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Autore: Darkmilotic    21/08/2010    0 recensioni
"La vita non è mai stata molto giusta con me , non mi aveva mai dato soddisfazione senza poi prendersi qualcosa in cambio . Questa è per me la vita , un continuo scambio di favori e di delusioni . Probabilmente negli ultimi tempi qualcosa era cambiato in meglio , c’erano nuove persone nella mia vita , persone che erano disposte a comprendermi , ad accettarmi .Ma il piccolo mondo di tolleranza che mi circondava , non era nulla in confronto a ciò che c’era fuori , fuori dalle mura di casa mia ."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata interamente ad Assia ,

alla mia più cara amica ,

ad una sorella ,

senza la quale non avrei avuto lo spunto per questa fanfic.

Grazie di tutto amica mia .

***

Capitolo 1

“Mai come in quel momento desideravo sognare”


“Sei il ragazzo più coraggioso che abbia mai incontrato”. Questo era ciò che mi aveva detto la Zia Betty pochi giorni prima della partenza , al matrimonio di mia madre. Ed era lì che avevo trovato di nuovo quel coraggio che mi aveva sempre caratterizzato e che non mi aveva mai lasciato . Funzionava sempre così , Betty mi metteva sempre di buon umore , era l’unica che riusciva a farmi sorridere , anche quando tutto andava a rotoli.

Purtroppo però sono diverso , e quando qualcuno è diverso , si fa sempre più difficile inserirsi . Fino ad allora non lo avevo mai notato , forse perché non lo avevo voluto accettare. La barriera di pregiudizi che fino ad allora aveva aleggiato intorno a me si era sgretolata , lasciando il posto alla veridicità delle varie affermazioni altrui , che non danno scampo a chi non è come loro .

La vita non è mai stata molto giusta con me , non mi aveva mai dato soddisfazione senza poi prendersi qualcosa in cambio . Questa è per me la vita , un continuo scambio di favori e di delusioni . Probabilmente negli ultimi tempi qualcosa era cambiato in meglio , c’erano nuove persone nella mia vita , persone che erano disposte a comprendermi , ad accettarmi .Ma il piccolo mondo di tolleranza che mi circondava , non era nulla in confronto a ciò che c’era fuori , fuori dalle mura di casa mia . Mia madre e Bobbie avevano rinunciato al progetto di prendere casa a Manhattan , poiché il nonno negli ultimi tempi aveva dimostrato una salute molto cagionevole. Certo era però che i pregiudizi aumentavano invece di diminuire , ed ogni passo che cercavo di compiere fuori dal guscio , mi sembrava sempre di più un passo verso il patibolo .

Nulla era logico , anzi direi che la logica l’avevo già fatta volare via dalla finestra al matrimonio di mia madre , quando cominciai a ballare con Austen . Tutti ci fissavano ed io e lui continuavamo indisturbati il nostro lento , presi dall’euforia del momento . Non dimenticherò mai quel giorno , non dimenticherò mai quando mi lasciai andare per la prima volta . Mi sentivo libero , come se mi avessero tolto un peso dallo stomaco . Ma la libertà dura poco . Mi fissavano centinaia di sguardi , più di duecento occhi erano sopra di noi , mi sentivo osservato. Ma non mi importava , l’unica cosa che contava era il mio ballo con lui , Austen , colui che non mi aveva respinto ,che non mi aveva voltato le spalle . Colui che era capace di capire i sentimenti che provavo , che non si faceva scrupoli a difendermi dalle ardue sentenze che incontravamo .

Avrei voluto che nessuno lo avesse saputo, che tutto fosse rimasto un segreto , ma in fondo i segreti, come le bugie vengono sempre a galla .

Mi aspettavo un comportamento diverso dalla mia famiglia , un altro tipo di atteggiamento, di certo neanche nei miei sogni più belli avrei immaginato una simile tolleranza , specialmente quando mia madre mi disse che Austen era carino , mentre ballavo con lei il giorno delle sue nozze.

Certo che era carino , era Austen. E pensare che proprio lui mi aveva stregato , proprio lui mi aveva ammaliato , con il suo egocentrismo estremo e la sua vanità irrefrenabile. Forse era l’amore che rendeva tutto diverso , che nascondeva i suoi precedenti difetti per far apparire un’immagine di lui luminosa e splendente, anche se devo ammettere che la sua persona era cambiata totalmente.

