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Autore: Trick    06/08/2010    16 recensioni
"Non credeva di amare Alastor – non ne era del tutto certa – ma amava il modo in cui lui la baciava".
1940. Alastor Moody, in prima linea nella guerra contro le forze oscure di Gellert Grindelwald, è solito recarsi ad Hogwarts per parlare con il Preside. Minerva McGrannitt, severa e diretta insegnante di Trasfigurazione, sa che il secondo ufficio che l'Auror visita è sempre il suo.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alastor Moody, Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Titolo: Cadere in grande stile
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Alastor Moody, Minerva McGrannitt
Pairing: Alastor/Minerva
Rating: Per tutti
Tipologia: One-Shot
Genere: Generale, romantico
Avvertimenti: Character Death
Conteggio parole: 2118
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di J.K. Rowling che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Harry Potter, appartengono solo a me.
Note: La storia è stata scritta per la Drunk Challenge indetta da Writers Arena - vi consiglio di cliccare, se non volete attraversare sette anni di lunghe sfighe e imbarazzanti sofferenze. Non avevo intenzione di pubblicare qui questa fan fiction, ma c'è un'amica a cui volevo dedicarla fin da quando ho pensato di scriverla, perché se mi sono convertita a questo strano - adorabile - pairing,  è decisamente colpa sua e della sua scriteriata passione per i personaggi very old. (Avevo dimenticato di dirvi, come mi è stato fatto notare, che ho dovuto un po' giocherellare con le vere età dei personaggi. Puri cavilli temporali).
Questa è tutta tua, SakiJune. :)


Scuola di Stregoneria e Magia di Hogwarts, 24 giugno 1940


Era piuttosto insolito che Minerva si distraesse durante la correzione dei compiti dei propri studenti. In verità, era incredibilmente insolito. Il modo rigido e severo con il quale aveva preso di petto l'istruzione della Trasfigurazione aveva qualcosa di vagamente ossessivo. Maniacalmente avversa all'imperfezione in ogni sua minima sfumatura, la giovane professoressa era solita pretendere il massimo impegno tanto da se stessa quanto dai propri studenti. E sebbene qualcuno di loro la ritenesse un'arpia della più empia specie, erano tutti d'accordo nell'affermare quanto i suoi metodi fossero eccellenti. Probabilmente, Minerva McGranitt era la più dotata insegnante di Trasfigurazione che Hogwarts avesse visto da secoli – seconda, forse, al solo Albus Silente.
Nonostante la giornata l'avesse particolarmente spossata, Minerva si era decisa a terminare la correzione degli ultimi saggi sulla Trasfigurazione umana dei ragazzi del settimo anno di Corvonero. Aveva appena afferrato la penultima pergamena, quando tre forti e improvvisi colpi rimbombarono nella stanza.
Non ebbe nemmeno il tempo di schiarirsi la gola che Alastor Moody aveva già fatto irruzione nel suo ufficio.
Minerva chiuse gli occhi e imprecò mentalmente. La presenza di Alastor, in genere, le causava una considerevole irritazione, ma a quella tarda ora rischiava di prenderlo a sberle. Non aveva mai avuto modo di conoscere molti altri Auror, ma pregava per il bene della Gran Bretagna che non esistessero altri maghi come Alastor. Talvolta, gli aveva rivelato quanto pregasse che non esistessero nemmeno altri uomini come lui. Eppure, sapeva che entrambe le cose erano maldicenze senza il minimo fondamento.
Lui era Prefetto di Grifondoro quando Minerva era soltanto al suo primo anno. Non era passato molto tempo prima che lei lo etichettasse come un insolente e turbolento sbruffone dall'ego smisurato, avvezzo tanto alla bestemmia quanto alla rissa. All'epoca, non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe saputo riconoscergli virtù che non si limitassero alla sua chioma bionda e ai suoi addominali pronunciati. Tuttavia, per quanto la sua opinione su Alastor fosse radicalmente mutata – e dopo oltre due anni poteva esserne piuttosto sicura – il modo con cui lui pareva trarre divertimento dal recarle fastidio non aveva ancora cessato di innervosirla.
