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Autore: Queen_Dair    07/09/2010    2 recensioni
“non sperare mai di crescere in fretta o te ne pentirai. Gli anni passano e inesorabilmente si portano via i tuoi ricordi più belli, la tua infanzia, la tua giovinezza e ti ritrovi presto catapultato nel mondo del lavoro, che è fantastico se hai la fortuna di fare qualcosa che ami …ma fidati che anche in quel caso la vita non è tutta rosa e fiori. In effetti pagherei per poter tornare nella mia vecchia scuola ed essere il nerd che tutti mi consideravano, beh, nonostante l’aspetto fantastico che già avevo.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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titolo ff: Was it a Dream?
raiting: verde
autore: Micky86 o Micky6277
DISCLAIMER: non possiedo i diritti su nessun personaggio esistente citato in questa OS. I fatti descritti sono di mia invenzione.

Note del autrice: dedico questa OS ad una amica davvero speciale, con la speranza che la faccia sorridere e divertire almeno un po’ ;)

Mi trovavo seduta in uno di quei tipici bar di Parigi, eleganti e raffinati sia al interno che al esterno, con le persone che non ti degnavano nemmeno di uno sguardo e con la possibilità di poter leggere un libro senza che nessuno mi dicesse che non era il luogo adatto per farlo. Già, uno degli aspetti più belli di Parigi erano proprio quei bar in cui potevi rimanere seduta per ore, ordinando un solo caffè e leggendo uno dei libri che trovavi al suo interno, o magari uno che ti eri portata da casa. Ormai quei bar erano diventati la mia unica fonte di gioia perché quella che – a detta di mia sorella - doveva essere la più bella vacanza della mia vita, si trasformò presto in un incubo per me.

I nostri genitori le avevano regalato per la maturità, una vacanza a Parigi. Un soggiorno di un mese, in quella magnifica città per due persone. Ovviamente, i miei genitori volevano che portasse una amica, non un ragazzo e lei decise – per la gioia dei miei genitori - di portare me, perché infondo noi eravamo davvero ottime amiche. Quando arrivammo a Parigi, mi sentivo carica e piena di energie, pronta a conquistare la città, a visitare ogni luogo artistico e alla moda che ci potesse offrire e così sembrava volesse fare anche mia sorella, ma due giorni dopo il nostro arrivo, in un ristorante francese, conoscemmo un ragazzo di nome Luc. Era un ragazzo gentile, alla mano e con un bellissimo sorriso. Mia sorella sembrava avere avuto il classico colpo di fulmine con lui, cosa, che al giorno d’oggi negherebbe con tutte le sue forze, ma che in quel momento era davvero avvenuta. Durante la cena – in cui lui si era auto invitato – parlarono molto e scoprirono di avere molti interessi comuni, e visto che lei era in vacanza, lui le propose di farle da guida turistica e di mostrarle i luoghi più belli e segreti della città. Al inizio anch’io andavo via con loro, anche perché non mi fidavo di lasciarla sola con uno sconosciuto, nonostante lei fosse più grande di me, ma dopo qualche giorno lasciai perdere e inventando strane e a volte stupide scuse, declinavo i loro inviti. Infondo a chi piacerebbe uscire da solo con una coppia di neo-piccioncini?

Beh, quel giorno, al contrario di quanto era accaduto nelle due settimane precedenti, avevo deciso di andare a visitare bene i monumenti di Parigi che più mi interessavano e così andai verso Les Halles per ammirare la seconda chiesa più bella di Parigi ovvero la chiesa di Saint Eustache che sembrava dominare quella zona con la sua imponente struttura. Quando entrai ed iniziai a visitarla, rimasi così affascinata da tanta bellezza che mi girai subito per sentire l’opinione di mia sorella e vedere i suoi occhi brillare, come accadeva sempre quando vedevamo chiese e monumenti così belli, ma non la trovai e io mi resi conto che andare a visitare monumenti da sola, non mi rendeva per nulla felice. Mi recai in un bar vicino, sperando che le ore passassero in fretta per poi poter tornare in hotel, fingendo davanti a lei di essermi divertita un Mondo.

