Aveva sempre evitato Wall Market per semplici questioni di principio.
Non che gli capitasse spesso di avere il tempo per farsi un'allegra
passeggiata in giro per le piastre di Midgar, ma - per il
Pianeta
- quella zona del settore 6 lo metteva in soggezione, lo ripugnava
quasi, lo faceva sentire come una recluta infilata per sbaglio nella
divisa regolamentare di un SOLDIER di Prima Classe. E ci voleva davvero
molto perché qualsiasi cosa potesse
metterlo così tanto in difficoltà.
Le insegne al neon e gli squallidi tendoni gli si aprirono davanti a
ventaglio, mentre gente di ogni tipo - il tipo di gente che ci si
aspetta di trovare nel quartiere più malfamato dei
bassifondi -
bighellonava pigramente fra le strade polverose. Pubblicità
di ogni
sorta gli ferirono gli occhi con i loro cartelloni abbaglianti, mentre
ragazzetti sandwich e giovani avvenenti con visiere propagandistiche
sulla fronte declamavano a gran voce merci, negozi, prezzi e saldi.
Traffico illegale, certo. Ma abbastanza conveniente, almeno.
Ignorò
volontariamente la luce viola e soffusa che colorava una piccola
porzione della sua visuale, in corrispondenza di una svolta della
strada, appena dietro una tenda accartocciata su sé stessa.
Commerci
illeciti, ovvio. E non si trattava solo di armi e
Materia.
Gli venne spontaneo tendere le labbra in una smorfia, stringendo forte
i pugni, i muscoli pronti a scattare verso l'elsa della Buster anche al
più piccolo ed insignificante segnale. Di colpo tutti
sembravano
guardare lui, le Materia brillanti che aveva incastonate nella sua
spada e negli accessori di protezione, la borsa gonfia in cui custodiva
quelle inutilizzate e gli oggetti di supporto. Spiato di sbieco da
tutti quegli occhi sgranati e avidi, gli parve di essere appena
diventato il prossimo bersaglio facile - o magari così pensavano
- da cui attingere nuova merce per un fiorente mercato nero.
E allora mise in moto la sua autodifesa naturale, quella che aveva
imparato a sfruttare quando gli uomini che lo "assumevano" sembravano
studiarlo da capo a piedi, giudicandolo in silenzio: le sue
sopracciglia chiare quasi si congiunsero, mentre la sua fronte si
corrucciava minacciosamente e il suo volto si rabbuiava in
un'espressione inquietante. I suoi occhi artificiali al Mako fecero il
resto senza che lui dovesse mutare più di tanto il cipiglio:
tutti
quanti parvero deglutire all'unisono e trovare improvvisamente che la
lampadina fulminata di un cartello o il sasso sul loro cammino
rappresentassero elementi d'interesse molto più validi.
Anche quando non si sentì più così
fastidiosamente osservato non rilassò affatto i muscoli del
volto.
Avrebbe davvero preferito evitare quel genere di posti. Non per
sé,
ovvio. Che gli importava? L'ambiente lo infastidiva, certo, ma quelli
erano ladruncoli mingherlini e morti di fame, e lui sollevava una spada
di quasi una tonnellata senza nessuna difficoltà, aveva una
collezione
invidiabile di Materia e l'addestramento di un SOLDIER alle spalle. E,
cosa ancora più fondamentale, era un uomo.
Aerith sospirò alle sue spalle, raggiungendolo con passi
tranquilli.
Aveva appena finito di rifarsi la treccia dopo essersela rovinata
inciampando su dei calcinacci arrugginiti su cui non si era accorta di
aver posato il piede. Si fermò vicino a lui dando un'ultima
sistemata
al fiocco rosa che le si insinuava armoniosamente fra i capelli,
puntellandosi sulla sua Guard Stick, battendo una mano sulla stoffa
impolverata del vestito:
« Perché ti sei fermato?»
domandò, ricomponendosi in un lampo « Siamo
arrivati.»
Lui le riservò l'attenzione necessaria a comprendere le sue
parole ed
accertarsi che fosse abbastanza vicina e al sicuro, poi
dedicò la
percentuale rimasta - un buon settanta per cento - a far scorrere il
suo sguardo accusatore su tutti quegli uomini che di colpo avevano
posato i loro occhi poco raccomandabili su di lei.
« Ehi, Cloud, mi ascolti?» insistette Aerith,
picchiettandogli appena un dito sul braccio «
Perché ti sei fermato?»