Fra loro, si era ormai instaurato un silenzioso gioco fatto di maligne frecciatine e intime confessione. E Minerva, per quanto cercasse di apparire distante e seccata, non avrebbe mai potuto rinunciare né alle prime né alle seconde.
«Non mi pare di averti dato il permesso di entrare» gli disse con voce scocciata.
Lui le rivolse un sogghigno divertito e alzò le spalle.
«Non mi pare di avertelo chiesto».
Minerva ispirò profondamente e soffocò una parolaccia con la mano destra, mentre lui si accomodava con fastidiosa tranquillità sulla sedia dinanzi alla scrivania e si lasciava scivolare mollemente contro lo schienale. Rimase a fissarla insistentemente, con quel sorriso affettato ad arricciargli le labbra, fin quando lei riuscì a trattenersi oltre.
«Che accidenti vuoi, Moody?».
«Ti ringrazio per l'ospitalità, Minerva, ma credo che un bicchierino di Whisky Incendiario sarà più che sufficiente».
«Puoi scordartelo, non--».
S'interruppe bruscamente e lo guardò scioccata estrarre la bacchetta magica dalla tasca interna del mantello, agitarla pigramente per aria ed Evocare un paio di bicchieri e una bottiglia ambrata.
«Io non bevo» scandì duramente Minerva.
«Sono entrambi per me: il primo serve a sciacquarmi la gola».
«Spero che il secondo serva a sciacquarti il cervello. O a strozzarti, se non altro».
Alastor sghignazzò ancora di più e Minerva assottigliò gli occhi di fronte alla sfacciataggine con la quale lui si stava divertendo. Di nuovo.
«Volevo solo celebrare il fatto di essere venuto da te senza alcun secondo fine» spiegò. «È la prima volta».
«Stupido, arrogante e bugiardo» elencò nervosamente lei. «Una pessima combinazione per un Auror».
«Gelida, maligna e scorbutica. Un'ottima combinazione per un'insegnante».
«Va' al diavolo, Moody».
Alastor sollevò il mento, si accomodò allo schienale, distese le braccia e si sfiorò cono espressione ilare il pizzetto biondo. Minerva abbassò gli occhi sulla camicia bianca dell'uomo e deglutì nervosamente nel vedere i suoi muscoli tonici sforzare i bottoni dorati. Lo maledisse mentalmente per l'ennesima volta, fece un respiro profondo e intrecciò fra loro le lunghe dita, scrutandola torva.
«Non ho intenzione di perdere altro tempo a causa della tua sciocca boria. Cosa sei venuto a fare, qui?» disse, calcando con enfasi sulla parola ''qui''.
Le sopracciglia di Moody si alzarono in un'espressione di muto stupore.
«Davvero non lo immagini?» rispose lui con un sorriso storto e un guizzo malizioso negli occhi scuri.
Minerva si sentì avvampare, ma si sforzò di mantenere un atteggiamento quanto più controllato possibile.
«Scordatelo» decretò con determinazione. «Ho intenzione di terminare il mio lavoro e tu non me lo impedirai, a costo di lanciare un incantesimo Evanescente al tuo scroto».
Lui la fissò un paio di secondi. Poi, cogliendola completamente alla sprovvista, scoppiò in una fragorosa risata.
«Gelida, maligna, scorbutica e malfidente!» rise, passandosi una mano nella folta chioma dorata e scrutandola serenamente. «Per la dannata spada di Godric! Minerva, non vengo ad Hogwarts solo per venire a letto con te».
La giovane strega notò un improvviso lampo di amarezza attraversare gli occhi dell'uomo e intuì che il motivo che lo aveva condotto nel suo ufficio a quell'ora scriteriata, era quello della sera prima e di quella prima ancora. Era lo stesso motivo che, ormai da due anni, continuava a portarlo ad Hogwarts – e da lei.
«Ci sono novità?».
