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Autore: Mendori    25/10/2005    8 recensioni
"Ne è affascinata e rapita, come la Falena è attratta dal Lume. E come Falena, deve essere controllata e protetta, prima che si bruci le ali. Custodita, prima che si smarrisca tra stelle di carta."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salice e Falene

*

 

Lei sa danzare.

E lo fa, involontariamente, nel suo muoversi dondolante e incerto.
E' graziosa, nel suo balletto titubante, la mente rapita dalla sua Poesia.

Uno… due… tre, quattro, cinque!

Lui non è imponente.
Ha foglie finemente seghettate e lunghi e sottili rami penduli, protesi a sfiorare la loro bruna Terra Madre.
Privo di contorni massicci, possiede però qualcosa di regale, di pallidamente affascinante, nella sua cornice di erba alta.
Vive solitario, nell'ampia radura senza vita, dove pure l'erba stenta a crescere, e ingiallendo, muore precocemente.

Come ogni anima sola, è confortato unicamente dai colori caldi del crepuscolo, del Sole che solo, riesce a scorgerlo ed a raggiungerlo, coi suoi raggi di sangue e fuoco.
L'Albero, ha una rara e preziosa Aura di Poesia.

Come le Piante legate dalla storia ad amanti, a traditori, a delusioni e a sogni infranti, che sanno catturare la tristezza nell'aria, e le restano fedeli per sempre.
Ha un'Aura di Poesia, di passiva infelicità e di pacato tormento.
Un'essenza tesa a guardare il cielo piangere.

Lei lo sente, certo.
Lei per prima, nel suo caschetto spettinato di capelli corvini, danza attorno al Salice.

Salice che ha piantato le radici in un luogo troppo inospitale per lui. Pianta amante dell'acqua si è rifugiata in un terreno arido e secco, e soffre della sua stoltezza.
Nella sua vecchiaia, ostenta orgoglio, per l'essere riuscito a vivere, ad imporsi in quell'ambiente così ostile, ma rimpiange il gli anni passati, giorni di sofferenza e di prova, raccolto nella sua silenziosa esistenza.

Sogna laghi e fiumi, fantasie, immagini per lui così irreali e lontane, narrategli da gazze e merli caritatevoli.
Sogna acqua, fresca e gorgogliante a nutrire le sue fragili foglie, e un terreno soffice e umido, in cui giacere.

Ma non può fare altro.
Continua a sognare ed a sopportare le angherie del clima, della siccità perenne. Continua a piangere, aspettando che il cielo si unisca a lui.

Uno… due, tre… quattro, cinque!

La ragazzina ne ha pena.
E nella sua puerile danza, sfiorando leggermente le foglie della sua chioma, lo osserva con quel riflesso nei grandi occhi marroni. Quella leggera opacità di compassione.
Le labbra dischiuse su di quel piccolo volto triste.

Ed io, riconosco quello sguardo.
Perché è solerte nell'usarlo, nel compatire la sofferenza nel mondo.
Ne è affascinata e rapita, come la Falena è attratta dal Lume.
E come Falena, deve essere controllata e protetta, prima che si bruci le ali.
Custodita, prima che si smarrisca tra stelle di carta.

La vedo scostare le sue fronde, infrangendo gentilmente le sue arcaiche e verdi cinta murarie.
Il vento si fa strada attraverso la radura provocando l'icresparsi di un mare d'erba, mentre i rami del Salice tremano dolcemente, in ricordo del passaggio della bambina, ormai scomparsa dietro tende verdeggianti.

Allo stesso modo, mi apro un varco tra le sue esili fronde; con un fruscio solenne, l'Albero mi accoglie al suo interno.
La luce del crepuscolo crea scacchiere e spiragli rosso intenso filtrando dall'alto della piccola campana di foglie.
Illuminata da quella luce irreale, lei, ha cessato di ballare.
E' ore stretta in un platonico abbraccio, le braccia cinte alla corteccia bruna e scanalata del salice.

Respira dell'Albero e ne percepisce sotto le dita il lento vivere.
Tende l'orecchio per ascoltarne i pensieri…

E mentre io prendo posto a terra, accogliendo un suo umile invito, lei, separandosi dal Salice, impugna un rametto, guardandomi come ad uno spettatore di cui si richiede l'attenzione.

Inizia con la sua fantasia, dalle radici dell'Albero, traccia linee curve e ritte, girandole e parallele.
Dalla mia posizione non ne colgo il significato. Ancora una volta dondolante, ancora danzante, i suoi gesti non sembrano però legati ad una voglia infantile, affidati a pensieri e immagini astratte, nate dalla mente di un bambino annoiato.
Dal suo sguardo serio, traccia qualcosa che vuole avere un senso.
Che deve averne uno.

Concentrata sul terreno, ciocche d'ebano le ricadono disordinatamente sul viso, mentre lei cerca ripetutamente di contenerle dietro le orecchie con un gesto annoiato.

