Fanfic su artisti musicali > Green Day
Ricorda la storia  |      
Autore: EffieSamadhi    13/09/2010    9 recensioni
Ci sono giorni in cui la tentazione di mollare tutto è più forte che mai.
Ci sono giorni in cui vorrei semplicemente sparire, senza lasciare traccia.
[...]
Penso a come sarebbe lasciarsi andare, seguire la corrente… andarsene e sparire, lasciare questa vita. Penso a come sarebbe il mondo, se Billie Joe Armstrong fosse rimasto un semplice ragazzo di periferia. Forse sarebbe tutto migliore.
Forse sarei felice.
E pensare che basterebbe così poco per lasciare tutto. Basterebbe scavalcare…

Billie Joe Armstrong è in crisi. Il suo matrimonio sta finendo e non riesce più a fare della musica un conforto. Ma un incontro fortuito cambierà le carte in tavola.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '21st Century Breakdown'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Last Night On Earth

Ci sono giorni in cui la tentazione di mollare tutto è più forte che mai.

Ci sono giorni in cui vorrei semplicemente sparire, senza lasciare traccia.

Cadere nella tana del coniglio e ritrovarmi nel Paese delle Meraviglie, ma con un biglietto di sola andata.

Ci sono giorni in cui nemmeno la musica mi dà conforto.

Giorni come oggi.

Sono rimasto chiuso in studio con Mike e Trè dalle sette di questa mattina fino a pochi minuti fa, e non siamo riusciti a venire a capo di nulla. Con Mike c’è anche stata una piccola discussione. Quando discuto con lui, significa che le cose stanno davvero andando male.

In qualche modo mi sono trascinato a casa, stanco morto, soltanto per trovarmi davanti Adrienne, incazzata come una iena, che mi rimprovera di non essere mai a casa, di non esserci mai per i miei figli, di essere un padre assente, un uomo che se ne frega della propria famiglia.

“Cazzo, Adrienne, quando mi hai sposato sapevi a che cosa andavi incontro.”

“Quando ti ho sposato ero un’idiota! Pensavo che mi avresti portata in giro per il mondo, che avremmo viaggiato…”

“Lo abbiamo fatto. Lo faremmo ancora, se solo lo volessi. Non faccio altro che viaggiare” rispondo, insolitamente calmo, schiaffando nel microonde uno di quegli stupidi piatti pronti che ormai costituiscono il mio menu.

“Non posso portare in giro i bambini come pacchi postali, Billie Joe.”

“E allora non ti lamentare. Sei stata tu a volere subito dei figli. Io ero disposto ad aspettare.”

“Potresti restare a casa, invece di andartene in giro con la band.”

“Beh, i tour fanno parte del mio lavoro. Senza tour, non porto soldi. E senza soldi, non puoi permetterti quelle” ribatto, indicando le sue extensions.

“Fottiti, Armstrong.”

Il microonde lancia un bip, avvertendomi che la mia cena è finalmente pronta. “Adrienne, che cazzo vuoi da me?”

“Vorrei che ti impegnassi di più per questa famiglia.”

“Senti chi parla. Io vorrei mangiare qualcosa che non sia stato cucinato da un estraneo, ogni tanto” le rispondo, lanciandole un’occhiata piuttosto adirata.

Questi teatrini si ripetono sempre più spesso, e sinceramente sono stufo. Se non fosse per i bambini, me ne sarei andato da un pezzo.

“Avresti dovuto sposarti una fottuta ragazza di campagna, allora. Magari una copia di tua madre.”

Lascio cadere la forchetta e mi alzo. Senza una parola, prendo il giubbotto e me ne vado.

 

Faccio respiri lunghi e profondi, sperando che l’aria fredda mi schiarisca le idee.

Ho camminato a lungo, senza prestare attenzione a dove stavo andando, e ora mi ritrovo quasi perso nel nulla, in mezzo all’oscurità, all’estremità di un ponte.

Con le mani affondate nelle tasche, studio attentamente la costruzione, e dopo qualche minuto di immobilità mi decido a proseguire.

Arrivo a metà e mi fermo. Saggio la robustezza del parapetto e mi appoggio, fissando gli occhi sull’acqua scura.

È incredibile come scorra lento questo maledetto fiume. In tanti anni che vivo in questa cittadina, quasi non mi ero accorto dell’esistenza di questo fiume. Di giorno sembra fottutamente più veloce. Invece, con il buio… è come se di notte qualcuno azionasse la funzione ‘Avanzamento Lento’, per permettere a quelli come me di godersi lo spettacolo.

È così lento che viene voglia di tuffarsi. Penso a come sarebbe lasciarsi andare, seguire la corrente… andarsene e sparire, lasciare questa vita. Penso a come sarebbe il mondo, se Billie Joe Armstrong fosse rimasto un semplice ragazzo di periferia. Forse sarebbe tutto migliore.

Forse sarei felice.

E pensare che basterebbe così poco per lasciare tutto. Basterebbe scavalcare…

 

“Ehi! Si sente bene?”

