Di
egoismo ed inutili sfoghi
Concedetemi l’aiuto dei miei vecchi amici letterati per rivolgermi a
voi…
Sapete, non sono in grado di esprimermi particolarmente bene, purtroppo.
Però ne sento il bisogno.
Sento il bisogno di gridare e sussurrare, di arrabbiarmi e rassegnarmi,
di
sorridere e piangere per le ferite e le cicatrici che ogni giorno si
riaprono
sul mio corpo.
Sono distante, io, dalla nebbiolina sottile della verde e splendente
pianura
Padana, dal profumo del fiume Po e dallo spettacolo delle Alpi.
Eppure, nonostante tutto, sento che queste meraviglie
appartengono anche
a me, e non solo al mio stupido fratello.
Soffermandomi ad ammirare il golfo di Napoli -e vi invito a farlo nel
momento
più scuro del tramonto, quando la sagoma del Vesuvio diviene un pezzo
di
cielo.- non posso, non riesco a fare del tutto mio quel
panorama.
E’ incompleto.
Solo un abbozzo al mio sguardo.
… Ma voi non riuscite ad ammirarlo con gli occhi di una Nazione, vero?
Siete italiani, ma chi si sente davvero tale?
Quanti sono i cuori che battono al ritmo dell’Inno di Mameli?
Alzi la mano chi conosce il significato del nostro tricolore!
Oh, vi siete mai commossi nell’osservarlo sventolare?
Vi si è mai stretto il cuore?
L’avete mai baciato?
E, infine, avete mai pensato “Questa bandiera è mia ed io vi
appartengo.”?
Soffermatevi sulle mie riflessioni ed accompagnatemi attraverso di
esse… Sapete
quanto sia una frana in questo genere di cose!
Articolo dodici della Costituzione.
Sorpresi?
Dimenticate che c’ero
anch’io
–oltre che Veneziano, ovvio!-, durante la faticosa
stesura di questo magnifico oggetto.
La prima banda verticale della
bandiera,
dunque, è verde.
L’interpretazione può essere semplice e scontata, se ve ne fosse una
soltanto!
Infatti, c’è chi dice che il suddetto colore rappresenti la speranza.
La nostra speranza.
La stessa che spinge l’essere umano a sorridere nonostante il dolore.
Altri, però, l’attribuiscono al verde delle pianure che da nord a sud
tingono
l’Italia, unendola in uno splendido dipinto..!
La parte centrale della bandiera, invece, è immacolata, bianca e
bellissima
come, suggeriscono alcuni, le nevi delle alte Alpi e degli Appennini, colonna
vertebrale della -noiosa, ve lo concedo!- geografia italiana.
Fede in chi? In Dio?
Io e Veneziano non neghiamo la nostra religione, non possiamo.
E’
instaurata nella cultura dell’Italia, vi ha messo radici.
Ma sappiamo scindere ciò che spetta a Dio, al Signore, e ciò
che invece
spetta a noi.
E, perciò, affermo che la fede ipoteticamente rappresentata nel
tricolore non è
riposta nel Divino.
E’ fede nell’uomo.
Nelle sue capacità e nel suo amore verso la patria –oggi scomparso,
vero?
Il sangue dei soldati, dei civili e dei volontari pronti
all’Unificazione
tinge, infine, di rosso l’ultima banda della bandiera.
Ma il rosso è anche passione.
E’ anche la lava dei nostri vulcani.
E’ il fuoco che ha infiammato l’animo italiano del Risorgimento… Ma che
si è
assopito troppo presto.
Personalmente, ritengo che tutti questi significati si incastrino in
maniera
perfetta, che le interpretazioni geografiche e romantiche
della
bandiera possano combaciare: d’altra parte è l’Italia, no? E l’Italia ha
posseduto e possiede tutto questo.
Ah, voglio confessarvi un segreto, prima di andare avanti!
Secondo me, nella bandiera italiana vi è anche la pizza!
Verde come il basilico, bianco come la mozzarella, rosso come il
pomodoro.
Visto? Ci siamo, veniamo rappresentati anche a livello
culinario!
…
Va bene, va bene, perdonate quest’inopportuna fantasia!
Piangevamo insieme, pur lontani.
Lui si feriva, io ricevevo una cicatrice... Io mi arrabbiavo
furiosamente, lui
digiunava per il malumore.