Ero concentrata nella lettura de “il principe” un vecchio romanzo di Machiavelli, quando una voce dall’altra parte del tavolino e con un inglese poco comprensibile, mi disse: “it’s a beautiful day, right?”. Io non alzai lo sguardo, ma continuai a leggere con decisione quel libro. Non ricevendo alcuna risposta da me, gli venne il dubbio che io non lo avessi capito e mi chiese “do you speak english?” io sbuffai e lui continuò “parlez-vous française?” Chiusi il libro di scatto e dopo averlo sbattuto sul tavolo, alzai lo sguardo verso quel tipo per dirgli di lasciarmi in pace perché non ero in vena di chiacchierare con nessuno, figuriamoci con uno sconosciuto inglese.

Quando alzai lo sguardo verso il suo, rimasi però paralizzata nel vedere quei suoi occhi blu mare guardare dritti nei miei. I pensieri mi si scomposero in testa e non riuscì più a dire nulla. Era davvero un ragazzo bellissimo. Indossava dei pantaloni di una tuta nera, una t-shirt bianca e ai piedi aveva degli infradito neri. Nel vedere una persona vestita in quel modo si poteva pensare che fosse uno straccione o che non avesse stile, ma il suo sguardo era fiero e intelligente e questa cosa mi colpi molto, soprattutto perché in quel periodo ero solita giudicare le persone al primo sguardo, ma con lui non riuscì a farlo.

Mi sorrise e mi richiese se parlavo una lingua a lui comprensibile o se ero per caso sorda o muta. Quelle parole, dette con leggerezza mi risvegliarono e con tono piatto gli dissi che conoscevo abbastanza bene l’inglese, ma che non sapevo una parola di francese. Lui si mise a ridere di gusto e mi rispose che nemmeno lui non conosceva il francese, a parte la frase che mi aveva detto precedentemente. La sua risata era così sincera e serena che mi contagiò.

Nel vedermi così tranquilla e rilassata, si rilasso anche lui e provò ad iniziare una conversazione con me. “se non sai il francese, significa che non sei di qui… di dove sei allora?” io ero ancora un po’ titubante nel parlare con quello sconosciuto di me, ma gli risposi comunque. “io sono italiana.”

“beh, direi che si nota che sei una ragazza mediterranea.”

“da cosa, scusa?”

“dalla carnagione scura della tua pelle.” Mi disse lui, facendomi l’occhiolino. Io avrei potuto spiegargli molto su di me e sulla “mia carnagione scura” ma preferii non farlo e gli porsi la stessa domanda che lui aveva fatto a me.

“Io? Beh, io sono americano, anche se ho dei parenti francesi e direi che ho anche origini italiane.” Disse ridendo. In quel istante non capì il senso di quella battuta, ma non gli diedi molto peso.

“e cosa fai a Parigi in piena estate? Sei qui per una vacanza o per un lavoro?”

“beh, diciamo un po’ e un po’.” Mi rispose lui sempre con quel suo magnifico sorriso stampato in bocca. “e tu?”

“io sono qui in vacanza con mia sorella. Questo viaggio è il suo regalo di diploma da parte dei nostri genitori.”

“quindi, hai una sorella più piccola?”

“no. Ho una sorella più grande!” dissi in tono seccato.

“oh, scusami, non volevo offenderti, è solo che… beh, tu sembri già una ventenne, almeno era quello che credevo io.” La sua voce era sincera e sembrava davvero dispiaciuto per avermi offesa, così feci un respiro profondo e mi spiegai. “non ti devi preoccupare, non mi hai offesa… tutti pensano sempre che tra le due sia io la sorella maggiore e comunque mi danno sempre più anni di quanti ne ho in realtà…”

“e posso chiederti quanti anni hai veramente o mi sbrani?” mi sorrise divertito.

