poco lontano da loro. Anche quella parte doveva essere molto... divertente. Sì, era esattamente quella la parola chiave.
«Il momento è finalmente giunto.» con queste parole Aizen si incamminò verso la città, del tutto soddisfatto di trovarsi a un passo dalla vittoria. Aveva sconfitto tutti, perfino Genryusai Yamamoto, lo Shinigami detto più potente, almeno fino a quel momento. Ghignò, per questa ulteriore soddisfazione: ormai non era rimasto più nessuno in grado di tenergli testa. Prima di prendersi la sua meritata vittoria, però, mancavano ancora delle anime da sacrificare per creare la Chiave del Re. Solo a quel punto si sarebbe ritenuto sufficientemente soddisfatto e sarebbe tornato nel mondo reale per concludere il lavoro iniziato. Sarebbe stato l'unico e solo padrone di tutto ciò che esisteva. Nessun re, nessuna libertà, che non fosse quella che lui concedeva. Ora aveva il potere di togliere di mezzo qualunque ostacolo si fosse frapposto tra se stesso e il suo obiettivo. Aveva aspettato per così tanto tempo...
Era ora di testare gli effetti della sua reiatsu sui comuni mortali: solo coloro che potevano resistergli sarebbero stati perfetti per la creazione della Chiave. Gli altri erano solo scarti inutili che dovevano essere eliminati. Forze spirituali sufficientemente considerabili vagavano come formiche in giro per la città, gli amici di Ichigo Kurosaki senz'altro. Loro sarebbero stati le prime vittime.
Gin lo fissò da dietro, accorgendosi di quando perfino il suo orgoglio e la sua soddisfazione fossero esilaranti. Niente avrebbe potuto competere con la sua espressione quando la cosa sarebbe finita. Era un momento che aspettava da troppo tempo, ormai. Poté quasi sentire come fisico la percezione del potere che Aizen aveva quando uccise un uomo terrorizzato col solo passargli accanto, senza degnarlo di più che di un fugace sguardo. Merito anche dell'Hougyoku. Percepì per un attimo una reiatsu molto familiare, fu solo un secondo e rimase in silenzio, ad aspettare. Aspettò per capire se le sue sensazioni gli giocavano dei brutti tiri o se davvero lei era lì. Aizen sembrava non averlo notato, probabilmente troppo perso nei suoi deliri di onnipotenza. Lui non ne fece parola. Anche se Aizen avrebbe potuto rimanere in silenzio aspettando che fosse lui il primo a parlarne, rimase comunque in silenzio, fingendo di non aver sentito niente.
Non ebbe il tempo di accertarsi della veridicità della propria teoria perché due ragazzi che correvano, con altri ragazzi sulle loro schiene, comparvero nella loro visuale. Avevano un'energia spirituale niente male per essere degli esseri umani. Prese un leggero respiro, del tutto rilassato: stava per cominciare la parte divertente. Si appoggiò al muro, sicuro di godersi un gran bello spettacolo. Decisamente, non vedeva l'ora.

Tatsuki correva al fianco di Keigo, lei sulle spalle portava Michiru, lui Chizuru. Dovevano portarli a scuola, e aspettare che si svegliassero per capire che stesse succedendo. Sospettava proprio che in mezzo a tutta quella confusione c'entrasse Ichigo, che sembrava essere sparito dalla circolazione insieme a Orihime e qualche altro loro compagno di classe. Da quando avevano formato quella specie di gruppo erano successe cose molto strane. O almeno quella era la sensazione che aveva, perché non ricordava casi in particolare in cui erano successe cose davvero strane. All'improvviso, si bloccò: c'era qualcosa di strano nell'aria. Qualcosa che le opprimeva il petto e le impediva quasi completamente di respirare. Le girava la testa, era come se le fosse calata di colpo la pressione, arrivò con le ginocchia a terra e nella sua visuale entrarono un paio di stivali bianchi. Anche Keigo sembrava aver avuto la sua stessa reazione, ma chiunque stesse in piedi davanti a lei, non sembrava affatto preso da quella strana sensazione.