“Benissimo” rispondo in fretta, illudendomi che lo scocciatore mi lascerà in pace.

“E’ sicuro?” insiste.

Mi volto per mandare affanculo la voce, e l’improvvisa luce di una torcia mi acceca. “Porco… abbassa quella cazzo di luce!”

“Oh, mi scusi, non credevo si sarebbe voltato così all’improvviso…”

Finalmente capisco che è una voce di donna. E non appena le mie pupille ritornano normali, mi accorgo che non sembra nemmeno male.

“Ah, non importa” ribatto, riportando gli occhi sul fiume.

“Scusi se mi sono fermata, ma questo ponte non ha una bella fama…”

“No?”

“No. Lo chiamano il Ponte della Morte. Chi viene qui di notte, di solito lo fa per… beh, buttarsi nel fiume.”

“Non lo sapevo.”

“Non è di qui?”

“Vivo al 1647 di Riverside.”

“Riverside, eh? Ma il 1647 non è dove vive…” si interrompe, e alza di nuovo la torcia su di me.

“Porca vacca, la luce!”

“Oh, scusi. Ma sa, non capita tutti i giorni di imbattersi in Billie Joe Armstrong che guarda il fiume dal Ponte della Morte.”

D’istinto, sorrido. “Sa tenere un segreto?”

“Dipende. Sta per confessarmi di aver ucciso qualcuno?”

“Ho pensato al suicidio.”

“Oh.”

“Insomma, mi sono chiesto come sarebbe la vita se io non ci fossi più. Sta pensando che sono pazzo” aggiungo, quando dall’altra figura non arriva risposta.

La donna si avvicina, e si appoggia al parapetto, a una decina di centimetri da me.

“No, non è pazzo. Confesso che a volte ci ho pensato anche io.”

“Perché è qui?” le domando.

“Mio fratello è morto dieci anni fa. Si è gettato nel fiume.”

“Mi dispiace.”

“Non deve dispiacersi. Non lo conosceva.”

“Ma conosco lei. O almeno, la conoscerei se mi dicesse il suo nome.”

“Sarah.”

Le stringo la mano, sorridendole. “Quindi sta celebrando una specie di anniversario.”

“Una specie. Ogni anno torno qui, e faccio finta che questa sia la mia ultima notte sulla Terra.”

“Interessante. Come funziona?”

“Faccio una lista di cinque cose che vorrei fare… e le faccio.”

“Che cosa aveva in mente quest’anno?”

La vedo tirare fuori un biglietto e leggerlo alla luce della torcia. “Ostruire la marmitta del pick up del mio ex fidanzato. Riempire di preservativi usati la cassetta delle lettere del mio ex datore di lavoro. Rubare una bicicletta e fare un giro per la città cantando a squarciagola. Fumare. Fare sesso con uno sconosciuto.”

Al secondo punto della lista sono sconcertato. “E quante ne ha già fatte?”

“Le prime due.”

Tiro fuori dalla tasca le mie sigarette e gliene offro una. “Posso aiutare?”

Ne prende una e la accende. “Grazie.”

Ne approfitto per fumarne una anche io. “Di solito riesce a fare tutto?”

Scuote la testa. “L’ultima la metto in lista da dieci anni.”

“Wow. Tenace. Perché non lo ha mai fatto?”

“Non ne ho il coraggio. Così come non avrei mai il coraggio di scavalcare questo parapetto e buttarmi giù.”

Nonostante l’oscurità, riesco a distinguere il suo profilo. È molto carina. Anche Adrienne lo era, prima di lasciarsi convincere a fare quelle microiniezioni di botulino, che la fanno assomigliare sempre di più ad un bambola.

“Posso darti del tu, Sarah?”

Annuisce.

“Quanti anni hai?”

“Ventinove.”

“Sei strana.”

“Lo so. Detto da una rockstar, lo considero un complimento. Posso darti del tu?”

“Certo. Ma non sono una rockstar.”

“Certo che no. Sei un netturbino.”

“Non sarebbe una brutta carriera. Dai” aggiungo, dopo una pausa, staccandomi dal parapetto, “andiamo a sgraffignare un paio di biciclette.”

“Come?”

“Voglio darti una mano.”

“Perché?”

“Non lo so. Perché mi piace la tua idea, credo.”

 

Abbiamo trovato due biciclette incustodite al 1324 di Oak Street. Prendo nota dell’indirizzo. Domani le farò restituire con un biglietto di scuse. Abbiamo pedalato fino alla collinetta che domina la cittadina, poi ci siamo lanciati giù cantando a squarciagola You Don’t Own Me.

No, Adrienne, io non ti appartengo. Non più. Nonostante quello che ho promesso, davanti a Dio e ai testimoni, io non sono più tuo. Ho smesso di esserlo nell’attimo in cui abbiamo smesso di fare l’amore, nell’attimo in cui abbiamo smesso di dipendere l’uno dall’altra.

