Come suggerisce il titolo, è la sesta traccia che mi è
venuta in mente, in tutto per ora sono un nove/dieci però questa è la prima
cosa che sono riuscita a mettere interamente per iscritto. E poi... boh XD, mi
sono sparata i sedici capitoli che ancora avevo da parte dopo aver riletto dall’inizio,
quindi sono stati venticinque capitoli consecutivi ed è sbocciato l’amore, soprattutto
con Yogi °v°
Poi boh .__. Spero possa essere una buona lettura, anche
se a me sinceramente non dice nulla di che ‘sta cosa çAç
[ N e r v o u s B r e a k d o
w n ]
Per Yogi fa caldo, caldissimo, o è sul punto di svenire
per il freddo. Le informazioni che lo raggiungono nei brevi sprazzi di lucidità
gli fanno rimpiangere la morte: dove si trova Gareki, dove lo scontro e
l’obbligo a vincere per il bene di Nai-chan e Tsukumo-chan?
“Quella luce, deve essere stata utilizzata per
stordirmi... Quale luce?”
La temperatura è troppo alta, grida
una voce nella sua testa.
Lo sforzo richiesto è eccessivo,
risvegliati se non vuoi morire. Idiota.
“Svegliarsi? Perché, dormivo?”
Le sue stesse parole suonano strane, come se parlasse con una lingua
insensibile e ustionata. I suoni paiono distorti, le immagini perfettamente
recepite e mai sottoposte a ispezione si accumulano nelle ossa. E il corpo diventa
sempre più pesante e caldo, confuso, le sensazioni frammentarie – esiste un’unità?
“Qui, qui! Ahh, maledizione! Devo... Akari-sensei! Mi serve...”
Non ricorda l’ultima volta che si sia sentito tanto male, però è certo che il
bastardo del dottore saprà in qualche modo aiutarlo, o almeno offrire una
risposta.
«Perché
ti ho salvato?»
“Chi hai salvato? Tu... Gareki-kun! Gareki-kun, grazie al cielo respiri! Ti vedo
respirare, ti vedo, sei, sei-”
In un qualche mondo lontano e distorto riesce a vedere, o forse a immaginare il
volto sbigottito del ragazzo, strapazzato dallo scontro però illeso e
meravigliosamente sano. Se non fosse così sollevato potrebbe cercare il perché
quelle labbra non sembrano realmente muoversi, come le parole che raggiungono
le sue orecchie sembrano non esistere per davvero, frutto di un’immaginazione
malata.
Per un attimo, uno solo, un brivido d’eccitazione
raggiunse quel relitto abbandonato centro della ragione: si era trasformato
rapidamente in un dolore acuto e familiare, un gemito a soffocare una risata
improvvisa.
“Gareki, sono svenuto e ti ho lasciato tutto il lavoro? Ti ho lasciato da solo
quando il tuo compito era quello di farmi da spalla? Sono io l’adulto, sono io
a dover proteggere te,” frasi spezzate e banali che s’interrompono ancora prima
di trovare una corretta formulazione.
“Mi vergogno così tanto, eppure sono felice che tu stia bene, così avrò modo di
mostrarti quel di cui sono realmente capace... E se fosse una bugia?
Probabilmente non riusciresti sopportare una bugia da quest’uomo detestabile
che neppure ti riesce di chiamare per nome, però io veramente voglio esserti
amico! Non solo sopravvivi alla fine del mondo, ti trascini dietro un peso
morto e te ne prendi gioco quando rinviene! Come al solito, come al solito...”
«Sei così... crudele!»