«Impressionante.» commentò una voce profonda, terrificante. Tatsuki cominciò a tremare, sembrava che quella voce avesse il potere di rivoltarle completamente lo stomaco e farle diventare le ossa di gelatina. Solo dopo sentì dei mugolii sconnessi e spaventati provenire dal suo amico, poco dietro di lei, ma non si arrischiò a dare le spalle al nuovo arrivato. «Nessuno fino ad adesso, di tutti gli umani che abbiamo incontrato era riuscito a resistermi tanto a lungo.» Tatsuki si domandò se fosse un buon segno, mentre si sentiva schiacciare a terra, come se all'improvviso la gravità fosse aumentata. Alzò lo sguardo per fissare l'uomo che aveva davanti e si immobilizzò totalmente per la paura, guardando i suoi occhi. Sembrava un pazzo, un pazzo omicida con un sorriso del tutto scellerato.
«Keigo,» pronunciò il nome del suo amico con molta difficoltà, non seppe mai se per la paura che le aveva paralizzato anche la lingua o per la forza di attrazione che la terra stava esercitando su di lei in quell'istante. «scappa.»
«Ma, ma io...» Tatsuki capiva che si sentiva, forse, in colpa a lasciarla lì da sola, ma non era esattamente il momento adatto per fare gli eroi. Solo uno di loro poteva salvarsi e lui era più indietro rispetto a lei, aveva una minima possibilità in più di sfuggire al folle che avevano di fronte.
«SCAPPA, SCIOCCO!» seppe che non sarebbe servito a niente quando anche l'altro uomo rise. Non erano umani, anche se lo sembravano. Non potevano esserlo.
«Devo inseguirlo?» domandò l'altro, quello con i capelli quasi bianchi. Tatsuki mandò giù della saliva, sperando che la risposta ci impiegasse molto ad arrivare, almeno per permettere a Keigo di allontanarsi il più possibile da quel posto.
«Non è necessario.» replicò il pazzo e per un attimo la ragazza si sentì sollevata. Forse sarebbe riuscito a raggiungere la scuola. «Possiamo cominciare uccidendo lei.» il folle ghigno dipinto sul volto dell'altro uomo si allargò, ancora. Tatsuki combatté per respirare, mentre aspettava che uno die due si muovesse. Guardava entrambi con occhi pieni di terrore, in attesa di una mossa di uno di loro. Non voleva morire. Il solo problema era che non sapeva come evitarlo, non quando le sembrava che perfino l'aria fosse diventata pesante come un macigno.
«Spirits are always with you!» Tatsuki rimase quasi impietrita dalla frase appena sentita, perché sapeva perfettamente chi l'aveva pronunciata. Infatti, appena la voce si spense, Don Kanonji le si parò davanti, a farle da scudo contro il nemico. Rimase per un attimo senza parole e con la testa totalmente sgombra da qualunque tipo di pensiero. «Scappa, ragazzina quest'uomo è pe-ri-co-lo-so.»
Tatsuki si alzò faticosamente: lei non aveva assolutamente possibilità di salvarsi, ma chi avrebbe salvato Don Kanonji? «Dovresti farlo anche tu, razza di stupido!» controbatté, infatti. «Nessuno di noi può vincere!» quel tizio, qualunque cosa fosse, irradiava da tutti i pori una forza inaudita. Si percepiva fin troppo bene.
«Sciocchezze!» Don Kanonji puntò un dito in aria, con fare solenne. «Nessun eroe che si tira indietro è un eroe agli occhi di un bambino!» Tatsuki rimase a bocca aperta a quella risposta: quello non era un videogame o uno stupido programma televisivo! Quella era la vita reale, e non era il momento per giocare. «Scappa, ragazza. Ci penso io qui! Sono Don Kanonji, dopotutto!» e scoppiò a ridere rumorosamente.
Tatsuki rimase allibita, ma capì che non c'era altro da fare per convincerlo ad andarsene. Credeva davvero di essere un supereroe con chissà quali mistici poteri. Non seguì il suo consiglio e non corse nella stessa direzione in cui era fuggito Keigo, poco prima; non poteva lasciare quell'irresponsabile da solo. Non avrebbe mai potuto perdonarselo.

«Se anche solo mi sfiori,» cominciò Aizen, piuttosto annoiato. «cesserai di esistere.» Gin tornò ad appoggiarsi al muro, a braccia conserte, del tutto interessato al desiderio degli esseri umani di fare qualcosa, anche quando la situazione è palesemente disperata. Che creature interessanti. Peccato non ricordarsi com'era quando era anche lui come loro, sarebbe stato esilarante.