Stavo fissando l’ingresso di casa mia dal divano nel salotto , quando una voce mi richiamò alla realtà :

- Justin

Era mia madre Hilda, chissà cosa vorrà stavolta . Mi alzai dal divano ricoperto da un fodero grigio assolutamente passato di moda , percorsi quel piccolo tratto di salone che mi separava dalla cucina ed entrai nella stanza . Lì vidi mia madre , che vicino al telefono mi esortava ad avvicinarmi. Non appena fui vicino a lei mi disse :

- E’ Austen .

Non le diedi neanche il tempo di pronunciare il suo nome che subito le strappai il telefono di mano. Era strano come quel nome suscitasse in me una strana reazione di euforia , di allegria . Presi la cornetta del telefono e feci segno a mia madre di uscire dalla stanza. Lei sorridendo eseguì subito il mio ordine , ricordandosi di quanto fossi suscettibile all’”ascolto indesiderato di parenti ed amici alle telefonate altrui”. Non appena andò via dalla stanza , mi assicurai che non ci fosse più nessuno ad ascoltare le mie conversazioni . A quel punto avvicinai la cornetta all’orecchio :

- Pronto

- Ehi Justin

Era lui , come sempre con la sua voce abbastanza pesante per un ragazzo della nostra età . Non volevo farlo attendere a lungo e per questo risposi immediatamente:

-Ciao Austen , come va?

- Non mi lamento - ribatté accennando ad un sorriso

- Neanche io - risposi ricambiando

- Vedo che non ti sei ancora abituato alle mie chiamate a casa vero ?

- E chi te lo dice ?

- Senti , ti conosco Justin e so che quando sei teso di solito parli piano e con voce lieve - precisò , dado dimostrazione di quanto mi conoscesse.

- Va bene mi hai scoperto , comunque , perché hai chiamato ?

- Arriviamo subito al sodo dunque …

- Per me non ci sono problemi , non mi è  mai piaciuto aspettare .

- Che ne diresti di fare una passeggiata? - mi propose timidamente . Anche lui era un cuore tenero, anche se non dava a vederlo molto. Era molto dolce specialmente con me. Non sapevo perché ma quando parlava , riusciva a formare quell’alchimia , che sentivo di on aver mai avuto con nessuno.

Guardai fuori dalla finestra per cercare di esaminare i pro ed i contro di questa uscita. Notando che erano le sei , tolsi immediatamente il pensiero a quel nostro appuntamento e perciò ero subito pronto a negare l’invito:

- Mi dispiace Austen è tardi.

- E allora ? Di cosa ti preoccupi?  - chiese

- Ci metteresti molto tempo per arrivare con l’autobus e non avremo neanche un po’ di tempo per stare insieme . Giusto altri cinque minuti prima che tu possa prendere un altro autobus- risposi , tentando di frenare il mio dispiacere.

- Innanzitutto ci metterei solo mezz’ora con l’autobus a venire a casa tua , poi , come seconda cosa , ti chiederei gentilmente di aprire la porta - mi ordinò

Inizialmente non capii cosa volesse significare quell’invito, ma poi , riflettendoci tutto fu più chiaro, tutto si illuminò .Non era possibile , era riuscito a sorprendermi di nuovo. Presi una rincorsa pazzesca e sfrecciai verso la porta di ingesso .

La aprii con molta forza e lo vidi , col suo telefono cellulare vicino all’orecchio , che mi fissava sorridente e sbalordito allo stesso tempo. Non riuscivo a trattenere la gioia , e quindi gli saltai letteralmente addosso , gli posi le braccia al collo e lui ricambiò la mia stretta , con un abbraccio altrettanto affettuoso. Era riuscito a sorprendermi per l’ennesima volta . Non potevo crederci , come non potevo credere che fosse stato davanti alla mia porta il giorno in cui Zia Betty si tolse l’apparecchio. La mia reazione fu diversa ,in quel momento ero sorpreso , e soprattutto avevo preso la decisione di non volerlo più rivedere , che revocai immediatamente dopo averla pensata.

Era un tipo a dir poco speciale , ci andava forte con le sorprese ed aveva anche un bel senso dell’umorismo. Ma cosa mi aveva fatto impazzire di lui era il sorriso. Aveva un modo di sorridere favoloso , che pacava ansie ed angosce.

Finito di contemplare la sua bellezza , presi immediatamente il giaccone grigio , l’unico che si intonava con la camicia rosa che avevo in dosso e avvertii mia madre che sarei uscito. Dopo aver ottenuto il suo assenso chiusi la porta ed andai .