«Nulla di cui dovresti preoccuparti» rispose piano Alastor, senza alcuna nota derisoria.
«Se non me lo dirai tu, me lo dirà comunque il professor Silente» incalzò lei. «Lo fa sempre».
Alastor fece un sospiro grave e si massaggiò appena le tempie.
«Sia dannato anche Albus se quello che dici è vero» ringhiò fra sé. «Non avrebbe mai dovuto coinvolgerti in questi problemi».
«Questa guerra è la guerra di tutti, non la guerra di Alastor Moody» sibilò furiosa, assottigliando pericolosamente le palpebre.
Lui scosse il capo con un sorriso amaro, e parve impiegare ore per decidere quanto fosse il caso di dirle – perché Minerva sapeva perfettamente che lui avrebbe omesso qualcosa, ad ogni modo. Si alzò in piedi di scatto e si avvicinò a grandi passi verso l'ampia finestra alla sua sinistra. Da lì, avrebbe dovuto essere in grado di vedere la luna riflettersi sulle placide acque del Lago Nero, ma il suo sguardo pareva puntare a qualcosa di molto più distante e profondo.
«Le armate di Gellert Grindelwald hanno oltrepassato i confini francesi».
Minerva avvertì una soffocante sensazione di gelo e sconfitta invaderle il petto. Serrò la mano attorno ai braccioli della poltrona e strinse con folle risolutezza gli occhi.
«Il Ministero francese sta opponendo resistenza?» bisbigliò con flebile speranza. «Come intende muoversi il Ministro Blanchard?».
Alastor rimase in silenzio per qualche secondo.
«Assassinato. E quel bastardo di Grindelwald ha ormai condannato a morte tutti gli esponenti di spicco della comunità magica francese». Alastor imprecò così volgarmente che Minerva trasalì. «Blanchard e il suo Ministero erano i nostri più validi alleati. Dannazione, come se non avessimo altri schifosi problemi a cui stare addosso!».
Con aggraziata lentezza, Minerva si alzò, si diresse verso di lui e sfiorò appena le sue spalle larghe con la punta dei polpastrelli.
«Nulla è ancora perduto» cercò di rincuorarlo. «Abbiamo solo perso una battaglia».
«Un'altra battaglia, Minerva. Un'altra ancora. Grindelwald e le sue truppe si stanno diradando per l'Europa come delle mosche sulle carcasse. Di questo passo, ci vorrà poco prima che raggiungano la Manica».
«Lo fermeremo, Alastor. Godric solo sa come, ma lo fermeremo».
«Se non dovessimo riuscirci, sarebbe la fine del mondo che conosciamo» disse debolmente lui, cingendo la vita di lei di con un braccio. «Credo che mi ucciderei».
«Cosa?» domandò sconvolta Minerva, posando le mani sul suo petto e stringendo nervosamente la stoffa.
Lui le rivolse un'occhiata penetrante.
«Se dovessimo perdere, farò in modo di essere morto prima che Grindelwald abbia posato uno solo dei suoi sporchi piedi a Londra. E ben venga la morte, davvero, se l'alternativa è quella di vivere con il peso di una tale sconfitta a pesarmi sull'onore».
«Per l'amor di Morgana, sii serio».
Alastor giocherellò un poco con l'orlo ricamato del suo abito e le sfiorò appena la spalla destra. Lei socchiuse piacevolmente gli occhi al suo tocco ruvido, mentre avvertiva un tiepido calore diffondersi sulle gote pallide.
«Preferirei morire mille volte, e mille volte ancora, piuttosto che vivere un solo istante di prigionia» disse. «Non potrei mai sopportarlo. Non sarebbe vita. Non per me».
Minerva chinò il capo con un sospiro e si portò un lungo ciuffo di capelli neri dietro l'orecchio. Fece una smorfia amareggiata e lo guardò con un sopracciglio sottile lievemente inarcato.
«Prima o poi, il tuo onore ti ammazzerà, Alastor» commentò schiettamente. «Perlomeno, mi consolo sapendo che non dovrai più faticare nel tentativo di tenerlo alto».
