01. Let’s Begin From Here ~ Origin
#Prompt 61 - Origine
In un ordinario
giorno di pioggia nessuno si aspetterebbe un evento capace di sconvolgere la
propria vita. Forse è semplicemente ora di ricredersi.
Cloud Strife era
un volto piuttosto insolito fra la folla, una di quelle persone che, solo se
avessero la forza di volontà di sollevare lo sguardo mentre camminano, sarebbe
praticamente impossibile non notare.
In una moltitudine di visi anonimi dai
tratti vagamente simili e i vestiti praticamente identici, i suoi capelli biondi
risaltavano come un faro in mezzo al mare. Non che fosse sua intenzione attirare
gli sguardi altrui, anzi per quanto possibile preferiva evitarli, ma quello era
il suo colore naturale e aveva sinceramente poca voglia di
tingersi.
Detestava
camminare per strada, soprattutto per le vie affollate come quelle di Midgar, e
sembrava quasi ironico che proprio lui si ritrovasse a fare un lavoro che aveva
nella strada la sua componente principale.
Era un
fattorino, ma per fortuna la maggior parte dei suoi incarichi lo presumevano a
bordo di una fantastica moto nera, e non a piedi fra la folla come in quel
momento. Sfortunatamente quella
volta la consegna era poco lontano dal suo appartamento, e non valeva
sinceramente la pena di prendere la moto e raddoppiare la strada.
Nonostante
tutto quella giornata aveva i suoi risvolti positivi, in primis il fatto che
ormai la consegna era stata effettuata e se ne tornava a casa con una bella
mancia, Holy benedica le nonnine generose, in secondo
luogo...
- Ti ho detto
che non puoi andartene in giro da sola! –
Ad alzare la
voce era stato un ragazzo, capelli
rosso fuoco e occhi azzurri, insomma il classico tipo che passa “inosservato”, e
sembrava avercela con una ragazzina piuttosto anonima a suo
confronto.
L’attenzione di
Cloud venne brutalmente distolta dai suoi pensieri nello stesso modo in cui si
deraglia “delicatamente” un treno. Sembrava una normale disputa fra fidanzatini,
al punto che dopo un’occhiata inizialmente incuriosita tutti tornarono sui loro
passi ignorando i due completamente.
Gli occhi del
biondo rimasero ad osservarli ancora qualche minuto, quasi volesse,
inconsciamente, ascoltare quella conversazione.
- Smettila di
trattarmi così non sono una mocciosa... – una risposta inviperita nonostante i
toni della conversazione si fossero precipitosamente abbassati – ...non ho
bisogno di una stupida balia. –
La lesse nel
viso del rosso la rabbia, prima che la sfogasse afferrando quasi con violenza
l’esile polso della ragazza, costringendola a seguirlo.
- Sta zitta
dannata stupida... – un ringhio sommesso - ...nemmeno dovevi uscire di casa,
nemmeno quello. E tu cosa combini? Scappi sotto la pioggia in pieno centro, ma
ti pare normale?! –
La ramanzina
sembrò continuare per le lunghe, ma Cloud si limitò a seguire i due con lo
sguardo in attesa che le loro voci venissero inglobate nel brusio di fondo
creato dalla folla e dalla pioggia per poi riprendere a
camminare.
Una cosa doveva
ammetterla Strife, gli piaceva camminare sotto la pioggia. Forse perché le
persone hanno fretta di andarsene al chiuso e c’era meno rischio di ritrovarsi
in mezzo a sguardi stralunati che ti fissano come se non avessero mai visto un
biondo in vita loro se non in televisione, o forse semplicemente perché gli
piaceva la sensazione di essere bagnato fino alle ossa.
In ogni caso
quel giorno aveva avuto veramente poca scelta, gradita o meno la pioggia non
faceva che aumentare.
Fosse stato un giorno diverso probabilmente il passo
avrebbe mantenuto un ritmo lento e costante, in modo da soddisfare il suo
masochistico piacere nel sentire l’acqua scorrere attraverso i vestiti
scivolando in una fredda carezza sulla sua pelle, eppure sotto quella pioggia i
suoi piedi avevano un’inspiegabile fretta.
Del resto non
aveva potuto rifiutare, come avrebbe potuto dire di no
a...
- Signore si
allontani, lasci passare! -
Era ancora una
volta nel bel mezzo di un pensiero quando si sentì all’improvviso spintonare fin
dietro una transenna in mezzo ad una folla di gente stretta come sardine dentro
una scatola, insomma una di quelle belle esperienze da
ricordare.
Guardandosi
intorno riuscì vagamente a capire cosa stava effettivamente succedendo. La
strada sgombra era piena di soldati che sorvegliavano le persone oltre le
transenne, e un simile movimento di truppe significava solo una cosa; un pezzo
grosso stava arrivando in città in quel momento.