Attraversammo la strada e prendemmo l’autobus per andare in centro. Era il nostro luogo preferito,dove potevamo essere noi stessi senza che nessuno se ne accorgesse e poi che altre scelte avevamo ? Il Queens non era proprio uno degli ambienti in cui si sarebbe potuto passeggiare.

Nel passeggiare incontrammo di nuovo il mercante che ci vedette i braccialetti verdi , un colore che ancora provoca in me del disgusto, che restituimmo. Non ci aveva preso molto in simpatia dopo la bella figura che facemmo quella volta per questo ci guardava sempre con un po’ di riluttanza .

Restammo in silenzio per un po’ durante la passeggiata , ma , siccome non mi hanno mai garbato le conversazioni “silenziose” , pensavo che fosse il momento di intervenire per fare in modo che quell’uscita funzionasse:

- Allora Austen - Male , avevo iniziato con un tono che di solito si usa al primo appuntamento , ma cosa avevo nella testa ?

- Dimmi Justin

- Ho notato che non siamo mai andati a casa tua

Rimase perplesso , forse avevo toccato un tasto dolente. Dolente o no dovevo pur sempre sapere il perché di quella faccia e per questo non esitai e continuai a sottoporlo alle mie domande:

- Posso riaccompagnarti io a casa dopo , così i tuoi genitori mi conosceranno

- Non credo sia una buona idea- rispose lui balbettando . Balbettava in continuazione quando era nervoso , anche se in questo momento non riuscivo a capire perché fosse così in ansia

- Perché pensi che non sia una buona idea ? - chiesi

- Non credo che li troverai in casa , sono sempre molto occupati - rispose evasivamente

- Sicuro?

- Certo Justin , cosa pensi che ti stia mentendo? - domandò con voce leggermente alta

- In verità , adesso che me lo chiedi non so cosa pensare - mi alterai . Non volevo litigare con lui , non avrei mai voluto farlo , ma quando mi rispondeva in quel modo mi dava ai nervi . Non sopportavo quel suo orgoglio che gli impediva di essere aperto a tutti gli effetti con me.

- Dovresti solo fidarti di me - rispose lui , si notava che era un po’ deluso , ma cosa potevo farci? Io volevo sapere , ma non avrei mai voluto giocarmi il nostro rapporto.

- Io mi fido di te , soltanto che mi ero chiesto questo perché non eravamo mai stati a casa tua , forse perché non sei ancora pronto a farti vedere con me o forse perché …

Mi bloccai di colpo. Lui spalancò gli occhi , come se avesse intuito cosa stessi pensando in quel momento. Non potevo pensare che non lo avesse fatto , non potevo pensare che ancora non avesse eseguito ciò che avrebbe dovuto fare mesi prima , quando ci eravamo conosciuti.

- … O forse perché loro non lo sanno ancora ! Certo è per questo che hai tanta paura di portarmi a casa tua . Hai paura che ci scoprano in atteggiamenti intimi  oppure mentre ci scambiamo un bacio. Non pensavo che potessi essere così codardo . - Mi scappò ma avrei tanto preferito stare zitto in quel momento . Lui non se la prese per quello che gli dissi , ma io capii che stava male per quello che gli avevo appena detto . Tentai quindi di risso levare la situazione , per questo cercai di rimediare:

- Scusami. Senti da che pulpito viene la predica. Proprio io dico queste cose , che mi sono fatto mille problemi per poterlo dire alla mia famiglia.

Dopo aver ripensato ai mille guai che avevo passato per mantenere il mio segreto capii cosa dovesse provare Austen in quel momento. Era disorientato e forse non aveva il coraggio di dire la verità perché sapeva che forse non sarebbe stato accettato.

- No! Scusami tu , avrei dovuto imparare dalla tua esperienza ma invece mi sono dimostrato sciocco. - Non mi dispiaceva sentirglielo dire , ma dovevo ammettere che la parte del colpevole non gli si addiceva , certo era però che ad ammettere le sue colpe era assolutamente un mito , neanche avrei ammesso tutto con tanta facilità

- Rimedierò domani stesso . Justin che ne diresti di venire a pranzo da me domani ?- Vuoto, il silenzio , possibile che in quel mare di macchine , di clacson e di rumori generali , l’unico suono che riuscissi a percepire era la voce del silenzio? Non durò però a lungo , il silenzio lasciò il suo posto ai battiti del mio cuore , frenetici e forti . Non potevo ancora crederci che Austen avesse risolto il problema così in fretta e che mi avesse fatto quell’invito in modo così schietto , ma nello stesso tempo romantico , o almeno io lo avevo trovato così . Entusiasta dall’idea , decisi all’istante , senza troppi dubbi , senza troppe scuse e gli dissi :

- Sono molto contento nel dirti … - stava morendo , lo sentivo, stava sicuramente morendo dalla voglia di sapere la mia risposta. Avrebbe dovuto intuirla però , avevo anche detto “Sono contento”. Decisi però di non lasciarlo sulle spine e di rivelargli la mia decisione:

- … che accetto il tuo invito Austen .

