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Autore: bra92    09/08/2010    3 recensioni
un piccolo spaccato di vita quotidiana su una famiglia formata da molly, Jordan e...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jordan Wilde, Molly/Eva Wei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maya, un anno compiuto da poco, non era molto interessata alla pappa, quanto più che al luccichio di qualcosa proveniente dall’anulare del padre, che tentava in tutti i modi d’imboccarlo in vano

 

Le nostre mani…

 

Maya, un anno compiuto da poco, non era molto interessata alla pappa, quanto più che al luccichio di qualcosa proveniente dall’anulare del padre, che tentava in tutti i modi d’imboccarlo in vano. E Jordan le aveva provate davvero tutte.

Tentò un’ultima volta.

-Dai Maya, - pigolò – E’… - schioccò la lingua e fissò con fare interrogativo il cucchiaino nella propria mano, con una faccia che pareva dire; ma sarà commestibile questa poltiglia?, Sfoderò un sorriso, tutto per la figlia, - Guarda, ora papà ti fa vedere come si fa, eh? – immerse la posata nel piattino e poi se lo portò alla bocca – Mhhh … che buono … - si bloccò, con le guancie piene come uno scoiattolo, diminuendo il masticare. Storse la bocca, tentò di resistere. – Ma che … Oh Cristo Santo che schifo! –la sputò nel tovagliolo, appallottolandolo e posandolo sul tavolo da pranzo dietro di lui, - Ma come fanno a dare da mangiare questa roba ai bambini? – fece una strana smorfia arricciando il naso. Maya si mise a ridere; amava quando il suo papà era buffo … e il bello era che non se ne accorgeva quando lo era.

Jordan mandò giù quasi mezza bottiglia d’acqua.

- Wow, - disse Molly, uscita dalla cucina – Ti conosco da sei anni ed è la prima volta che ti vedo attaccato alla bottiglia. Quasi, quasi ti faccio una foto e poi la incornicio per la gioia di Stan e Koji. –

- Non è colpa mia – lo fulminò – Ma di queste diavolerie – puntò il dito accusatorio verso il piattino.

Molly sbatté due volte gli occhi – Del pasticcio di carne tritato? –

-Quello che è – agitò una mano – Non capisco come si possa dare da mangiare quella roba ai bambini – ennesima smorfia – Che schifo! –

L’altra rise – Amore, - disse bonariamente – Sei così buffo. –

-Buffo? Buffo? Io tento di morire avvelenato e tu lo trovi buffo? –

Alzò le spalle – Mica solo io, sai? – e indicò la piccola, che esibiva a bocca spalancata i piccoli dentini in fila, emettendo un suono dolce e un po’ acuto – Visto? Anche tua figlia ti trova divertente.

-Lieto di farvi ridere – disse tetro, con l’unico risultato di udire la risata di Molly sin dalla cucina.

Quando tornò, Molly tolse il bavagliolo a Maya e se la mise in braccio. Bloccandosi di colpo – Mi sono dimenticata! – sistemò la figlia sulla spalla – Jordan? –

- Eh? – abbassò la gazzetta.

- Potresti andare a prendere il biberon in cucina? E’ proprio affianco alla piastra – si diresse in sala.

Jordan sbuffò ma si alzò, andò in cucina e poi raggiunse Molly in salotto e, come sempre, si bloccò sullo stipite della porta. Osservava. Che cosa osservava? Forse il salotto arredato con dei mobili presi dall’ antiquario, oppure quel dannato orologio regalo di Stan e kogi, che segnava sempre l’ ora sbagliata – a che ne sapeva lui, nella Tana ne avevano uno uguale, ma non ci aveva mai fatto caso – o ancora quel dannatissimo stereo – che la mora amava tanto mettere ad alto volume, facendogli fondere i timpani -.