«Staremo a vedere.» lo sfidò Don Kanonji, sfoderando il suo scettro. «Ti mostrerò i miei poteri!» scoppiò in un'altra risata, e Gin non poté trattenere un sospiro divertito: non era esattamente come aveva immaginato. Quel tizio credeva davvero di poter sconfiggere Aizen. «Golden Kan'onball!» una piccola e insignificante sfera di luce si avvicinò ad Aizen con lentezza, quasi anche lei avesse auvto paura di lui, ma non ebbe neanche il tempo di avvicinarsi al suo bersaglio perché venne fermata poco prima che lo sfiorasse. Gin mosse solo le sopracciglia, non sorpreso ma era come se si accorgesse solo in quel momento che era lì davanti a loro davvero. Sapeva perfettamente a chi apparteneva quella reiatsu, e sapeva anche cosa doveva fare. Erano mesi che aspettava un'occasione simile.
«Finalmente vi ho trovati.» una strana nota di sollievo le impregnava la voce. Era quasi come se fosse contenta di trovarsi davanti dei nemici che era consapevole di non poter battere. Però era così, perlomeno non avrebbero fatto del male ad altre persone. Gin si fece avanti, prima che Aizen potesse dire qualcosa, col suo consueto sorriso stampato in faccia. Sembrava l'immagine del relax. «Tu, prendi la ragazza e scappa.» nonostante le vistose proteste del pagliaccio, prese sulla spalla la ragazzina e, dopo essersi voltato con una mossa teatrale, scappò a una velocità strabiliante.
«Posso pensarci io, Capitano Aizen?» lui sembrava non avere niente in contrario, dal momento che avevano tutto il tempo di cui avevano bisogno, ora che tutti gli altri del Seireitei, chi intrappolato nell'Hueco Mundo, chi agonizzante nel mondo reale, non erano più un problema.
«Fai come vuoi.» accordò, infatti. Gin scattò in avanti, facendo leva sul piede sinistro e, afferrandola per la vita, la portò in un luogo sufficientemente lontano dall'ex Capitano.

La portò su un tetto, di uno dei palazzi più alti della città, non che ci avesse fatto caso. Prima di atterrare lasciò la presa sulla sua vita e lei precipitò, frenando la caduta all'ultimo istante. Che razza di bastardo! Respirò affannosamente, in ginocchio, esausta. Non aveva neanche idea con che intenzioni l'avesse portata lì. «Cosa fai qui, Ran?» le chiese, senza lasciar trasparire neanche una qualche sfumatura nel tono della sua voce. Lei alzò lo sguardo verso di lui, con più determinazione di quanta ne sentisse in realtà. Ma per una volta voleva sostenere il suo sguardo, da nemici.
«Che strano,» rispose la ragazza, quasi con ironia. «era la domanda che stavo per farti io.» Gin sorrise: era sempre la solita Ran, dopotutto. «Secondo te, perché sono qui?» lui poteva vedere la sua risolutezza. Era lì con uno scopo ben preciso, ed era decisa a raggiungerlo. E non era difficile immaginare quale fosse.
«Sei qui per uccidermi?» c'era un non so che di divertito nell'affermazione e questo irritò Rangiku più di quanto lei stessa si sarebbe aspettata. Sapeva che era il suo consueto comportamento, ma era come se non la considerasse all'altezza di fare una cosa simile. «Lo sappiamo tutti e due che non puoi.» e la conferma, con le sue parole, fu peggio di una coltellata nello stomaco.
Fece finta di non aver sentito niente, in modo da non permettergli di continuare su quella linea. «Perché stai lavorando per Aizen, Gin?» forse non era il momento adatto per chiederglielo, ma aveva bisogno di saperlo. Non aveva mai accettato, benché avesse sempre detto ad Hinamori di fare il contrario, che Gin avesse potuto tradire la Soul Society.
Gin fece uno sbuffo, quasi divertito. «Sono davvero queste le ultime parole che vuoi rivolgermi?» usò un finto tono di tristezza, inclinando la testa da un lato, con fare teatrale. «Che cosa triste.» era un vero piacere guardare l'espressione che aveva in volto in quel momento, per lui. Avrebbe tanto voluto ucciderlo, lo capiva e, in condizioni normali, probabilmente, avrebbe anche tentato di farlo.