“ne ho diciassette..” lui fischiò in segno di approvazione.

“ok, è vero, ti facevo molto più grande.”

“esattamente.. quanto più grande?”

“sui ventidue, ventitre anni…” mi disse con uno sguardo che implorava di non ucciderlo.

“beh, fa niente… forse se avessi quel età la mia vita sarebbe più serena e completa.”

“non sperare mai di crescere in fretta o te ne pentirai. Gli anni passano e inesorabilmente si portano via i tuoi ricordi più belli, la tua infanzia, la tua giovinezza e ti ritrovi presto catapultato nel mondo del lavoro, che è fantastico se hai la fortuna di fare qualcosa che ami …ma fidati che anche in quel caso la vita non è tutta rosa e fiori. In effetti pagherei per poter tornare nella mia vecchia scuola ed essere il nerd che tutti mi consideravano, beh, nonostante l’aspetto fantastico che già avevo.” Si indicò con le mani e io non potei fare a meno di pensare che in effetti, per quanto quelle ultime parole suonassero presuntuose, in realtà erano vere. Aveva davvero un aspetto fantastico.

“Sono pensieri piuttosto maturi per un ragazzo della tua età, complimenti!” dissi io, cercando di tornare in me e levando lo sguardo da quei suoi occhi blu mare, da quelle sue labbra da baciare e da quel corpo da esplorare.

“ok, ora tocca a te.” Lo guardai confusa e lui rise. “vediamo se indovini quanti anni ho.” Incrociò le braccia sul petto e mi lanciò uno sguardo di sfida.

“beh, io direi che non ne hai più di venticinque.” Poi con uno sguardo indagatore continuai ad osservarlo bene. “Ma forse ho esagerato” dissi in fine con un tono di voce basso.

Lui scoppiò a ridere.

“perché ridi?”

“e se ti dicessi che ho quasi ventinove anni e che quindi si potrebbe dire che sono un trentenne tu che mi diresti?”

“che non ci credo!” rise di nuovo di gusto e io rimasi a bocca aperta capendo che non mi stava prendendo in giro.

“ma, hai davvero ventinove anni? È impossibile!”

“beh, ne compio ventinove a dicembre, comunque si, sono davvero così grande... rispetto a te.” Disse facendomi l’ennesimo occhiolino. Io era ancora allibita per aver ricevuto quella informazione quando lui mi parlò di nuovo.

“sei rimasta a bocca aperta perché hai capito che stai parlando con un trentenne o perché sei stupita che io sia così grande?”

“la seconda direi...” rise di nuovo nel vedere la mia faccia scioccata.

“beh direi che formiamo davvero una bella coppia. Tu hai ventidue anni e io venticinque.” Continuava a ridere affascinato da una cosa tanto banale. A quel punto però mi alzai in piedi e presi tutte le mie cose per allontanarmi dal bar. Infondo, non era una bella idea rimanere da sola con un quasi trentenne, ma appena lo superai per andare verso l’uscita, la sua mano mi bloccò il braccio. Il respiro stranamente si fece più veloce e io mi portai di istinto la mano sul cuore.

“dove te ne vai? Non mi vorrai già lasciare solo?” non riuscivo più a respirare. Mi sentivo attratta da quel ragazzo, ma nello stesso tempo la mia mente mi intimava di fuggire. “e queste, cosa sono?” mi girai di nuovo verso lui per vedere di cosa stava parlando e vidi che teneva in mano i fogli con le poesie che avevo scritto quel giorno. Dal mio sguardo scioccato lui capì che mi stava spaventando, così mi lasciò andare il braccio e io tornai in me. “sono delle poesie che ho scritto io.”

“wow, quindi sei una poetessa?”