- Si! - esclamò in mezzo alla strada .

Era felice più che mai , probabilmente era contento che non fossi arrabbiato con lui e questo mi rendeva di buon umore , non volevo assolutamente deluderlo , nello stesso modo in cui lui non voleva deludere me. Improvvisamente , ancora preso dall’euforia del momento , mi prese il braccio , mi trascinò a sé , ed incollò le sue labbra alle mie . Chiusi gli occhi per un minimo istante , era stupenda la sensazione che provavo quando lo baciavo , era splendido sapere che in quel momento le nostre anime si fondevano , che erano un tutt’uno . Avrei potuto scalare anche una montagna con la forza che mi aveva infuso . Aprii gli occhi , giusto in tempo per riuscire ad intravedere il blu dei suoi . Mi ero sempre perso in quegli occhi , ogni volta che ci baciavamo mi ritrovavo a fissarli . Era in quel momento che pensavo che lui non potesse essere alla mia portata , che non ero degno di stare insieme a lui . Ma mi ricredetti subito , se stava con me c’era sicuramente un motivo ; lui aveva scelto me ed io avevo scelto automaticamente lui. Ci allontanammo l’uno dall’altro lentamente , volevamo continuare , ma sapevamo che non era giusto , pian piano sentii le sue labbra allontanarsi dalle mie e provai sconforto , un piccolo senso di nostalgia , acquietato quando vidi il suo fiso ed il suo enorme ciuffo che gli occupava tutta la fronte. Poi riprendendomi da quel momento di follia gli chiesi :

- Perché lo hai fatto ?

- Se lo deve sapere anche la mia famiglia voglio che lo sappia anche tutta New York e se fosse necessario anche tutto il mondo- mi rispose .

Non riuscivo assolutamente a credere alle parole che mi aveva detto , al romanticismo che aveva messo in quelle lettere che mi avevano colpito il cuore e riempito l’anima , soltanto Austen poteva essere tanto gentile ed affettuoso.

- Se lo vuoi posso gridarlo a tutti ciò che provo per te - dissi io

- Non mi tentare , potrei anche decidere di fartelo fare un giorno - ribatté lui soddisfatto.

Notai solo in quel momento che si stava facendo buio e rammentai ad Austen tutto il tempo che ci voleva per tornare a casa . Sia la sua che la mia distavano in autobus nella stessa maniera a partire da quel punto e nessuno dei due voleva fare tardi per non scatenare le ire materne iperprotettive. Arrivammo così alla fermata dell’autobus giusto in tempo. Il primo autobus a fermarsi fu quello per casa mia. Appena vidi le portiere che si aprivano ricambiai il bacio di Austen con un altro dalla stessa passione ma di più breve lunghezza , lasciai andare immediatamente la presa e decisi di andare .

- Ci vediamo domani a mezzogiorno - mi infornò lui - Dodicesimo piano numero 108

Annuii ed entrai nell’autobus. Durante il tragitto per casa mia , ripensai a tante cose che riguardavano il giorno seguente. Cosa mi sarei messo , come avrei interagito con i genitori di Austen una volta che il figlio gli avrebbe rivelato tutto , cosa gli avrei detto . Tante piccole cose positive che però oscuravano i tanti lati negativi che si presentavano le tante facce delle medaglie sulle quali erano scolpite le mie domande. Non mi ero posto però i quesito indispensabile : Ci avrebbero accettato per quello che eravamo ?Mi avrebbero accettato?Preferii non pensarci e rimandare l’ardua sentenza all’indomani , quando tutto si sarebbe chiarito.

Tornato a casa , aprii la porta , non riuscii neanche a capire cosa fosse successo , mia madre sembrava un fulmine , andava da una parte all’altra della casa e non si fermava un minuto , raccogliendo varie cose e mettendole tutte in un grosso borsone blu .