«Cosa vuoi che faccia? Ricordare i bei vecchi tempi?» stavolta la ragazza non riuscì a mascherare neanche un briciolo dell'irritazione che provava. Perché doveva sempre fare il pagliaccio? Perché non riusciva mai a discutere seriamente con quell'uomo? Non era mai successo, mai. neanche una volta, in tutta la sua vita. «Possiamo fare le persone serie, una volta tanto?» poi si accorse che era una domanda stupida, era come chiedere a un gatto di abbaiare, o qualunque altra cosa dannatamente improbabile.
Lui fece un sorriso rilassato. «Io sono sempre una persona seria.» ribatté, ma dal suo tono poteva benissimo capire che la stava prendendo in giro. E lei detestava il fatto che non la prendesse sul serio. Avrebbe tanto voluto dimostrargli che era molto al di sopra di quello che si aspettava.
«Vuoi davvero sapere se avrei il coraggio di ucciderti?» perché lui non aveva mai messo in dubbio il fatto che non ci sarebbe mai riuscita, questo lo sapeva bene anche da sola. Lui era semplicemente troppo forte, ma il fatto che avesse messo in dubbio che ci avrebbe provato, quello era stato umiliante, e non poteva accettarlo. Sfoderò Haineko, lei era sempre stata al suo fianco e, se doveva morire, la sua spada sarebbe stata sguainata.
Gin non smise di sorridere, ma dalla sua espressione traspariva rassegnazione, in qualche modo. «Ran, Ran.» cantilenò, quasi la volesse rimproverare. «Non costringermi a combattere contro di te. Non voglio ucciderti.» lei non si ritrasse, ma neanche avanzò. Lui, purtroppo, aveva ragione: era stato il suo migliore amico per secoli, fino a che non aveva deciso di seguire Aizen. Sapeva che doveva adempiere al suo compito di eliminare i traditori, ma era comunque difficile. Non riuscì a muoversi e l'indecisione si era completamente impadronita di lei. Che fare?
Senza neanche che se ne accorgesse, si ritrovò il suo avversario addosso. La stringeva di nuovo con un braccio sulla vita, mentre nell'altra stringeva la spada. «Sei davvero certa di volerlo fare?» le sussurrò e dalla sua voce traspariva la consapevolezza di averla in pugno. Lei boccheggiò, in cerca d'aria. La stretta era troppo forte, e lei era troppo debole fisicamente per resistere.
«Sei un bastardo.» rispose, dopo aver preso due respiri profondi. Lui apparve un po' contrariato dalla risposta, o forse non era semplicemente quella che si aspettava di ricevere. Rangiku non seppe dirlo con certezza.
«Hai la spada in mano e sono a una distanza alquanto favorevole. Alza la spada e uccidimi, se puoi.» era una provocazione, bella e buona. E non poter rispondere a tono fece arrabbiare Rangiku anche più di quanto già non lo fosse. Non aveva abbastanza forza, né abbastanza volontà per alzare la spada e dargli niente di più o di meno di ciò che si meritava. L'umiliazione più grande, per la quale si ritrovò a desiderare la morte, arrivò soltanto quando Haineko le cadde di mano, sentenziando impietosamente, col rumore del metallo che veniva a contatto col cemento dell'edificio, la sua incapacità e, soprattutto, inutilità di fronte a lui.
«Ti odio.» sibilò, sentendo la rabbia che le faceva premere le labbra le une contro le altre. Non riusciva a sopportare l'idea di avergli dato ragione così semplicemente, senza neanche opporre troppa resistenza. Era soltanto una debole.
«Mi dispiacerebbe molto se fosse così.» fu quello che rispose, prima di chinarsi e creare un contatto tra le loro labbra. Rangiku spalancò gli occhi, spiazzata. Che significato aveva quel bacio? Perché proprio in quel momento? Non si mosse, pietrificata da quel gesto ingiustificato e del tutto imprevisto e improvviso. La tensione che si era impadronita dei suoi muscoli si dissolse, lasciandola più spossata di prima, quasi non avesse più la forza di reagire. Gin la sentì quasi come una bambola di pezza tra le sue braccia. «Perdonami, se puoi.» la trattenne, per evitare che cadesse. Si era rilassata troppo velocemente dopo aver teso tutti i muscoli, avrebbe perso i sensi. «Mi dispiace tanto.» Furono le ultime parole che Rangiku udì prima di sentire un dolore lancinante alla base dello stomaco e di addormentarsi tra le sue braccia.