- Ho sentito
dire che il re di Wutai ha deciso di mandare qua proprio la figlia.
-
- Hanno mandato
la principessa? Ora capisco questa mobilitazione straordinaria dell’esercito. -
- A quanto pare,
il presidente Rufus vuole ricontrattare le condizioni di pace stabilite alla
fine della guerra. -
- Perché
riparlarne adesso? -
- Forse ha paura
del dissenso che si sta creando intorno alla Shinra, vorrà soltanto salvare la
faccia. -
La folla si
zittì improvvisamente quando al centro della strada comparve un piccolo manipolo
di soldati; circondavano una ragazza cinta in un kimono dalle tinte chiare, solo
le sue labbra si intravedevano il resto era coperto da un ombrello bianco retto
da quello che aveva tutta l’aria di essere un Soldier, non solo per la divisa ma
per quegli occhi così, malsanamente,
azzurri coperti sporadicamente da qualche ciuffo nero.
Non era strano
trovare un Soldier a scortare una principessa, erano un corpo speciale al
servizio del presidente in fondo,
era normale fossero impiegati anche come scorte in questioni politiche,
ma era senza dubbio strano che una simile scena passasse sotto gli occhi di
tutti, sembrava quasi una ricercata manovra, indubbiamente la cosa puzzava sotto
tutti i punti di vista.
Quella
silenziosa “cerimonia” continuò fra gli sguardi della folla, tra chi si chiedeva
il perché di quell’arrivo e chi semplicemente lo ammirava, o invidiava questione
di punti di vista.
Lui provava
semplicemente indifferenza, la politica non lo riguardava, non lo interessava,
semplicemente non voleva saperne. Aveva un lavoro e una vita che sfiorava
l’abitudinario, non chiedeva nient’altro.
Solo quando la
schiena dell’ultimo soldato scomparve alla sua vista vennero tolte le transenne
e fu nuovamente libero di tornare a camminare fra la folla che pian piano si
riformava, compatta come sempre.
Era quasi
arrivato a casa ormai, ancora pochi metri sulla strada principale e sarebbe
comparsa la traversa che l’avrebbe condotto a casa, avrebbe potuto contare i
passi ormai.
Confortevole, l’idea di tornare a casa era sempre in qualche
modo confortevole per lui, quasi ci fosse una qualche strana atmosfera familiare
ad attenderlo, forse era anche per questo che il bar al piano terra aveva così
tanto successo, con il piccolo extra concesso dal fascino della barista.
Tifa, una
vecchia amica, anche se forse era meglio definirla una conoscenza, probabilmente
l’unico motivo che l’aveva spinta ad aiutarlo, oltre il suo innegabile buon
cuore, era quel silenzioso patto che si viene a creare tra due persone rimaste
sole al mondo, che rivedono l’uno nell’altro l’unico viso amico in un mondo
troppo vasto per chi ha perso la propria casa, la propria città e il luogo in
cui ritornare.
Poco importava
in fondo, vivevano insieme portando avanti un’amicizia più a parole che a fatti,
eppure in qualche strano modo si erano abituati alle rispettive presenze,
avevano imparato a conoscersi in silenzio, e forse inconsciamente sapevano più
di quanto si sarebbero mai aspettati dell’altro.
Immerso nei
pensieri era arrivato di fronte all’entrata del 7th Heaven, si ritrovò ad
osservare ancora una volta l’oggetto che con insolita cura proteggeva dalla
pioggia battente, finalmente gli avrebbe trovato un posto in cui stare.
Salì
i pochi gradini di legno, ed entrò pronto a parlare...
- È un’occasione
che non possiamo perdere Tifa! Se vogliamo avvicinarci dobbiamo farlo ora.
-
- Questo lo
capisco, l’unica cosa che ti sto chiedendo è, perché proprio io?
-
- Oh andiamo
ragazza, pensi forse che io riesca ad attirare la sua attenzione con un vestito
elegante? -
Quella voce dura
e rumorosa, poteva appartenere solo ad una persona, Barret Wallace. Un omone
nero, corpulento, amico di Tifa per ragioni che lui preferiva ignorare, diciamo
piuttosto che preferiva chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie mentre
l’evidenza gli passava sotto il naso.
Avalanche, un gruppo
pseudo-terroristico che si alimentava del personale risentimento di ogni singolo
membro verso la Shinra Company,
nascondendolo puntualmente dietro nobili ideali, un modo meno sporco agli
occhi degli altri di cercare vendetta, Tifa ne faceva parte.
Si riunivano
spesso lì in quel bar, in “borghese”, più che altro erano visite amichevoli
all’orario di chiusura, come in quel caso.
