Grazie a tutti quelli che hanno letto e mille grazie anche a quelli che hanno anzi recensito la storia! Mi date veramente del coraggio per continuare a scrivere!
Perciò spero di non evocare false speranze…CAPITOLO TRE
And what
once seemed black and white
turns to so
many shades of grey.
We lose
ourselves in work to do,
in work to
do and bills to pay.
(Bruce
Springsteen, Blood Brothers)
«Sei preoccupato per Charlie,
vero?» chiese Megan dopo appena un minuto nella macchina.
Don, che nonostante tutto aveva
deciso di guidare, resistette alla tentazione di levare, snervato, gli occhi al
cielo. Sì, si chiedeva cosa stava succedendo con il suo fratello minore. Ma non
ne avrebbe parlato con nessuno.
«Dovrei?» chiese perciò con una
seconda domanda, cambiando immediatamente l’argomento «Dove ha detto che si trova
questa farmacia Charlie?»
«In George Street… Credi che i
medicinali fossero già manipolati lì, prima di giungere in Ospedale?»
Il diversivo aveva funzionato!
Va bene, forse Megan aveva solamente compassione per lui.
«Non lo so. Ma spero di
scoprirlo adesso».
Non parlarono per la restante
corsa e Megan non sembrava più pensare all’incidente nell’ufficio. Anche Don
fece tornare i sui pensieri al caso. Però si ripromesse di avere un occhio di
riguardo verso Charlie durante i prossimi giorni.
Parcheggiò la vettura
direttamente davanti all’entrata della farmacia ed entrò con Megan.
«Buongiorno» salutò Megan e
mostrò, come Don, il distintivo. «FBI. Vorremmo parlare con il signor
Glennfield».
La giovane farmacista bionda
aveva guardato i distintivi con occhi spalancati e mormorò confusa «Un attimo,
per favore» prima di recarsi in magazzino.
Pochi attimi dopo al suo posto
ritornò al banco un uomo sulla tarda quarantina con capelli già un po’
incanutiti.
«Buongiorno. Siete, come mi è
stato detto, dell’FBI?»
«Sì, sono l’agente speciale Don
Eppes e questa è la mia collega Megan Reeves. Abbiamo sentito che lei fornisce
l’ospedale di medicinali».
«E’ giusto. Perché me lo
chiede?»
«Recentemente ci sono stati
spiacevoli incidenti in quell’ospedale» rispose Megan. «Alcuni dei medicinali
sembrano esser stati manipolati con dei virus dell’influenza».
«Manipolato? Ma chi farebbe una
cosa simile?»
«Siamo qui per scoprirlo. Lei
può dirci chi avrebbe la possibilità di compiere una manipolazione di questo
tipo?»
«Nessuno della mia farmacia.
Metto la mano sul fuoco per i miei impiegati. Qui vendiamo gli stessi
medicinali che mandiamo anche a questo ospedale, in fondo quella struttura non
ne ha bisogno di così tanti. E finora i miei clienti non si sono mai lamentati
di aver contratto l’influenza».
«Dunque lei presume che i virus
fossero inseriti nei medicinali nell’ospedale e non prima?» ritornò alla carica
Don.
«Eh beh, non sarebbe il primo
scandalo per quest’ospedale».
Megan e Don si rivolsero
uno sguardo sorpreso. Questo era nuovo per loro.
«Cosa vuol dire?» volle sapere
Megan.
«Eh beh, ho sentito che lì hanno
lavorato sporco già più volte. Ma io non voglio incolpare nessuno di nulla,
eh».
Ci avrebbero scommesso. Ma
naturalmente Don voleva raccogliere ulteriori informazioni anche qui.
«Come si svolge esattamente la
fornitura dei medicinali?»
«Dunque, ogni settimana
riceviamo dall’ospedale una lista dei farmaci che desiderano. Naturalmente
capita che all’ultimo momento aggiungono ordinazioni urgenti. Mandano un
fornitore che viene a prendere i medicinali preparati».
«E chi vi ha accesso finché non
vengono presi?»
«Eh beh, in teoria chiunque. Ma
ovviamente si nota se gli impacchi sono aperti».
«Allora sarebbe possibile che la
manipolazione fosse già stata eseguita durante la produzione?» rifletté Megan.
«Come ho detto, i miei clienti non si erano mai lamentati. E anche da altre parti non ho sentito niente di un’epidemia di influenza, capito? E sarebbe una coincidenza piuttosto improbabile se tutti i medicinali manipolati giungessero in proprio quell’ospedale. Avete già verificato se un paziente influenzato é stato portato in quell’ospedale? Probabilmente hanno semplicemente usato strumenti non propriamente disinfettati».
«Controlleremo anche questo» gli
assicurò Megan e i due agenti si congedarono.
«Avete trovato qualcosa?» chiese
Don a David e Colby appena arrivarono in ufficio.
«La ditta che fabbrica i medicinali
è a posto» rispose Colby. «Non ci sono altri casi strani oltre che in
quell’ospedale».
«Intanto parecchi pazienti hanno
sporto querela; tra di loro c’è anche la famiglia della donna morta» li informò
David.
«Allora cominciano a venire nei
guai» osservò Don. «E siccome è una clinica privata non sarebbero contenti se
la loro reputazione venisse rovinata e perdessero pazienti. Non è una sorpresa
che non abbiano voluto rendere pubblico questo scandalo».
«Ma se veramente l’ospedale è
responsabile per queste contaminazioni» osservò Megan «si danno l’accetta sui
piedi. Però potrebbe anche essere un infermiere che persegue motivi propri…».
Don si ricordò le parole di
Glennfield: «O il farmacista aveva ragione e i virus non erano liberati
intenzionalmente ma inavvertitamente. Dovremmo verificarlo. E dovremmo
controllare in modo particolare i fornitori».
Colby sbadigliò. «Per me va
bene. Ma lo faremo domani, okay? Per oggi potremmo semplicemente terminare?»
Nessuno ebbe qualcosa in
contrario.