Oppure, forse, osservava solo una ragazza bellissima con una bambina bellissima in braccio, seduti sul divano. Era qualcosa di strano e piacevole. Un caldo vuoto che gli riempiva le ossa. Ogni volta che guardava le due persone che amava di più, provava una sensazione così forte che tutto intorno svaniva. Rimanevano solo lui, sua moglie e la loro figlia. Maya era dolce come lo zucchero a velo, la mora premurosa e testarda come pochi e lui, nel suo cuore, era avidamente convinto di meritare tutto questo: anche il più piccolo sorriso dei suoi tesori più preziosi.

La sua famiglia. Tutta sua. Per sempre.

Molly si accorse di essere osservata.

-Bhe? Che c’è? – sorrise – Ti serve qualcosa? –

Jordan scosse piano la testa, con un mezzo sorriso – No, non mi serve nulla

Sedendosi con la sua famiglia, Jordan passò il biberon all’altra.

- Grazie –

- Nulla … senti: ma per quanto ancora hai intenzione di darglielo? –

- Perché? – domandò Molly confusa, mentre metteva delicatamente in bocca alla figlia il biberon e lo teneva sollevato quel tanto che bastava per farla bere.

- Ha quasi due anni, sarebbe ora che la smettessi con la storia del ciuccio –

- Perché scusa? Io non ci trovo nulla di male –

Jordan sorse di nuovo il naso, ma non si espresse più sull’argomento, più che altro per evitare di litigare per qualcosa di banale. Dopo un po’, rispuntò quello strano sorrisino, che Molly aveva notato da qualche tempo. Possibile che avesse un tic? Il biondo aveva quel sorriso quando erano nella stessa stanza, ma solo quando aveva in braccio oppure era lui a far mangiare Maya. Mentre quella mossa col nasino, suo marito la faceva spesso quando non era in accordo con lui per il figlio, eppure acconsentiva; Molly aveva deciso che quello era il segnale che aveva campo libero, che Jordan si era arreso. Non aveva mai creduto di poter dire Jordan e arreso nella stessa frase, ma da quando Maya era nata, a quanto pare tutto era possibile. Quindi era sicura che quel sorriso fosse per la figlia, e come non sorridere a quella meraviglia che grazie a Dio poteva stringere tra le braccia. Lei stessa passava notti sane nella stanzetta di Maya, a guardarla dormire, a stare attenta che non lo facesse a pancia in giù; con un sorrisetto da scema in faccia. Lasciando Jordan solo nel letto. Nei primi tempi un paio di volte aveva pensato che Jordan non vedesse di buon occhio la piccola, perché passava troppo tempo con lei e aveva messo il biondo … un po’ in disparte. Grosso errore.

E quando era confusa, stanca, sull’orlo del pianto, quando si lasciava andare senza volerlo ai ricordi dei suoi anni passati in collegio, gli bastava stringere Maya. Gli bastava stringere sua figlia, e il mondo diventava un luna Park per lei e la sua famiglia; pieno di giostre, specie quelle con i cavalli che girano – primo o poi ci sarebbero andati in un vero luna Park, tutti e tre assieme – dove nessuno conosceva la parola solitudine e i suoi derivati.

Si trattava di una sensazione quasi palpabile, di pura pace. Ogni volta che teneva in braccio sua figlia, il suo profumo, il suo visino tondetto … si chiedeva, sorridendo come un ebete, se anche lei in passato aveva avuto un’espressione tanto innocente. Lei, che se l’era sempre dovuto cavare da sola, si era ripromessa di esserci il più possibile per Maya.

Ogni volta che Molly aveva in braccio Maya, non solo Jordan aveva quel mezzo sorriso bonario, ma notava che anche la mora s’isolava per conto suo. Un mondo estraneo anche a se stesso.

Pazzi? Strani? No, solo sereni.

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No comment!

E come commentare Jordan nelle vesti di tenero papa e marito devoto??

Sarò l’ unica persona che si commuove da sola con quello che scrive, però sto piangendo a dirotto!!!



   
 
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