Alastor fece le spallucce, ma nei suoi occhi scuri pareva brillare una luce pericolosamente fiera.
«Tanto meglio» ribatté laconico. «Puoi anche vivere una vita d'inferno, ma se alla fine riesci a giocare bene, hai vinto. È solo una questione di strategia, in fondo».
Sebbene un sorriso divertito le increspasse le labbra sottili, Minerva soffiò con rassegnazione e scosse un paio di volte la testa.
«Strategia...» ripeté. «La tua è demenza e nient'altro».
«No» puntualizzò Alastor con un ghigno deciso. Sfilò gli occhiali rettangolari della giovane e li appoggiò sul davanzale della finestra. «Il mio è stile. E quando morirò, morirò con stile».
Posò le labbra su quelle di lei, cingendo con energia la sua vita sottile. Minerva intrecciò le mani dietro alla sua nuca, attirandolo a sé e affondando le dita nella sua folta chioma bionda. Non credeva di amare Alastor – non ne era del tutto certa – ma amava il modo in cui lui la baciava. La stringeva come se volesse arrestarla, senza frivoli sentimentalismi e inutili sguardi languidi. La loro relazione era razionale, diretta e concisa, senza troppi progetti e con pochi obblighi. Quando lui faceva ritorno al Quartier Generale degli Auror, tutta la loro storia rimaneva lì, fra le mura e le lenzuola delle stanze di Minerva. Nessuna insistenza, nessuna oppressione e nessuna promessa da infrangere, solo il pacifico e rassicurante realismo di qualcosa di concreto. Minerva amava soprattutto questo, di Alastor.
«Già mi immagino il tuo epitaffio. “Alastor Moody, ardito egocentrico, esploso come i Favolosi Fuochi d'Artificio del dottor Filibuster”» scherzò lei ad un dito dalle sue labbra, fingendosi d'un tratto pensierosa. «Spero solo non sia troppo altisonante per un rozzo e volgare Auror del tuo stampo».
«Non ci provare nemmeno» ribatté lui. «Devi solo scrivere “in grande stile”».
«Lo farò certamente aggiungere prima di “idiota”».
Alastor le sorrise furbescamente e la baciò di nuovo.

Scuola di Stregoneria e Magia di Hogwarts, 27 luglio 1997

Erano anni, ormai, che Minerva McGranitt non si sentiva tanto vecchia e inutile. In verità, non avrebbe mai creduto che sarebbe mai arrivato il giorno in cui si sarebbe lasciata distruggere con tale impeto. Era una donna forte, lei. Lo era sempre stata – e ne era sempre stata maledettamente orgogliosa. Come aveva potuto permettere che il mondo le crollasse addosso?
Si sfilò gli occhiali, li appoggiò sulla scrivania e si massaggiò debolmente le palpebre stanche.
Il Patronus di Kingsley Shacklebolt si era da dissolto nel suo ufficio da parecchi minuti, eppure la voce dell'uomo continuava a martellarle nella testa. Quando aveva riconosciuto la sua lince, si era alzata in piedi con un salto nervoso e aveva piantato le unghie nel legno, terrorizzata alla sola idea che la missione per portare in salvo Harry Potter potesse essere andata male.
Se hanno preso Harry, siamo finiti.
Harry è salvo” aveva detto la voce di Kingsley, con una nota irrequieta con cui raramente la donna lo aveva udito parlare. Improvvisamente, Minerva aveva ripreso a respirare. Si era lasciata scivolare sulla poltrona e aveva affondato il volto fra le mani, sfinita.
Ma abbiamo perduto Alastor”.
Raggelata, aveva creduto di aver sentito il secco rumore della propria ginocchia crollare per terra – eppure era ancora seduta, immobile.
«Devi solo scrivere “in grande stile”» rimbombò fra i suoi ricordi.
Minerva scosse la testa con un sorriso tremulo e lo sguardo distante.
«Idiota».
   
 
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