- Senza dubbio
attireresti l’attenzione con un vestito Barret. - una risata leggera, mentre il
tono dolce della ragazza zittiva in modo insospettabile il vocione dell’amico. -
Non potete chiederlo a Jessy? –
- Sai meglio di
me quanto è imbranata quella ragazza, - ed eccolo che ripartiva, Barret non era
mai stato il tipo da contenere il suo linguaggio “colorito” - sia chiaro è un piccolo
genio, ma cazzo, è una frana nel sociale, non posso chiederle di presentarsi ad
un festa simile! -
Il sottile dito
della ragazza andò a zittire l’uomo, mentre con un occhiolino complice chiedeva
di rimandare per qualche minuto il discorso.
- Bentornato a
casa. - un lieve sorriso, mentre prontamente con la mano nascondeva una risata
divertita. - Piove? -
Domanda
piuttosto ironica considerando le condizioni in cui verteva il biondo, aveva
acqua fin nelle ossa.
- Diluvia. Salgo
a farmi una doccia. -
Si incamminò
verso i gradini, notando però lo sguardo della ragazza che lo seguiva, non lui,
qualcosa che ancora stringeva fra le mani. Solo quando abbassò lo sguardo verso
la sua mano si ricordò cosa doveva effettivamente
chiedere.
- Tifa, hai un
vaso? -
L’asciugamano
frizionava i capelli ancora bagnati, mentre a piedi scalzi raggiungeva la sua
camera alla ricerca di qualche vestito da indossare giusto per non oltraggiare
la comune decenza.
Aveva un profumo
diverso la sua stanza, gli sembrava quasi assurdo che derivasse tutto da quello,
eppure non gli dispiaceva. Si era senza dubbio un profumo molto delicato,
difficilmente attribuibile ad un uomo, ma a Cloud non importava, stava bene in
quella stanza quell’odore, sembrava quasi riempire un vuoto, non un vuoto
profondo, uno di quelli che non noti finché non lo riempi. Andava bene
così.
Indossò dei
pantaloni di felpa e una maglietta pescata a caso nell’armadio, quel tanto che
bastava a coprirsi e restare comodi, l’asciugamano malamente posato sulle spalle
mentre con pochi passi raggiungeva la scrivania.
Vedeva l’acqua
scorrere lungo il vetro della finestra con il suo picchiettare interrotto dai
tuoni occasionali, ma la sua attenzione era rivolta ad altro.
Con la mano
sfiorava, in modo assurdamente delicato, i petali bianchi, che sembravano
risplendere, ancora lievemente bagnati di pioggia. Un giglio, si sarebbe detto
fuori luogo in quella stanza così anonima, invece Cloud aveva come la chiara
impressione che quel semplice fiore non poteva vivere in altro posto se non lì.
Era stato affidato a lui no?
Un semplice
incontro, non avrebbe mai pensato il biondo di ritrovarsi a ripercorrerlo nella
sua mente una volta a casa. Eppure c’era stato qualcosa di diverso, quella
ragazza era diversa da chiunque avesse mai conosciuto, la sua stessa presenza
era diversa, anche se ancora non aveva ancora in chiaro cosa era
diversa.
Una semplice
ragazza, esteriormente non aveva niente più di molte altre, ma quel sorriso...
per quanto ci provasse non riusciva a toglierselo dalla testa, era così... “fuori luogo”.
Midgar era una
città che tende a soffocare i suoi cittadini, quello che vedevi in giro erano
semplicemente facce spente, ingrigite da ore e ore di lavoro, o semplicemente
affamate da una povertà dilagante, la felicità, sempre se c’era la gente
preferiva tenersela stretta fra le quattro mura della loro casa. Lei invece gli
aveva sorriso in mezzo a quella folla, e l’aveva fatto
sinceramente.
Forse era
semplicemente quello ad averlo colpito. Forse...
- Un fiore?
-
- È un regalo.
-
Oh diavolo,
potete imprecare, sono tornata ai vecchi lidi con un progetto che so per certo
inizia qui e non ho la più pallida idea di dove finisca.
Questa cosa è più
grande di me gente, davvero spero di riuscire a gestire il tutto come vorrei, ma
so già che ci friggerò tutti i miei bellissimi neuroni di dubbie tendenze.
Considero questa
storia un vero e proprio esperimento, non ho mai scritto o pensato anche solo
lontanamente a qualcosa di simile perciò ogni genere di commento o critica sarà
ben accetto, anzi sarei veramente felice di sapere cosa ne
pensate.
Intanto vi lascio
a questo piccolo prologo, a tutti gli effetti abbastanza corto, nei prossimi
capitoli dovrei soffermarmi un po’ di più, questo è stato una specie di
rodaggio, una sorta di prima presentazione.
Si mi sto
dilungando troppo ma sono dannatamente insicura.
Non posso dire
altro se non che spero davvero vi sia piaciuta! Grazie a tutti coloro che
leggeranno o passeranno anche solo a dare una sbirciata!
Kya~
Storia
partecipante all’iniziativa di BlackIceCrystal, The One Hundred Prompt
Project.