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Autore: y3llowsoul    11/08/2010    4 recensioni
Aprì gli occhi. Si accorse immediatamente che qualcosa non andava. Era confuso. Nonostante tutto stesse girando, lui poteva distinguere che la prospettiva che se gli presentava davanti era molto inconsueta. Chiuse di nuovo gli occhi, un po’ per le vertigini, un po’ perché non dovesse più sopportare quell'angolatura.
Un Eppes ha una malattia grave e non sa come dire agli altri. Come reagiranno loro?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Leucemia 3

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto e mille grazie anche a quelli che hanno anzi recensito la storia! Mi date veramente del coraggio per continuare a scrivere!

Perciò spero di non evocare false speranze…

 

 

CAPITOLO TRE

And what once seemed black and white
turns to so many shades of grey.
We lose ourselves in work to do,
in work to do and bills to pay.
(Bruce Springsteen, Blood Brothers)

 

«Sei preoccupato per Charlie, vero?» chiese Megan dopo appena un minuto nella macchina.

Don, che nonostante tutto aveva deciso di guidare, resistette alla tentazione di levare, snervato, gli occhi al cielo. Sì, si chiedeva cosa stava succedendo con il suo fratello minore. Ma non ne avrebbe parlato con nessuno.

«Dovrei?» chiese perciò con una seconda domanda, cambiando immediatamente l’argomento «Dove ha detto che si trova questa farmacia Charlie?»

«In George Street… Credi che i medicinali fossero già manipolati lì, prima di giungere in Ospedale?»

Il diversivo aveva funzionato! Va bene, forse Megan aveva solamente compassione per lui.

«Non lo so. Ma spero di scoprirlo adesso».

Non parlarono per la restante corsa e Megan non sembrava più pensare all’incidente nell’ufficio. Anche Don fece tornare i sui pensieri al caso. Però si ripromesse di avere un occhio di riguardo verso Charlie durante i prossimi giorni.

Parcheggiò la vettura direttamente davanti all’entrata della farmacia ed entrò con Megan.

«Buongiorno» salutò Megan e mostrò, come Don, il distintivo. «FBI. Vorremmo parlare con il signor Glennfield».

La giovane farmacista bionda aveva guardato i distintivi con occhi spalancati e mormorò confusa «Un attimo, per favore» prima di recarsi in magazzino.

Pochi attimi dopo al suo posto ritornò al banco un uomo sulla tarda quarantina con capelli già un po’ incanutiti.

«Buongiorno. Siete, come mi è stato detto, dell’FBI?»

«Sì, sono l’agente speciale Don Eppes e questa è la mia collega Megan Reeves. Abbiamo sentito che lei fornisce l’ospedale di medicinali».

«E’ giusto. Perché me lo chiede?»

«Recentemente ci sono stati spiacevoli incidenti in quell’ospedale» rispose Megan. «Alcuni dei medicinali sembrano esser stati manipolati con dei virus dell’influenza».

«Manipolato? Ma chi farebbe una cosa simile?»

«Siamo qui per scoprirlo. Lei può dirci chi avrebbe la possibilità di compiere una manipolazione di questo tipo?»

«Nessuno della mia farmacia. Metto la mano sul fuoco per i miei impiegati. Qui vendiamo gli stessi medicinali che mandiamo anche a questo ospedale, in fondo quella struttura non ne ha bisogno di così tanti. E finora i miei clienti non si sono mai lamentati di aver contratto l’influenza».

«Dunque lei presume che i virus fossero inseriti nei medicinali nell’ospedale e non prima?» ritornò alla carica Don.

«Eh beh, non sarebbe il primo scandalo per quest’ospedale».

Megan e Don si  rivolsero uno sguardo sorpreso. Questo era nuovo per loro.

«Cosa vuol dire?» volle sapere Megan.

«Eh beh, ho sentito che lì hanno lavorato sporco già più volte. Ma io non voglio incolpare nessuno di nulla, eh».

Ci avrebbero scommesso. Ma naturalmente Don voleva raccogliere ulteriori informazioni anche qui.

«Come si svolge esattamente la fornitura dei medicinali?»

«Dunque, ogni settimana riceviamo dall’ospedale una lista dei farmaci che desiderano. Naturalmente capita che all’ultimo momento aggiungono ordinazioni urgenti. Mandano un fornitore che viene a prendere i medicinali preparati».

«E chi vi ha accesso finché non vengono presi?»

«Eh beh, in teoria chiunque. Ma ovviamente si nota se gli impacchi sono aperti».

«Allora sarebbe possibile che la manipolazione fosse già stata eseguita durante la produzione?» rifletté Megan.

«Come ho detto, i miei clienti non si erano mai lamentati. E anche da altre parti non ho sentito niente di un’epidemia di influenza, capito? E sarebbe una coincidenza piuttosto improbabile se tutti i medicinali manipolati giungessero in proprio quell’ospedale. Avete già verificato se un paziente influenzato é stato portato in quell’ospedale? Probabilmente hanno semplicemente usato strumenti non propriamente disinfettati».

«Controlleremo anche questo» gli assicurò Megan e i due agenti si congedarono.


«Avete trovato qualcosa?» chiese Don a David e Colby appena arrivarono in ufficio.

«La ditta che fabbrica i medicinali è a posto» rispose Colby. «Non ci sono altri casi strani oltre che in quell’ospedale».

«Intanto parecchi pazienti hanno sporto querela; tra di loro c’è anche la famiglia della donna morta» li informò David.

«Allora cominciano a venire nei guai» osservò Don. «E siccome è una clinica privata non sarebbero contenti se la loro reputazione venisse rovinata e perdessero pazienti. Non è una sorpresa che non abbiano voluto rendere pubblico questo scandalo».

«Ma se veramente l’ospedale è responsabile per queste contaminazioni» osservò Megan «si danno l’accetta sui piedi. Però potrebbe anche essere un infermiere che persegue motivi propri…».

Don si ricordò le parole di Glennfield: «O il farmacista aveva ragione e i virus non erano liberati intenzionalmente ma inavvertitamente. Dovremmo verificarlo. E dovremmo controllare in modo particolare i fornitori».

Colby sbadigliò. «Per me va bene. Ma lo faremo domani, okay? Per oggi potremmo semplicemente terminare?»

Nessuno ebbe qualcosa in contrario.

 

  
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