Bobbie nello stesso modo percorreva tutti i corridoi della casa senza mai fermarsi . In quel momento mia madre si accorse di me , mi venne in contro e mi abbracciò , lasciando a Bobbie il compito di riunire tutte le sue cose . Non appena mi fu vicina avvertii immediatamente la tristezza dei suoi occhi , lucidi , segno che aveva da poco smesso di piangere ed aveva le narici rosse , segno che aveva appena gettato un fazzoletto . Mi prese delicatamente mettendomi una mano sulla spalla e mi portò nella sala da pranzo , mi fece sedere sul divano ed iniziò a parlare :

- Prima di tutto Justin non devi allarmarti , ti prego innanzitutto di non entrare nel panico e di accettare la cosa con maturità e serietà , ho già chiamato tua zia Betty che è di ritorno da Londra.

- E perché mai zia Betty dovrebbe tornare da Londra?

Si fermò un momento , inspirò profondamente e , trattenendo le lacrime che aveva sicuramente voglia di versare , mi disse :

- Nonno ha avuto un infarto

Non riuscii a  credere alle mie orecchie , avrei tanto voluto che adesso il silenzio che poco tempo indietro mi aveva attanagliato mi riprendesse ,mi desse il modo di trovare il coraggio di affrontare questa situazione , questo nuovo problema . Cercai di non piangere e di far trasparire un’immagine sicura di me a mia madre , per questo trattenni le lacrime e la lasciai continuare :

- Non gli resta molto tempo, i dottori gli hanno dato al massimo una settimana e ci hanno garantito che faranno tutto il possibile .

E’ a quel punto che cominciai a piangere , cominciai a far uscire fuori tutto ciò che avevo dentro di me , ogni minimo sentimento , non mi sarei fermato neanche se avessi cacciato fuori l’anima . Mia madre continuò ancora a trattenere la sua tristezza , ma inutilmente , si lasciò trasportare dalla mia malinconia e anche lei cominciò a far sgorgare dai suoi occhi lacrime calde. Tentava di rassicurarmi , e gli ero molto grato , volevo esprimergli tutta la mia gratitudine in quel momento , ma le uniche cose che riuscii a dirgli furono :

- Quando arriverà la zia Betty ?

- Domani in mattinata verso mezzogiorno , ha detto che sarebbe andata direttamente in ospedale - rispose mia madre

- Ok - dissi io - annullo il mio pranzo a casa di Austen

- Ehi … Fermo lì dove sei - mi fermò mia madre - Cosa è questa storia del pranzo ?

- Niente di che … Solo che Austen ha finalmente trovato il coraggio di rivelare ai suoi genitori di noi e mi aveva invitato lì per pranzo tutto qui - spiegai con aria delusa .

- Tutto qui ? Justin tu andrai a quel pranzo . Finalmente hai trovato qualcuno che ti accetta per quello che sei , non puoi lasciarti sfuggire questa occasione

- Ma il nonno …

- Il nonno non avrà nulla da dire , anzi ti incoraggerebbe a fare la stessa cosa , glielo spiegherò io domani , starà anche su un letto ma è ancora cosciente.

- Grazie mamma .

Non ebbi neanche il tempo di finire la frase che Bobbie entrò nella stanza e disse :

- Hilda è ora di andare

- Va bene amore vengo subito - rispose la mamma

- Dove vai ?- domandai preoccupato

- Stasera passerò la notte in ospedale , Bobbie tornerà per stare qui con te va bene ?

- Non ci sono problemi mamma , non preoccuparti

- Va bene tesoro mio , fa il bravo

-Vai mamma - risposi io .

Mia madre uscì dalla porta . Avevo già messo in conto di piangere una volta che se ne fosse andata , ma non sapevo il perché ma l’unica cosa che feci era stare in silenzio , in silenzio con la mia solitudine , con i mie problemi e le mie angosce , avrei tanto voluto avere Austen con me lì accanto in quel momento , stavo anche per prendere il telefono e chiamarlo , ma preferii non disturbarlo . Già era in tensione per ciò che sarebbe accaduto domani e non era assolutamente il caso di regalargli altri problemi . Salii le scale e , dopo essermi sistemato per bene mi misi a letto . Misi in pausa il mio ego , stanco di pensare , stanco di tutte le situazioni che la vita mi stava servendo su di un piatto di argento. Non avevo più voglia di pensare , non avevo più voglia di vivere per quella notte , volevo solo dormire , dormire e dimenticare , il sonno concilia il pensiero ed altera aspetti della vita fondamentali. Mai come in quel momento desideravo sognare .

  
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