“ehm, non direi, ma mi piace scriverle di tanto in tanto perché è uno dei pochi modi che conosco per sentirmi davvero libera di esprimere le mie emozioni.” Abbassai gli occhi sentendomi stupida per aver detto una cosa simile. “si, insomma, so che sembra una cosa stupida ma…”

“in realtà io ti capisco benissimo. Non sono un poeta e non saprei nemmeno da dove iniziare per scrivere poesie, ma scrivo canzoni.” Lo guardai stupita e lui mi sorrise felice e soddisfatto quando vide che mi stavo riaccomodando nel mio posto. “tu scrivi canzoni?”

“si. Vorrei poter sfondare con la mia band. Per ora è ancora un sogno, ma, magari tra qualche anno riusciremo a diventare famosi.” Mi fece l’occhiolino e io gli sorrisi in una maniera stupida ed imbarazzata. Ormai, ero completamente impazzita per quel uomo, ma cercai di non darlo troppo a vedere, anche se per quanto mi sforzassi, sapevo che le mie guancie rosso fuoco mi stavano già tradendo, rivelando un po’ troppo di me e delle emozioni che provavo in quel istante.

“tu invece? Vuoi scrivere poesie o che altro?” stavo per rispondergli, quando il mio telefono iniziò a squillare.

“scusami, devo rispondere… è mia sorella.” Lui mi disse di non preoccuparmi e così io le risposi. Al telefono mia sorella sembrava scossa e triste per qualcosa e così, capendo che aveva bisogno di me, decisi, anche se a malincuore, che dovevo andare subito da lei.

“mi dispiace, devo proprio andare da lei ora.”

“ok, ma… ci rivedremo?”

“uhm, si... cioè, quanto grande può essere una città come Parigi?” lui rise divertito e io presi in mano le mie cose per andare subito in hotel. Quando lo superai lui mi afferrò di nuovo per il braccio. “scusa.” Mi disse subito. “è che non so ancora come ti chiami…”

“ah già, scusa. Io mi chiamo Alessia, e tu?” dissi porgendogli una mano per presentarmi con educazione, lui si alzò in piedi e me la strinse.

“io sono Jared. Jared Leto. Non dimenticare questo nome perché presto diventerò famoso.”

“non lo farò. Lo prometto.”

Mi girai di nuovo per andarmene, ma ancora una volta mi afferrò per il braccio e quando mi girai per vedere cosa volesse ancora, lui mi baciò. Quel bacio mandò una scarica elettrica al mio cervello, facendolo andare in cortocircuito al istante.

Quando si staccò da me, io rimasi a fissarlo per qualche secondo, cercando di riprendermi dalle meravigliose e poco caste emozioni che quel bacio mi aveva suscitato. Poi mi girai e con la testa confusa, iniziai a camminare velocemente per arrivare da mia sorella, ma lo sentì comunque dirmi. “ehi, torna qui domani così parliamo un po’.” Mi girai per guardarlo negli occhi, gli sorrisi ed annuì con la testa.

Quando arrivai in hotel, mia sorella si gettò tra le mie braccia piangendo ed iniziò a raccontarmi tutto quello che era accaduto con Luc, che le aveva spezzato il cuore.

Il giorno dopo la accompagnai al Louvre per distrarla un po’, dimenticandomi completamente del “appuntamento” che avevo con quel ragazzo e quando mia sorella mi chiese delle poesie, il volto di lui mi comparì davanti agli occhi e io capì che non lo avrei più trovato al bar essendo già passate le otto di sera. Provai a tornarci il giorno dopo e quello dopo ancora, ma di lui non c’era traccia e così rinunciai a cercarlo, concentrandomi sulla vacanza e su quella bellissima città.

Forse Jared non si ricorda di me, ma ancora oggi quello è uno dei miei ricordi più belli. Non perché in passato ho avuto la fortuna di incontrare e parlare con il grande ed unico Jared Leto e nemmeno perché ho ricevuto un bacio da lui, ma perché quel ragazzo dal bel aspetto e dalle forti speranze, mi ha insegnato che se ci credi, i sogni si possono davvero realizzare e per questo non lo ringrazierò mai abbastanza.

   
 
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