Cloud fulminò l'ultimo ragazzetto con il volto azzannato
dall'acne e
posò gli occhi su di lei solo quando si fu accertato che
più nessuno li
stesse guardando con intenzioni di qualsiasi genere.
Detestava dover cercare Tifa in quel posto. La sola vaga e debole idea
che lei fosse da qualche parte fra quelle tende flosce, se non in posti
molto peggiori - cosa che temeva - gli faceva prudere le mani e
informicolire i muscoli in maniera davvero poco piacevole. L'impellente
bisogno che sentiva di trovarla e portarla in salvo era tanto forte che
si sentiva disposto anche a strappare i picchetti di quelle catapecchie
e rovesciare i capannoni di lamiera fino a che non l'avesse
rintracciata.
Ebbe un leggero tic nervoso alle dita della mano destra quando il suo
sguardo colse appena (e disintegrò) un tizio allampanato
pieno di buchi
ed anelli in faccia che si era appena irrigidito nel notare le forme
gentili disegnate dal vestito di Aerith.
Odiava che anche lei fosse coinvolta e non
sopportava il fatto
di non essere stato in grado di imporsi, di dirle chiaro e tondo che
no, non sarebbe andata con lui, sarebbe tornata da sua madre, sarebbe
stata al sicuro, e lui si sarebbe occupato di tutto da solo.
Aerith lo fissava con il viso rivolto in alto, le sopracciglia
leggermente aggrottate ed un pugno su di un fianco, la treccia spessa
ed appena sistemata che le ricadeva sul petto e pendeva verso il basso
da sopra il suo coprispalle di jeans. Gli studiò il volto
per qualche
istante, più perplessa che irritata, poi ne uscì
con un secco:
« Ehi, perché mi guardi così? Fai
paura.» glielo disse come fosse un
rimprovero, chinando la testa di lato. Cloud distese lentamente i
muscoli del volto, tornando di colpo inespressivo.
« Non ti sto guardando in nessun modo.» si
giustificò.
Aerith sgranò gli occhi come se avesse appena assistito ad
una delle
manifestazioni più assurde ed inspiegabili dell'intero
Pianeta, poi
rimase in silenzio per qualche istante, pensosa, concentrata.
Cloud ricambiò lo sguardo senza guardarla veramente.
L'atmosfera di
quel posto orribile metteva in allarme tutti i suoi sensi acuiti dalle
esposizioni al Mako.
Aerith distolse lo sguardo, portandosi un dito sul labbro inferiore, in
delle movenze molto misurate, poi fissò gli occhi su di una
pietra
immobile ai suoi piedi, socchiudendoli così tanto che fra le
ciglia
scure non rimase altro che una sottile linea verde. Sembrava che stesse
portando a termine mentalmente un lungo e complesso calcolo matematico.
« Che stai pensando?» le domandò, senza
accorgersi del tono freddo che
faceva rintoccare la sua voce come il cozzare del metallo contro altro
metallo.
Aerith pensò intensamente per altri brevi attimi, poi gli
rivolse
un'occhiata veloce, massaggiandosi il mento in una curiosa imitazione
di un qualche colto studioso stereotipato:
« Mi sto sforzando di capire il motivo per cui tu sia
così preoccupato per me.» disse semplicemente
« Preoccupato per me
mentre invece dovresti correre a salvare la tua...»
esitò un istante
prima di aggiungere « ...Tifa? Senza perdere tempo,
almeno.»
Cloud inarcò un sopracciglio. Ma cos'aveva di strano quella
ragazza? Si
stava sottoponendo ad un tale rischio per aiutare una sconosciuta. Una
ragazza di cui ricordava a malapena il nome.
Aprì bocca per elencarle nei minimi particolari tutti i
motivi che
rendevano logico che fosse preoccupato, essendosi appena incastrato in
un vicolo cieco di tagliaborse, assieme ad una ragazza...come
lei.
Ma lo sguardo con cui lei lo avvertì di pensare bene alle
parole da
usare - un'occhiataccia di smeraldo liquido che escludeva parole come
"indifesa", "vulnerabile", "in pericolo" - gli fece rivalutare la sua
scelta.
« Non sono preoccupato.» lo annunciò
come se ne fosse stato certo e
convinto fin dal primo istante. Era bravo in quel genere di cose.
Serviva quando era necessario trattare per ottenere una buona
ricompensa, dopo un lavoro svolto alla perfezione.
« Uh-uh, certo.» ma forse con Aerith non avrebbe
funzionato.