Gin la depose a terra, in modo che non sbattesse la testa sul pavimento, accertandosi di non aver colpito nessun organo vitale. Cercò di risanare la ferita con le sue poche conoscenze, e dopodiché comparve una specie di polvere nera che circondò l'area circostante al corpo della ragazza, in modo da nascondere la sua reiatsu.
«Spero che non ti arrabbierai troppo quando ti sveglierai.» il sorriso ricomparve sulle sue labbra, e si lanciò dal tetto dell'edificio per tornare da Aizen, che era andato alla ricerca degli amici di Kurosaki Ichigo. Si assicurò di nuovo di non sentire la reiatsu della sua vecchia amica e continuò a camminare, fino a che non si ricongiunse con l'ex Capitano della quinta brigata, che aveva la spada sguainata.
«Che fine ha fatto la ragazza?» domandò lui, senza alcun particolare interesse per la sorte di Rangiku, quanto per le azioni del suo sottoposto. Gin ghignò, stava per testare ancora la propria abilità nel mentire.
«L'ho uccisa.» e la cosa più bella era che non c'era niente che potesse smentire quella versione. Aveva sempre avuto questo talento di far tornare tutto come desiderava.
Fu il turno di Aizen di mostrare un mezzo sorriso. «Bene, perché sono stanco di andare a caccia di topi.»
Gin finse una smorfia pensierosa. «Dovremmo ucciderli.» continuò, con lo stesso tono che avrebbe usato se stesse parlando del tempo. Aizen annuì: servivano tutti morti quegli umani con quell'insolita forza spirituale. Era finalmente giunto il momento tanto atteso. Ci sarebbero voluti pochi minuti. La spada di Ichimaru Gin li avrebbe raggiunti dovunque si fossero nascosti. «Ci penso io.» avanzò di qualche passo e il suo mantello si mosse. Gin sorrise ancora: quale opportunità migliore di quella? Rivolse la spada verso il suo obiettivo, stringendo la parte di Kyouka Suigetsu che il suo padrone non riusciva a vedere con l'altra mano.
Tutto quello che Aizen sentì dopo fu dolore, misto a una certa dose di sorpresa. Non riusciva bene a capire che fosse successo finché non vide con i propri occhi Shinso trapassargli il petto. Guardò quello che credeva il proprio alleato, costernato.
«Il solo modo per evitare di essere vittima del potere di Kyouka Suigetsu è toccare la spada prima che riesca ad ipnotizzare.» spiegò l'altro, davvero soddisfatto del proprio lavoro. «Sono l'unico che può sperare di ucciderti.»
Aizen sorrise, quando il dolore scomparve, quasi intenerito dall'ingenuità che non credeva che Gin possedesse. «Dovresti sapere che non puoi uccidermi, così.» Gin fece schioccare la lingua, in segno di disappunto. Aveva osservato i combattimenti di Aizen abbastanza da capire ogni cosa.
«Ed è qui che ti sbagli. Vedi questa scheggia?» indicò una piccola parte della spada, mancante. «Ho mentito riguardo alle abilità del mio bankai. Non arriva a una tale lunghezza, ma mentre si estende è in grado di rilasciare del veleno. Veleno che ho iniettato direttamente nel tuo cuore.» si avvicinò ad Aizen. «Beh, guarda il lato positivo. Morirai con un buco nel petto. Non è forse quello che avevi sempre desiderato?»
«Bastardo.» Gin rise a quell'affermazione, soltanto perché anche Rangiku gliel'aveva detto. Forse doveva cominciare a crederci davvero.
«Non aspettarti fedeltà da un traditore.» fu la sua risposta, mentre estraeva dal corpo di Aizen la spada. «Il traditore tradisce sempre due volte.»


* non ho idea se serva veramente, ma è l'unica spiegazione che ho trovato alla sua corsa (chi ha letto il capitolo può capire), se poteva aprire un portale anche da dove si trovava.


Angolo autrice:
Okay, non so cos'è venuto fuori. Le battute sono più o meno per come le ricordavo quando – ieri o il giorno prima – ho letto il manga, per cui le battute anche se non sono precisamente quelle, ci vanno molto vicino. Non sono molto ferrata nelle one-shot e penso che si sia visto. Aspetto comunque che mi diate i vostri pareri, anche se forse me la smonteranno pezzo per pezzo :).
Saluti :)

  
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