Tu hai la tua vita, io ho la mia, e stupidamente ci illudiamo di poter continuare a farle combaciare.

Ma la tua vita non ti porterà mai a pedalare come una forsennata sulle strade buie di una città addormentata.

Smettiamo di illuderci, e apriamo gli occhi.

È tutto finito.

 

Crolliamo stremati in un angolo del parco, nascondendoci dietro una siepe, casomai un cittadino onesto e integerrimo avesse chiamato la polizia per sporgere una denuncia contro ignoti per schiamazzi notturni.

“E’… stato… divertente” ammetto, con il fiatone.

“Non sarai stanco?”

“Non ho più diciotto anni, sai?”

Sorride, e nella luce fioca del lampione poco lontano capisco che non solo non è affatto male… è bellissima.

“Sei bella.”

Abbassa lo sguardo, mentre le guance prendono colore.

“Dico davvero. E ho avuto a che fare con parecchie belle ragazze.”

“Anche tua moglie è bella.”

Adesso sono io a distogliere lo sguardo, senza darle una risposta.

“Non sarà preoccupata?”

“Adrienne non si preoccupa più molto per me, ultimamente. E io non mi preoccupo più molto per lei. Non pensavo lo avrei mai detto, ma… credo che il mio matrimonio sia in crisi.”

“Forse è soltanto qualche piccola incomprensione. Passerà.”

Scuoto la testa. “No, non credo. Ci siamo sposati molto giovani, e con gli anni siamo cresciuti. Mi illudevo che fossimo cresciuti insieme, ma…”

“…ma siete troppo diversi, e volete cose troppo diverse.”

“Come lo sai?”

“La mia prima storia importante è finita così. Siamo stati insieme per nove anni, dai sedici ai venticinque. E poi ci siamo lasciati.”

“Credo mi sfugga qualcosa.”

“Cioè?”

“Tu eri fidanzata, e continuavi a mettere in lista ‘fare sesso con uno sconosciuto’?”

Fa spallucce, e scoppio a ridere.

“Sei davvero strana. Su, passami quella lista.”

Per fortuna porto sempre una penna con me. Cancello le prime quattro note, e dopo qualche attimo di riflessione, modifico l’ultima riga.

“Ehi, ehi, che fai?” protesta Sarah, cercando di riprendersi la lista.

Così facendo, ci ritroviamo a pochi centimetri l’uno dall’altra. I suoi occhi nocciola sono terribilmente vicini, e così maledettamente diversi da quelli neri di Adrienne… così maledettamente sinceri e puri…

“Che hai scritto?” mi chiede, distogliendo gli occhi da me, ma senza spostarsi. “Punto cinque: fare sesso con…”

“…un ragazzo conosciuto da poco” completo, senza smettere di fissarla.

Torna a guardarmi. “Che cosa significa?”

“Non lo so” ammetto. “Non so nemmeno perché l’ho scritto. Dammi qui, lo cancello.”

“No” risponde. “Mi piace di più questa versione” sussurra, avvicinandosi ancora.

Come un ragazzino alle prime armi, chiudo gli occhi un istante prima che le sue labbra tocchino le mie.

Sarah ha un buon profumo, e la pelle morbida e delicata di una ragazza normale. Anche se di lei non so quasi niente, so che vive giorno per giorno, senza preoccuparsi di quello che verrà. Per lei esiste soltanto il qui ed ora. È quello in cui ho sempre creduto io. Quello che ho messo da parte per vivere con Adrienne. È quello in cui credo di nuovo da adesso, dall’istante in cui ho fissato i miei occhi nei suoi.

Le mie mani scivolano sulla sua schiena, e lasciandomi andare sull’erba la trascino con me. Asseconda i miei baci, i miei movimenti. Siamo in sintonia. Siamo in sintonia quando la faccio scivolare sotto di me, quando insinuo una gamba tra le sue. Siamo in sintonia quando ci liberiamo dei vestiti, mentre facciamo l’amore, sull’erba umida di un parco pubblico.

Ha un tatuaggio sulla schiena: due rondini.

“Che cosa significano le rondini?” le chiedo, mentre ci rivestiamo, per evitare di morire congelati.

“Simboleggiano la famiglia. I miei sono morti quando avevo dieci anni. L’ ho fatto quando mio fratello si è ucciso.”

“Significa che li porti sempre con te?”

“Sì, sempre.”

Lasciamo il parco e continuiamo a girare per la città sulle biciclette rubate.

È quasi l’alba, quando ci ritroviamo sul Ponte della Morte. L’acqua scorre di nuovo rapida. È così diverso da poche ore fa…

“Grazie, Billie Joe” sussurra, appoggiando la bici al parapetto. “E’ stata una splendida ultima notte sulla Terra.”

Sorride, e si allontana a passo lento, con i capelli scuri che si muovono appena nella brezza del mattino.

E io resto immobile, come imbambolato, senza riuscire a ringraziarla.

Perché per me è stato di più.

È stata una splendida prima notte sulla Terra.

   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: EffieSamadhi