Non c’è mai stata una vera e propria sincronia –i battiti dei nostri
frammenti di cuore non sono scanditi all’unisono, ed è questa la malattia
che
ci affligge.-, ma semplice bisogno di sentire l’altro vicino, di
riconoscerne i sentimenti ed i dolori ed accettarli, per il bene della
nostra
un’unica anima, del nostro unico cuore spezzato in due corpi.
E noi vogliamo sentirli vicini, questi pezzi di cuore.
Vogliamo percepirli intonati al punto tale far vibrare l’anima che
condividiamo.
Io vorrei ascoltare la voce di Veneziano cantare frasi come “Viva
l’Allegria!” e lui vorrebbe che lo accompagnassi col mio
tamburello,
sorridendo per davvero, condividendo quell’esaltante sentimento.
Vogliamo tenerci la mano ed intrecciare le nostre dita
non con
formalità, ma col calore dovuto a due fratelli.
“Veh ~ … Romano, non è colpa nostra.” Esordì di punto in bianco,
sorridendo.
Io lo fissai con l’espressione più accigliata che potessi permettermi -e
ne
conosco tante varianti, eh!-, non capendo dove volesse andare a
parare.
Lui, stupido, si limitò a rispondermi con un altro, leggero “Veh
~”,
che subito trasformò in una risposta decente, dopo la mia occhiataccia
persuasiva.
“Noi desideriamo stare insieme, ma non possiamo. “Italia” è
anche –e
soprattutto- il popolo… E fino a quando lui non sentirà di
appartenerci, dovremo continuare semplicemente a tenerci per mano, a
fingere
che vada tutto bene e… A sorridere.” Pronunciò quelle ultime parole
chinando lo
sguardo per concentrarsi su una forchettata di pasta.
Eppure io la vidi, l’espressione triste che congelò il suo volto.
No, non è mai stata colpa nostra.
Resta il fatto che la situazione non è cambiata per niente, anzi…
Io e Veneziano esistiamo solo nella lingua, nei dialetti e sulla
carta
d’identità delle persone.
Nessuno si sente italiano –o comunque ci sono poche eccezioni.- e
questo non
può che continuare a dilaniarci.
Stringo il Tricolore, non faccio che rispecchiarmi in esso… E, davvero,
non
capisco come la mia gente non vi si riconosca.
Vegliando sul Sud, posso dirvi e confessarvi quanto sia doloroso
sentire frasi
come “Io non sono italiano, sono napoletano.”
o slogan
del tipo “Sicilia Nazione e Palermo capitale.”
E, allo stesso modo, so quanto Veneziano sia atterrito dai
pensieri dei
folli politici che si ritrova a gestire in casa sua.
Mano nella mano, tentiamo di consolarci nel calore del letto dove
dormiamo
assieme.
Ma a cosa diavolo serve, quando veniamo feriti giorno dopo giorno?
Quando il
nostro popolo discrimina se stesso?
Terroni?
Polentoni?
Che cazzo di roba è?!
Appartenete all’Italia, a me e a Veneziano…
Una Nazione ama il proprio popolo, perché è il popolo a renderla tale.
Allora perché le persone non possono fare lo stesso? Perché non possono
semplicemente legarsi a noi?
Troppe differenze tra una regione e l’altra, direte voi.
Sì, siamo stati deboli in passato.
Ci hanno smembrato e posseduto.
Lo siamo ancora adesso.
Ma se è la nostra stessa gente ad indebolirci ulteriormente, come
potremo
continuare ad essere Italia?
Quell’Italia fatta di due corpi, di un solo cuore malato, di una
sola anima…
Già, dopo tutto io e mio fratello vogliamo semplicemente
abbracciarci e sentire i nostri battiti regolarizzarsi assieme al
respiro che
ci scandisce la vita…
Vogliamo guarire.
E’ così sbagliato?
E’ così… Egoistico?
Bene, eccomi giunta alla
fine anche di questa one-shot.
Non credo ci sia molto da
dire, è nata dal nulla, riflettendo su ciò che Romano
e Veneziano potrebbero provare, sapendo del modo in cui molte persone
in Italia
non sentono di appartenere a questo Paese.
Purtroppo, è una realtà che
davvero ci affligge… Il popolo italiano, vuoi per
le diverse culture e tradizioni di ogni singola regione, non si sente
poi tanto
legato alla propria terra…
Spero che questa one-shot
possa esservi piaciuta ^^.
Aspetto la vostra opinione in
merito, grazie.
Iria.