Con movimenti circolari, arriva fino a tracciare il suo disegno davanti a me.
L'ultima riga termina di colpo, nel terreno secco, protesa nella mia direzione.
Le labbra serrate si ammorbidiscono in un sorriso, prima di ritornare sui suoi passi, attenta a non calpestare la sua opera. Tornando al tronco dell'albero, inizia ad aggiungere nuovi elementi alla sua creazione.

Mani infantili raccontano di pesci immaginari, gru dai lunghi becchi e gruppi di canne.
Insetti acquatici e grandi libellule adornano le sue incisioni nel terreno, che prendono forma e vita ai miei occhi.

Acque. Calme, placide acque, torrenti, cascate e mulinelli.
Tutto trova un significato.
Incide, col suo rametto, un sogno per l'Albero, che si appresta a proteggerlo dal vento con i suoi rami, e che per un attimo è calmo, per un attimo è felice.

Si lascia trasportare, affidandosi innocentemente al regalo della bambina, e ride. Dopo tanto tempo, ride piano, per non farsi sentire, e le sue foglie fremono mentre immagina di essere, per una volta, non afflitto dalle sofferenze che la sua umile condizione gli comporta.
Riesce quasi a sentire l'acqua penetrare nel terreno…

Ora, anche lei sembra più felice. Si abbassa e abbandona delicatamente il suo rametto, alla base del Salice. Posa un' ultima volta la mano sulla sua ruvida corteccia, in un saluto innocente.

Il cielo si fa sempre più cupo e rossastro. Nella semioscurità che regna all'interno dell'albero, la figura graziosa della bambina, illuminata da piccole fiaccole rosse, diventa sempre più sfuggente e indefinita.

La sua fuggevole ombra si avvicina a me, gli occhi nocciola caldi e brillanti in modo surreale.
Sul terreno, nel mondo compreso tra le fronde del Salice, risuonano i suoi passi leggeri.

Si blocca esattamente davanti a me, e Falena, studia il Lume con occhi dolci, guardando la sua ragione di vita.
Perché le falene vivono amando i Lumi, e quando muoiono, è perché hanno amato troppo, perché si sono spinte oltre i confine che li divide.
Hanno infranto un equilibro iniziale che si placherà solo con le creazione di un nuovo equilibro, a scapito di uno dei due.

Dopo aver sistemato l'ennesima fastidiosa ciocca con un gesto involontario, tende una mano verso di me, tracciando delicatamente il contorno della mezzaluna impressa sulla mia fronte.
Il sottile dito scivola sulla mia pelle, come privo di consistenza.

Cercando di custodirla, finisco col diventare io stesso suo Lume.

I profondi occhi marroni guadagnano un'improvvisa tinta di malinconia, mentre il suo sorriso si fa incerto.

"Sei felice? Sei felice? Come faccio a renderti felice?"

Felice.

Se le Falene vivono con gioia, gli istanti di vita loro concessi, assuefatte dal loro amore incontrollato, i Lumi non godono di questo privilegio.
Loro sanno fin da subito che la Falena si brucerà a causa loro, perché altre Falene ci sono state, altre ali sono state corrose dalla loro fiamma.

E la Falena, perciò, non può rendere felice il Lume.
Può cercare di allietarlo, col suo volo distratto e danzante, ma non lo renderà mai veramente felice.

Anche il Salice tornerà a piangere una volta che il suo Sogno verrà cancellato dalle intemperie.

In un movimento stanco si abbandona su di me, leggera, cingendo lentamente le braccia al mio collo.
Sussurra qualcosa che non capisco, un suono gutturale senza senso, trasparente, mentre il suo dolce profumo mi avvolge.

Solitari uccelli volano alti, immergendosi nei toni cupi del tramonto. Muti e rispettosi, non osano infrangere la pace immortale del Sole che muore. La pace immortale del Lume e della Falena che condividono un istante.

E quando anche i Lumi si concederanno un attimo di serenità, di moderata felicità, anche le Falene gioiranno maggiormente, sbattendo le ali con più vivace vigore.
E guadagnando un motivo in più per essere felici.

Gli ultimi riverberi del tramonto tingono di rosa il cielo, all'orizzonte.

Le falene continueranno sempre a cercare di rallegrarli.
Perché, dopotutto, i Lumi vivono di malinconia, mentre le Falene, anche quando finiscono per bruciarsi le ali, piangono di gioia.

 

 

…:::::::…

 

Aaah, che bello, finalmente posso commentare. xD
Fic nata da non so nemmeno io cosa… forse solo dalla voglia di evadere un po' scrivendo.^^
Poi non so… da quelle immagini che ti piacciono tanto e che ti ronzano per la testa… il salice, le falene, il disegno inciso sulla terra…

   
 
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