La sentì sbuffare, stringendosi nelle spalle:
« Sono cresciuta qui, ex- SOLDIER.» gli fece
notare, muovendo un gesto
ampio davanti a sé « Sono abbastanza brava da
cavarmela al Wall Market.
Quindi rilassati.» glielo consigliò dandogli un debole
calcio sulla tibia. Cloud rispose con quei silenzi enigmatici e severi
che correvano in suo soccorso puntualmente quando non sapeva come
ribattere o quando non ne aveva semplicemente la più pallida
voglia.
Aerith sembrò interpretarlo nella maniera giusta: una
silenziosa e
perplessa resa, in cui lui si rassegnava a non capire nulla dello
strano e contorto modo di pensare di lei.
Si ravviò i capelli con un gesto veloce, facendo ondeggiare
i boccoli
che le lambivano il viso, poi esaminò l'ambiente intorno a
sé,
circospetta:
«...e poi ti ho assunto come guardia del corpo, non per farmi
da padre
ultra protettivo.» si voltò di botto verso di lui,
puntandogli un dito
« Ho detto tranquillo!»
Cloud trattenne il respiro e con molta, molta
difficoltà distese anche i muscoli delle braccia e delle
gambe.
« Almeno non correre troppo lontano da me.» si
concesse di aggiungere,
con tono deciso. Lei annuì, soddisfatta, seguendolo mentre
si
addentrava a passo sostenuto nel labirinto confuso del mercato.
« Se rimango indietro e tutta colpa tua che hai le gambe
lunghe,
Cloud.» gli fece notare tranquillamente, già
accelerando l'andatura per
stargli dietro.
Accidenti, Strife. l'ex-SOLDIER si
passò silenziosamente una
mano sul volto, assicurandosi un'ultima volta che nessuno stesse
guardando Aerith in maniera poco decorosa Come hai potuto
permettere che lei si cacciasse in questo maledetto guaio?
Era una fioraia dei bassifondi di Midgar che inciampava nella polvere,
non aveva paura di nulla, si lasciava spintonare dalla folla e si
buttava a capofitto in missioni di salvataggio improvvisate; si gettava
in pasto ai malavitosi per il bene di una persona che non aveva visto
che di sfuggita - in piedi sul retro di un carro - e a cui teneva solo
perché era Cloud - un ex-SOLDIER precipitato
nella mezzo della sua piantagione di fiori e con cui aveva
condiviso poco più di una giornata e mezzo - a tenerci in
qualche modo.
La vide di sfuggita, alle proprie spalle, mentre si guardava attorno
con aria speranzosa e determinata, ignorando gli idioti butterati che
le passavano vicino fischiando o facendo apprezzamenti poco gentili. A
meno che non sollevasse la Buster e attirasse l'attenzione
più del
necessario sventrando una di quelle catapecchie, purtroppo non poteva
far in modo che tutti le togliessero gli occhi di dosso solamente con
l'ausilio di febbrili occhiate assassine.
« Calmati e cerchiamo Tifa.» ripeté lei,
severa, infilzandogli la schiena con il dito puntato «
Tifa!»
Cloud si arrese ad una passiva sopportazione, rimanendo all'erta,
cercando di non darlo a vedere. Anche se fu costretto ad afferrarla al
volo un paio di volte per impedire che cadesse accidentalmente su delle
insegne al neon sistemate di traverso sulle lamiere, guadagnandosi dei
ringraziamenti sereni e sinceri assieme ad occhiate verdi che lo
ammonivano di aver appena sprecato mezzo secondo del suo tempo prezioso
a preoccuparsi per lei.
Cloud cercò di concentrarsi su Tifa, anche se la sua mente
era divisa
perfettamente a metà: da una parte l'amica caduta in mano di
non sapeva
neppure chi - e non aveva la giusta pazienza per fare ipotesi -
dall'altra Aerith che lo rincorreva, impacciata dal vestito stretto.
Quanto poteva essere difficile essere la guardia del corpo di una
ragazza del genere?
Probabilmente era il compito più assurdo e difficile che
avesse mai accettato, sin da quando era diventato mercenario.
(***)
Grazie a Youffie per il suo supporto morale/stilistico :D
Questa fanfiction è relativamente vecchia, l'ho scritta nel 2008 xD Come quasi ogni mio lavoro è una storia nata per essere one-shot e poi in seguito suddivisa in capitoli per facilitare la lettura.
E' per Light <3 Spero che la possiate gradire questo capitolo e anche i seguenti nonostante la loro anzianità!